VASSALLI, Filippo
VASSALLI, Filippo. – Nato a Roma il 7 settembre 1885 dall’ingegnere Telemaco e da Adele Giovacchini.
Trascorse la giovinezza in Toscana, e svolse i primi studi a Firenze, nel liceo Michelangelo. Si iscrisse poi alla facoltà giuridica dell’Università di Siena dove nel 1904, ancora studente, compose il primo lavoro in materia romanistica, poi pubblicato nel 1907 (La plebe romana nella funzione legislativa, ora in F. Vassalli, Studi giuridici, III, 1, Milano 1960, pp. 1-38). Accanto agli studi giuridici Vassalli coltivò anche la passione per la letteratura (v. la prefazione a G. Giusti, Poesie, Roma 1904) e l’arte, tenendo presso l’Associazione artistica senese una serie di conferenze sulla rappresentazione della Venere nell’epoca greco-romana e nel Rinascimento, raccolte più tardi in volume (La nascita di Venere, Siena 1908).
Immediatamente dopo la laurea, conseguita il 3 luglio 1907 con il massimo dei voti e la lode con il romanista Luigi Moriani, Vassalli si classificò primo a un concorso per la frequenza di un corso di perfezionamento nell’Università di Roma da svolgersi nell’anno accademico 1907-08. Dalla tesi di laurea, nel 1908, nacque il saggio sul Concetto e natura del fisco (ora in Studi giuridici, cit., III, 1, pp. 39-130), contributo di indole storico-dogmatica alla dottrina delle persone giuridiche e a quella dello Stato come soggetto di diritto che mirava a ricostruire la formazione politica e finanziaria del fisco nel diritto romano, intermedio e contemporaneo.
Coltivando il desiderio di svolgere un periodo di formazione fuori dall’Italia, Vassalli prese poi parte a due competizioni per un assegno di perfezionamento all’estero che non ebbero tuttavia il risultato sperato. Furono quelle deludenti esperienze a suggerirgli di correggere l’impostazione metodologica assorbita dal vecchio maestro per abbracciare un orientamento sistematico-interpolazionistico, ben evidente nel lavoro sulle obbligazioni di genere apparso nel 1909 e dedicato a Vittorio Scialoja che guidò il giurista nel nuovo percorso e ne divenne di fatto il ‘maestro spirituale’ (Delle obbligazioni di genere in diritto romano, ora in Studi giuridici, cit., III, 1, pp. 131-252). Forte della nuova pubblicazione, alla fine di quell’anno Vassalli mise il primo tassello del suo cursus honorum conseguendo la libera docenza a Siena. Dal mese di novembre aveva inoltre cominciato l’attività didattica in qualità di supplente di istituzioni di diritto romano presso l’Istituto di scienze sociali di Firenze, supplenza alla quale rinunciò nel gennaio del 1910 a seguito dell’incarico nella stessa disciplina conferitogli presso la libera Università di Camerino ove, nel novembre dello stesso anno, divenne professore straordinario.
Ambendo al passaggio presso un ateneo governativo, nel dicembre del 1910 Vassalli si presentò al concorso per un posto da professore straordinario bandito a Cagliari, dove ottenne un inserimento nella terna che gli valse la nomina a Perugia, università anche questa libera ma comunque più prestigiosa e più facilmente raggiungibile di quella camerte. Nella città umbra, nell’ottobre del 1911, il giurista conseguì l’ordinariato in istituzioni di diritto romano, passando poi nel mese successivo alla cattedra di diritto romano. Risale a tale periodo l’inizio della stesura della Miscellanea critica di diritto romano che, edita in tre parti fra il 1913 e il 1916, si presentava come un esercizio puntualissimo di esegesi teso a individuare gli interventi dei compilatori giustinianei e quindi a ristabilire il testo classico (ora in Studi giuridici, cit., III, 1, pp. 335-381, 383-423, 471-502). A Perugia Vassalli conobbe Maria Angeloni, appartenente a una famiglia tradizionalmente legata all’avvocatura, che sposò l’11 luglio 1914 e dalla quale ebbe i figli Giuliano (nato nel 1915; v. la voce in questo Dizionario), futuro giurista, e Donata (nata nel 1917).
Nel gennaio del 1912, presentatosi al concorso per un posto da professore ordinario a Messina, era stato giudicato non idoneo per la cattedra in un ateneo statale, sebbene lo studio sulle clausole dies mortis e il più recente saggio su un frammento di indice del Digesto lasciassero intravedere qualità tali da non lasciare dubbi sulla riuscita futura del candidato (Bollettino Ufficiale del Ministero dell’Istruzione pubblica, XXXIX (1912), 2, 53, p. 3438). Il trasferimento in un ateneo statale sarebbe arrivato nel dicembre del 1914 con la vincita di un posto da professore straordinario nell’Università di Cagliari, dove Vassalli tenne anche la supplenza di diritto costituzionale e diresse dal 1916 l’Istituto di scienze economico-giuridiche. In congedo dall’insegnamento presso la Croce rossa, dove prestò servizio con obblighi assimilati a quelli militari, il 23 settembre 1917 fu distaccato presso il ministro Scialoja per collaborare ai lavori della prima commissione per il dopoguerra che, istituita il 16 settembre con il compito di revisionare la normativa bellica in vista del passaggio allo stato di pace, non fu però mai formalmente costituita per la caduta del governo Boselli alla fine del mese di ottobre.
L’impegno scientifico di Vassalli proseguiva nel frattempo con la pubblicazione di un volumetto che, dedicato a Scialoja al quale si doveva con ogni probabilità il suggerimento di occuparsi della materia, appariva in netta discontinuità con la precedente produzione (La sentenza condizionale. Studio sul processo civile, Roma 1918, ora in Studi giuridici, cit., I, pp. 371-470). Accantonata la caccia alle interpolazioni, il giurista virava infatti decisamente verso la sistematica e abbracciava un tema processualistico quale quello della sentenza condizionale che affrontava con un occhio attento alla legislazione vigente. Il lavoro, che pure presentava limiti legati alla mancanza di basi di dogmatica processualistica, consentì a Vassalli, promosso ordinario di istituzioni di diritto romano il 14 aprile 1918, di presentare domanda per ricoprire la cattedra di introduzione alle scienze giuridiche e istituzioni di diritto civile presso la facoltà genovese. La richiesta fu accolta con voto unanime il 14 maggio successivo; intanto però con decreto del 21 marzo 1918 era stata istituita una nuova commissione per gli studi relativi al dopoguerra che fra i suoi membri annoverava lo studioso romano.
Vassalli cominciava così ad affiancare ufficialmente alla carriera scientifica quella del ‘legislatore’ e a impersonare sempre più la figura di giurista mediatore tra società e politica predicata da Scialoja. La stessa prolusione con la quale il 22 novembre 1918 inaugurò il corso genovese rendeva manifesta la volontà di porre in stretto legame l’impegno accademico e l’attività pratica. In perfetta corrispondenza con i compiti assegnatigli in seno alla commissione per il dopoguerra, egli dedicò infatti la lezione introduttiva all’analisi degli effetti che il conflitto mondiale aveva avuto sul piano giuridico, con particolare riferimento all’ambito civilistico (Della legislazione di guerra e dei nuovi confini del diritto privato (1919), ora in Studi giuridici, cit., II, pp. 337-363). Con essa il giurista invitava a non considerare la legislazione bellica come un complesso dagli effetti contingenti ed eccezionali, ma a riguardarla con atteggiamento storico e dunque attento alle trasformazioni che aveva determinato sul piano giuridico e sociale. Soltanto in questo modo era possibile leggere in controluce la crisi che l’intero sistema civilistico e le sue categorie consolidate stavano attraversando a seguito dell’intervento sempre più incisivo e strutturale dello Stato entro campi tradizionalmente riservati alla volontà dei privati e specificamente nella sfera economica. Di fronte alla spinta statualista, Vassalli auspicava il ritorno alla centralità del privato nell’ambito dei rapporti intersoggettivi, ma la speranza che ciò avvenisse era offuscata dal senso di inquietudine suscitatogli da un quadro politico popolato da aggregati sociali in lotta tra loro per contendersi i poteri dello Stato.
Dopo lo scioglimento della commissione per la revisione della legislazione bellica, l’impegno istituzionale del giurista romano proseguì in quella istituita ancora con lo stesso compito presso il ministero della Giustizia (r.d. 7 novembre 1920) e indi all’interno del comitato tecnico sorto presso il medesimo dicastero con lo scopo di unificare il diritto nelle nuove province (r.d. 20 luglio 1922). Chiamato sulla cattedra torinese di diritto civile, ove si insediò il 16 gennaio 1925, Vassalli ritornò a Genova nel 1928. Contemporaneamente prese parte, come esperto di parte governativa, ai lavori della commissione mista composta da delegati della S. Sede e dello Stato italiano per predisporre l’esecuzione del concordato, occupandosi della legislazione matrimoniale, materia che più tardi espose lucidamente in un corso accademico (Lezioni di diritto matrimoniale, Padova 1932).
Auspice il grande maestro, il 1° novembre 1930 Vassalli si trasferì alla Sapienza di Roma come titolare della cattedra civilistica e celebrò il corso con una prolusione che ribadiva le linee generali di quella dogmatica che, imperniata sulla tradizione romanistica utilizzata per le esigenze dell’attualità, aveva in Scialoja il rappresentante più autorevole (Arte e vita nel diritto civile (1931), ora in Studi giuridici, cit., II, pp. 395-414). Criticando le astrattezze di una giurisprudenza scientifica che aveva perso il contatto con la funzione del diritto – ossia la costante ricerca della regola più consona ai bisogni della vita sociale – e il principio della «onnipotenza giuridica del legislatore» (ibid., p. 401), nel suo discorso Vassalli rivendicava espressamente per il giurista un ruolo chiave nel processo di costruzione del diritto, tanto nella preparazione e avviamento delle nuove leggi, quanto nell’applicazione di quelle già esistenti; questi non poteva infatti avere una funzione esclusivamente tecnica, ma doveva al contrario essere e sentirsi conditor iuris, parte dunque essenziale nell’opera di fondazione di un diritto statale che necessitava di artefici (il legislatore, il giurista, i tribunali) in armonia e in continuo scambio tra loro. Si prefigurava così un dialogo in cui lo stesso legislatore doveva farsi giurista e viceversa. Non solo: Vassalli avversava l’orientamento atomista del modello codicistico napoleonico e vagheggiava un ruolo ridotto della codificazione come «strumento pratico e moderno di organizzazione della legge, nulla più» (ibid.). Una fonte di riferimento, dunque, ma elastica e capace di essere implementata in relazione alle continue sollecitazioni sociali e produttive.
Nel 1932 prese la tessera del Partito nazionale fascista (PNF) ed ebbe un’investitura di spicco nella veste di relatore al primo congresso giuridico che il regime celebrò in occasione del decennale della marcia su Roma, all’interno del quale si occupò del diritto di proprietà e del principio dell’iniziativa economica con una trattazione che presentava una notevole torsione pubblicistica (Il diritto di proprietà (1933), ora in Studi giuridici, cit., II, pp. 415-447). Più volte impegnato in missioni congressuali insieme con i colleghi tedeschi, greci e ungheresi (1938-43), nel campo dei diritti reali si fece sostenitore di un adeguamento dell’assetto proprietario «allo stato presente della legislazione e agli orientamenti politici e dottrinari» (Per una definizione legislativa del diritto di proprietà (1938), ora in Studi giuridici, cit., II, p. 329), mentre nell’ambito della materia negoziale appoggiò il paradigma eteronomo.
Fu la propensione a una legislazione civilistica rinnovata negli indirizzi secondo canoni funzionalisti a spiegare il ruolo primario che con la nomina a guardasigilli di Dino Grandi nel luglio del 1939 Vassalli assunse nei lavori di riforma del codice civile, di cui divenne il principale ispiratore e redattore generale pur occupandosi nello specifico del libro terzo («della proprietà») e del libro sesto («della tutela dei diritti»). In una commissione che più tardi definì pletorica e non priva di ‘figuranti’, lavorò in accordo con Emilio Betti, che egli stesso aveva suggerito a Grandi e al quale lo accomunavano l’orientamento storico-dogmatico, la fiducia nel ruolo della giurisprudenza e l’idea della necessità di rinnovare la normativa codicistica in senso sociale. Riconobbe più tardi che l’opera di codificazione promulgata nel 1942 presentava diversi difetti di connessione e di disposizione delle materie, ma difese comunque quell’impresa anche dopo la caduta del fascismo sostenendo la natura tecnica e i contenuti sostanziali del codice, al passo con le esigenze economico-sociali (Motivi e caratteri della codificazione civile (1947), ora in Studi giuridici, cit., III, 2, pp. 605-634).
All’indomani della promulgazione del codice, nel vuoto lasciato dall’esaurirsi di quell’assorbente impegno e dalla sospensione dell’anno accademico, sopravvenne nel giurista una fase di crisi. Nell’estate del 1943, quando già il figlio Giuliano militava nelle fila partigiane, Vassalli si dedicò così alla stesura di una raffinata quanto breve indagine storica: «qualcosa di semiserio su certi indirizzi della dogmatica giuridica», come egli stesso la definì (Serio e faceto nella giurisprudenza (1954), ora in Studi giuridici, cit., III, 2, p. 814). Traendo spunto dalla disputa divampata in quegli anni intorno alla questione se il diritto del coniuge sulla persona dell’altro fosse un diritto reale o un diritto di credito, egli fingeva infatti di esaminare seriamente il problema passando in rassegna le fonti canoniche e civilistiche per dimostrare poi come alcuni tentativi di ricostruzione concettuale degli istituti avvilissero e quasi mortificassero la scienza giuridica stessa (Del Ius in corpus, del debitum coniugale e della servitù d’amore, ovverosia la dogmatica ludicra, Roma 1944).
Alla riapertura delle aule universitarie nel giugno del 1944, Vassalli fu eletto preside della facoltà giuridica. Il 30 novembre successivo fu però aperto nei suoi confronti il procedimento di epurazione, da cui venne prosciolto il 21 febbraio 1945 poiché rispetto ai capi d’imputazione – l’aver prestato la sua voce per la propaganda fascista in occasione della partecipazione a convegni tenutisi sullo scorcio degli anni Trenta in Germania e l’aver attivamente operato nella preparazione del codice civile – non fu difficile per lui sostenere la tesi della natura tecnica e non politica dell’azione svolta (pubblicò anche un opuscolo difensivo: In tema di “epurazione” (deduzioni alla Commissione ministeriale), Roma 1945).
Nel dopoguerra, da preside, traghettò la facoltà romana entro il nuovo ordinamento costituzionale anche mediante la chiamata di professori antifascisti. Al culmine del suo prestigio, fu spesso invitato all’estero (a Lovanio, a Bruxelles, a Parigi e soprattutto, nel 1951, in vari Paesi dell’America Latina, ove gli fu conferita anche la laurea honoris causa presso le Università di Buenos Aires e di Santiago del Cile) per svolgere conferenze sui principali temi del codice, ma anche per riconsiderare il ruolo della giurisprudenza in rapporto all’ordinamento; al riguardo il giurista accentuò la critica al positivismo, che riallacciò alle sue posizioni storiciste di partenza non senza qualche forzatura per accreditare un’assoluta coerenza nel corso della sua lunga attività (v. La missione del giurista nella elaborazione delle leggi (1950), ora in Studi giuridici, cit., III, 2, pp. 737-751, ed Estrastatualità del diritto civile (1951), ora ibid., pp. 753-763).
Su designazione dell’Assemblea costituente, con decreto del 21 gennaio 1948 Vassalli fu nominato membro supplente dell’Alta Corte per la Regione siciliana (Gazzetta ufficiale, 21 febbraio 1948, n. 44, pt. I, a. LXXXIX, p. 602) e continuò a esercitare l’avvocatura a grandi livelli a Roma, nel cui foro aveva effettuato la prima iscrizione il 3 marzo 1911 (Bollettino ufficiale del Ministero della Giustizia e degli affari di culto, a. VI, 3 agosto 1928, suppl. al n. 31, p. 596), attività che considerava indispensabile nella vita e nell’opera del giurista. Proprio mettendo l’accento sulla sua figura di giureconsulto a tutto tondo così si dipinse nel 1951 parlando all’Università di Buenos Aires: «uomo di legge [...] che ebbe la singolare ventura in una vita, tutta spesa in attività legali, di coltivare il diritto come storico e come pratico, di essere a volta a volta insegnante, avvocato, giudice di Corti costituzionali e compilatore di codici e di leggi speciali» (Esame di coscienza di un giurista europeo, cit., p. 766).
Si spense a Roma il 16 maggio 1955.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Istruzione Universitaria, Fascicoli professori universitari, III serie, b. 473, f. Vassalli Filippo; Roma, Archivio storico Università Sapienza, n. 601, f. Vassalli Filippo; G.B. Ferri, Le annotazioni di F. V. in margine a taluni progetti del libro delle obbligazioni, Padova 1990; P. Grossi, Il disagio di un ‘legislatore’ (F. V. e le aporìe dell’assolutismo giuridico) (1997), ora in Id., Nobiltà del diritto. Profili di giuristi, Milano 2008, pp. 415-444; G.B. Ferri, F. V. o il diritto civile come opera d’arte, Padova 2002; G. Benedetti - G.B. Ferri - A. Punzi, La missione del giureconsulto F. V., in Rivista internazionale di filosofia del diritto, s. 5, LXXXII (2005), 4, pp. 593-636; M. Stella Richter jr., F. V. preside e la chiamata di Tullio Ascarelli alla Facoltà giuridica romana, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, CVIII (2010), parte I, pp. 693-728; I. Stolzi, La romanità fra storia e paradigma: F. V. e la privatezza novecentesca, in ‘Iuris quidditas’. Liber amicorum per Bernardo Santalucia, Napoli 2010, pp. 373-394; G. Chiodi, F. V., in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Diritto, Roma 2012, pp. 563-567; M. Brutti, Vittorio Scialoja, Emilio Betti. Due visioni del diritto civile, Torino 2013, pp. 181-190; G.B. Ferri, V., F., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, pp. 2022-2025; I. Birocchi, Sul crinale del 1944: F. V. e la reinvenzione del ruolo della Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza di Roma dopo la caduta del fascismo, in Giuristi al bivio..., a cura di M. Cavina, Bologna 2014, pp. 259-272; E. Mura, F. V. dagli esordi romanistici alla cattedra civilistica genovese (1907-1918), in Historia et ius, 16/2019, paper 14, pp. 1-31.