FIRMICO MATERNO (Iulius Firmicus Maternus)
Scrittore latino vissuto intorno alla metà del sec. IV e sotto il cui nome possediamo due opere: un trattato di astrologia (Matheseos libri VIII) e uno scritto apologetico contro il paganesimo (Liber de errore profanarum religionun). Poiché l'autore dell'opera astrologica si rivela come un pagano a tendenza neoplatonizzante, si è fatto questione se i due scritti siano opera di uno stesso autore, e, dopo l'indagine comparativa di Cl. H. Moore, si è quasi universalmente concordi nell'ammettere l'identificazione. F., naturalmente, si sarebbe convertito al cristianesimo nel breve lasso di tempo intercorso fra l'uno e l'altro scritto (a un dipresso fra il 337 e il 346). F. afferma di esser nato in Sicilia, di appartenere all'ordine senatorio e di aver esercitato per qualche tempo la carriera forense.
La Mathesis (ed. W. Kroll-F. Skutsch-K. Ziegler, Lipsia 1907-1914) è il testo astrologico più completo trasmessoci dall'antichità: F. vi tratta non solo delle costellazioni secondo i Greci, ma anche della sphaera barbarica, cioè asiatica, con la sua simbologia propria. Il De errore (edizione C. Halm, in Corpus scriptor. eccl. lat., II, Vienna 1867), mutilo nel suo inizio, è indirizzato agl'imperatori Costante e Costanzo ed ha notevole interesse erudito più che per le strane etimologie attribuite da F. ai nomi degli dei (cap. XVII: Proserpina, quia fruges hominibus cum seri coeperint prosunt; Minerva, quasi aut minuat aut minetur, ecc.) perché ci dà (cap. XVIII segg.) preziosi ragguagli sui culti dei misteri (non sempre rettamente interpretando) riferendone anche alcune formule. La polemica antipagana (F. ha di mira soprattutto i culti orientali) è condotta sui motivi dell'apologetica tradizionale, ravvivati però da un tono di ardente passionalità che culmina in frequenti e veementi appelli agli imperatori perché estinguano, con ogni mezzo, il superstite paganesimo. Questo atteggiamento, pochi anni dopo l'editto di Milano (si rammenti che gli apologisti del sec. II e del III avevano chiesto per il cristianesimo la stessa libertà di cui godevano gli altri culti) costituisce, oltreché un prezioso indizio di uno stato d'animo diffuso in quel periodo, il lato più originale e certo più notevole dello scritto di Firmico.
Bibl.: Cl. H. Moore, J. F. M., Der Heide und der Christ, Monaco 1897 (fondamentale); M. Schanz, Geschichte der römischen Litteratur, IV, i, Monaco 1914, pp. 129-137 (e la bibl. ivi cit.); v. inoltre; C. Brackmann, in Museum, Maandblad voor Philologie, 1915, p. 294 segg.; F. Groehl, De sintaxi firmiciana, diss., Breslavia 1918; G. Némethy, Coniecturae ad emendandum F. M. astrologum, in Anhand. Ungar. Akad., Budapest, XXIII (1918); A. Reatz, Das theologische System der consultationes Zacchaei et Apollonii mit Berücksichtigung ihrer angeblichen Beziehung zu F. M., Friburgo in B. 1920; C. Clemen, in Rhein. Mus., LXXIII (1920), pp. 350-58 (sui passi del De errore relativi ai Misteri); P. Batiffol, Le canon de la messe a-t-il F. M. pour auteur?, in Revue des sciences religieuses, 1922, pp. 113-126; E. J. Martin, The biblical text of F. M., in Journal of Theological Studies, XXIV (1922-23), pp. 318-319; C. Brackman, in Mnemosyne, 1924, pp. 428-448 (a prop. della Mathesis); P. Thomas, in Bulletin de la classe de lettres de l'Académie royale de Belgique, 1925, pp. 372-382 (a prop. di Math., I, 7, 5; VI, 26, 1; VII, 15, 2).