FINITURA SUPERFICIALE
. Operazione meccanica che consente normalmente di eliminare le irregolarità macroscopiche dalla superficie dei pezzi lavorati. Viene eseguita sul tornio, sulla rettificatrice, su macchine speciali e, nel caso di superfici piane, anche a mano con il raschietto; gli utensili impiegati sono: l'utensile da tornio, normale o speciale (placchette in lega dura), le mole abrasive, la punta di diamante, le pietre abrasive speciali mediante interposizione di lubrificante.
Nel caso di superfici cilindriche interne una finitura più spinta può venire realizzata secondo due serie di linee incrociate elicoidali di uguale passo, ottenute con utensili speciali (fig.1), costituiti da un corpo di acciaio che porta un certo numero di pietre abrasive espansibili, umettate di olio lubrificante, le quali esercitano una determinata pressione sulla superficie lavorata e consentono di ottenere superfici speculari.
Per determinate lavorazioni meccaniche si è andata diffondendo, da alcuni anni, l'operazione di superfinitura il cui scopo essenziale è di realizzare le condizioni più favorevoli, agli effetti dell'attrito, nel funzionamento degli accoppiamenti meccanici, i cui elementi siano dotati di moto relativo, per prolungarne la durata d'impiego e per ridurne il periodo di adattamento.
Infatti nel caso di superfici scabre può accadere, per la presenza delle irregolarità superficiali, che le due superfici contrapposte si vengano a toccare in corrispondenza delle creste e conseguentemente risulti modificato il regime della lubrificazione. La superfinitura, asportando la maggior parte delle irregolarità microscopiche che la precedente operazione di finitura non ha potuto eliminare (una buona operazione di superfinitura può lasciare rugosità dell'ordine di grandezza dei centesimo di micron) e livellando maggiormente le superfici contrapposte dei due elementi, riduce la minima distanza in corrispondenza della quale si verifica il fenomeno sopra descritto. Le irregolarità microscopiche corrispondono peraltro a zone del materiale nelle quali le lavorazioni precedenti hanno prodotro un intenso perturbamento dei reticoli cristallini, aumenta do l'attività delle azioni molecolari superficiali che favoriscono la formazione dello strato adsorbito, costituito da molecole polari o neutre di lubrificante, e di altri eventuali strati monomolecolari sovrapposti. Sotto questo punto di vista può essere conveniente non spingere oltre un certo limite l'operazione di superfinitura. Con l'operazione di superfinitura si può anche eliminare, almeno in parte, quello straterello di materiale che, per un eventuale effetto di rinvenimento a causa del calore svolto durante la precedente lavorazione all'utensile od alla mola, può aver subìto una modificazione strutturale che ne altera le proprietà.
L'operazione di superfinitura può essere eseguita su macchine speciali, oppure sul tornio valendosi di opportune attrezzature. È stato attuato anche un processo elettrolitico, nel quale la superficie da superfinire funziona da anodo in un bagno di appropriata composizione. La superfinitura non elimina le eventuali irregolarità macrogeometriche esistenti sul pezzo.
L'esame della superficie di un pezzo lavorato, se viene condotto in modo da mettere in evidenza le irregolarità microgeometriche, consente di giudicarne il grado di finitura. Nei disegni esecutivi per le officine meccaniche è necessario stabilire delle prescrizioni riguardo al grado di finitura delle superfici da sottoporre alla lavorazione. Al riguardo alcuni paesi industriali fanno riferimento alle serie tipo di campioni di lavorazione; in Italia, attualmente, si impiegano i simboli: ???, ??? ???, ??? ??? ???, che corrispondono rispettivamente a gradi di finitura sempre più spinti.
Nel campo internazionale sono state presentate proposte, basate sulla conoscenza delle curve di profilo della superficie, intese a dare al grado di finitura una definizione numerica ed una valutazione quantitativa.
Numerosi e di vario tipo sono i procedimenti impiegati presso l'industria meccanica per il controllo dello stato di finitura di una superficie lavorata: 1) procedimenti basati sull'esame ottico della superficie ad occhio nudo o con ingrandimento (osservazioni macro e microscopiche); in questi assume molta importanza la direzione dei raggi luminosi che investono la superficie esaminata (figg. 2-3-5) per l'illuminazione a campo oscuro, con lo strumento rappresentato nella fig. 7, e fig. 6 per l'illuminazione a campo chiaro, con lo strumento rappresentato nella fig. 8); 2) procedimenti basati sulla sezione della superficie mediante curve di livello, come si ottengono con i metodi interferometrici, o mediante curve di profilo, ricavate, per esempio, esplorando la superficie lavorata con punte metalliche, le cui oscillazioni in un piano normale vengono amplificate e registrate; oppure osservando sotto un angolo opportuno la curva di intersezione di un sottile fascio luminoso con la superficie in esame (fig. 9; intersezione luminosa). Nel caso particolare della fig. 4 il fascio è normale alla superficie che viene osservata in direzione perpendicolare a quella dei raggi luminosi; 3) procedimenti integrali, che controllano lo stato di finitura di una superficie lavorata nel suo complesso; tra questi si va diffondendo sempre maggiormente presso l'industria meccanica il metodo che impiega, per il rilievo e per la misura della scabrosità, le variazioni di pressione che si possono avere nell'efflusso di un fluido (fig. 10): la superficie lavorata del pezzo da controllare viene fatta scorrere dinnanzi ad un ugello D; le variazioni della indicazione h del manometro corrispondono ad analoghe variazioni della distanza d, le quali sono causate dalle irregolarità superficiali esistenti.