FISICA (XV, p. 473; App. II, 1, p. 950)
In questo articolo si dà uno sguardo d'insieme a orientamenti e problemi attuali della fisica. Per una più particolare informazione sui varî rami si vedano le corrispondenti voci di questa Appendice.
1. Revisioni critiche di principî. - La fisica classica ha tra i suoi postulati di base, quello della continuità di determinati fenomeni (l'emissione, per es., dell'energia raggiante) e quello che attribuisce a lunghezze e tempi carattere assoluto, di indipendenza cioè dall'osservatore. Benché in generale sia difficile, e forse non lecito, concentrare su fatti particolari i motivi di evoluzione d'una scienza, appare abbastanza legittimo affermare che la fisica moderna nasce da una profonda crisi che, sui primi del 900, investe la validità di codesti due postulati. È la crisi culminata nella introduzione dell'ipotesi quantistica che nega la continuità, e dei principî relativistici che negano a lunghezze e a tempi carattere assoluto.
La relatività nasce, com'è ben noto, a opera di A. Einstein (1905), dalla constatata impossibilità di conciliare le vedute classiche con le risultanze sperimentali relative alla propagazione della luce. I postulati di base della nuova meccanica, o relatività ristretta, sono il principio di relatività einsteiniano, secondo il quale nessuna esperienza, di qualsiasi natura, eseguita nell'interno di un corpo può rivelare un moto di traslazione rettilinea uniforme del corpo rispetto a un riferimento inerziale; e il principio della costanza della velocità della luce, secondo il quale la velocità della luce nel vuoto è una costante indipendente dal moto della sorgente e dell'osservatore. È facile riconoscere che essi non sono compatibili con il postulato dell'invarianza delle lunghezze e dei tempi. Due motivi, principalmente, hanno portato ad accettare la validità della meccanica relativistica: le ineccepibili conferme sperimentali, provenienti ormai anche da particolari settori della tecnica; e il fatto che la meccanica classica, dotata di così indiscutibili conferme, conservi la sua sostanziale validità in tutti i casi in cui le velocità in gioco sono abbastanza piccole rispetto alla velocità della luce.
Non altrettanto concorde è invece, a tutt'oggi, il giudizio su particolari interpretazioni di talune conseguenze dei principî relativistici: quelle, per es., relative alla "dilatazione dei tempi", cui la prospettiva, ormai non più fantascientifica, di lunghi viaggi spaziali ad altissima velocità. conferisce un sapore quasi drammatico in relazione, tra l'altro, a una variabilità della durata della vita umana che ne deriverebbe. In realtà ciò che i principî relativistici negano è soltanto l'esistenza d'un tempo "uguale per tutti gli osservatori", donde scaturisce una diversa "valutazione" della durata di un fenomeno da parte di due osservatori in moto l'uno rispetto all'altro. In questo senso soltanto la teoria della relatività esclude l'esistenza d'un tempo assoluto, non nel senso che sia a priori inaccettabile l'idea d'un tempo esistente oggettivamente e indipendentemente da qualsiasi osservatore, benché la sua inosservabilità, implicita nella impostazione relativistica, equivalga, per una gran parte dei fisici, alla sua non-esistenza. È viva pertanto l'attuale attesa di controlli sperimentali, atti a portar luce su queste controverse interpretazioni.
L'ipotesi quantistica, riferita precisamente all'energia, fu suggerita (1900) a M. Planck dall'esigenza di porre in accordo con le risultanze sperimentali la teoria dell, emissione del corpo nero. L'ipotesi quantistica di Planck, o principio della quantizzazione dell'energia, consiste nell'ammettere, in contrasto con i principî classici, che l'emissione e l'assorbimento di energia raggiante avvengano in modo discontinuo, o "per quanti".
L'ipotesi quantistica, riferita ad altre grandezze, ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo della fisica moderna.
In particolare, su una ipotesi quantistica è fondata la teoria dell'atomo d'idrogeno, dovuta (1913) a N. Bohr, e con essa quella conseguente, più ampia, detta di Bohr-Sommerfeld, di qualche anno successiva. L'ipotesi di Bohr consiste precisamente nell'ammettere che il momento della quantità di moto dell'elettrone rispetto al nucleo debba essere un multiplo intero della costante h/2π, essendo h la costante di Planck: donde discende la discriminazione delle orbite consentite all'elettrone (o orbite quantiche), la conseguente individuazione degli "stati quantici", dei "livelli energetici", delle "transizioni" dell'atomo, della legge, detta appunto di Bohr, che esprime la frequenza delle radiazioni emesse nelle transizioni, ecc. Fra le immediate conseguenze della legge di Bohr va a sua volta ricordato il principio di combinazione, secondo il quale la somma o la differenza di due frequenze presenti in uno spettro "può" essere ancora una frequenza presente nello spettro. Scoperto per via sperimentale da W. Ritz, esso costituisce tuttora una delle leggi fondamentali della spettroscopia, completandosi con le regole di selezione, stabilite anch'esse per via empirica e giustificate poi nell'ambito della meccanica quantistica, che indicano come possibili soltanto talune transizioni.
L'inadeguatezza della meccanica classica alla trattazione di problemi meccanici al livello atomico e le conferme sperimentali basterebbero a mettere in risalto da un lato l'importanza che la teoria di Bohr-Sommerfeld ebbe nello sviluppo della fisica atomica, dall'altro i suoi innegabili aspetti di attendibilità, sottolineati dall'osservazione, dovuta allo stesso Bohr, che per, grandi numeri quantici (il che vuol dire avvicinarsi alle condizioni proprie del macrocosmo) i risultati della teoria tendono a confondersi con quelli della meccanica classica. Di questo legame che, per induzione da fatti particolari, Bohr ammise come un generale principio di corrispondenza (tra la meccanica classica e la meccanica atomica) egli stesso s'avvalse per ottenere, con opportune estrapolazioni, da risultati relativi a grandi numeri quantici, risultati relativi a piccoli numeri quantici interessanti la fisica atomica.
Ciò malgrado, i contraddittorî compromessi e le ipotesi arbitrarie che erano alla base della teoria di Bohr-Sommerfeld, e anche taluni risultati in netto contrasto con l'esperienza (per es. quello relativo al valore del livello energetico fondamentale dell'atomo di elio) non mancavano di conferire alla teoria stessa carattere di provvisorietà. Mentre questa era, intorno al 1925, la situazione della meccanica atomica, nel campo delle radiazioni ancora una volta si trovavano di fronte i due punti di vista, corpuscolare e ondulatorio, ciascuno dei due conveniente alla interpretazione di determinati fenomeni, nessuno dei due atto a dar ragione di tutti.
Da questa condizione hanno origine la meccanica ondulatoria di L. de Broglie ed E. Schrödinger e la cosiddetta meccanica delle matrici di W. Heisenberg. La meccanica ondulatoria muove dall'ipotesi che un corpuscolo (in particolare un elettrone) possa comportarsi in determinate circostanze come un'onda (le cosiddette onde di de Broglie). Così onda e corpuscolo si presentano - principio di complementarità - come aspetti diversi, escludentisi a vicenda, cioè complementari, d'una stessa entità fisica (per es. dell'elettrone). L'ipotesi, che trovò una prima conferma nelle esperienze (1927) di C. I. Davisson e L. H. Germer sulla diffrazione degli elettroni, ha le sue lontane radici in analogie ottico-meccaniche già segnalate da Hamilton. Come teoria ed esperienza hanno provato, la meccanica ondulatoria resta valida anche per particelle composte, quali per es. i nuclei atomici, e al crescere della massa dà risultati che vanno, anche in questo caso, via via accostandosi a quelli proprî della meccanica classica. La meccanica delle matrici nasce in un certo senso dal proposito di liberare la fisica atomica da ogni agganciamento con una modellistica tratta dal macrocosmo e di dubbia legittimità nel microcosmo, stabilendo viceversa un diretto legame fra grandezze osservabili (fra queste sono, per es., l'intensità e la frequenza delle radiazioni emesse in una transizione): compito cui bene si presta l'algebra delle matrici. Dalla fusione della meccanica ondulatoria con la meccanica delle matrici sorge la meccanica quantistica.
Le precedenti teorie sull'atomo avevano conservato un carattere fondamentale della fisica classica: il carattere deterministico. La meccanica quantistica è, al contrario, una teoria fondamentalmente probabilistica: ciò che essa può prevedere non è un evento ma la probabilità dell'evento. L'elettrone (poi, in genere, la particella) viene "descritto" mediante una "funzione d'onda", ψ, in generale complessa, priva di qualsiasi significato fisico immediato, ma soddisfacente all'equazione differenziale che regge la propagazione ondosa: l'integrale del quadrato del modulo di ψ esteso a una certa regione di spazio S dà la probabilità che la particella manifesti la sua presenza in S. La posizione effettiva della particella può essere determinata con un grado di esattezza grande quanto si vuole, ma le operazioni a ciò necessarie perturbano la particella stessa in guisa che la sua velocità (quindi la sua quantità di moto, la sua energia) risulta notevolmente modificata, e lo "stato" effettivo della particella resta conseguentemente indeterminato. È questo, nella sua forma più semplice, il principio di indeterminazione che fu enunciato (1927) da W. Heisenberg. In altri termini, se si misura bene la posizione si misura male la velocità, o viceversa, qualunque siano la delicatezza con cui si effettua l'esperienza e la raffinatezza dello strumento adoperato; il "bene" e il "male" precisandosi nel fatto che il prodotto dei due errori non può mai scendere al disotto della costante di Planck. Il principio può essere ammesso come vero anche nell'ambito della fisica macroscopica, ma la cosa è di nessuna importanza poiché l'indeterminazione risulterebbe in tal caso inavvertita.
Grazie ai suoi più recenti sviluppi la meccanica quantistica può fornire oggi metodi d'indagine in tutti i campi della fisica non soltanto atomica ma anche nucleare e subnucleare. Essa risolvendo, come s'è detto, il dualismo ondulatorio-corpuscolare, dà, tra l'altro, ragione delle difficoltà di fronte alle quali si era fermata la teoria di Bohr-Sommerfeld, sostanzialmente dovute alla pretesa di trattare gli elettroni come corpuscoli in condizioni nelle quali gli elettroni si manifestano come onde, così che la teoria stessa assume carattere di prima approssimazione e ne restano giustificati i suoi, almeno parziali, aspetti di attendibilità.
L'interpretazione più comunemente accettata, la cosiddetta interpretazíone "ortodossa", dei principî della meccanica quantistica e del formalismo operatoriale in cui essa si è estrinsecata raggiungendo, tra il 1925 e il 1935, a opera principalmente di P. A. M. Dirac e di P. Jordan, un assetto per molti lati perfetto e definitivo, ha suscitato sin dal sorgere della teoria perplessità e critiche da parte di fisici illustri (Einstein, Planck, de Broglie, Schrödinger, ecc.). Il più vero motivo di tale opposizione è nel fatto che l'interpretazione ortodossa, dovuta alla scuola di Copenaghen (Bohr, M. Born, Heisenberg, Jordan), si ispira in sostanza a una concezione probabilistica dei fenomeni e fenomenistica della realtà, in fondo alla quale c'è la negazione del mondo fisico come entità che esista indipendentemente dall'osservatore. È notevole la circostanza che, attraverso un'acuta revisione critica, nuove interpretazioni di tipo "realistico" siano state tentate in questi ultimi anni, non senza successo anche da fisici della nuova generazione (Bohm, Blochinzev, Janossy e altri: v. quantistica meccanica, in questa App.).
Nel mentre si venivano ponendo le basi della meccanica quantistica, W. Pauli enunciava (1925) il suo principio di esclusione, detto poi anche principio di Pauli, secondo il quale, in un atomo, due elettroni non possono muoversi su una stessa orbita, cioè non possono trovarsi in stati caratterizzati dagli stessi quattro "numeri quantici", o, per dirla nei termini della meccanica quantistica, non possono essere "descritti" dalla stessa funzione d'onda. Benché il principio di Pauli resti come un'affermazione isolata, sfuggente a una convincente giustificazione teorica, della sua validità non si può dubitare sol che si pensi alla possibilità che esso ha offerto di individuare, in accordo con la classificazione di Mendeleev, la configurazione elettronica dell'atomo dei varî elementi; né va dimenticato che con opportune generalizzazioni il principio ha potuto essere esteso ai protoni, ai neutroni, e in genere a tutte le particelle che obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac.
Giova ancora ricordare alcuni principî di conservazione, in parte provenienti dalla fisica classica e accettati dalla fisica moderna con più o meno radicali modifiche. Fra questi ultimi è il principio di conservazione della massa-energia che sostituisce, nell'ambito relativistico, i due separati principî di conservazione della massa e dell'energia. Ma la meccanica quantistica ha introdotto altri principî di conservazione. Fra questi era da annoverare sino a qualche anno fa il cosiddetto principio di conservazione della parità.
La "parità" (v. anche particelle elementari, in questa App.) è una proprietà della funzione d'onda: quella di restare invariata (parità pari) o di cambiar di segno (parità dispari) al cambiar di segno d'una delle coordinate spaziali (dalle quali la funzione stessa dipende). Orbene teoria ed esperienza erano d'accordo nell'indicare che la parità della funzione d'onda associata a una particella isolata non potesse in nessun caso da pari diventare dispari o viceversa, in guisa che particelle descritte da funzioni d'onda di parità differente dovessero considerarsi diverse. La scoperta del cosiddetto paradosso τ θ ha finito col porre in discussione il principio. Il mesone π decade in pioni di parità dispari, il mesone θ in pioni di parità pari: se valesse la legge di conservazione della parità i due mesoni dovrebbero a lor volta avere, rispettivamente, parità dispari e parità pari, e come tali sarebbero particelle diverse. Poiché esse si presentano sotto ogni altro aspetto identiche, se si riconoscesse la non validità della legge di conservazione della parità nulla vieterebbe di affermare l'identità delle due particelle. L'estrema difficoltà di controlli sperimentali diretti, stante la brevissima vita media (dell'ordine di un miliardesimo di secondo) dei mesoni τ e θ, ha suggerito l'opportunità di ricorrere a controlli indiretti. Ciò è stato fatto da C. N. Yang e T. D. Lee, sperimentando anziché sul decadimento dei mesoni sul decadimento radioattivo β di nuclei di cobalto 60, fenomeno anch'esso di interazione debole. Poiché la conservazione della parità implicherebbe l'inesistenza lungo la direzione degli assi di spin magnetico dei nuclei, preventivamente "allineati", di un verso privilegiato d'emissione, l'indagine può ridursi ad accertare l'esistenza o no di un tal verso. L'esperienza di Yang e Lee ha provato (v. simmetria in questa App.) che l'emissione avviene, prevalentemente, in verso opposto al campo magnetico allineatore; e successive esperienze hanno confermato il risultato.
La crisi del principio di conservazione della parità ha destato molto scalpore, soprattutto perché essa ripropone il problema generale della validità dei principî di conservazione, soprattutto per quelli ammessi come validi in virtù di estrapolazioni la cui legittimità resta subordinata a conferma.
2. L'energia nucleare. - Gli sviluppi che, in relazione ai noti impieghi bellici, il problema della utilizzazione dell'energia nucleare ebbe durante la seconda guerra mondiale, si sono estesi e approfonditi nella prospettiva di sistematiche utilizzazioni a fini non bellici. A questa esigenza rispondono i reattori nucleari.
Fra le reazioni oggi note, due soltanto possono essere considerate, almeno concettualmente, come possibili "reazioni di base" per un reattore: la reazione di .fissione e la reazione di fusione. Reattori a fissione sono ormai in funzione nei maggiori Paesi del mondo. Essi si distinguono in reattori di potenza, reattori convertitori e autofertilizzanti, reattori di ricerca a seconda che sono specificamente destinati alla produzione, su scala industriale, di energia nucleare e alla sua conversione in altre forme di energia (generalmente energia termica); o alla trasformazione di materiali fissili in altri materiali fissili; o, infine, alla produzione di particelle e radiazioni utilizzate per la ricerca. Si è tuttora di fronte, in questo campo, a complesse questioni, di ordine soprattutto tecnologico, riguardanti i "combustibili nucleari", i "moderatori", i "materiali di sostegno", ecc.
La realizzazione di reattori a fusione sembra viceversa essere ancora lontana, non essendo stato sino ad ora possibile ottenere in laboratorio (v. anche plasma in questa App.) controllate reazioni di fusione nucleare, malgrado il grande impegno con cui le ricerche sono state perseguite principalmente negli Stati Uniti, in Russia e in Inghilterra.
3. Acceleratori di particelle. Fisica nucleare delle alte energie (o fisica subnucleare). - Com'è noto, particelle subatomiche dotate di carica elettrica (ioni, protoni, elettroni, ecc.) possono essere accelerate sottoponendole a convenienti campi di forza elettrostatici o elettromagnetici, così da conferire loro velocità corrispondenti a valori anche molto elevati dell'energia cinetica. L'operazione si effettua nei cosiddetti acceleratori di particelle. Gli scopi che si perseguono sono, tuttora, prevalentemente di ricerca, in ordine, per es., alla struttura intima della materia e agli effetti delle radiazioni sugli organismi viventi.
Particolare interesse ha assunto lo studio delle reazioni tra particelle convenientemente accelerate e nuclei atomici: dalla interazione fra particella incidente e nucleoni del nucleo urtato nascono nuove particelle, trasformandosi in massa, secondo la regola relativistica, una frazione dell'energia cinetica della particella urtante. Numerose nuove particelle subnucleari - peraltro instabili con vita media brevissima - hanno potuto essere così riconosciute e studiate. Il fatto che la particella incidente interagisca soltanto con uno o con alcuni dei nucleoni e non con l'intero nucleo comporta l'indipendenza dei risultati dalla natura del nucleo urtato. Determinante è viceversa l'energia della particella incidente: il valore di "soglia", al disotto del quale il fenomeno non si produce, è sempre elevato, ma variabile appunto con il tipo di particelle che si vuole ottenere (per es., nell'urto fra protone e nucleone, esso è dell'ordine di grandezza del GeV nella produzione di iperoni, dell'ordine di 300 MeV nella produzione di mesoni π).
Si comprende di qui l'importanza di elevare le capacità acceleratrici dei varî tipi di acceleratori. I maggiori progressi riguardano i sincrotroni, il cui potere acceleratore ha potuto essere notevolmente accresciuto grazie a una opportuna utilizzazione delle proprietà di focheggiamento del campo magnetico di guida.
Notevoli progressi sono stati anche compiuti sulla via di una efficace protezione dalle radiazioni: un grosso problema che gli acceleratori hanno in comune con i reattori.
4. Particelle elementari e antimateria. Mezzi di osservazione. - La scoperta nella radiazione cosmica dapprima, la produzione artificiale poi di nuove "particelle elementari", quindi l'affacciarsi alla ribalta delle nostre conoscenze dell'antimateria hanno riportato dall'unità dei componenti ultimi della materia, alla quale sembrava essersi avviati, a una molteplicità, che ponendo in crisi il concetto stesso di particella elementare, lascia più che mai aperti i problemi relativi all'intima costituzione della materia.
L'antimateria è una forma di materia simile a quella ordinaria, ma in cui ogni particella è sostituita da una "antiparticella" dotata di proprietà generalmente simmetriche rispetto alla corrispondente particella. La prima antiparticella identificata (1932), nella radiazione cosmica, a opera di C. D. Anderson, è stato il positrone, antiparticella dell'elettrone. Ha fatto seguito, dopo oltre venti anni, la scoperta (1955) dell'antiprotone, prodotto artificialmente, a opera di O. Chamberlain, E. Segrè, C. Wiegand e T. Ypsilantis, e quella dell'antineutrone, riconosciuto come tale (1956) da B. B. Cock, G. R. Lambertson, O. Piccioni e W. A. Wenzel. Malgrado le enormi difficoltà che si oppongono alla preparazione dell'antimateria - fondamentale quella della sua estrema instabilità in presenza di materia ordinaria stante la facilità e rapidità dei processi di annichilamento tra particelle e antiparticelle - è da presumere che, in un futuro più o meno prossimo, anche le altre antiparticelle, delle quali è prevista teoricamente l'esistenza, possano essere prodotte.
L'osservazione delle particelle e le indagini sulle loro proprietà, sono state facilitate dalla ideazione di nuovi strumenti di osservazione, quali la camera a bolle, dovuta (1952) a D. Glaser, che permette di visualizzare il percorso di particelle ionizzanti in un liquido surriscaldato; il contatore di P. Čerenkov, fondato sull'effetto omonimo, e il contatore a scintillazione. Le proprietà delle particelle sono state altresì oggetto di numerose ricerche teoriche nell'ambito della meccanica quantistica.
5. Le forze nucleari. - La determinazione delle leggi, non riconducibili a modelli macroscopici, delle forze agenti fra neutroni e neutroni (nn), fra protoni e neutroni (pn), fra protoni e protoni (pp) costituisce il problema di fondo della fisica del nucleo. Le numerose ricerche non hanno sino ad oggi portato a una esatta determinazione di queste leggi, ma hanno consentito una cospicua raccolta di dati dai quali è stato possibile ottenere indicazioni relative alla simmetria delle forze nucleari rispetto alla sostituzione protone-neutrone, alla loro indipendenza dalla carica, alla loro natura di forze di scambio (almeno nel caso di nuclei costituiti da più di quattro nucleoni), ecc.
Il carattere di forze di scambio che si è portati ad attribuire alle forze nucleari comporta l'esistenza di un quanto del campo, come elemento essenziale nel suo meccanismo di azione. Ciascuna delle ipotesi sulla natura del "quanto" sbocca in un modello del campo (campo nucleare di Fermi, di Yukawa, ecc.), nessuno dei quali peraltro s'accorda completamente con tutti i fatti sperimentali accertati. Il problema è, pertanto, tuttora aperto; prospettive di maggiori progressi si intravedono da una possibile estensione dei principî quantistici alla relatività generale.
6. La fisica dei plasmi e la magnetofluidodinamica. - La magnetofluidodinamica è la teoria del moto d'un fluido elettricamente conduttore in presenza di un campo magnetico, fondata sull'associazione delle equazioni generali della meccanica dei fluidi alle equazioni dell'elettromagnetismo.
Delle stesse questioni, ma prevalentemente da un punto di vista particellare, si occupa la cosiddetta "fisica dei plasmi". Com'è noto, il termine plasma sta ad indicare una massa di gas fortemente (o, al limite, completamente) ionizzata. Il punto di vista particellare indica come più adatti per una descrizione fisico-matematica del plasma e dei fenomeni che in esso hanno luogo i metodi della meccanica statistica, ciò che apre la via a teorie analoghe alla teoria cinetica dei gas.
La possibilità di interazioni delle particelle di un plasma con campi elettrici e magnetici suggerisce la possibilità di servirsi di questi ultimi come mezzi di coercizione sulle particelle. La cosa riveste particolare interesse per es. per quegli acceleratori, come i sincrotroni, nei quali è affidata a un campo magnetico una funzione di guida delle particelle sottoposte ad acceleramento; nonché per i futuri reattori a fusione nei quali si pensa di affidare a campi magnetici il compito di creare, con dei convenienti "muri di forza", degli immateriali contenitori del plasma, ad altissima temperatura, destinato alla fusione nucleare. Così molti sforzi sono stati dedicati in questi anni alla realizzazione delle cosiddette "bottiglie magnetiche", configurazioni cioè di campo magnetico utilizzabili per i fini suddetti.
La fisica dei plasmi e la magnetofluidodinamica interessano anche altre branche della fisica, quali, per es., l'astrofisica e la geofisica, la navigazione spaziale, la missilistica e la radiopropagazione; ma indipendentemente da interessi particolari esse costituiscono uno dei più importanti e promettenti capitoli della fisica matematica moderna.
7. La fluidodinamica. - La determinante influenza della viscosità di un fluido sull'andamento del moto e dei fenomeni che si determinano tra il fluido e altri fluidi, o solidi, con esso a contatto porta a distinguere tra dinamica dei fluidi non viscosi (o perfetti) e dinamica dei fluidi viscosi: l'una e l'altra oggetto in questi ultimi anni di notevoli ricerche teoriche e sperimentali.
Particolarmente importanti sono stati i progressi nella dinamica dei fluidi viscosi e in quella dei gas rarefatti, nonché in talune delle branche in cui si divide oggi la dinamica dei fluidi perfetti, a seconda del numero di Mach della corrente e quindi dell'influenza che esercita sull'andamento del moto la compressibilità del fluido (aerodinamica subsonica, transonica, supersonica e ipersonica). È quasi superfluo sottolineare l'importanza assunta dalla fluidodinamica in relazione alle sempre più alte velocità dei mezzi aerei e di esplorazione spaziale e alla possibilità di raggiungere regioni occupate da fluidi in condizioni molto diverse da quelle dell'ordinaria atmosfera.
Di grande utilità per lo sviluppo di queste ricerche è la sperimentazione in galleria, in varie condizioni, per la quale v. anche in questa App. la voce modelli, modelli aerodinamici.
8. Fisica dello stato solido e dello stato liquido. - Le proprietà macroscopiche dei corpi nei varî stati di aggregazione sono da tempo ben note. Esse sono attualmente oggetto di indagine in relazione alla struttura intima della materia. A queste ricerche sono anche interessate varie branche della tecnica, nonché, in modo determinante, la chimica.
Nella fisica dello stato solido un posto di particolare rilievo occupano, anche per l'importanza delle applicazioni pratiche (raddrizzatori, transistori, cellule fotoconduttrici, ecc.) i cosiddetti semiconduttori. Sono questi, come si sa, costituiti da sostanze cristalline che, o per loro intrinseca natura (semiconduttori puri o di tipo intrinseco, quali i cristalli di germanio e di silicio) o per la presenza di impurità (semiconduttori di tipo estrinseco) assumono proprietà elettriche in un certo senso intermedie fra quelle degli isolanti e quelle dei conduttori metallici. Il meccanismo per il quale si determinano, nell'uno o nell'altro dei casi indicati, tali proprietà è stato oggetto in questi anni di significative ricerche nel quadro della meccanica quantistica.
Minore sviluppo hanno viceversa avuto sino ad ora gli studî sullo stato liquido alle temperature ordinarie. Nei liquidi (come, a maggior ragione, negli aeriformi) stante l'influenza, assai più sensibile, dell'agitazione termica, non è tanto questione d'indagare, come nei solidi, sulle strutture elementari e sulle forze che in esse si esplicano, quanto di approfondire gli aspetti statistici dei problemi, aspetti che del resto si presentano anche per talune categorie di solidi, quali le sostanze amorfe e quelle di tipo intermedio tra le sostanze amorfe e le sostanze cristalline, il cui disordine, totale in un caso parziale nell'altro, è questione di natura prettamente statistica.
Un settore particolare di ricerche - peraltro già da tempo iniziate - è quello inerente alle proprietà, profondamente diverse dalle proprietà ordinarie, che la materia presenta alle basse temperature (cioè anche vicinissime allo zero assoluto (sino a un ordine del decimillesimo di grado). Fra i più strani fenomeni registrati sono la superconduttività di alcune sostanze, buone conduttrici dell'elettricità in condizioni ordinarie, la cui resistenza ohmica a bassissima temperatura cade bruscamente a zero; e la superfluidità dell'elio che, restando liquido sino alle temperature più basse, sembra perdere in tali condizioni ogni traccia di viscosità. Oggetto d'indagini sono stati anche i calori specifici e il magnetismo atomico e nucleare, ai quali ultimi è particolarmente adatta la sperimentazione alle basse temperature, per l'attenuarsi degli effetti dovuti all'agitazione termica e le conseguenti maggiori possibilità di disporre in un certo ordine i corrispondenti dipoli magnetici.
9. Geofisica. - L'impiego di nuovi mezzi di esplorazione dell'atmosfera (razzi e satelliti artificiali) e il perfezionamento dei mezzi tradizionali hanno allargato il campo di indagine della geofisica a così vaste regioni di spazio intorno alla Terra da giustificare la denominazione per essa di "fisica spaziale". Si tratta di quelle regioni ove, tra l'altro, sono presenti le radiazioni corpuscolare ed elettromagnetiche di origine solare e cosmica, ove risiedono le cause dei fenomeni meteorologici, tuttora sfuggenti a una previsione sufficientemente tempestiva ed esatta, nonché di fenomeni che influenzano in modo determinante la radiopropagazione o che interessano la navigazione aerea e spaziale.
Gli anni che intercorrono fra il 1950 e il 1960 hanno portato a un allargamento di tali conoscenze, e principalmente essi sono stati importanti per il futuro della geofisica sia per l'apprestamento dei nuovi mezzi e delle nuove tecniche di indagine, sia per la imponente raccolta di dati, cui ha impresso un grande impulso l'anno geofisico internazionale, dall'interpretazione dei quali sono da attendersi sensibili progressi.
Fra i risultati acquisiti, di maggiore rilievo sono quelli relativi alla fisica dell'atmosfera (perturbazioni geomagnetiche, fisica della ionosfera, aurora polare, ecc.) e degli spazi interplanetarî; nonché quelli relativi alle correlazioni esistenti tra fenomeni geofisici e attività solare. Di particolare interesse è la scoperta delle cosiddette cinture di Van Allen (v. aurora polare, in questa App.).
Di non trascurabile interesse sono state altresì le ricerche di carattere sismologico e relative alla prospezione geofisica.
10. Astrofisica. - L'organizzazione delle ricerche si orienta verso l'associazione, su base nazionale e supernazionale, di istituti e di enti, mentre si accrescono e si perfezionano i mezzi di indagine.
Fra questi sono i nuovi grandi telescopî di tipo tradizionale (il telescopio elettronico è tuttora in fase di sperimentazione e di studio) già entrati in funzione o in fase di progettazione o di allestimento nei maggiori Paesi; gli spettrografi ottici per l'analisi della radiazione stellare; i radiotelescopî (ordinarî, radiointerferometri, radiospettrografi, radiopolarimetri) per la ricezione e l'analisi delle radioemissioni provenienti dai corpi celesti (v. astrofisica e radioastronomia, in questa App.).
Tra i risultati più notevoli delle ricerche recenti è la scoperta delle stelle a guizzo e delle stelle magnetiche; il riconoscimento dell'esistenza, nella nostra galassia e nelle galassie esterne, di due diversi tipi di popolazioni stellari; la scoperta, prevista dalla teoria e confermata fotograficamente, di "ponti di materia" colleganti le diverse galassie. Qualche progresso, di notevole interesse anche cosmogonico, è pure da registrare nel campo delle conoscenze sulla costituzione chimica dei corpi celesti.
11. Gli sviluppi della relatività. Le teorie unitarie. - La relatività ristretta, uscita ormai dall'ambito delle enunciazioni teoriche e dei primi controlli sperimentali, si va imponendo anche in determinati campi della tecnica (in quello per es. degli acceleratori di particelle) come irrecusabile strumento di progettazione e di calcolo. È molto significativo il fatto che, per es., il progetto di un sincrotrone sulla base dei principî della meccanica classica risulterebbe grossolanamente sbagliato.
La relatività generale, che ebbe come primo obiettivo l'inquadramento dei fenomeni interessanti la gravitazione e l'inerzia in una teoria geometrica, si trova oggi di fronte a grossi problemi, il maggiore dei quali è forse quello del suo accordo con la meccanica quantistica, fondata, a differenza delle teorie relativistiche, su principî di tipo probabilistico e statistico.
Le teorie unitarie nascono, come la loro qualifica indica, dal programma di riportare a una descrizione unitaria, i fatti fondamentali dell'universo a noi noti: gravitazionali cioè ed elettromagnetici.
All'angustia, per una sintesi siffatta, di un ordinario spazio quadrimensionale riemanniano, di cui si serve la relatività generale, si può ovviare in varî modi: il modo seguito da Einstein nella costruzione della sua ultima teoria unitaria consiste nell'assumere come teatro degli eventi uno spazio-tempo ancora quadrimensionale, ma non più riemanniano bensì a connessione affine, dotato di opportune proprietà.
L'elevatezza del contenuto filosofico delle teorie relativistiche in genere e delle teorie unitarie in particolare, nonché la complessità e sinteticità dell'algoritmo tensoriale non hanno sino ad ora consentito una interpretazione fisica elementare dei risultati raggiunti, che del resto lo stesso Einstein considerava soltanto come una tappa del lungo cammino; né consentono fondate previsioni sugli sviluppi futuri di tali teorie.
Bibl.: Alle indicazioni specifiche riportate in calce alle singole voci aggiungiamo qui quelle di alcune opere recenti, italiane o in versione italiana, di alta divulgazione o di particolare interesse.
H. A. Bethe, Teoria elementare del nucleo, Torino 1951; L. de Broglie, Fisica e microfisica, Torino 1950; A. Einstein e L. Infeld, L'evoluzione della fisica, Torino 1950; E. Fermi, Particelle elementari, Torino 1952; W. Heisenberg, I principî fisici della teoria dei quanti, Torino 1953; E. Persico, Gli atomi e la loro energia, Bologna 1960; F. O. Rice e E. Teller, La struttura della materia, Torino 1953.