Fisica medica
Tra le diverse aree della f. m., quella delle bioimmagini ha segnato i progressi di maggiore sostanza e rilevanza anche a livello sociale. Tale area, che viene indicata comunemente con il termine inglese imaging, è prettamente interdisciplinare e comprende le tecniche che consentono di rappresentare qualitativamente, e in alcuni casi quantitativamente, in vivo, tessuti, funzionalità e fenomeni fisiopatologici del corpo umano.
Diverse tecniche, di introduzione più o meno recente, hanno contribuito, mediante un uso diretto oppure combinato, allo sviluppo dell'imaging e in particolare dell'imaging funzionale, ossia l'imaging della funzionalità del corpo umano o, meglio, di organi specifici del corpo umano - in contrapposizione con l'imaging anatomico. Tra tali tecniche, la tomografia assiale computerizzata (TAC), la tomografia a emissione di positroni (positron emission tomography, PET), l'ecografia, l'imaging mediante risonanza magnetica (magnetic resonance imaging, MRI) e l'imaging funzionale mediante risonanza magnetica (functional magnetic resonance imaging, fMRI), l'elettroencefalografia (EEG) e la magnetoencefalografia (MEG), la magnetocardiografia (MCG) e la magnetocardiografia fetale (fetal MCG, fMCG), la spettroscopia e l'imaging infrarosso (near infrared spectroscopy; NIRS, functional infrared imaging, fIRI).
Tra la fine del 20° e l'inizio del 21° sec. la tecnologia TAC ha subito un'importante innovazione con l'introduzione della scansione con geometria a spirale e l'introduzione di sistemi multipli di rilevamento del fascio radiogeno emergente dal corpo del paziente, che hanno consentito l'acquisizione di immagini multistrato. La TAC spirale multistrato ha aperto nuove prospettive di studio bidimensionale, tridimensionale e dinamico in vari settori della diagnostica per immagini. Si menziona in particolare la tecnica angio-TAC per lo studio di distretti vascolari arteriosi del torace, dell'addome, del collo, degli arti inferiori e più recentemente anche del cuore (coronaro-TAC). In particolare, quest'ultima tecnica consente lo studio del circolo coronario cardiaco in modo minimamente invasivo se confrontato con il cateterismo coronario eseguito con l'angiografia digitale. L'elevata velocità della TAC spirale multistrato consente lo studio multiplanare di tutto il corpo in poche decine di secondi, risultando particolarmente vantaggiosa per l'esame dei pazienti politraumatizzati.
Progressi importanti hanno interessato il settore dell'ecografia. Oltre alla recente introduzione di tecniche particolari, come per es. il duplex doppler e il power doppler, sono stati realizzati mezzi di contrasto con microbolle gassose per via endovenosa. Questi mezzi di contrasto sono utili soprattutto per le informazioni sul distretto vascolare, quando sono usati con la tecnica ecocolordoppler. Più recentemente, è stata introdotta l'ecografia 3D, che, soprattutto in campo ostetrico-ginecologico, è in grado di fornire informazioni nettamente superiori a quelle dell'ecografia tradizionale, per la visualizzazione del feto.
La MRI utilizza, per la formazione delle immagini, l'interazione risonante tra il momento magnetico dei protoni, che sono polarizzati in un campo magnetico applicato, e un'onda elettromagnetica a radiofrequenza. La frequenza di risonanza dei protoni è proporzionale al campo applicato ed è di circa 42 MHz in un campo magnetico di 1 tesla. La localizzazione del segnale è ottenuta attraversol'applicazione di campi non omogenei, detti gradienti, che permettono di associare la frequenza di risonanza con la posizione anatomica. Il contrasto è invece dato dalla densità di protoni, e dai tempi di ritorno all'equilibrio dei protoni dopo l'eccitazione mediante onda elettromagnetica, detti tempi di rilassamento: sia la densità di protoni sia i tempi di rilassamento dipendono dai tessuti, che possono così essere differenziati nelle immagini. L'efficacia di questa tecnica di imaging rispetto alle altre tecniche sta nel fatto che le immagini non rappresentano proprietà intrinseche dei tessuti (come, per es., la densità), bensì configurazioni di magnetizzazione appositamente create durante l'eccitazione. Ciò conferisce alla MRI una grandissima versatilità che le permette di realizzare immagini di tipo diverso evidenziando caratteristiche anatomiche specifiche. Inoltre, la MRI consente di visualizzare alcuni aspetti della fisiologia dei tessuti, e in particolare di fornire immagini funzionali del cervello. Nella fMRI, l'attività del cervello è visualizzata grazie ai suoi correlati emodinamici. L'afflusso di sangue ossigenato nei distretti cerebrali caratterizzati da un'aumentata attività neuronale determina una variazione locale di suscettività magnetica che può essere evidenziata in immagini MRI, acquisite secondo modalità appropriate. La fMRI ha avuto un'espansione senza precedenti e viene utilizzata nelle neuroscienze, nella neuropsicologia, nella neurofisiologia, e come preparazione alla neurochirurgia.
L'evoluzione corrente dei sistemi per MRI è nella direzione di campi magnetici applicati sempre più intensi. Mentre fino ai primi anni del 21° sec. lo standard di qualità era dato da un campo di 1,5 T, successivamente sono stati commercializzati i primi sistemi con campo di 3 T. L'impiego di un campo magnetico elevato consente di aumentare la risoluzione spaziale e, d'altro canto, l'uso di gradienti elevati consente di ridurre il tempo di acquisizione delle immagini.
Mentre da un lato si realizzano degli strumenti a campo intenso, da un altro lato si cerca di effettuare la risonanza magnetica nucleare (nuclear magnetic resonance, NMR) a campi molto deboli. Ciò è possibile mediante l'uso degli SQUID (Superconducting Quantum Interference Device), la cui elevata sensibilità ha consentito di misurare il segnale NMR di un piccolo campione in un campo magnetico applicato molto debole. Non si tratta ancora di una tecnica di imaging, ma ne costituisce la premessa. La possibilità di effettuare la risonanza magnetica a basso campo consentirà di ridurre i costi della strumentazione e di realizzare macchine aperte, permettendo così l'accesso a questa tecnica diagnostica anche ai pazienti per i quali il forte campo magnetico, o problemi di claustrofobia, costituiscono una controindicazione. Sempre utilizzando uno SQUID come rivelatore, è stato possibile misurare contemporaneamente il segnale NMR del tessuto cerebrale, e il campo magnetico generato dall'attività neuronale del tessuto stesso. Questo esperimento apre la strada a una nuova tecnica che permetterà di poter ottenere simultaneamente immagini anatomiche del cervello, mappe magnetiche dell'attività cerebrale e, probabilmente, anche immagini di risonanza magnetica funzionale.
L'imaging in diffusione è una tecnica MRI sensibile alle proprietà diffusive delle molecole di acqua. Essa permette di ottenere immagini in cui l'intensità del segnale è legata al movimento casuale delle molecole di acqua, che può essere ricondotto al coefficiente di diffusione. In molti tessuti, come nella materia bianca, la diffusione è anisotropa, ossia la mobilità dell'acqua dipende dalla direzione, e con un'opportuna acquisizione delle immagini è possibile individuare la direzione di massima diffusione (diffusion tensor imaging, DTI). Poiché nella materia bianca questa direzione di massima diffusione coincide con la direzione del fascio di fibre, le immagini MRI in diffusione possono essere usate per la mappatura tridimensionale delle fibre di sostanza bianca (fiber tracking). Le immagini MRI in diffusione consentono l'esplorazione in vivo della connettività anatomica del cervello umano. L'informazione che ne risulta sulle connessioni neuronali può essere usata in molte applicazioni, come la pianificazione prechirurgica (per le preservazioni di fasci di connessione cerebrale vitali per una buona qualità della vita del paziente), lo studio delle alterazioni dei fasci in casi di anomalie neurocognitive e malattie neuropsichiatriche, oppure lo studio e la visualizzazione in genere dei collegamenti funzionali tra diverse aree cerebrali.
Insieme alla fMRI, la MEG è stata tra le tecniche di indagine funzionale del cervello quella che ha conosciuto il maggiore sviluppo. La peculiarità di tale tecnica, assolutamente non invasiva, è quella di consentire di rilevare l'attività elettrica dei neuroni cerebrali attraverso la misura del campo magnetico generato da tale attività. Le difficoltà maggiori che si incontrano nell'eseguire questo tipo di misure sorgono dal fatto che le correnti neuronali sono estremamente deboli e, di conseguenza, lo sono anche i segnali magnetici generati dal cervello: l'intensità del campo magnetico misurato in prossimità della testa dovuto alla oscillazione sincrona dei neuroni della regione occipitale (attività alfa, che rappresenta l'attività più intensa del cervello) è di circa 5∙10−13, vale a dire 100 milioni di volte minore di quella del campo magnetico terrestre. La sensibilità al campo magnetico necessaria per questo tipo di misurazioni, vicina ai limiti fondamentali imposti dalle leggi della meccanica quantistica, è stata raggiunta grazie all'uso degli SQUID. La grande debolezza dei segnali neuromagnetici comporta anche la necessità di schermare il luogo di misurazione dal rumore magnetico ambientale. Da un punto di vista applicativo la MEG, che utilizza di routine strumentazione multicanale, tipicamente 250 sensori distribuiti su una superficie che copre l'intero scalpo, è simile alla tradizionale EEG, ma fornisce informazioni molto più accurate riguardo alla posizione, all'interno del cervello, del gruppo di neuroni attivi. Grazie alla MEG sono stati ottenuti importanti risultati, sia per quanto riguarda la comprensione dei meccanismi fisiologici alla base del funzionamento cerebrale, sia per lo studio dei fenomeni patologici, soprattutto nello studio dell'epilessia e dei fenomeni di plasticità cerebrale nella fase di recupero da ictus. Misurando il campo magnetico generato da un focus epilettico è possibile risalire alla sua posizione all'interno del cervello. Inoltre, poiché il neuromagnetismo fornisce un'immagine funzionale del cervello, si può confrontare questa posizione con le aree funzionali adiacenti, in modo tale da capire quanto il focus interagisca con queste ultime. Questo fatto è molto importante nel caso in cui si debba intervenire chirurgicamente sul focus stesso. Nel caso di recupero da ictus la MEG viene sistematicamente utilizzata per identificare eventuali processi di riorganizzazione funzionale durante la fase di riabilitazione. Nei casi in cui la riabilitazione è efficace si verifica un'attivazione di gruppi neuronali - per es., per il ripreso controllo del movimento o del linguaggio - in aree generalmente limitrofe a quelle danneggiate dall'evento ischemico. Il monitoraggio di tali fenomeni di plasticità è di fondamentale importanza per assicurare il successo della terapia e la MEG è considerata la tecnica di elezione per tale scopo.
Nell'ambito dell'imaging funzionale del cervello, ha assunto una posizione prioritaria la ricerca sui metodi e sulle applicazioni della fusione di immagini ottenute con tecniche diverse, nota anche come integrazione multimodale, per due aspetti importanti. In primo luogo, vi è il problema della risoluzione spaziale e temporale: i metodi di imaging basati sull'emodinamica cerebrale come la fMRI sono caratterizzati da un'elevata risoluzione spaziale, dell'ordine di qualche millimetro, ma da una bassa risoluzione temporale, dal momento che quest'ultima è limitata dall'emodinamica stess, la cui scala temporale (circa 1 secondo) è molto maggiore della durata e della latenza degli eventi neurofisiologici; al contrario, i metodi basati sulla rivelazione diretta dei campi elettromagnetici generati dall'attività cerebrale, come la MEG e l'EEG, sono caratterizzati da una bassa risoluzione spaziale, in particolare per quanto riguarda le aree cerebrali più profonde, o nel caso di attivazione di aree multiple o estese, mentre la loro risoluzione temporale risulta elevata, dell'ordine del millisecondo. L'obiettivo ultimo della ricerca è realizzare un approccio tecnologico che abbia allo stesso tempo elevata risoluzione temporale e spaziale, integrando le tecniche che sono state sopra descritte. La difficoltà risiede principalmente nel fatto che tecniche di imaging diverse osservano fenomeni diversi, le cui correlazioni e i cui rapporti di causalità sono solo parzialmente compresi, e che possono essere caratterizzati da localizzazioni leggermente discordanti.
Un'altra problematica sta nell'acquisizione di dati secondo tecniche differenti, che può essere simultanea soltanto nel caso di fMRI ed EEG, al prezzo tuttavia di utilizzare strumentazione dedicata e di condurre un'analisi dei dati preliminare per la rimozione di artefatti. Al contrario, dati di fMRI e MEG non possono essere acquisiti simultaneamente. Malgrado queste difficoltà, i primi studi con tecnologia integrata hanno permesso di evidenziare tanto la dinamica quanto la localizzazione dell'attività cerebrale. Il secondo aspetto dell'integrazione multimodale suscettibile di importanti sviluppi nel prossimo futuro riguarda l'imaging microscopico e macroscopico. Le crescenti conoscenze sul ruolo fisiopatologico di particolari geni o proteine, unite a nuovi metodi per tracciare questi ultimi producendo dei segnali rivelabili all'esterno del corpo umano, sta rendendo possibile la visualizzazione e la quantificazione di processi biologici specifici in modo non invasivo. L'insieme di queste procedure è detto imaging molecolare. In confronto, l'imaging funzionale consente di visualizzare fenomeni su scala sistemica.
L'integrazione di questi due tipi di imaging è ancora in fase preliminare, ma consentirà di mettere in relazione dati sul genoma e sul proteoma con dati sulla fisiopatologia. Mentre precedentemente le tecniche di imaging molecolare utilizzavano soprattutto la PET e marcatori radioattivi, nel primo decennio del 21° sec. è stata introdotta anche la MRI con traccianti paramagnetici specifici, non radioattivi. Con l'introduzione all'uso clinico di apparecchi MRI ad alto campo questa modalità di imaging molecolare potrebbe in futuro fornire dati complementari a quelli ottenuti con la PET. Altri esempi sono l'integrazione delle informazioni strutturali che sono ottenute dalla TAC con quelle metabolico-funzionali che sono ottenute dalla PET e dalla SPECT (single photon emission computerized tomography), che risulta particolarmente vantaggiosa in oncologia in quanto consente una maggiore accuratezza nella stadiazione e nel follow-up della malattia, nella programmazione e nell'integrazione delle terapie chirurgiche e di quelle radianti, nonché la combinazione delle informazioni strutturali e funzionali della MRI con le informazioni biochimiche metaboliche ottenibili con la PET. Sono già stati realizzati i primi prototipi sperimentali PET-MRI.
Nella MCG gli SQUID sono usati per misurare le variazioni di campo magnetico associate all'attività elettrica spontanea del cuore. Questi segnali sono circa 100 volte più intensi dei segnali generati dall'attività cerebrale, ma comunque molto deboli. La strumentazione per MCG è simile a quella per MEG. L'impiego di sistemi multicanale permette il monitoraggio delle variazioni di campo su un piano parallelo al torace del paziente, fornendo una registrazione bidimensionale che permette, attraverso l'integrazione con tecniche di imaging anatomico, quali la risonanza magnetica (RM), la localizzazione precisa dei siti di aritmia focale e la diagnosi precoce di ischemia cardiaca.
La fMCG è l'applicazione della MCG allo studio del cuore fetale. I segnali sono più deboli di circa due ordini di grandezza, e richiedono l'uso di tecniche di analisi di segnale molto avanzate, quali reti neuronali e analisi alle componenti indipendenti, per separare il segnale cardiaco fetale da quello materno e dal rumore magnetico ambientale e ricostruire l'attività elettrofisiologica cardiaca del feto nel tempo e su un piano parallelo all'addome materno. La possibilità di ricostruire e analizzare segnali magnetocardiografici fetali mono- e bidimensionali, e la loro insensibilità alle proprietà elettriche della vernix caseosa che avvolge il feto durante l'ultimo trimestre di gravidanza, sono la causa delle maggiori potenzialità diagnostiche della fMCG rispetto alle tecniche normalmente usate in clinica per il monitoraggio del cuore fetale: ecocardiografia, cardiotocogramma ed elettrocardiogramma fetale. Numerosi lavori scientifici hanno dimostrato l'efficacia della fMCG nella rilevazione e nella caratterizzazione di varie patologie cardiache fetali attraverso la ricostruzione di morfologie affidabili di segnale e la quantificazione di vari parametri, quali per es. gli intervalli cardiaci. È dunque possibile effettuare diagnosi di aritmie e ipertrofie cardiache e monitorare la crescita intrauterina, si possono rilevare difetti congeniti del cuore, così come estrarre informazioni utili al monitoraggio dello sviluppo neuronale del feto. Infine, è anche possibile distinguere i segnali cardiaci dei due feti in gravidanze gemellari, con grande vantaggio in casi di gravi patologie come la sindrome di trasfusione gemello-gemello.
Importanti innovazioni hanno interessato l'imaging infrarosso biomedico. Nell'imaging termico (fIRI) si sfrutta la naturale emissione termica del corpo per produrre mappe della distribuzione della temperatura del corpo stesso o di sue parti. La novità più importante è rappresentata dall'introduzione di dispositivi per l'imaging digitale, estremamente sensibili, ad alta risoluzione spaziale e temporale, di derivazione militare. Tali dispositivi consentono di registrare in tempo reale, senza contatto e in maniera non invasiva, le minute variazioni di temperatura spontanee o indotte da stimoli controllati, permettendo quindi l'imaging funzionale dei processi termici e la loro descrizione mediante modelli biofisici, da cui si ricavano parametri diagnostici quantitativi. Tra le applicazioni più significative e promettenti vanno citate: il monitoraggio di alcune funzioni autonomiche (riflesso sudomotorio e controllo vascolare periferico, impiegati nella nuova generazione di macchine della verità e in psicometria) e l'assistenza chirurgica intraoperatoria, che consiste nella visualizzazione in tempo reale dei processi di rivascolarizzazione e riperfusione dei siti d'interesse. La NIRS offre informazioni relative all'attività cerebrale, che sono complementari a quelle fornite dalla EEG, dalla fMRI e dalla MEG, e sono basate sulle differenti proprietà ottiche di assorbimento e riflessione dell'emoglobina ossigenata e deossigenata, irradiata con luce di lunghezza d'onda tra 690 nm e 830 nm. Sebbene la risoluzione spaziale della tecnica non sia ancora confrontabile con quella della fMRI e sebbene sia impossibile localizzare sedi profonde di attivazioni, importanti sforzi si stanno compiendo nella direzione della realizzazione di sistemi NIRS ad alta risoluzione integrati con gli altri sistemi di imaging funzionale, in particolare nello studio delle attivazioni corticali nei neonati e nella neurochirurgia.
bibliografia
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