SEVERATI, Filippo
– Nacque a Roma il 4 aprile 1819, primogenito di Francesco e di Teresa Gerardi. Seguì, adolescente, le orme paterne: Francesco Severati, morto nel 1845, era infatti pittore.
Premiato al concorso scolastico nella terza classe di disegno da gessi nel settembre 1811, ex aequo con Filippo Tosetti (Roma, Archivio storico dell’Accademia nazionale di S. Luca, vol. 33bis, c. 48r; vol. 169, c. 23), si dedicò al ritratto in piccolo e alla miniatura d’après; sono a lui attribuiti un’effigie in miniatura su avorio di Girolamo Scaccia (1825 circa) e un ritrattino di Enea Silvio Piccolomini. Le guide e gli almanacchi cittadini registrano tra il 1830 e il 1843 la presenza di un Severati pittore miniaturista al n. 23 del vicolo delle Vacche; da un’istanza presentata nel 1831 (Roma, Archivio storico Capitolino, Presidenza e deputazione, Strade urbane e fogne, Pos. Varie e contabilità, b. 89, f. 1, sottof. 81) si apprende che Francesco era ivi domiciliato con i fratelli Lodovico e Carlo.
La prima formazione artistica di Filippo si compì tra il 1833 e il 1836, anni nei quali frequentò i corsi tenuti presso l’Accademia di S. Luca. Nel 1836 gli fu conferito il primo premio, ex aequo con Luigi Rostagni, al concorso scolastico nella prima classe di disegno; considerata molto favorevolmente dagli accademici fu anche una sua Testa di vecchio disegnata dal vero. Il medesimo concorso lo vide insignito di una menzione per il saggio presentato per la scuola delle pieghe (Diario di Roma, 1836). Nello stesso periodo entrò a far parte della cerchia di Tommaso Minardi, subentrato nel 1822 a Luigi Agricola alla cattedra di disegno. Annoverato nella seconda generazione dei suoi discepoli (1833-41), cui appartennero anche Nicola Consoni e Silvestro Valeri, Severati fu definito «uno de’ migliori disegnatori» tra gli allievi del pittore faentino (Ovidi, 1902, p. 120).
Nominato nel 1833 membro della commissione artistica della Calcografia camerale, Minardi ne divenne esponente di spicco, esercitando una profonda influenza sul gusto del mercato romano e promuovendo importanti serie di disegni di traduzione per la riproduzione calcografica, alla realizzazione dei quali chiamò numerosi allievi di differenti generazioni (I disegni della Calcografia..., 1995).
Severati, attivo in tal senso tra il 1852 e il 1865, ed egli stesso membro della commissione artistica dal 1863, lavorò alle serie incisorie Affreschi nelle pareti della Cappella Sistina (1858-1859) e Affreschi dalle Stanze di Raffaello (1862-1865); per il ciclo dei Reperti dei Musei Gregoriano Profano e Pio Cristiano eseguì oltre cinquanta disegni di statue, rilievi e sarcofagi ivi esposti. Sono note inoltre le raffigurazioni della cista Ficoroni e dei suoi ornati, compiute nel 1846 (Molinari, 2007) e poste a corredo della dissertazione di Giuseppe Marchi La cista atletica del Museo Kircheriano: invenzione ed intaglio di Novio Plauzio pittore romano (Roma 1848), e quelle tratte dai bassorilievi che lo scultore Francesco Vidoni eseguì per la tomba della sorella Speranza nel cimitero di Ferrara (Annunciazione; Compianto sul Cristo morto; Resurrezione di Cristo; Apparizione a Maria Maddalena; 1850 circa). Da Minardi, negli anni Quaranta, Severati trasse le incisioni di alcune opere di soggetto sacro, tra le quali una Sacra Famiglia con s. Giovannino (1844), Zaccaria e s. Eliseo (1845), l’Allegoria della Chiesa militante; dall’omonimo lavoro di Benedetto Agrizzi eseguì S. Lorenzo martire in prigione battezza s. Ippolito, da Nicola Bozzi realizzò invece S. Telesforo e S. Lino. Risale infine al 1857 il disegno a carboncino tratto da una fotografia raffigurante il cardinale Giacomo Antonelli, nel quale Severati «fornisce un saggio convincente di quelle sue straordinarie doti di ritrattista che di lì a poco (a partire dal 1863) egli avrebbe espresso compiutamente» (I disegni della Calcografia..., 1995, p. 486).
A partire dagli anni Cinquanta l’artista si diede a sperimentare una tecnica pittorica che prevedeva l’utilizzo dello smalto applicato su un supporto di porcellana o di lava.
L’opera così realizzata veniva sottoposta a più fasi di cottura che le conferivano eccezionali caratteristiche di inalterabilità del colore e di durabilità. Pur non potendosi considerare innovativa – l’applicazione dello smalto sulla pietra lavica di Volvic era stata studiata da Ferdinand-Henri Mortelèque nei primi anni del secolo e utilizzata da Jacques-Ignace Hittorff e dal pittore Paul Balze, attivo a Roma e amico di Severati –, la sua ricerca portò a risultati di rilievo in ragione del «grado di perfezione raggiunto nella stesura delle campiture cromatiche» (Cardinali - De Ruggieri - Falcucci, 1998, p. 167).
Nel 1859 il ministero pontificio dell’Industria, Commercio e Belle Arti accordò a Severati il brevetto del «nuovo metodo di dipingere a fuoco sulla porcellana e sulla lava smaltata». Ritratti eseguiti in smalto su porcellana raffiguranti Pio IX e il cardinale Antonelli furono inviati da Severati alle esposizioni internazionali di Londra e Parigi rispettivamente nel 1862 e nel 1867; in occasione dell’esposizione di Vienna (1873) egli eseguì «otto copie in smalto sopra lava di lavori di autori celebri», che gli valsero il conferimento della medaglia del progresso.
Nell’ambito dei grandi lavori di restauro dell’archiospedale di S. Spirito in Sassia, condotti da Francesco Azzurri, Severati realizzò otto stemmi «dipinti a fuoco sopra maiolica» recanti le insegne pontificali, collocati all’esterno del tiburio, ai lati delle quattro trifore (Azzurri, 1868, p. 43).
A partire dal 1867 Severati si dedicò esclusivamente alla ritrattistica funebre in smalto su pietra vulcanica. Le opere, collocate per la maggior parte nel cimitero del Verano – ma suoi dipinti sono stati rinvenuti nella basilica di S. Famiano in Gallese e nei cimiteri di Orvieto e Arezzo –, sono firmate e contraddistinte da un numero progressivo: la zona più antica del camposanto romano, dall’ingresso al Pincetto Nuovo, ne conta circa 250, la prima delle quali, raffigurante l’artista in posa con la tavolozza accanto al ritratto dei genitori posto su un cavalletto, risale al 1863 ed è collocata sulla tomba di famiglia; la parete esterna del quadriportico conserva una Madonna col Bambino di ispirazione raffaellesca.
La tecnica elaborata da Severati consentiva «di riproporre in esterno la tipologia e le caratteristiche formali del ritratto ottocentesco destinato agli interni delle case borghesi» (Cardinali - De Ruggieri - Falcucci, 1998, p. 166); le opere del Verano costituiscono un episodio particolarissimo, «elemento distintivo e forse unico nell’ambito dei complessi cimiteriali italiani» (p. 165).
Severati morì a Roma il 14 agosto 1892.
Il suo talento di ritrattista è stato riscoperto negli ultimi decenni grazie alle ricerche del fotografo romano Claudio G. Pisani, che dedicò all’artista una copertina e un servizio fotografico sulla rivista Frigidaire (1983), cui fece seguito l’esposizione fotografica presso la galleria milanese Il Diaframma (1984); nel 2016 il centro culturale Marco Scacchi di Gallese (Viterbo) ha ospitato la mostra Ritratti romani dell’Ottocento. Dipinti in smalto su lava di Filippo Severati.
La gran parte dei disegni di traduzione e delle incisioni è conservata presso l’Istituto nazionale della grafica.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dell’Accademia nazionale di S. Luca, vol. 33bis, c. 48r; vol. 169, c. 23; Roma, Archivio storico Capitolino, Presidenza e deputazione, Strade urbane e fogne, Pos. Varie e contabilità, b. 89, f. 1, sottof. 81.
Nuove invenzioni relative alle belle arti. Sostituzione della lava alla porcellana, nella pittura a smalto, in Giornale di belle arti, II (1834), 9, pp. 35 s.; Diario di Roma, 8 ottobre 1836, n. 81, pp. 20 s.; 12 ottobre 1836, n. 82, p. 24; 7 ottobre 1845, n. 80, p. 3; G. Bianconi, Cenni su di un funebre monumento che sta eseguendosi dallo scultore ferrarese Francesco Vidoni..., in L’Album, XVII (1850), 28, pp. 223 s., 256, 306 s.; F. Azzurri, I nuovi restauri nell’archiospedale di S. Spirito in Saxia, Roma 1868, p. 43; G. Cugnoni, Della pittura in ismalto sopra la lava e della perfezione a cui l’ha condotta F. S., in La scuola romana. Foglio periodico di letteratura e di arte, II (1884), 9, pp. 220-222; G. Stopiti, Galleria biografica d’Italia. S. F. pittore in ismalto sopra la lava, Roma 1884; Il Messaggero, 18 agosto 1892; E. Ovidi, Tommaso Minardi e la sua scuola, Roma 1902, pp. 120 s.; O. Montenovesi, Il Campo Santo di Roma. Storia e descrizione, Roma 1915, pp. 91, 118 s.; C.G. Pisani, Omaggio a F. S, in Frigidaire, III (1983), 28, pp. 72-75; V. Fazio, F. S. (1819-1892), in A. Del Bufalo, Il Verano. Un museo nel verde per Roma, Roma 1992, pp. 123-126; I disegni della Calcografia 1785-1910, a cura di M. Miraglia, II, Roma 1995, pp. 477-488; Il Verano. Percorsi della memoria, a cura di L. Cardilli, Roma 1996, pp. 37 s.; M. Cardinali - M.B. De Ruggieri - C. Falcucci, «Fra le più utili e maravigliose scoperte di questo secolo...». I dipinti di F. S. al Verano, in Percorsi della memoria. Il Quadriportico del Verano, a cura di L. Cardilli - N. Cardano, Roma 1998, pp. 165-170; A. Cannistrà, «Tra le più utili e meravigliose scoperte del nostro secolo». I dipinti a smalto di F. S., in Lettera orvietana, VI (2005), 13-14, p. 8; M.C. Molinari, Marchi, Giuseppe, in Dizionario biografico degli Italiani, LXIX, Roma 2007, pp. 674-677; O. Selvafolta, Memoria e identità nell’arte funeraria dell’Ottocento, in Architettura dell’Eclettismo. Il rapporto con le arti. Atti del 7° Convegno di architettura dell’Eclettismo..., Jesi... 2004, a cura di L. Mozzoni - S. Santini, Napoli 2007, pp. 84 s.; M.G. Sarti, Minardi, Tommaso, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXIV, Roma 2010, pp. 560-566; Si veda inoltre: calcografica.ing.beniculturali.it.