fiorino
Il termine appare in If XXX 89 Io son per lor tra sì fatta famiglia; / e' m'indussero a batter li fiorini / ch'avevan tre carati di mondiglia, nel duro atto di accusa di maestro Adamo, il falsario, contro i conti Guidi (v. oltre).
Economia. - La coniazione del f. d'oro, avvenuta nel 1252, ha il profondo significato del ritorno dell'Occidente alla monetazione aurea; Genova segue da vicino, col ‛ genovino ' (la data è tuttora sconosciuta) e, forse prima del 1284 (data più spesso riferita), Venezia, col ‛ ducato '. Ma il f. rimarrà la moneta di gran lunga più reputata e introdotta, nell'intero arco di sua vita (fino alla caduta della repubblica, 1532). Alle radici della sua emissione sta essenzialmente il grandioso sviluppo economico generale (e in ispecie finanziario), che è largamente confermato dal rapido successo del f. in tutti i maggiori empori marittimi e interni, a cominciare dagl'incontri delle fiere di Champagne. E stato preceduto dal ‛ f. d'argento ', il " grosso da soldi uno " (equivalente a 12 denari pisani), emesso almeno dal 1250 e giunto al 1296.
Battuto in oro puro, il nuovo - il vero - f. aveva un peso di g. 3,5368, in corrispondenza con i sottomultipli della libbra ponderale (di g. 339,542): sia di quella adottata per l'oro e l'argento (suddivisa in 12 once e questa in 24 d. di g. 1, 1789), eguagliandone 3 d.; sia di quella per i medicinali (in cui la stessa oncia si frazionava in 8 dramme, di 3 scrupoli), eguagliandone 1 dramma. Da queste corrispondenze scaturì il taglio di 96 pezzi per lib.: 12 X 24: 3 = 96; 12 X 8 = 96.
Tali derivazioni ponderali erano connesse con quelle più specificamente monetarie, collegando il f. alla principale moneta coniata preesistente (il f. argenteo), che fu adottata in numero di 20 e ne costituì il primo sottomultiplo (il soldo, ciascuno di 12 d., da non confondere con quelli ponderali, predetti). I 20 s. argentei rappresentavano nell'insieme la lira immaginaria: sì che l'introduzione del f. d'oro realizzò la trasformazione della lira in moneta effettiva, promanante, non più dalla lib. ponderale, ma da questo suo ventesimo coniato. Quanto all'indole del metallo, il peso in oro del f. riproduce il rapporto dell'epoca tra oro e argento, che era di 8,96: da cui g. 31,69 (peso della lira immagin.): 8,96 = g. 3,5368. Esso varierà, poi, sempre a vantaggio dell'oro, rompendosi quell'equilibrio e ritornando la lira una moneta di conto: la corrispondenza degli originari s. 20 d'argento con il f. d'oro (e, quindi, con i suoi 20 s. ‛ a oro ') si elevò, via via, sino a 150, alla caduta della repubblica; e ciò per il concorso, altresì, dello svilimento della moneta divisionaria d'argento (‛ di piccoli ') provocato dall'aumento della sua lega.
Quando, dal 1278 c. (secondo le ricerche del Bernocchi per uno studio integrale della zecca fiorentina), il rapporto si fermò lungamente su s. 29, esso fu poi mantenuto teoricamente: introducendo il ‛ f. a fiorino ', formato da 29 s., detti ‛ a fiorino ' (sempre di 12 d.); l'unità principale rimase quella aurea (ed effettiva). In seguito, con 20 di tali s. a f. si costituì un'altra moneta totalmente immaginaria: la ‛ lira a f. ' (mentre nel ‛ f. a f. ' d'immaginario v'erano soltanto i s. e i denari).
Questi, i fiorini e loro derivati del tempo di D., ai quali è indispensabile, proprio per far luce sul pensiero del poeta, aggiungere i ‛ f. di suggello ', sicuramente introdotti prima del 1294, quando furono eletti (o riconfermati) gli ufficiali del Saggio, per frenare gli abusi di alterazioni della moneta. Costoro, riscontrata la regolarità di fino e peso (non v'era lega), rinchiudevano i f. in borse di cuoio, sigillandole col segno del Battista e con quello dell'ufficiale: in tal modo i pagamenti potevano eseguirsi a borsa chiusa, dopo averne verificato l'integrità del sugello, con semplice tradizione della medesima. In una provvisione del 1299 (studi Bernocchi) si parla di sigilli falsificati col segno dell'ufficiale Feo di ser Iacopo, il che determinò gravi provvedimenti. Per le altre monete allora circolanti, v. MONETA.
D. era molto lontano dai problemi economici: anzi, nella sublime atmosfera in cui si librava il suo spirito eletto, è comprensibile come egli giungesse a disprezzare colui che cambia e merca, vedendo in quelle azioni e scopi soltanto cupida materialità. Comunque, quella moneta, che era simbolo della potenza e del prestigio economici, ridondanti a vantaggio dell'intera società, non è sfuggita alla considerazione di lui, seppure quale strumento di corruzione e di perdizione, ed egli l'ha mirabilmente agganciata ai personaggi colpevoli per avidità di ricchezza.
La falsificazione della moneta, soprattutto con intromissione di lega, era fra i delitti più rilevanti, tanto da portare al rogo Mastro Adamo da Brescia (tra le identificazioni del luogo di origine di lui, con la città lombarda o con Brest, si potrebbe aggiungere quella di Bresse - il dipartimento di Bourg -, che, infatti, in centinaia di documenti, per quanto mercantili, è rappresentata con ‛ Brescia '). M. Adamo alterò la purezza della moneta, sostituendone 3 car. di fino con altrettanti di lega: un falso del 12%, essendo il totale di 24 car. (If XXX 90). In quel modo, fu falsificata la lega suggellata del Battista. Tale ‛ suggello ' è interpretato come l'impronta e la sanzione (e qualificazione) che l'effige del santo patrono compiva in maniera ben più efficace, che non l'emblema cittadino (il giglio) raffigurato nell'altro lato. I testi reperiti dal Bernocchi sull'istituto del ‛ saggio ' danno lo spunto a un'ulteriore interpretazione di tale passo: il ‛ suggello ' alterato potrebbe essere stato anche quello di materiale garanzia della borsa, in modo da eliminare la possibilità - nella protezione della borsetta sicura - di una pronta scoperta del vistoso falso, fondamentale, effettuato dallo stesso Adamo a Romena. Un altro aspetto dei delitti monetari è l'imitazione: D. vi fa cenno (Pd XIX 141) a proposito di quella che il re di Serbia (Rascia) fece della moneta veneziana, essa pure ampiamente affermata.
Se il Battista è preso come riferimento particolare, il giglio (il maladetto fiore) lo è come simbolo di cupidigia e di ricchezza pervertitrice: ed è Firenze, la trista selva (Pg XIV 64), che lo produce (con i fenomeni di produzione e moltiplicazione della ricchezza) e lo spande, mediante i traffici, che annoda con ogni piazza di primo piano, tutte dominandole (Pd IX 127-132).
Pur non ricorrendo il termine di f. o analogo, a questo dannato strumento di corruzione e di perdizione D. fa chiara allusione nell'infierire contro papi e clero che, dimenticati virtù ed esempio dei primi grandi apostoli, hanno ‛ fermato ' il loro disiro soltanto su s. Giovanni Battista, in quanto simboleggiante i f. d'oro di Firenze, per amore dei quali sono perfino arrivati a emanare scomuniche, per poi annullarle (Pd XVIII 130-136).
In altra vigorosa invettiva contro la sua città, per i disordini e le discordie che provocano continui mutamenti in legge, moneta, officio e costume (Pg VI 145-147) impedendole di aver pace, la realtà non concerne il f. - moneta quanto mai stabile e protetta - ma le monete di piccoli, la cui continua contrazione di valore rispetto alla base aurea non rimase estranea al poeta.
Alla celeberrima coniazione fiorentina presiedeva il fiorinaio, impiantato da G. Villani, risalendo fin quasi alle origini.
Bibl. - Archivio di Stato di Firenze, Arch. della Zecca; C.M. Cipolla, Studi di Storia della moneta, Pavia 1948; Castellani, Nuovi testi, 869-876; M. Bernocchi, La Zecca della Repubblica fiorentina, Prato 1970 (con Bibl. vastissima).