MINOZZI, Flaminio Innocenzo
– Nacque a Bologna il 5 ott. 1735 dal pittore paesista Bernardo e da Maria Trebbi. Ricevuta dal padre una prima educazione artistica, il M. passò, nel 1750, sotto il magistero di Giovanni Carlo Sicinio Galli Bibiena presso il quale rimase fino al 1752, anno della partenza del maestro per Lisbona (Oretti, in Roli; Lui, p. 158, n. 59).
Il restante percorso formativo del M., che – come attesta la produzione grafica pervenutaci – dovette nutrirsi anche di una riflessione sulla lezione decorativa di Agostino Mitelli e Angelo Michele Colonna (Roli, p. 87; Raggi), si ricava dai «Requisiti» con i quali, nel 1760, venne presentata la sua candidatura all’ammissione tra gli aggregati dell’Accademia Clementina (Roio). L’elenco cita il prolungato studio dell’architettura civile; il premio di frequenza Fiori, ricevuto per la prima volta nel 1750 «e così pure sette volte ne’ sette anni susseguenti» (Crespi); i premi Marsili Aldrovandi di architettura di seconda e prima classe conseguiti, rispettivamente, nel 1755 e nel 1756, in quest’ultima occasione con un progetto sul tema Scala magnifica d’ordine composito (Bologna, Accademia di belle arti) che, insieme con i relativi schizzi preparatori (Bologna, Collezioni d’arte della Cassa di risparmio), rivela l’adesione del giovane M. ai precedenti modelli locali rappresentati, in particolare, dalla scala di palazzo Davia Bargellini e da quella di palazzo Fantuzzi (Bergamini - Matteucci). Già entro il 1760, probabilmente tra il 1756 e il 1758 (Biagi Maino, 1999), il M. partecipò, inoltre, ai lavori decorativi di palazzo Malvasia: dei sette ambienti in cui, secondo le fonti, si sarebbe registrato il suo intervento, sono oggi riconoscibili le quadrature, nelle sale affrescate da Ubaldo Gandolfi, di Giove o dello Zodiaco, di Apollo e di Marte; e forse ancora ascrivibile al M. è il repertorio naturalistico di più dichiarata matrice paterna esibito nella sala delle Erme (Lui, p. 158 n. 55; Matteucci, 2002, p. 372).
L’esordio pubblico fu tuttavia segnato anche da imprese apparentemente minori in cui il M. avrebbe continuato a cimentarsi nel prosieguo di una più affermata attività: nel 1761 progettò gli addobbi per i sepolcri del giovedì santo nella chiesa di S. Maria della Mascarella (Bergomi, 2003, p. 72), mentre nel 1762 venne pubblicato a Bologna I riti nuziali degli antichi romani contenente le incisioni, su suoi disegni, con Gli strumenti di scrittura (Roio) e con I ritratti degli sposi Giovanni Lambertini e Lucrezia Savorgnan (Saccenti).
Il 9 giugno 1765 venne scoperta la facciata della chiesa bolognese di S. Giacomo dei Carbonesi, eseguita su suo progetto (distrutta). In quello stesso anno, beneficiando della protezione del senatore Muzio Spada, il M. trascorse cinque mesi a Roma dedicandosi allo studio delle architetture moderne, come si evince dai numerosi disegni di piante e alzati riguardanti, in particolare, palazzo Barberini e S. Pietro in Montorio (Bologna, Collezioni d’arte della Cassa di risparmio; Le collezioni d’arte …, pp. 286, 292, 303 s., 308, 319). L’esperienza romana, tuttavia, non dovette «arrecare sensibili variazioni alla sua già solida preparazione di quadraturista» (Rizzoli, p. 273), e al rientro in patria, il M. abdicò alla pratica architettonica per rivolgersi esclusivamente all’ambito della decorazione, nel quale divenne uno dei protagonisti di primo piano sulla scena bolognese: a quest’ultima, peraltro, fu legata la quasi totalità di un’intensissima produzione scalata a partire dalle quadrature per la sacrestia del Corpus Domini, inaugurata il 9 marzo 1766, poco prima della sua nomina ad accademico Clementino, avvenuta il 13 marzo (Roio).
L’11 luglio 1768 vennero celebrate nella basilica di S. Domenico le esequie del padre inquisitore Tommaso Maria De Angelis con una macchina funebre la cui progettazione era stata affidata al M., insieme con quella degli addobbi della chiesa, e che fu da lui realizzata e dipinta con l’ausilio del fratello minore Angelo (Bergomi, 2003). Il 3 luglio 1770 il M. stipulò il contratto di commissione per l’intera decorazione del soffitto dello scalone di palazzo Guidotti, della quale si conserva il progetto (collezione privata) recante sul verso la scritta con l’approvazione del committente; nella stessa sede, due anni più tardi, il M. dipinse «la Prospettiva nella loggia d’abbasso» (Bagni; Biagi Maino, 1995, pp. 73, 88 n. 2).
Nel 1772 ricevette per la prima volta la nomina a direttore, ovvero insegnante, di architettura della Clementina, incarico che avrebbe continuato a rivestire, sia pur non continuativamente, ante la trasformazione, nel 1804, di questa in Accademia nazionale di belle arti (Farneti; Benassi).
Nel 1775, un anno dopo aver restaurato la sala Urbana nel palazzo pubblico, il M. firmò e datò la decorazione della galleria del piano nobile del palazzo Corbici Reggiani a Forlì.
Accanto al pittore Giuseppe Marchetti, autore della scena con Il giudizio di Paride, e recuperando «toni di magniloquenza ancora pienamente seicentesca» (Viroli, 1996, p. 184), eseguì le quadrature architettoniche delle volta e delle pareti, elaborate attraverso un iter progettuale documentato dal disegno, firmato e datato 1774 (Forlì, Biblioteca comunale, collezione Dall’Aste) e da quello datato 1775 (Princeton University Art Museum), più prossimo alla realizzazione finale (Gori, Un disegno inedito …; Matteucci, 2002, p. 486). Gli interventi messi in atto dal M. rappresentarono, comunque, solo una minima porzione di un’attività ideativa estremamente vivace che portava in se stessa i limiti della sua realizzabilità: nel 1777, firmò e datò il disegno con Atrio magnifico (New York, Cooper-Hewitt Museum, inv. 1938-88-165), afferente al genere di «architettura fantastica», in cui dimostrò di saper «abilmente unire elementi decorativi emiliani, citazioni da scenografi del Seicento, ricordi delle soluzioni prospettiche di Borromini» (Pigozzi, p. 113), e al quale possono accostarsi un’altra versione firmata (Bologna, Accademia di belle arti; Lenzi, pp. 292 s.) e quella, presumibilmente coeva, in collezione privata (Londra, Sotheby’s, 19 giugno 1980).
Alla stessa epoca datano i lavori decorativi a palazzo Segni, già Fantuzzi (Gori, Un disegno inedito …, p. 402) e al 1778, anno in cui venne eletto, il 5 ottobre, principe della Clementina, quelli per l’oratorio della Concezione e il progetto con Macchina funebre in onore di Francesco Maria Zanotti (Venezia, Fondazione Cini, inv. 33402), probabilmente realizzato in S. Salvatore per le esequie dello stesso (Ottani Cavina), cui dovette seguire, nel 1780, il progetto, non identificato, della Macchina funebre per Alessandro Albani, innalzata il 31 dicembre, dietro pagamento al M., nella chiesa del collegio Montalto (Bergomi, 2003, p. 71).
Nel 1780 completò la decorazione prospettica a monocromo della lanterna della cupola di S. Filippo a Forlì: unica realizzazione di un motivo cardine della tradizione decorativa illusionistica ancorata agli insegnamenti di Andrea Pozzo ripresi e attualizzati da Eustachio Zanotti (Rizzoli, p. 37), e, in collaborazione con il fratello Angelo e accanto al forlivese Marchetti, lavorò alle decorazioni delle pareti della volta e del presbiterio (Viroli, 1994). Nel 1781, probabilmente in previsione dei festeggiamenti per la venuta a Bologna dei «conti del Nord» (l’erede al trono russo Paolo Romanov e la moglie Dorothea di Württemberg), elaborò il progetto, datato, per la sala da ballo per il palcoscenico del nuovo teatro pubblico di Bologna, non realizzato (Venezia, Fondazione Cini, inv. 31913; Lenzi, 1980, p. 199, scheda n. 297).
A conferma di una professionalità ormai accreditagli nei suddetti ambiti di applicazione, tutto il nono decennio e parte del successivo furono impegnati in un crescendo di commissioni.
Nel 1782 eseguì la decorazione del soffitto di una saletta al piano terreno di palazzo Malvasia sviluppando un programma allusivo alla destinazione della sala a uso di biblioteca del quale si conservano gli studi preparatori (Venezia, Fondazione Cini, inv. 31920; Rizzoli, p. 36 scheda n. 47); nel 1783 realizzò le quadrature per la cappella Pepoli in S. Petronio, ultimata l’8 luglio quando fu visitata dal principe elettore palatino Carlo Teodoro di Wittelsbach; nel 1784 decorò la cappella di S. Filippo Benizi ai Servi e, il 2 dicembre di quello stesso anno, su suo disegno, venne approntata nella chiesa di S. Giovanni in Monte la Macchina funebre per il musicista padre Giovanni Battista Martini (Bergomi, 2003, pp. 71 s.); tra il 1784 e il 1785 eseguì la decorazione a fresco della volta e della finta abside della chiesa del Crocifisso del Cestello, della quale si conservano un disegno firmato (Bologna, Collezioni d’arte della Cassa di risparmio; Pigozzi, p. 114) e un primo progetto ideativo (Venezia, Fondazione Cini, inv. 31903; Rizzoli, p. 37).
Complici l’ormai consolidato prestigio accademico e l’amicizia con Stefano Barozzi, rientrato a Bologna nel 1770 dopo una lunga attività di quadraturista a San Pietroburgo, allo scadere del 1787 il M. ricevette, inoltre, l’incarico di progettare un ponte in muratura che scavalcasse la Neva a San Pietroburgo: il progetto, presentato a un’apposita commissione della Clementina il 3 febbr. 1788 e approvato dalla medesima il 1° marzo, non sembra però sia mai stato realizzato, nonostante le indicazioni fuorvianti della letteratura (Scarabelli, 1867, in Zamboni, 1989, p. 69 n. 12), causa un’eccessiva grandiosità di concezione ben riconoscibile nei quattro grandi disegni con pianta, spaccato e alzati, più recentemente ascritti al M. (Zamboni, 1991).
Nel 1789 realizzò la decorazione della cappella della Presentazione di Maria Vergine, in collaborazione con il figurista Filippo Pedrini, una cui prima ideazione è nel foglio datato e firmato «Flaminio Minozzi architetto e pittore» (Venezia, Fondazione Cini, inv. 33395; Rizzoli, p. 37 scheda n. 48). Nel 1790 venne consacrata una cappella al piano terreno del palazzo arcivescovile che il cardinale Andrea Gioannetti, già committente del M. nel 1789 per disegni di candelieri fabbricati a Roma dall’orefice Giuseppe Baroni e collocati nella terza cappella a destra della chiesa bolognese di S. Pietro (Bergomi, 2003, p. 72), aveva ordinato all’architetto Francesco Tadolini e per la quale il M. realizzò la decorazione della volta (il progetto è nel foglio firmato e datato «Flaminio Minozzi Ar Pittore 1790»: Ginevra, Musée d’art et d’histoire, Cabinet des dessins; Pigozzi, pp. 114 s.). Tra il 1791 e il 1792 lavorò alle quadrature dell’appartamento di rappresentanza di palazzo Pallavicini in via S. Felice, comprensive anche della decorazione della nuova biblioteca con una volticella illusiva, firmata e datata 1792, in cui la semplificazione compositiva rispetto alle soluzioni precedenti attuate tradisce un nuovo tentativo di accordo con la più «severa misura di fine secolo» espressa da Mauro Tesi (Landi, 1995, p. 196 n. 58; Gori, Un disegno inedito …, p. 408); probabilmente eseguì anche il ritratto monocromo del maresciallo Gian Luca Pallavicini sulla parete d’ingresso della biblioteca che, armonicamente integrato nella grisaglia delle prospettive, testimonierebbe un «inedito sconfinamento in ambito figurativo» (Landi, 1995, p. 196 n. 59).
Tra il marzo del 1794 e quello del 1795, in collaborazione con il fratello Angelo, il M. realizzò la decorazione della volta e delle nuove cappelle laterali del santuario della Madonna del Pilastrello a Lendinara (Rovigo): l’impegno del M., però, dovette estendersi anche alle navate laterali e ultimarsi solo nel 1804 (Boraso, p. 101), ed è andato perduto con il rinnovamento della chiesa del 1938-42 (Sgarbi, in Brandolese, pp. 17, 21).
A Bologna, nel 1798, accanto a Pedrini responsabile della parte figurativa, eseguì per la decorazione a fresco di palazzo Hercolani le quadrature della volta dello scalone con l’Apoteosi di Ercole, della volta del salone con Apollo con le Arti e le Virtù, firmata e datata 1798: di quest’ultima si conserva il progetto, firmato e recante l’approvazione del committente (Princeton, University Art Museum; Cazort - Johnston, p. 150 scheda n. 118).
Ancora negli ultimi anni, il M. continuò a fornire saggi eloquenti della sua feconda inventività di matrice mitelliano-bibienesca, ma l’età ormai avanzata e il maturare di un cambiamento del gusto nella decorazione degli interni (Matteucci, 2002, p. 29) decretarono una sensibile contrazione della sua attività.
Nel 1801 approntò la decorazione pittorica del deposito funebre del medico Tarsizio Riviera alla certosa (Id., 1998, p. 189); nel 1804, tornò a lavorare nel palazzo arcivescovile, firmando e datando il bordo della volta della cappella al primo piano (Bergomi, in Matteucci, 2002, p. 260). Il disegno, in collezione privata (Monaco, Christie’s, 30 giugno 1995), con progetto di decorazione di cupola, firmato e datato 1808, è l’ultima prova della fedeltà del M. ai motivi della trascorsa lezione bolognese. Nell’agosto del 1815 terminò la parte pittorica, eseguita in collaborazione con Giacomo Savini, del monumento sepolcrale a tecnica mista Baldi - Comi realizzato alla certosa su progetto di Angelo Venturoli (Matteucci, 1998, p. 186). All’età di 81 anni datò il Frammento di progetto per un camino (Bologna, Collezioni d’arte della Cassa di risparmio), tra le sue ultime esercitazioni grafiche. Tra i numerosissimi disegni battuti alle vendite d’asta sotto il nome del M. e afferenti ai più tradizionali generi da lui frequentati, dovrà essere segnalato il foglio con Il trionfo di David in una fantasia architettonica (Parigi, Christie’s, 27 marzo 2003), eccezionale testimonianza di approccio a una complessa pittura di storia.
Il M. morì a Bologna nel 1817 e lasciò un figlio, Giovanni Bernardo, nato nel 1775, ricordato nell’albero genealogico come pittore «paesista» (Ferrari, p. 186).
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S. Falabella