FISIOLOGIA (XV, p. 482; App. II, 1, p. 952)
Fisiologia vegetale (XV, p. 486). - Accanto alla f. vegetale classica, descrittiva, è in grande e rapido sviluppo una f. vegetale moderna, esatta, che tende sempre più ad esprimersi in termini di relazioni matematiche, chimiche, fisico-chimiche e che, oltre ad affrontare nuove questioni, ha reso possibile riesaminare, su nuove basi, molti vecchi problemi biologici, spingendo l'indagine, anche quantitativa, fino al livello cellulare, subcellulare, molecolare.
Negli ultimi cinquant'anni il fatto saliente è stato appunto il passaggio graduale della ricerca fisiologica passata dal livello organologico a quelli citoistologico, submicroscopico, biochimíco. Di conseguenza, benché presupponga una adeguata conoscenza della botanica (morfologia, anatomia, sistematica, fitogeografia ed ecologia), la f. vegetale, in rapporto ai rami di essa che hanno maggiormente attratto l'interesse degli studiosi e al livello sempre più fine al quale si svolge l'indagine, ha manifestato una spiccata tendenza a convergere verso la biochimica e la biofisica, con i problemi di preparazione e specializzazione professionale che tale tendenza comporta.
Si deve rilevare che, al contrario di quanto è avvenuto in diversi paesi tra i più progrediti, in Italia si è finora tenuto poco conto di questa realtà sia negli ordinamenti didattici, sia nell'organizzazione della ricerca scientifica. Soltanto presso la scuola di Milano, fondata da S. Tonzig, esiste, da un anno (1959), l'unica attuale cattedra italiana (con annesso istituto) di fisiologia vegetale.
Dall'abate J.-A. Nollet fino a J. H. Van't Hoff e a S. A. Arrhenius, la fisiologia vegetale annovera frequentemente nomi di scienziati che sono ricordati anche dai chimici. È stato quello il periodo, nei secc. 18° e 19°, in cui essa ha raggiunto la maturità, conseguita più lentamente di altri, più descrittivi, rami della scienza botanica; ma nel quale vennero poste, con gli sviluppi paralleli e mutuamente complementari della f. e della chimica-fisica, le premesse su cui, nel 1905, F. F. Blackmann poteva aprire un periodo di grandi successi. Egli scriveva: "Considerando la cellula, come oggi ci è possibile fare, dal punto di vista metabolico, come una congerie di enzimi o un complesso colloidale di agenti catalitici, numerosi quante le funzioni cellulari, ciascuno isolabile ed atto a poter compiere da solo il suo lavoro in vitro, possiamo cercare di spiegarci l'azione degli stimoli chimici nella cellula in paragone all'azione degli enzimi isolati, in vitro. Sappiamo ora che anche qui regnano la legge e l'ordine e mentre gli enzimi accelerano le reazioni senza essere incorporati nei prodotti finali, anche l'accelerazione prodotta è proporzionale alla quantità di enzimi presente, per piccola che sia, e gli effetti degli attivatori e degli inibitori di questa azione è pure proporzionale alle loro masse... Quando la velocità di un processo è condizionata da diversi fattori, il corso del processo, è limitato dal fattore presente nella minor quantità" (Ann. Bot., XIX, 1905, p. 281).
Nelle proposizioni riportate è l'enunciazione del principio dei fattori limitanti, applicato da Blackmann alla reazione oscura della fotosintesi, con la scoperta della quale egli pose un punto fermo, dopo A. von Baeyer, nella conoscenza del maggiore processo di fissazione di energia e di sintesi biologica che si svolga sulla terra. Alle ricerche successive sull'organicazione del carbonio (forse l'argomento di fisiologia vegetale più studiato negli ultimi cinquant'anni) hanno contribuito incisivamente R. Willstaetter, O. Warburg, e, dopo l'ultima guerra, M. Calvin, J. A. Bassham, A. Benson, H. Gaffron e coll., che hanno ottenuto eccezionali risultati impiegando le tecniche degli isotopi radioattivi e cromatografiche.
Dalla formulazione del concetto di enzima (W. Kühne, 1867) e di coenzima (P.-É. Duclaux, 1897) alle ricerche di S. P. L. Sörensen (1909) sull'azione della concentrazione idrogenionica del mezzo nelle reazioni enzimatiche, a quelle di poco successive di L. Michaelis e di M. L. Menton, che definirono le equazioni, delle reazioni enzimatiche, a quelle di J. B. Sumner, che per primo (1926) isolò un enzima (l'ureasi) in forma cristallina, a quelle di O. Warburg, padre della chimica enzimatica e delle sue applicazioni alla f. cellulare, di K. Myrbäck, di F. Lipmann e, infine, a quelle di M. Dixon sui complessi multienzimatici, è stato un susseguirsi di scoperte e di acquisizioni attraverso le quali è stato costruito il vasto edificio della moderna enzimologia, che ha tratto impulso da tante applicazioni e si è sviluppata come ramo speciale della biochimica. Questa, a sua volta, da analitica, è divenuta sempre più biochimica di sintesi e si è avvantaggiata dei nuovi metodi di indagine: isotopi radioattivi (G. Hevesy, 1933; S. Ruben, M. D. Kamen, W. Z. Hassid, ecc.), cromatografia su carta (R. Consden, A. H. Gordon, A. J. P. Martin, dal 1944), radiocromatografia e autoradiografia, ecc., messi a disposizione dalla chimica analitica. Contemporaneamente hanno proceduto gli studî e le ricerche sui fitormoni (auxine, gibberelline, auxine sintetiche e loro analoghi, ecc.), sulla loro azione sulla cellula vegetale e sull'accrescimento della pianta, sulle loro interazioni con le vitamine (F. W. Went, dal 1926; e poi F. Kögl, P. K. Duraiswami, E. Kurosawa, K. V. Thimann, F. Skoog, A. E. Murneek, ecc.), che si ricollegano alle ricerche di G. Haberlandt ed altri sui tropismi e sulla conduzione degli stimoli; quelli sulle vitamine, iniziati da E. V. Mac Collum, e sui virus; le ricerche con l'impiego di tecniche isto- e citochimiche (G. Gommori, G. E. Palade, K. Lindestrøm-Lang, H. Holler, J. Brachet, ecc.). Né si può dimenticare l'apporto della genetica biochimica e microbiologica, di recente sviluppo (J. B. S. Haldane, G. Beadle, E. L. Tatum, ecc.), che ha fornito al fisiologo la possibilità di seguire, nello sviluppo degli organismi e nel loro metabolismo, fenomeni legati all'eredità attraverso rapporti tra geni ed enzimi e di affrontare, in tempi molto abbreviati, importanti questioni genetiche per l'opportunità che certi microrganismi (batterî, funghi, ecc.) offrono, per la rapida riproduzione e l'adattabilità al mezzo di coltura, di studiare problemi del metabolismo intermedio, le nucleoproteine, gli acidi nucleici, ecc. (R. D. Hotchkiss, O. Avery, ecc.).
In queste ed in altre direzioni, la f. vegetale ha trovato felici occasioni di estensione e di consolidamento delle proprie basi. I progressi moderni hanno dato numerose prove di un fatto intuitivo: che, cioè, una è la f. ed una la biochimica, anche se le diversità nel comportamento fisiologico degli organismi (ad es., in rapporto alla molteplicità delle fonti energetiche impiegate nella riduzione della CO2; all'organizzazione ed allo sviluppo, ecc.) rendono necessario, anche per motivi didattici o pratici, distinguere diversi rami. Questa visione unitaria è stata soprattutto confortata dalla constatazione sperimentale che il meccanismo fotosintetico è strettamente collegato alle ossido-riduzioni respiratorie e fermentative ed al metabolismo intermedio delle chemiosintesi; nonché dalla scoperta che anche organismi non autotrofi (animali, piante saprofite e parassite) compiono la fissazione della CO2. Grande risalto ha avuto, perciò, oltre all'indagine sui problemi dell'organizzazione, dei passaggi di fase, dei periodi vegetativi, del fotoperiodismo, ecc., lo studio degli scambî di energia, connessi al continuo flusso di processi fisiologici del metabolismo intermedio, che mantengono l'organismo in uno "stato costante" di equilibrio dinamico, nel quale pure è possibile la rigenerazione, attraverso serie di reazioni enzimatiche, di materiali degradati durante i processi catabolici, i quali, una volta ricostituiti, possono riprendere la loro funzione e il loro posto nella cellula e, in certi casi, duplicarsi, come avviene, ad esempio, per le macromolecole spiraliformi dell'acido desossiribonucleico.
Questa straordinaria capacità dell'organismo a resistere al decadimento nell'equilibrio termodinamico è stata presa in considerazione da matematici e fisici (I. Schrödinger, L. Fantappiè), che hanno illustrato in termini fisico-matematici il segreto della vita come una resistenza del vivente, a causa dell'ordine delle sue strutture e disposizioni molecolari e della conseguente complessità morfologica, a raggiungere lo stato di massima entropia.
La f. vegetale, in senso stretto, ha ceduto a discipline divenute autonome o in via di divenirlo parte degli argomenti che rientrano nel suo dominio; così se ne sono separate l'ecologia vegetale ed agraria, la patologia vegetale, l'agronomia generale, la microbiologia (generale, agraria, tecnica, medica). Di norma, una trattazione completa della f. vegetale, comprende: f. cellulare (controllo genetico dei processi fisiologici, costituzione della cellula vegetale e inclusi cellulari, f. generale della cellula vegetale, sue proprietà, rapporti energetici, sistema metabolico cellulare, distribuzione dei sistemi enzimatici e delle attività metaboliche, rapporti nucleo-citoplasmatici, comportamento nei confronti dell'acqua e dei soluti); nutrizione e metabolismo (rapporti della pianta con l'acqua e i soluti, nutrizione minerale, organicazione della CO2, formazione, accumulo, mobilizzazione e trasformazione dei carboidrati, metabolismo dei lipidi, dei composti azotati, solforati, fosforati, metabolismo dei prodotti secondarî, eterotrofia, respirazione, fermentazioni, metabolismo degli acidi organici); accrescimento e sviluppo (accrescimento e sostanze di crescita, differenziazione e sviluppo, fattori esterni che influenzano l'accrescimento e lo sviluppo, f. dei movimenti: movimenti dovuti agli effetti della temperatura, della gravità, di fattori chimici e di fattori interni; sessualità, riproduzione, alternanza di generazioni).
Dopo questa rapida e necessariamente sommaria illustrazione dei progressi e delle attuali prospettive della f. vegetale è necessario chiarire che la finalità della f. vegetale classica, di comprendere il comportamento della pianta, non perde nulla della sua validità. I fenomeni fisiologici, studiati in passato al livello della pianta intera, permisero di osservare che cosa fa la pianta, ma non perché e come lo fa. L'esigenza, che permane, di conoscere questi fenomeni considerando la pianta come entità vivente, con la sua morfologia e il suo ciclo di sviluppo, è evidente. Quando sono stati analizzati più intimamente i fenomeni metabolici si è scesi al livello cellulare e si è acquisita la nozione dei sistemi ciclici di reazioni catalitiche, ampiamente reversibili, con una certa indeterminazione e libertà di scelta, al livello biochimico, e con tante interferenze e correlazioni. La coltura di tessuti vegetali in vitro (Ph. R. White, R. J. Gautheret, ecc.) ha consentito di saggiare variamente il comportamento della cellula e dei tessuti vegetali, e lo sviluppo della biochimica ha dato impulso alla f. cellulare. Oggi, la possibilità di osservare strutture submicroscopiche, grazie alle applicazioni della ultracentrifugazione, della microscopia elettronica e della diffrazione con raggi X, o di studiare quantitativamente la distribuzione di sostanze nella cellula viva, con l'analisi microchimica e con l'ausilio del microscopio interferenziale, ha spinto l'indagine fisiologica al livello degli organiti cellulari, cioè verso le più piccole unità funzionanti della macchina biologica. Anche a questo livello, submicroscopico o macromolecolare, ove tanto resta tuttavia da scoprire, nel cuore stesso della cellula, troviamo ancora forme in funzione, probabilmente le più piccole strutture fisiche per il funzionamento dei meccanismi biochimici, da cui gli organismi sono mossi; e addirittura ci si indirizza verso la spiegazione delle funzioni biologiche in termini di struttura molecolare con i problemi connessi alla struttura degli acidi nucleici e dei catalizzatori proteici che controllano l'attività metabolica. Qui si incontrano il fisiologo, il biochimico ed il biofisico, e anche il genetista, per lavorare insieme e, possibilmente, per ritornare, con idee più chiare, al livello della cellula, dei tessuti, degli organi e dell'intera pianta.
Bibl.: Tra i più recenti trattati, si citano: Encyclopedia of Plant Physiology (Handbuch der Pflanzenphysiologie), 18 voll., Berlino 1956 segg.; F. C. Steward, red., Plant Physiology, 6 voll., New York 1959 segg.; tra i periodici, oltre alle principali riviste specializzate, se ne indicano alcuni che hanno accolto, per molti anni, importanti lavori di fisiologia vegetale: Annual Review of Plant Physiology, dal 1950; Annual Review of Biochemistry, dal 1931; Advances in Enzymology, dal 1941; Biological Abstracts, dal 1925; Botanical Abstracts, dal 1918; Botanisches Centralblatt, dal 1891; Chemical Abstracts, dal 1907; Experiment. Station Record, dal 1890; Physiologia Plantarum, dal 1948; Plant Physiology, dal 1925; The Botanical Review, dal 1935.