Filomela
Personaggio della mitologia classica; figlia di Pandione, re di Atene, e sorella di Procne o Progne (v.). Avendo il marito di Procne, il tracio Tereo, usato violenza a F., Procne uccide il figliuoletto Iti e lo dà in pasto a Tereo, il quale aveva tentato d'impedire che F. narrasse l'oltraggio subito tagliandole la lingua; ma F. era riuscita a raccontare la vicenda in un ricamo che aveva fatto avere alla sorella. Per punizione del misfatto Procne venne trasformata in usignolo (l'empiezza di lei che mutò forma / ne l'uccel ch'a cantar più si diletta, di cui parla D. in Pg XVII 19-20), F. in rondine, e Tereo in sparviero (o in un'upupa). A questa versione, cui si attenne, come s'è visto, D., si contrappone l'altra, secondo la quale è Progne ad esser mutata in rondine, e F. in usignolo, come sarà in Petrarca: " e garrir Progne e pianger Filomena " (Rime CCCX 3) anche sulla base dell'etimo greco. Se dunque D. segue la prima versione dei mitografi, è F. la rondinella che inizia i tristi lai... / presso a la mattina, / forse a memoria de' suo' primi guai, secondo la perifrasi temporale di Pg IX 13-15.
Tra le fonti seguite da D., Ovidio (Met. VI 668-669) non forniva una scelta precisa (" Quarum petit altera silvas, / altera tecta subit "), e nemmeno Virgilio (Buc. VI 78-81; Georg. IV 15); accettavano invece la prima versione Aristotele (Re/. III 3), Strabone (Nat. Cont. Myth. VIII 10), Probo (ad VI Ecl. Virg.); i tristi lai sono peraltro un preciso calco virgiliano: " et maestis late loca questibus implet ", Georg. IV 515), come ha ben visto il Tommaseo (comm. ad l.). Cfr. inoltre G. Rabuse, Schwalbe und Nachtigall, in " Deutsches Dante-Jarbuch " XXXVIII (1960) 168-192, dove Progne e F. sono viste come il simbolo del tragico effetto dell'assenza dell'amore in spiriti traviati.