FLACIO, Mattia, o Flacio Illirico
Mattia Vlacich o Francovich nacque in Albona (onde il soprannome di Illyricus aggiunto al nome latinizzato) il 3 marzo 1520. Ebbe educazione umanistica e si preparava alla vita monastica nell'ordine francescano; ma dallo zio, Baldo Lupetino, allora provinciale della Venezia e favorevole a Lutero, fu nel 1539 mandato in Germania, e a Basilea, Tubinga e Wittemberg si perfezionò nell'ebraico e nel greco: discepolo di Lutero, aderì completamente alle sue idee. Nel 1544 divenne professore di ebraico; dopo la morte di Lutero, in seguito alla sua opposizione all'Interim di Augusta e a contrasti con Melantone, incominciò la sua vita errabonda di difensore accanito dell'ortodossia luterana, espulso da varie città e accusato da Melantone d'ingratitudine: nel 1549 a Magdeburgo, Luneburgo e Amburgo, poi di nuovo a Magdeburgo; nel 1558 a Iena professore di Nuovo Testamento; poi (1562) a Ratisbona, Anversa (1566), Francoforte, Strasburgo (1567); di qui, cacciato nel 1573, in Slesia, e di nuovo a Francoforte, dove, già colpito da un decreto di espulsione, morì l'11 marzo 1575.
Oltre che contro gli Interim di Augusta e di Lipsia e contro quelle che gli parevano le debolezze di Melantone, egli combatté con numerosi scritti, sostenuto da una ristretta cerchia di amici, molte altre polemiche: contro gli "adiaforisti" (v. adiafora), sostenendo che nulla è indifferente quando si tratti di confessare la fede o vi sia scandalo, e respingendo quindi l'accettazione degli usi romani anche al difuori delle questioni dottrinali; contro Giorgio Major (il quale distingueva tra giustificazione e beatitudine eterna e dichiarava indispensabili per questa le opere buone) sostenendo al contrario che essa dipende da un gratuito giudizio di Dio, indipendente dalle qualità morali; contro Andren Osiandro, contrapponendo alla sua teoria della giustificazione per opera dell'abitazione di Cristo giusto in noi mediante la fede, quella dell'attribuzione immediata dei meriti di Cristo al credente; contro i sinergisti, esagerando per opporsi alla loro parziale rivendicazione del libero arbitrio, la dottrina che il peccato ha corrotto intimamente l'uomo nella sua sostanza, sì da renderlo incapace di operare il bene; tanto che poté essere tacciato di manicheismo. Non meno aspra fu la sua avversione alla Chiesa romana, ch'ebbe espressione nel celebre Catalogus testium veritatis qui ante nostrami aetatem reclamarunt Papae, Basilea 1556, e nelle ancor più celebri "Centurie" di Magdeburgo (v. centuriatori di magdeburgo). Importante anche, per la dottrina dell'ispirazione e per il principio historia est fundamentum doctrinae, la Clavis Scripturae sacrae, 1567, voll. 2.
Bibl.: T. Luciani, M. F., Pola 1869; G. Kawerau, in Realencykl. f. protest. Theol. und Kirche, 3ª ed., VI, Lipsia 1899, pp. 82-92; XXIII (Ergänzungen), ivi 1913, p. 448 (con la bibliografia precedente); G. Bareille, in Dict. de théol. cathol., VI, i, coll. 1-12; H. Grisar, Luther, III, Friburgo in B. 1912, pp. 876-993; J. Haussleiter, in Neue kuirchl. Zeit., 1917; G. Bossert, in Archiv fur Reformationsgesch., XX (1923), p. 49 segg.; K. Holl, Gesamm. Aufsätze zur Kirchengesch., I, Tubinga 1927, p. 578 segg.; R. Seeberg, Grundriss der Dogmengesch., IV, ii, 2ª-3ª ed., Erlangen-Lipsia 1920, § 92.