UGONI, Filippo
– Nacque in luogo e data imprecisati, attorno agli inizi del Duecento, da un’importante casata di tradizione capitaneale, radicata nella parte nordorientale del territorio bresciano; ignoti i nomi dei genitori.
La prima testimonianza su Ugoni lo vede, in Verona, condividere la sorte di prigioniero con Corrado da Concesio, Bresciano Robolotti e Ugo Lombardi, membri di alcune delle più importanti famiglie bresciane di parte guelfa. Catturati con altri da Ezzelino III da Romano, durante gli scontri che nel 1230 videro alcuni esponenti della pars Ecclesie di Brescia intervenire a sostegno dei guelfi veronesi espulsi dalla città e decisi a riconquistarla, furono riscattati mediante il versamento di una cospicua somma di denaro raccolta tra i membri delle altre famiglie capitaneali bresciane tradizionalmente legate alle massime istituzioni ecclesiastiche cittadine, con una colletta organizzata durante la podesteria di Griffolino Griffi dal preposito della chiesa di S. Luca.
La documentazione bresciana, pur copiosa relativamente ai decenni centrali del XIII secolo, non offre elementi diretti che diano conto di una presenza attiva e dell’esercizio di cariche o dell’assunzione di funzioni pubbliche svolte sulla scena politica cittadina di quegli anni da parte di Ugoni. Lo scenario nel quale egli svolse un ruolo significativo e ben documentato fu invece quello della durissima contrapposizione fra lo schieramento imperiale e quello guelfo coordinato da papa Innocenzo IV negli anni Quaranta, culminato nella convocazione del Concilio di Lione dell’estate del 1245.
In quei mesi le strategie militari di Federico II puntavano verso Milano, indebolendo Piacenza, in un disegno che coinvolgeva sempre più direttamente Bologna, chiamata a difendere se stessa, garantendo a Piacenza il proprio sostegno nel difenderla dagli attacchi di Modena, ma soprattutto di Parma. Tali circostanze indussero i rappresentanti del Comune di Bologna a stabilire uno stretto rapporto con Brescia e a decidere di scegliere tra i suoi esponenti, candidabili a reggere il ruolo di podestà, un Ugoni. Nessuna esplicita indicazione consente peraltro di cogliere con evidenza le ragioni che condussero a tale scelta.
Il fatto che Filippo Ugoni vantasse quelle abilità di comando, che la tradizione riconosce ai migliori podestà del tempo nel motivare e guidare le truppe mobilitate per azioni di guerra, è ipotesi sensata. Si potrebbe aggiungere, ma anche questa è mera ipotesi, che abbia contato nella scelta il forte radicamento degli Ugoni in un territorio dov’erano diffuse la tradizione di lavorazione del ferro e la produzione di armi bianche, ed erano riconosciute le abilità di tecnici per macchine ossidionali, come dimostrato in occasione del fallimento dell’assedio di Brescia (1238) da parte delle truppe di Federico. Comunque Ugoni mostrò evidentemente buone qualità, visto che fu poi richiamato quattro anni dopo, nel 1249.
Gli avvenimenti degli anni precedenti al 1245 avevano visto mutare il quadro dello scacchiere emiliano. Parma, a seguito del diretto intervento di re Enzo, che aveva cacciato dalla città la fazione ghibellina di Bernardo Rossi, alterando i rapporti di forza interni, aveva abbandonato l’alleanza con Federico; la reazione fu tuttavia prontamente bloccata dall’intervento delle truppe dei collegati della Lega. Il papa inviò infatti, in aiuto ai guelfi bolognesi, un manipolo di truppe al comando del cardinale Ottaviano Ubaldini, che, rinforzato dalle milizie ferraresi del marchese Azzo d’Este (Azzo Novello), si unì all’esercito di Bologna, deciso a muoversi contro Modena, fedelmente schierata a favore di Federico. Ugoni, che ne aveva il comando, decise di dirigersi verso il Panaro, con un nutrito contingente fornito anche di carriaggi che per attraversare il fiume richiedevano la costruzione di un ponte apposito. Fu durante il rallentamento che ne seguì che le truppe imperiali riuscirono da Cremona a raggiungere la riva del fiume sorprendendo i bolognesi. Tuttavia, con pronta reazione il grosso delle truppe bolognesi riuscì a contrattaccare e a Fossalta volse in fuga l’esercito di Federico II, catturando un ingente numero di prigionieri e alle porte di Modena lo stesso re Enzo.
Tradotto a Bologna, costui vi trascorse in prigionia il resto dei suoi giorni, a testimoniare da un lato l’irrimediabile sconfitta di Federico II, dall’altro a far memoria del successo del fronte guelfo a opera dei Bolognesi e dei collegati e per merito dell’accorta guida di Ugoni.
L’episodio ebbe grande risonanza tra i contemporanei, fino a divenire patrimonio della tradizione popolare (come testimonia tra gli altri Alessandro Tassoni nel suo poema eroicomico La secchia rapita). Non minore fu il prestigio che ne derivò alla figura di Ugoni, non già soltanto tra i bolognesi ma nella cerchia delle città della Lega. Dopo una seconda podesteria bolognese nel 1249, nel 1252 infatti Ugoni fu scelto come podestà di Firenze, primo di una nutrita serie di podestà e capitani bresciani nella città toscana nella seconda metà del Duecento.
Negli anni precedenti Firenze aveva avviato diverse operazioni nei castelli della Val d’Arno dove si erano rifugiati i ghibellini fuoriusciti sostenuti da pistoiesi, senesi e pisani. Con la podesteria di Ugoni l’offensiva si rivolse direttamente prima contro Pistoia, poi contro Pisa, il cui podestà fu catturato nei pressi della città. Assalito quindi il castello di Figline dei conti Guidi e liberatolo dai fuoriusciti ghibellini, l’esercito fiorentino accorse in difesa del castello di Montalcino, attaccato dai senesi, sbaragliandone le truppe assalitrici. Un’intensa attività militare, dunque, quella condotta dal podestà bresciano, che durò l’intero arco del 1252.
Il clima di concorde unità d’intenti propiziato dal podestà bresciano (che operò per riammettere in città alcuni capi ghibellini esiliati l’anno precedente per non aver partecipato agli scontri con Pistoia) favorì anche la costruzione di una importantissima infrastruttura come il ponte sull’Arno a Santa Trinita, nei pressi della casa dei Frescobaldi.
L’iniziativa, promossa da Lamberto Frescobaldi, che in quell’anno rivestiva anche la carica di anziano del Popolo, ben s’inquadra nel complesso delle vivaci attività economiche e nel benessere diffuso che registrò Firenze in quell’anno di vittoriose campagne contro le città vicine concorrenti. Lo sottolinea Giovanni Villani, il quale afferma che «con le vittorie dette dinanzi, la città montò molto in istato, ricchezza et signoria et in grande tranquillo» (Nuova cronica, a cura di G. Porta, 1990-1991, p. 280).
Un’ulteriore circostanza, anche simbolicamente rilevante, che segnò la podesteria fiorentina di Ugoni, fu la coniazione del fiorino d’oro a 24 carati.
Terminato il mandato fiorentino, l’anno successivo (1253) Ugoni assunse la podesteria di Lucca, continuando anche dalla città alleata l’attività di sostegno alla comune strategia condotta con determinazione da Firenze contro i ghibellini di Pistoia e di Siena, di Volterra e di Pisa. E l’incessante guerra degli anni successivi fece sì che nel 1260 – dopo l’attacco dei fiorentini sotto le mura di Siena – per contrastare la reazione dei Senesi (che avevano ottenuto il sostegno di un forte contingente spedito in loro aiuto dalla Puglia da re Manfredi) il governo fiorentino ingaggiasse nuovamente Ugoni come podestà, confidando nelle sue ben note capacità organizzative e di conduzione militare. Egli non ebbe modo tuttavia di assumere la carica, avendo i fiorentini nel settembre dello stesso anno subito la grave sconfitta di Montaperti, che aprì la strada al prevalere della parte ghibellina, rianimata nell’intera penisola dall’iniziativa di Manfredi.
Si delinea, anche in questa circostanza, il profilo di Filippo Ugoni ed emergono i tratti caratteristici della sua attività: quelli che corrispondono in certa misura al modello di un esponente di quella che Maire Vigueur chiama militia «di razza», ma che somma in certa misura anche quelli propri dei componenti della militia censitaria, capace in definitiva di professionalizzare le proprie competenze e di metterle a disposizione dei committenti che lo richiedevano.
A fronte di questo rilevante profilo politico sullo scenario italiano, sul versante bresciano molto meno è noto di Ugoni, pur essendo evidente la rilevanza del suo appartenere a una cospicua famiglia capitaneale, attiva nel governo di Brescia, economicamente solida (per il prelievo signorile e per l’attività metallurgica), in grado di controllare anche giurisdizionalmente vaste aree strategiche del contado tra alta pianura, pedemonte e lago di Garda. Questa differenziazione di attività e di risorse fu la chiave del successo e del protagonismo della casata dal Medioevo all’età moderna.
Almeno in una occasione, tuttavia, il prestigio indiscutibile di Ugoni fu riconosciuto in Brescia. Nel 1251, nella casa del podestà cittadino (il milanese Adolfo Crivelli), egli fu testimone alla pace tra Brescia e Bergamo, che poneva fine alla quasi secolare vertenza sui confini e sulla titolarità di beni e diritti di giurisdizione da lungo tempo contesi.
Non è nota la data di morte.
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