CORBUCCI, Filottete
Nacque il 10 maggio 1825 a Città di Castello (Perugia) da Lodovico e da Ottilia Cardacchi.
Suo padre, stimato legale e buon letterato, fu personaggio di primo piano nella città, dove esercitò la professione e ricoprì cariche pubbliche nel Consiglio tifernate. Liberale, fin dal 1836 strettamente sorvegliato dalla polizia pontificia, era tuttavia riuscito ad aprire nella città una libreria in cui distribuiva pubblicazioni proibite, che riceveva clandestinamente dalla vicina Toscana, per la via di San Sepolcro, coadiuvato in ciò, fin dal 1831, dal patriota aretino F. Gherardi-Dragomanni. Ma tale attività venne stroncata dalle autorità, che avevano individuato il compito di copertura della libreria.
Studente alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Perugia, si mantenne agli studi impartendo lezioni private, per non aggravare il padre che doveva provvedere ai bisogni di una numerosa famiglia. Le notizie intorno alla sua vita sono abbastanza scarne fino al 1848, anno, in cui, assieme al padre ed ai fratelli Domenico e Gottifredo - volontari in Veneto - ricoprì un ruolo di primo piano nella vita politica cittadina: infatti Città di Castello, grazie anche alla vicinanza con la Toscana assunse in quel momento una posizione di primo piano in Umbria, anche rispetto a Perugia. Il 3 marzo di quell'anno, per iniziativa sua e di L. Scarafoni, vicesegretario del municipio, vennero celebrate solenni esequie in memoria dei caduti nel Lombardo-Veneto nella lotta contro gli Austriaci: il C. dettò le epigrafi (Le esequie ai lombardo-veneti, celebrate in Città di Castello dal 3 al 6 marzo 1848, Città di Castello 1848).
Ebbe così inizio il suo ruolo di "portavoce ufficiale" e di redattore dei documenti del gruppo liberale locale (non ancora ben caratterizzato in questa prima fase di lotta né in senso moderato né in senso radicale), ruolo che si concretizzò pochi giorni dopo, quando egli redasse ed inviò alla magistratura municipale un indirizzo, sottoscritto da centocinquantaquattro concittadini, contro il monopolio dei gesuiti nel campo della pubblica istruzione (problema affrontato anche in chiave economica, per i vasti, possedimenti della Compagnia in città), secondo una tematica ripresa in gran parte dal Gioberti, dando così l'avvio ad una serie di manifestazioni, che culminarono con il loro allontanamento da Città di Castello (E Corbucci, La cacciata dei gesuiti da Città di Castello [12 marzo 1848], con documenti e note dell'avv. V. Corbucci, Roma 1898: l'opera comprende altri scritti politici del C. e documenti del suo archivio privato, dal 1846 al 1848., sempre vertenti su questo tema).
La frenetica attività di quei giorni culminò, sempre per iniziativa del C. e del padre Lodovico, nella fondazione del Circolo popolare, che venne inaugurato il 6 genn. 1849 e presieduto da due amici del C., il dott. P. Dini e A. Mattiucci, mentre egli vi ricopri la carica di segretario: il programma era quello di "raggruppare e concertare insieme le segrete e sciolte forze d'Italia" (cfr. XX Sett. 1906, numero unico, Città di Castello, p. 3) e di rivolgersi alle classi meno abbienti, agli "operai" soprattutto, che avevano particolare bisogno di essere sensibilizzati al nuovo corso delle cose. L'attività del Circolo popolare di Città di Castello divenne ben presto di primo piano nel mondo liberale umbro e, dopo il congresso dei circoli popolari umbro-sabini tenutosi a Perugia il 15 marzo '49, ad esso fece riferimento il Comitato centrale provvisorio dell'Associazione per la costituente nazionale italiana, come dimostrano le istruzioni ad esso impartite da P. Bonetti, G. Modena, G. Arrivabene e A. Mordini, nell'intento di disciplinarne meglio l'azione e le forze. Ma l'attività ebbe breve durata, per il crollo della Repubblica romana.
Ultimo atto del C., in qualità di segretario, prima che il Circolo venisse sciolto con decreto militare il 15 luglio '49, fu la redazione di una vibratissima protesta per l'attacco francese a Roma (il testo integrale è riportato oltre che nella Collezione degli atti, indirizzi e proteste trasmesse all'Assemblea ed al governo dopo l'invasione francese a Roma, Roma 1849, p. 495, anche in G. Amicizia, Città di Castello nel secolo XIX, Città di Castello 1902, pp. 92 s.); sempre suo l'indirizzo inviato a Roma all'Assemblea costituente ed ai triumviri dal municipio di Città di Castello, con cui si condanna l'esercito francese che, spinto da un "governo apostata e liberticida, un governo che ha giurato il disonore e l'avvilimento della generosa nazione di Francia", combatteva una Repubblica per rimettere sul trono un principe non più amato dai suoi sudditi (ibid., pp. 93 s.).
Ricostituito il governo pontificio, il C. non venne immediatamente arrestato, sebbene risultasse molto compromesso. perché, come studente dell'università di Perugia e prossimo al conseguimento della laurea, fu protetto dal gran cancelliere della stessa, cioè dall'arcivescovo Gioacchino Pecci, che però, una volta conseguita la laurea, proprio perché giudicatolo "impenitente", lasciò che il disposto della polizia avesse il suo corso. Infatti il 24 ag. 1850 il C. venne arrestato da un gendarme pontificio e da cinque soldati austriaci, che lo tradussero nelle carceri della Fratta (Umbertide), assieme ad altri dodici concittadini, quasi tutti suoi amici. La detenzione durò solo cinque mesi, dal 24 ag. 1850 al 23 genn. 1851, perché il processo, devoluto alle competenze dei tribunali militari austriaci, finì con una assolutoria.
Gli anni tra il 1851 e il 1860 - senza avvenimenti di particolare rilievo, dedicati quasi esclusivamente alle cure della famiglia ed all'esercizio della professione in Perugia - videro il C. concentrare tutti i propri sforzi nella fondazione di una Cassa di risparmio a Città di Castello, riprendendo il progetto del 1846 del sacerdote liberale G. B. Rigucci.
Con l'amico conte A. Becherucci riuscì in breve a mettere insieme 500 scudi, ma non raggiunse il capitale iniziale indispensabile di 1.000 scudi se non nel 1854, in seguito allo scioglimento della Società annonaria costituitasi in Città di Castello, per iniziativa privata, allo scopo di mitigare i danni della carestia dei '53: alcuni dei suoi membri (A. Mancini, A. Corsi e A. Tommasini-Mattiucci) cedettero la loro quota di utile al nuovo istituto. Il C. poté così redigere lo statuto fondamentale della Cassa di risparmio e lo trasmise, all'inizio del '54, al ministero dell'Interno per ottenere l'approvazione. Ma il delegato apostolico di Perugia, mons. Lo Schiavo, uomo estremamente reazionario, bloccò la pratica per parecchi mesi; solo con il suo successore, I. Sgariglia, lo statuto venne approvato. Il 1° luglio 1855 l'istituto fu aperto, ma le autorità pontificie proibirono al C. di leggerne il discorso inaugurale.
Non abbiamo notizie di una attività cospirativa durante questi anni, né risulta che il C. si impegnasse politicamente con il gruppo liberale perugino, che pure aveva frequentato negli anni dell'università - era legato al conte T. Ansidei e al barone N. Danzetta -, né è documentabile una sua partecipazione ai fatti di Perugia del 20 giugno '59. Eppure nel 1860, all'avvicinarsi delle truppe piemontesi, egli fu sottoposto a stretta sorveglianza e fatto pedinare: la sua abitazione (che divideva con il suocero, lo stimato ed assai conosciuto avv. A. Schiavi) venne perquisita la notte tra il 9 e il 10 settembre e, sebbene non vi fossero stati trovati documenti compromettenti, egli fu tratto in arresto sotto l'accusa di cospirazione (certamente per i suoi legami con gli uomini dell'insurrezione di Perugia, messisi in salvo con la fuga l'anno precedente), con l'ordine di essere immediatamente tradotto alle Carceri Nuove di Roma. Ordine che il direttore della polizia di Perugia non esegui, sostituendo ai prigionieri politici alcuni detenuti per reati comuni, nella previsione della ormai inevitabile caduta del governo pontificio.
Rimesso in libertà dal comando delle truppe piemontesi, il C. iniziò sotto il nuovo regime, che riservava agli uomini del '59 le posizioni politiche più importanti, una brillante carriera legale, sollecitato e raccomandato dal regio commissario Pepoli. Nominato giusdicente alla Fratta (Umbertide), vi fondò la Società di mutuo soccorso; quindi passò sostituto procuratore del re a Spoleto, dove divenne uno dei più attivi capi del partito moderato.
All'inizio del 1873 fu trasferito al tribunale di Fermo e quindi, nel 1877, a Camerino, come procuratore del re; dopo pochi mesi si spostò a Frosinone, città in cui dovette sostenere "battaglie aspre, che, per fallacia o debolezza di burocrazia ministeriale, gli cagionarono talora amari disinganni...". Trasferito a Civitavecchia, vi rimase tra il 1878 e il 1882, continuando nell'impegno a favore delle classi meno abbienti ("... sia posta ogni cura nella educazione dei popolo per impedire il fuorviamento degli intelletti, e il pervertimento dei cuori...": F. Corbucci, Relazione statistica dei lavori compiuti nel distretto del Tribunale civile e correzionale di Civitavecchia nell'anno 1879 esposta alla assemblea generale del 7 febbr. 1880 dal procuratore del re cav. F. Corbucci, Civitavecchia 1880) e facendosi patrocinatore delle richieste di asili d'infanzia. Nel 1882 fu nominato presidente di tribunale ad Urbino e dopo sei mesi fu promosso consigliere d'appello alla corte.di Aquila, dove risiedette per quattordici anni, e dove divenne presidente di Corte d'assise; ottenne infine di essere trasferito alla Corte di appello di Roma, dove lavorò fino al compimento del settantacinquesimo anno di età, impegnandosi attivamente nei dibattiti sulla riforma giudiziaria, non solo con vari resoconti sull'amministrazione della giustizia, ma anche con articoli pubblicati nel 1896 nella Tribuna, ottenendo manifestazioni di consenso e stima.
A questa sua attività risalgono, oltre a quello già citato, i seguenti scritti: Rendimento di conto sull'amministrazione della giustizia nel distretto del Tribunale di circondario di Spoleto durante l'anno giuridico 1862 '63letto nell'assemblea generale del Tribunale dal sostituto procuratore del re avv. F. Corbucci il nov. 1863, Spoleto 1863; Relazione sull'amministrazione della giustizia nel distretto del Tribunale civile e correzionale di Fermo per l'anno 1875letta nell'assemblea generale del 3 genn. 1876dal sost. procuratore del re F. Corbucci, Fermo 1876; Sull'amministrazione della giustizia nel distretto del Tributtale civile e correzionale di Frosinone per l'anno 1876. Relazione del procuratore del re F. Corbucci letta nell'assemblea generale del 3 genn. 1877, Frosinone 1877; Sentenza in causa civile estesa dal presidente del Regio Tribunale di Urbino avv. F. Corbucci, Urbino 1881.
Morì il 16 ag. 1913 a Città di Castello.
Fonti e Bibl.: L'archivio Corbucci, in possesso degli credi, è andato distrutto durante un bombardamento nel corso della seconda guerra mondiale. Alcuni scritti e lettere dei C. sono pubblicati nel cit. La cacciata dei gesuiti da Città di Castello, e una descrizione del fondo si trova in Archivio storico dei Risorgimento umbro, I (1905), pp. 206 ss.; cfr. inoltre: A F. C. gli amici. Nel febbraio 1855, Perugia s. d. [1855]; V. Corbucci, Diario stor. dell'Umbria dal 1001al 1866, tratto in parte da nuovi docum., Roma 1899, pp. 3, 38, 48, 61, 103; G. Amicizia, Città di Castello nel secolo XIX, Città di Castello 1902, passim;P. Tommasini Mattiucci, Una pagina di Patriottismo umbro. G. Baldeschi e L. Timmasini Mattiucci nella campagna veneta del 1848, Città di Castello 1910, pp. 26, 122, 265, 282; G. Amicizia, Il decano dei Patrioti tifernati. F.C. - Contributo alla Mostra del Risorg. ital. che si terrà in Roma nel corrente anno, Città di Castello 1911; V. Corbucci, Città di Castello nel Risorg. ital. - Conferenza, Città di Castello 1911, passim;P. Tommasini Mattiucci, Catal. della Mostra del Risorg. tenuta in Città di Castello in occas. del cinquantesimo annivers. della liberazione dell'Umbria (settembre 1910), in Città di Castello nel Risorg. ital., Città di Castello 1911, docc. II-VI, pp. 56-64; Diz. del Risorg. naz., II, p. 742.