FILOSTRATO (Φιλόστρατος)
Quattro sono i retori conosciuti sotto questo nome (Suda, s. v. Φιλόστρατος). Il primo è il più antico, nato nel 150 d. C., autore per alcuni dell'opera Νέρων che fu attribuita a Luciano (altri però attribuiscono il Νέρων al secondo F;); il secondo, che è figlio del primo, di nome Flavio F. compose la vita del filosofo Apollonio di Tiana, alcune lettere, l'Heroikòs, vite di sofisti e morì, pare, fra il 244 ed il 249 d. C. ai tempi di Filippo l'Arabo in Atene; il terzo è pronipote del primo, anch'egli retore, e autore di Εἰκόνες (Immagini), trenta del I e trentaquattro del II libro; il quarto, nipote di questo ultimo, aggiunse ancora altre diciassette Εἰκόνες. Qualcuno ha supposto che anche quest'opera fosse in due libri come quella del F. precedente, e che il secondo libro sia andato completamente perduto.
Ben poco sappiamo della vita dei due ultimi F., che interessano in questa sede. Il cosiddetto F. Maggiore, autore delle Immagini, è nato forse verso la fine del II sec. d. C.; è figlio di Nerviano, nipote del primo F., scolaro di Ippodromo; è chiamato per solito nelle Vite dei Sofisti il Lemnio. Davanti al suo maestro Ippodromo, nelle feste olimpiche del 213, avrebbe tenuto un discorso sulla libertà che avrebbe ottenuto a 24 anni sotto Caracalla, e dopo la morte di Eliogabalo, nel 222 d. C., si sarebbe incontrato con Eliano (Philostr., Vit. soph., ii, 30, p. 122, 20; 31, p. 123, 16 ss.). Ne segue che probabilmente è nato nel 190 o giù di lì. Sappiamo anche che insegnò ad Atene e fu seppellito a Lemno. La Suda attribuisce a questo F., oltre le Εἰκόνες, anche un Παναϑηναϊκός, un Τρωικός, e Μελέται, oltre ad una Παράϕρασις τῆς ῾Ομήρου ἀσπίδος che poi non è che il x capitolo delle Εἰκόνες, del F. Minore. Aggiungeremo che non tutti sono d'accordo nell'attribuire le Εἰκόνες a questo F.; per considerazioni stilistiche qualcuno è ancora propenso a darle al secondo F., che indubbiamente appare come la figura più importante della famiglia.
L'ultimo F., nipote del precedente, è vissuto forse nella seconda metà del III sec. d. C., e non è menzionato dalla Suda. Di lui restano diciassette Εἰκόνες.
Le Εἰκόνες del F. Maggiore, sono precedute da un proemio in cui il retore rivela il pretesto che lo ha spinto a scrivere: la richiesta del figlio di un suo ospite, nella cui villa di Napoli egli si trovava, sul valore e il significato dei quadri esposti in un portico dell'edificio. L'autore descrive scene di argomento mitologico (lo Scamandro incendiato, Meneceo, Eroti, Memnone, Anfione, Fetonte, Semele, Arianna, Pasifae, Ippodamia, Menadi, i Tirreni e l'agguato a Dioniso, Satiri, Olimpo, Mida, Narcisso, Giacinto, gli abitanti di Andro, la nascita di Hermes, Anfiarao, Perseo, Pelope) nel secondo libro l'educazione di Achille, le Centauresse, Ippolito, oltre a tutto il gruppo delle fatiche di Eracle, a scene di caccia al cinghiale, a paludi, isole selvagge, a nature morte, scene di palestra, ecc. Nel proemio F. proclama la preferenza per la pittura che consente, mediante il colore, di rendere con evidenza sentimenti e caratteri dei personaggi rappresentati. Nelle descrizioni i filologi hanno riscontrato numerose affinità con passi di autori classici; e ciò ha fatto nascere forti dubbi sull'autenticità dei quadri descritti.
La serie degli studiosi che si è occupata della questione se le descrizioni si riportino a veri quadri o debbano considerarsi sole esercitazioni retoriche, ha inizio col Goethe che nel 1818 pubblicò i Philostrats Gemälde, affermando la realtà dell'ispirazione del retore (cfr. E. Grumach, Goethe und die Antike, Berlino 1949, pp. 880-885); le stesse idee espresse pure il Welcker. Nettamente contrario fu il Friedrichs, che ritenne che le descrizioni fossero in parte fantastiche ed in parte ispirate alla poesia classica. La realtà dei quadri filostratei venne sostenuta dal Brunn che fu favorevole ad una totale ispirazione da scene realmente dipinte; parzialmente propenso ad accettare quest'idea fu anche Fr. Matz, che però ribadiva per alcune scene l'ispirazione poetica. Negativo in modo radicale fu il Robert, che richiamò in proposito le idee del Friedrichs rinforzandole di nuovi confronti con passi di autori classici; lo Steinmann, riprendendo alcune idee del Wickhoff, ha osservato che nelle Εἰκόνες è l'eco di opere d'arte non dell'età classica, ma della tarda antichità, specialmente delle pitture, dei mosaici e delle scene scolpite su sarcofagi o dipinte su libri miniati. Ed il Wickhoff aveva anch'egli veduto qualche cosa di simile. Il recente ampio studio di K. Lehmann-Hartleben ripropone il problema con novità di metodo: egli raggruppa alcune scene ricostituendo così alcune stanze destinate a determinati gruppi. La prima è quella di Eracle, che comprende le scene 20-25 del ii libro, in cui l'unità stilistica e topografica è evidente; quelle scene però sono più ispirate ad una filosofia moraleggiante che a miti originali. La "stanza del mondo primitivo" comprende le scene 13-19 del ii libro, che sono legate dalla particolare importanza di Posidone e cioè del mare, che ne è il motivo fondamentale; la descrizione delle isole corrisponde a quella delle isole fortunate data da Plinio, Luciano, Plutarco ed è di ispirazione mitologico-letteraria con motivi tradizionali. La "stanza di Afrodite" racchiude le scene 1-12 del ii libro, che, con qualche interruzione di un paio di fregi figurati, sono legate tutte dal concetto dell'esaltazione del potere dell'Amore. Un altro ciclo, che comprende le scene 14-30 del libro i, si riferisce alle pitture del mito, di Dioniso; anche qui, nonostante alcune pitture non siano direttamente in relazione con la maggioranza, un'idea centrale vi si può scorgere: partendo dalla nascita e dalle nozze di Dioniso, si passa al castigo di Penteo e dei pirati tirreni, e si giunge alla creazione del vino per il bene dell'umanità. L'ultimo ciclo, quello dei fiumi, comprende le scene 1-13 del i libro; dallo Scamandro al Nilo, da Posidone che insegue Amymone e Fetonte che cade nell' Eridano, ad alcuni fregi rappresentanti banchetti, Esopo, Eroti, scene del Bosforo. Queste cinque "stanze", corrisponderebbero proprio all'indicazione data dal retore: che le pitture erano ἐπὶ τεττάρων οἶμαι ἢ καὶ πέντε ὀροϕῶν (Proem., i); si avrebbe cioè la conferma che le scene erano dipinte in diversi ambienti. L'opera di F. sarebbe dunque una periegesi di pitture realmente vedute; e l'esistenza di un'unità fra alcuni di questi cicli pittorici, che risulta dall'esame minuto delle singole scene insieme con gli schemi ideologici che le collegano, non è fortunatamente messa in risalto dal retore che altrimenti avrebbe prestato il fianco a critiche ben maggiori di quelle che oggi i moderni hanno formulato. L'ispirazione delle scene, più che stoica, sembra neopitagorica per il Lehmann-Hartleben. La serie ha una sua unità anche cronologica; e, per i concetti che affiorano nei diversi cicli, bene si colloca nel III sec. d. C.; certamente i legami con motivi classici sono molteplici, ma nell'insieme può spiegarsi proprio in quel secolo in cui più ricchi furono i fermenti d'idee suscitati dal fiorire di alcune correnti mistiche e filosofiche. Per il suo carattere eclettico la serie appartiene all'età tardo-antica.
L'opera dell'ultimo F. è preceduta da un proemio che ha un carattere molto più astratto di quello delle Εἰκόνες del F. Maggiore, ed effettivamente tradisce l'imitazione dell'opera del precedente Filostrato. Le scene riguardano miti trattati in parte da F. Maggiore e da grandi poeti classici, così Achille a Sciro, Pirro a Sciro; seguono rappresentazioni di Marsia, di cacciatori, di Eracle e Acheloo, Eracle in fasce, Orfeo, Medea, dei giuocatori di dadi, Pelope, Pirro o i Missi, Argo, Esione, Giacinto, Meleagro, Nesso, Filottete. Al posto del ritratto di Pindaro, descritto da F. Maggiore, il Minore ha posto Sofocle, rivelando così le sue preferenze letterarie ed una delle sue fonti principali. L'ispirazione delle Εἰκόνες del F. Minore è di natura letteraria e ben poco sembra che possa servire ad illustrarle l'arte del III sec. d. C. Su questo punto gli studiosi hanno raggiunto un accordo quasi unanime.
Bibl.: K. Friedrichs, Die philostratischen Bilder, Erlangen 1860; H. Brunn, Die philostr. Gemälde gegen K. Friedrichs vertheidigt, Phil. suppl., III, Lipsia 1861; F. Matz, De Philostratorum in describendis imaginibus fide, Bonn 1867; A. Bougot, Philostrate l'ancien. Une galerie antique de soixante-quatre tableaux, Parigi 1881; A. Kalkmann, in Rhein. Mus., XXXVII, 1882, pp. 397 ss.; E. Bertrand, Un critique d'art dans l'antiquité: Philostrate et son école, Parigi 1882; F. Wickhoff, Die Wiener Genesis, Vienna 1895; id., Arte romana (trad. Anti), Padova 1946, p. 192 ss.; E. Steinmann, Neue Studien zu den Gemäldebeschreibungen d. ält. Philostr., Diss., Zurigo 1914; Schmid-Stählin, Griech. Literaturgeschichte6, Monaco 1924, II, p. 772 ss.; M. Camaggio, in Historia, IV, 1930, p. 481 ss.; E. Pernice, in Hanbuch der Archäologie, I, Monaco 1939, pp. 276 ss.; K. Lehmann-Hartleben, in Art Bulletin, 1941, p. 16 ss.; F. Solmsen, in Pauly-Wissowa, XX, 1950, cc. 124-177. Edizioni con introduzioni critiche: Philostrati Maioris Imagines, O. Benndorf-C. Schenkl, Lipsia 1893; Philostrati Minoris Imagines, C. Schenkl-E. Reisch, Lipsia 1902; Philostrati Imagines, A. Fairbanks, Class. Loeb. 1931.