SPINOLA, Filippo
– Nacque il 17 luglio 1594 a Genova da Ambrogio e da Giovanna Basadonne (Herrero Sánchez, 2009, p. 114 nota 45).
Figlio del comandante generale dell’esercito spagnolo nelle Fiandre, dimorò presso la corte del re Filippo III, a partire dal 1607. Servì come paggio la regina Margherita d’Austria-Stiria ed ebbe l’educazione dei figli dei grandi di Spagna. Acquisì così un’articolata competenza linguistica. Conosceva infatti – in aggiunta alla lingua madre e al latino – il francese e il castigliano.
Nel 1611, dopo la morte della regina, tornò in Italia, dove – giovanissimo – prese contatto con gli affari della propria famiglia, una delle più eminenti di Genova nel settore finanziario. L’anno successivo accompagnò in Germania il padre, che per conto di Filippo III si felicitava con Mattia d’Asburgo per la sua elevazione al titolo imperiale. Grazie alla brillante carriera dello stesso genitore, trovò le porte della corte spagnola spalancate: a partire dal giugno del 1616, il tesoro reale gli fornì una pensione di 400 scudi al mese. Quindi, Spinola esordì nell’esercito di Fiandra, di nuovo sotto l’egida paterna: in particolare, nel 1625, partecipò alle operazioni di assedio contro Breda, nel Brabante settentrionale.
Passò quindi nello Stato di Milano, come comandante generale dei contingenti di cavalleria e membro del nuovo Consiglio segreto in occasione della guerra per la successione di Mantova e del Monferrato. Il conflitto era stato originato dalla contrastata successione al titolo ducale che era stato di Vincenzo II Gonzaga, morto senza eredi diretti. Il duca di Savoia Carlo Emanuele ne aveva approfittato per tentare di inglobare il Monferrato, ma aveva finito per subire l’invasione francese dei propri domini. Spinola si impegnò innanzi tutto nel tentativo di raddrizzare le sorti dell’assedio di Casale, iniziato senza convinzione dal governatore di Milano, Gonzalo Fernández de Córdoba; poi affiancò il padre, disceso in Piemonte nel 1629, con buona parte dell’esercito di Fiandra.
Le operazioni entrarono nel vivo dopo l’occupazione di Pinerolo da parte dell’esercito francese (marzo 1630). In risposta, con un esercito di 5000 fanti e 500 cavalieri, Spinola si impadronì dapprima di Pontestura, poi di San Giorgio Monferrato, infine di Rosignano. Tuttavia, non riuscì a impedire, tra settembre e ottobre, l’ingresso in Casale di una spedizione di aiuti francesi.
Il suo progresso nella scala degli onori non ne fu negativamente influenzato: nel 1631 gli fu concessa l’onorificenza dell’Ordine del Toson d’oro. Egli continuò quindi a ricoprire i più alti gradi di comando dell’esercito spagnolo. Nel luglio del 1634 fu nominato generale della cavalleria concentrata nello Stato di Milano, pronta a passare in Germania, in aiuto degli eserciti imperiali contro gli svedesi e i protestanti tedeschi. All’inizio del successivo settembre, partecipò alla battaglia di Nordlingen, accanto a Diego Felipe de Guzmán marchese di Leganés, suo cognato (in quanto marito della sorella Polissena) e cugino di Gaspar de Guzmán conte-duca di Olivares, il quale a sua volta serviva come luogotenente del comandante dell’esercito spagnolo, il cardinale infante Ferdinando d’Asburgo. Spinola si distinse particolarmente nella parte finale della battaglia, netta vittoria cattolica, cioè nell’attacco congiunto di cavalleria e moschettieri contro le truppe di Bernardo di Sassonia-Weimar, posizionate nella collina boscosa di Haselberg: lo stesso duca Bernardo fu precipitosamente costretto alla fuga.
Concluso, per il momento, il conflitto in Germania (con la pace di Praga, del maggio 1635), Spinola dapprima seguì il cardinale infante nelle Fiandre, poi rientrò alla corte del re di Spagna, a Madrid, dove – oltre a ricevere il titolo di commendatore maggiore di Castiglia – divenne membro di diversi consigli della Monarquía, come il Consejo de Estado e la Junta de Armada (nonostante la sua scarsa propensione a trattare di materie navali). Spinola costituì altresì un costante punto di riferimento del governo della Repubblica genovese per le questioni da negoziare in Spagna.
Con l’accendersi della guerra franco-spagnola nei Pirenei, tornò in servizio attivo. Nell’estate del 1639 i francesi avevano invaso il Rossiglione e conquistato Sálses. Un primo tentativo di riconquista, da parte delle forze aragonesi, non aveva dato i risultati sperati. Così, nominato capitano generale dell’esercito di Cantabria (forte di circa 12.000 uomini), Spinola prese il comando delle operazioni, rese difficili dai contrasti fra i suoi due immediati subordinati: il generale napoletano Carlo Andrea Caracciolo, marchese di Torrecuso, e il catalano Dalmau di Queralt, conte di Santa Coloma e viceré d’Aragona. Spinola riuscì nell’intento di circondare la piazzaforte e resistette all’assalto di un esercito di soccorso francese, guidato dal principe di Condé, Enrico di Borbone (2 novembre 1639). La guarnigione di Sálses, rimasta senza rifornimenti, dovette arrendersi. Spinola firmò i patti di dedizione il 23 dicembre 1639: permise ai soldati sconfitti di ritirarsi a Narbonne, addirittura dotandoli di viveri per affrontare il viaggio in pieno inverno.
Dal conflitto con la Francia scaturì un clima di forte tensione fra la corte di Madrid e il governo regionale catalano, obbligato a continui sforzi fiscali e militari. Spinola, sin dal suo coinvolgimento nella riconquista di Sálses, era stato avvertito da Madrid del costante indipendentismo delle élites politiche di quel territorio. In prima persona, poi, aveva potuto sperimentare il disastroso stato dell’economia nella regione e la reale impossibilità di acquartierarvi forti contingenti, a spese dei singoli o delle comunità. Nei primi due mesi del 1640, aveva comunque alloggiato i soldati italiani e valloni nella parte nordorientale della Catalogna e i tercios di nativi spagnoli in quella sudoccidentale; nel contempo, aveva tentato di arginare le proteste dei ceti municipali di governo.
Alla fine di marzo, lasciò Barcellona e raggiunse Madrid entrando nella Junta de esecución, organismo politico preminente, deputato ad affrontare anche l’emergenza catalana. In quella sede, dopo che – in giugno – le agitazioni si erano trasformate in una vera e propria rivoluzione, Spinola prese una posizione estremamente accomodante: a suo giudizio, il pericolo maggiore era quello che i francesi approfittassero della confusa situazione; dunque, gli sembrava necessario arrivare a una veloce pacificazione della regione, anche rinunciando a punire i colpevoli della sollevazione e soprattutto dando rassicurazioni che la consolidata autonomia della Catalogna non sarebbe stata alterata. Ancora nel dicembre del 1640, quando anche in Portogallo si era avuto un colpo di Stato per la restaurazione di un’autonoma monarchia, Spinola continuava a insistere sull’importanza vitale di un accordo con gli insorti catalani. Allo stesso modo, pur sapendo che Olivares era di parere opposto, l’anno successivo si pronunciò a favore di un’accoglienza indulgente nei confronti delle lamentele del governo locale di Milano per i disordini e per le eccessive spese causate dagli alloggiamenti di soldati. La situazione mutò nell’estate 1641, allorché Spinola riconobbe che era necessario innanzi tutto riportare l’ordine in Catalogna.
Questo obiettivo sarebbe stato raggiunto soltanto nel 1652. A questa data, Spinola si era da diversi anni ritirato nella villa di Rosano, presso Casalnoceto (oggi in provincia di Alessandria). Nondimeno, egli non rimase lontano dagli affari di Stato: Galeazzo Gualdo Priorato (1674) ricorda «quanti corrieri sovente si partivano dalla Spagna, riducendovisi capi di guerra, e li stessi governatori di Milano». Spinola in effetti continuò ad avere un ruolo politico attivo, anche a distanza: perfettamente riconoscibile, ad esempio, il suo costante impulso per un miglioramento dei rapporti fra la Corona di Spagna e le Province Unite olandesi. Inoltre, la sua presenza assicurava il pagamento a Genova delle lettere di cambio firmate a Madrid da altri finanzieri genovesi, come Domenico Centurione e il consanguineo Gian Luca Spinola, vitali per il pagamento delle truppe impegnate nel Milanese e nei Paesi Bassi spagnoli.
Infine, alla metà del 1655, fu richiamato alla corte di Filippo IV dal nuovo primo ministro don Luís de Haro, per assumere la carica di presidente del Consejo de Flandes. Egli partecipava ordinariamente anche alle riunioni del Consejo de Estado, all’interno del quale era considerato un fedelissimo del valido. Partecipò alle trattative diplomatiche che avrebbero portato alla pace dei Pirenei nel 1659 e contribuì agli sforzi per un’offensiva militare in Portogallo, cercando di coinvolgere gli olandesi in un blocco navale delle coste lusitane. Fu molto attivo anche nel contrasto al contrabbando. Era diventato a poco a poco una sorta di alter ego del primo ministro de Haro, come dimostra il suo carteggio, anche in relazione alle dinamiche di costruzione e mantenimento delle reti clientelari, vitali a corte.
Aveva sposato Geronima Doria, da cui ebbe due figli che ebbero modo di distinguersi particolarmente: Paolo, noto anche con il doppio cognome Spinola Doria, governatore di Milano nel 1668-70, e Giovanna, monaca dell’Ordine della Ss. Annunziata.
Morì a Madrid l’8 agosto 1659. Fu sepolto nella chiesa parrocchiale di Villarejo de Salvanés, sede della sua commenda maggiore di Castiglia dell’Ordine di Santiago.
Fu un grande collezionista. È rimasto un suo ritratto, attribuito per lungo tempo ad Antoon Van Dyck, per il quale però è stata proposta l’attribuzione ad Adriaen van Bloemen.
Fonti e Bibl.: G. Gualdo Priorato, Vite et azzioni di personaggi militari, e politici, Vienna 1674, s.v.; F. Casoni, Vita del marchese Ambrogio Spinola, Genova 1691, pp. 309 s.; A. Buono, Esercito, istituzioni, territorio. Alloggiamenti militari e «case herme» nello Stato di Milano (secoli XVI e XVII), Firenze 2009, pp. 124 s.; M. Herrero Sánchez, La red genovesa Spínola y el entramado transnacional de los marqueses de los Balbases al servicio de la Monarquía Hispánica, in Las redes del Imperio. Élites sociales en la articulación de la Monarquía Hispánica, 1492-1714, a cura di B. Yun Casalilla, Madrid 2009, pp. 97-134 (in partic. pp. 116-131).