GUARNIERI, Flaminio
Nacque a Osimo, presso Ancona, nel maggio del 1541 da Marcantonio, di antica famiglia notarile, e da Cleofe Travaglini. Le notizie certe sulla sua vita sono molto scarse e si limitano in sostanza a un elenco di incarichi pubblici, che non sempre è possibile attribuire a periodi precisi.
Studiò diritto a Perugia, e successivamente a Macerata, nella cui Università conseguì la laurea; i suoi interessi giuridici si rivolsero verso la criminalistica, campo di cui si dimostrò ottimo conoscitore. In seguito, fu oratore del Comune di Osimo presso i papi Pio IV e Pio V, luogotenente del governatore di Rimini nel 1580-81, uditore del governatore delle Marche, governatore di Forlì nel 1602 e giudice delle appellazioni in Romagna (carica che ricoprì, a quanto sembra, per circa un decennio).
Il suo incarico di maggiore rilievo fu senza dubbio quello di partecipare, insieme con Fioravante Mattucci e Gabriele Buccarelli, alla stesura dei nuovi statuti di Osimo, compito particolarmente delicato, dato che la legislazione osimana si basava ancora sugli antichi statuti del 1308. Peraltro, l'esigenza di procedere a una riforma statutaria si era manifestata parecchi decenni prima e aveva dato luogo a un primo testo, approvato con un breve da Giulio II nel 1506, ma mai entrato in vigore. Gli statuti, preparati dai tre incaricati, furono discussi e approvati dal Consiglio cittadino, e in seguito sottoposti al giudizio di Pio V, che li avallò con un breve del 3 marzo 1566. La stampa degli statuti (il frontespizio recita: Magnificae et vetustissimae Civitatis Auximi volumen; in quo leges, statuta, constitutiones, et decreta alique quamplura ad perpetuam memoriam pro Communi et Populo dicte Magnificae Civitatis facientia nuperrime candori, integritatique eorundem aedita ac restituta…) fu preparata solo nel 1571 dall'editore veronese Astolfo de Grandi, che in quegli anni operava nelle Marche. Il testo è singolarmente verboso e poco funzionale, ed è curiosamente appesantito da detti sentenziosi. Gli statuti rimasero in vigore per più di due secoli, fino al codice napoleonico.
Non si hanno altre notizie sull'attività del G., fino alla morte, avvenuta a Osimo nel 1615.
Il G. coltivò, almeno fino ai quarant'anni, interessi letterari, che si concretizzarono nella composizione di alcune operette, stampate tutte da editori marchigiani. Nel 1569 uscirono a Osimo, presso Astolfo de Grandi, due egloghe pastorali, il Mago e la Nova Arcadia. Seguì, nel 1576, una Canzone all'ill.ma sig. Clelia Cesarini de' Farnesi (stampata ancora dal de Grandi, ma ad Ancona). Due sonetti del G. sono stampati nel trattato del medico Orazio Augenio, Del modo di preservarsi dalla peste (Fermo, A. di Grandi, 1577, c. Aviiiv).
L'opera più importante del G., l'unica ad avere avuto una certa diffusione, fu senza dubbio la commedia L'intrico, pubblicata a Rimini presso G. Simbeni nel 1581 (lo stesso tipografo fece uscire una ristampa l'anno successivo). Si tratta di una caratteristica commedia di intreccio plautino. L'azione è ambientata a Pisa; viene narrata la vicenda dell'amore di due giovani, Lepido e Pollinice, che verrà coronato dopo una serie di vicissitudini, in cui non mancano equivoci, scambi di persona, agnizioni: tutti gli elementi caratteristici del genere. Intorno ai due protagonisti si muove una serie di personaggi tipici: il soldato spaccone (Spaventio), la vecchia ruffiana ancora piena di desideri carnali (Briccola), la servetta scaltra (Acerbetta), il servo sciocco (Spannocchia), il vecchio innamorato (mastro Avvertenzio).
Manca alla commedia un'efficace elaborazione stilistica. Un tentativo di caratterizzazione linguistica dei personaggi, in linea con una tendenza ben viva nel teatro comico cinquecentesco, si ravvisa nel napoletano messo in bocca agli sbirri, peraltro sommariamente ricostruito. Al di là di tale tentativo, che d'altronde riguarda poche battute, la ricerca di espressività è affidata soprattutto a qualche dialogo di sapore popolaresco, in cui trovano luogo volentieri locuzioni plebee relative alla sfera sessuale. Ma la gran parte del testo è scritta in una lingua incolore, in cui si fatica a riconoscere le voci dei vari attori.
Nel prologo si accenna a un'altra commedia che il G. avrebbe fatto rappresentare per un recente carnevale; di tale opera, però, non è rimasta alcuna traccia. Inoltre, nella lettera dedicatoria, datata 20 giugno 1580 e diretta al governatore di Rimini Nicolò Seccadenari - di cui egli era luogotenente - il G. esprime l'intenzione di continuare nella scrittura letteraria; ma in realtà non si conosce nessun'opera successiva.
Il Vecchietti (p. 175) ricorda due opere rimaste manoscritte, che testimoniano dell'attività del G. come criminalista. La prima risale al 1599 ed è un repertorio intitolato Dialectica criminalia, eiusdemque nonnulla in materia nominati, et praesentati banniti, opus utile criminalitatem profitentibus; la seconda, il Repertorium criminale, è una raccolta di aforismi messa insieme dal G. nel corso della sua carriera forense.
Fu merito di Benedetto Croce disseppellire la figura del G. dall'oblio in cui era caduta: non valsero in tale senso le segnalazioni in repertori pure importanti come quelli dell'Allacci e del Quadrio. Croce analizzò L'intrico, dandone un giudizio nettamente positivo. In particolare, egli ravvisò nella commedia - forse fin troppo generosamente - un'efficace "rappresentazione degli affetti" (p. 1), che si esplicherebbe nelle figure dei due giovani innamorati; e anche i personaggi di Spaventio e Avvertenzio, pur rispondenti a caratteri fissi, sarebbero "spontanei e vivi" (p. 7). La riscoperta crociana, tuttavia, è rimasta finora senza seguito: il nome del G. continua a essere ignorato in tutte le storie della letteratura.
Fonti e Bibl.: L. Allacci, Drammaturgia, Roma 1666, pp. 189, 384; F.S. Quadrio, Della storia e ragione d'ogni poesia, III, 2, Milano 1744, p. 89; L. Allacci, Drammaturgia accresciuta e continuata, Venezia 1755, p. 497; F. Vecchietti, Biblioteca picena, V, Osimo 1796, pp. 173-176; M. Talleoni, Istoria dell'antichissima città di Osimo, II, Osimo 1808, p. 117; C. Gariboldi, Ricerche sull'arte della stampa in Ancona, Ancona 1890, p. 20; B. Croce, Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento, II, Bari 1945, pp. 1-8; C. Grillantini, Storia di Osimo, I, Pinerolo 1957, pp. 330, 345; F.M. Giochi - A. Mordenti, Annali della tipografia in Ancona 1512-1799, Roma 1980, p. 75; C. Weber, Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), Roma 1994, pp. 268, 350.