SEGA, Filippo
– Nacque a Bologna da Giovanni Andrea il 22 agosto 1537 (Fantuzzi, 1789, p. 372, scrive erroneamente il 21 giugno). La nobile famiglia era originaria di Ravenna e forse imparentata con il futuro pontefice Gregorio XIII (Ugo Boncompagni).
Si addottorò in utroque iure il 26 settembre del 1560 e, lasciata Bologna, da protonotario apostolico fu fatto governatore di Cesena il 20 settembre 1566. Il 24 gennaio 1569 divenne governatore di Forlì, dove promosse l’Accademia dei Filergiti, per poi passare a Imola l’8 marzo 1571. Seguendo un cursus honorum interno all’amministrazione pontificia, il 15 dicembre 1572 fu nominato legato di Romagna e in tale veste fece pubblicare i Bandi generali sopra l’Abondanza (Cesena, B. Raveri, 1573). Il 1° gennaio 1575 divenne praeses nella Marca Anconetana, partecipò alla vita dell’Accademia dei Catenati e dello Studio di Macerata ed emanò una serie di provvedimenti sul governo della giustizia di cui si ha testimonianza anche grazie alla stampa (Tribunale della concordia eretto nuovamente per tutti i luoghi della provincia [...] della Marca a beneficio di essa, Macerata, S. Martellini, 1575; Bandi generali [...] della provincia della Marca, Macerata, S. Martellini 1575). Auditore della Sacra Consulta, il 20 maggio 1575 fu investito del vescovato di Ripatransone. Fu consacrato a Osimo il 29 giugno di quell’anno e poco dopo tenne il sinodo (Sinodo diocesana di Mons [...] Vescovo della Ripa Transona: cioè Idea del Sacerdote Christiano, Decreti di essa Sinodo, Alphabeto Confessionale, Macerata, S. Martellini, 1577). Il 3 ottobre 1578 quale successore del teatino Paolo Burali fu promosso vescovo di Piacenza, ma delegò la cura a un vicario. A causa degli impegni diplomatici, sarebbe ufficialmente entrato nella diocesi nel 1582 e, più tardi, vi avrebbe tenuto il sinodo (Synodus dioecesana [...] primo habita, Placentiae, G. Bazachi, 1589). Durante il suo episcopato furono emanate le norme per i rettori dell’Ospedale grande, fu perfezionato il corso di studi del seminario, fu introdotto in città l’Ordine dei minimi, mentre i gesuiti si stabilirono in S. Pietro in Foro istituendo il collegio.
Promotore della carriera dei nipoti Girolamo e Giovanni Battista Agucchi, figli della sorella Isabella, sotto Gregorio XIII, l’11 febbraio 1577, Sega iniziò la sua carriera diplomatica come nunzio apostolico straordinario presso Juan de Austria, impegnato a sedare la ribellione nelle Fiandre, allo scopo di convincerlo a intervenire contro Londra e in soccorso degli irlandesi (portò con sé la cedola di un ricco donativo papale). L’ 8 luglio gli fu dato l’ordine di trasferirsi in Spagna, dove successe al defunto nunzio Nicolò Ormaneto. In quella veste si oppose alla riforma del Carmelo e contrastò Teresa d’Ávila, la quale scrisse che Sega le pareva «mandato da Dio per esercitarci nella pazienza» (Libro de las fundaciones, cap. 28). Il nunzio, a sua volta, ritenne la mistica un’incontrollabile inquieta, al punto da impedire altre fondazioni degli scalzi e da fare imprigionare chiunque si opponesse ai suoi ordini (come Juan de la Cruz). Solo nella primavera del 1579 avrebbe mutato opinione, autorizzando la separazione dei due rami dell’Ordine carmelitano.
Come risulta dalle istruzioni stilate dalla segreteria di Stato per il nuovo nunzio, le vertenze tra la Sede apostolica e Filippo II erano molte: dalla questione della nunziatura di Napoli, di cui il sovrano intendeva limitare la libertà di intervento, ai diritti di patronato in Sardegna e in Sicilia (in particolare il cosiddetto privilegio della Monarchia sicula); dalla sorte della diocesi di Toledo, vacante dopo la morte di Bartolomé de Carranza, al progetto di un intervento contro l’Inghilterra di Elisabetta I; dal governo ecclesiastico di Milano alla tessitura di un’alleanza cattolico-safavide in chiave antiottomana (ma nel 1579 Madrid trattò per una tregua con la Sublime Porta, irritando Roma). Con la morte di Sebastiano I in Africa (1578) a quelle delicate materie si aggiunse la volontà di Filippo II di prendere possesso – anche con le armi – del regno di Portogallo, di cui rivendicò e finì per ottenere i diritti di legittimo sovrano a danno del cardinale Enrico, zio del re defunto, a cui il pontefice, prima della morte, negò la dispensa per contrarre matrimonio. Sega, che prese le parti di Filippo II, ebbe in quell’arco di tempo l’occasione di recarsi a Lisbona, dove conobbe il domenicano Luis de Granada. I conflitti tra la Spagna e la Sede apostolica, che riguardarono anche il rinnovo delle gracias di subsidio, excusado, cruzada e milliones, nonché gli istituti del recurso de fuerza e della retención de bulas, si appianarono in parte nel 1581.
Prima di lasciare Madrid, il 31 luglio, Sega scrisse una dettagliata lettera al successore, il vescovo di Lodi Ludovico Taverna, nominato il 30 aprile, sulle questioni che avrebbe dovuto affrontare e circa il clima che si respirava alla corte di Filippo II. Del resto, il vescovo di Piacenza, gradito da Madrid, sarebbe tornato in Spagna pochi mesi dopo, l’11 ottobre 1583, per trattare ancora una volta di un’alleanza antiturca, dei piani di attacco contro l’Inghilterra (sollecitati da Maria Stuart e dai cattolici inglesi, a cui Sega scrisse per invogliarli a ordire un lecito tirannicidio) e dell’affare dell’arcivescovo elettore di Colonia Gebhard Truchsess von Waldburg, apostata e calvinista, che Roma, dopo averlo scomunicato, voleva castigare e rimuovere dalla diocesi con l’aiuto di Alessandro Farnese, generale dell’esercito spagnolo nelle Fiandre.
Nel 1585 Sega fu pure visitatore delle chiese, dei collegi e dei chiostri di Roma, lasciando relazioni molto dettagliate. Più tardi, il 18 gennaio 1586, fu scelto da Sisto V come nunzio presso l’imperatore Rodolfo per chiudere l’affare Truchsess e sorvegliare la successione polacca, ma soprattutto per promuovere la guerra antiottomana e una politica più energica contro i signori protestanti. Giunto a Vienna e poi a Praga all’inizio della primavera, la sua decisione di pubblicare la bolla In coena Domini senza l’assenso dei ministri gli alienò le simpatie di Rodolfo II, che per due mesi non volle riceverlo. Sega, che tentò di favorire i gesuiti, riteneva da parte sua l’Asburgo del tutto inadatto alla politica, e le relazioni che inviò a Roma descrissero, in generale, il quadro della politica religiosa imperiale a tinte cupe: «non risolve cosa alcuna di suo giuditio – osserva il 20 maggio 1586 –, ma tutto rimette al consiglio», «l’eresia – continua – si mescola alla retta fede» (Die Nuntiatur, 1905, p. 240). Il 9 dicembre 1586, sempre da Praga, Sega chiese alla Segreteria di Stato la facoltà di riaccogliere nel grembo della Chiesa Francesco Pucci turbato dalle suggestioni venutegli dall’incontro con John Dee e con Edward Kelley; e dopo averla ottenuta gli fece pronunciare la solenne abiura il 6 marzo 1587 (l’eretico toscano tuttavia avrebbe continuato fino alla morte a professare opinioni eterodosse; Pucci, 1957).
Sega lasciò Praga nell’aprile del 1587, stilando per il suo successore istruzioni pessimistiche. Rientrato in Italia, per incarico di Sisto V si occupò dell’apertura del Collegio piceno di Bologna, promosso da papa Peretti, e fece ritorno nella sua diocesi. Si trattò però di un intervallo prima di una nuova partenza a fianco del legato Enrico Caetani, inviato in Francia nel 1589 al culmine delle guerre civili. Sega fu solo uno dei sette vescovi e arcivescovi che seguirono Caetani, il quale, all’arrivo a Parigi, dopo l’assassinio di Enrico III e durante l’assedio di Enrico di Navarra, si mostrò troppo legato agli interessi della Ligue e prono all’ambasciatore spagnolo, scontentando il pontefice. Dopo la morte di Sisto V la Curia lo richiamò; Sega invece rimase a Parigi come vicelegato (Gregorio XIV lo confermò il 20 gennaio 1591) e poi come nunzio (6 dicembre). A quel periodo risale una lettera destinata a Minuccio Minucci in cui espresse un giudizio di quasi ammirazione, ma anche di condanna teologica degli scritti di Jean Bodin, auspicando l’elaborazione di una dottrina politica cattolica (Baldini, 2001, pp. 38-40).
Creato cardinale da Innocenzo IX il 18 dicembre 1591, continuò poi a occuparsi degli affari di Francia in qualità di legato a latere anche sotto il pontificato di Clemente VIII, che con la nomina di un filospagnolo (non condivisa da una parte del Concistoro) mandò alla corte di Madrid un segnale di continuità (15 febbraio 1592). Le istruzioni (15 aprile) gli diedero tuttavia poteri più limitati in materia di eresia. Fu durante il suo mandato che Enrico IV abiurò il calvinismo (25 luglio 1593), inasprendo una partita diplomatica e religiosa che vide divisi i cardinali, i teologi e i canonisti della Curia, coinvolti o meno nella congregazione di Francia e in quella del S. Uffizio. Finì per prevalere un partito filofrancese, appoggiato dal pontefice, che pendeva per l’assoluzione dell’eretico relapso e re di Francia. Sega, filospagnolo, in alcune stampe aveva divulgato la posizione della Sede apostolica contro i prelati francesi filonavarristi (Lettre [...] au Royaume de France: à tous les catholiques du mesme Royaume. Touchant la conuocation de quelques Ecclesiastiques faicte par Henry de Bourbon en la ville de S. Denis, Paris, R. Thierry, 1593, apparsa anche in latino: Literae ad universos eiusdem Regni Catholicos. Super conventu quorundam Ecclesiasticorum ab Henrico Borbonis ad oppidum Sancti Dionysij indicto, Paris, R. Thierry, 1593; Exhortation [...] aux catholiques du mesme Royaume qui suiuent le party de l’Heretique, Paris, R. Nivelle et R. Thierry, 1593, apparsa anche in italiano: Essortatione [...] alli catolici del medesimo Regno, che seguono il partito dell’heretico, Roma, Er. G. Gigliotti, 1593; Literae [...] ad universos eiusdem Regni catholicos. Quibus Summi Pontificis mens circa ea, quae nuper Romae gesta sunt, significatur, Parisiis, R. Thierry, 1594). Tuttavia, in seguito all’ingresso di Enrico a Parigi, con grande sollievo Sega fu richiamato in Curia (12 marzo 1594), si ritirò a Montargis e poi fece ritorno a Roma il 12 novembre, finendo per allinearsi ai cardinali favorevoli all’assoluzione del re da parte del papa (giunta il 17 settembre 1595). Divenne allora membro della Congregatio Germanica e già il 5 dicembre 1594 ricevette il titolo di S. Onofrio al Gianicolo.
In questa chiesa fu sepolto dopo la morte, avvenuta il 29 maggio 1596. Lo ricorda una lapide nel monumento voluto dal nipote Girolamo Agucchi, che ne fece apporre una simile nel duomo di Piacenza. Al Domenichino è attribuito anche il ritratto al centro del sepolcro romano (1604 circa).
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato Francia, 32, 36-37, 39-41; Borghese, I, 232-234; Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat., 5825-5826 (missive dalla Francia); Ott. lat., 3207-2309 (varie carte spettanti alle legazioni); Vat. lat., 5524-5528 (relazioni delle visite romane del 1585); Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 462, n. 7, cc. 1-10 («Discorso sopra la lega, che Mons. Sega venne a trattar a Madrid per ordine di S. S.tà fra la Chiesa, il re Cattolico e i Veneziani, fatto di Novembre 1583»); Milano, Biblioteca Ambrosiana, Carteggio di s. Carlo Borromeo, vari docc. (per quelli digitalizzati http://ambrosiana.comperio.it/ manoscritti/search?q=filippo+sega); Roma, Deutsches Historisches Institut, Minucciana, 9, cc. 172v, 174v-175v (a M. Minucci, Praga, 9 marzo 1587; Monaco, 22 giugno 1587); 182r-183v (attesta di aver consacrato Minucci arcivescovo di Zara, Roma, 10 marzo 1596); 22, n. 20 (memoriale di Sega a Sisto V sui progetti bellici contro l’Inghilterra, 1586).
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