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AGLIÈ, Filippo San Martino conte di

di Renzo De Felice - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)
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AGLIÈ, Filippo San Martino conte di

Renzo De Felice

Secondogenito di Giulio Cesare e di Ottavia Gentili, e nipote di Ludovico, nacque a Torino il 27 marzo 1604. Carattere deciso e violento - nel 1623 ebbe un duello con il conte P.E. Parella che fece scalpore -, si dedicò giovanissimo alla carriera delle armi, distinguendosi subito nelle guerre contro Genova, nel Monferrato e nell'assedio di Verrua (1625). Dal 1627 al 1630 fu al servizio del cardinale Maurizio di Savoia come gentiluomo di camera. La dimestichezza con il cardinale, uomo di notevole cultura e splendido mecenate, e con la sua corte raffinata, sviluppò in lui un vivo interesse per le lettere, che durò per tutta la sua vita.

Nel 1630 fu nominato luogotenente e l'anno dopo alfiere nella compagnia di corazze delle guardie di Vittorio Amedeo I.

A quest'epoca deve farsi risalire l'inizio della sua amicizia, presto trasformatasi in vera relazione amorosa, con la duchessa Maria Cristina (da questa relazione, secondo l'anonima ed medita Rélation de la Cour de Savoie ou les amours de Madanze Royale, ricordata da C. Gallina, sarebbe, nato il secondogenito della duchessa, Carlo Emanuele).

Morto il 7 ott. 1637 Vittorio Amedeo I, l'A. si trovò a svolgere, come favorito della reggente, un ruolo di primissimo piano nella vita politica del ducato. Nel 1638 fu nominato governatore della cittadella di Torino, e da allora diresse di fatto, con la duchessa, lo stato sabaudo.

Nonostante le allettanti proposte fattegli dai Francesi - Luigi XIII gli offerse anche il grado di maresciallo di campo - egli si mostrò però sempre tenace sostenitore dei diritti e degli interessi del ducato, che cercò in ogni modo di tenere il più possibile indipendente da Parigi. Anzi, in previsione dello scadere della lega con la Francia, tentò sin dal novembre del 1637 un riavvicinamento con la Spagna, che valesse a diminuire lo strapotere degli invadenti alleati d'Oltralpe. Anche se il suo piano, subito scoperto dai Francesi, non poté realizzarsi, e l'A. fu invece costretto, dalle nuove complicazioni sopravvenute con lo scoppio del conflitto tra "principisti" e "madamisti", a rinnovare la lega con la Francia (3 giugno 1638) e a dirigere personalmente le operazioni contro gli Spagnoli, egli continuò però a lungo le trattative segrete con Madrid, nell'intento sempre di creare un nuovo rapporto di forze più favorevole al ducato. Con ciò si attirò l'avversione dei Francesi e del Richelieu in particolare, che vedeva nella linea di condotta dell'A. uno dei maggiori ostacoli alla sua politica piemontese. E però l'A. cercò in ogni modo di non cedere agli alleati tutte le fortezze da loro pretese e si oppose sempre alle richieste di consegnare il p. gesuita P. Monod, principale esponente della corrente antifrancese alla corte ducale. Al valore personale dell'A. si dovette pure se, in occasione della conquista di Torino da parte del principe Tommaso di Savoia (1639), la reggente e l'erede al trono riuscirono a porsi in salvo a Susa.

Col precipitare della situazione politico-militare, la posizione dell'A. si fece via via più difficile. Al convegno di Grenoble (28 sett. 1639) il suo fiero atteggiamento di fronte alle richieste di Luigi XIII e del Richelieu, per un più rigido controllo militare del ducato, segnò la sua sorte. Rioccupata infatti Torino e riequilibrata la situazione generale, l'avversione del Richelieu scoppiò in maniera clamorosa: il 30 dic. 1640 l'A. fu fatto arrestare e deportare prima a Pinerolo e poi in Francia. Riacquistò la libertà solo il 30 dic. 1642, ventisei giorni dopo la morte del Richelieu. Durante la sua detenzione aveva composto un poemetto di ispirazione autobiografica, La prigionia di Filindo il costante, di cui non ci resta alcuna traccia.

Rientrato in patria, l'A. riprese il suo posto a corte: fu nominato capitano delle guardie del giovane Carlo Emanuele, maresciallo di campo generale (8 sett. 1646), sovrintendente alle finanze (1646) e divise il suo tempo tra le cure dello stato e il comando dell'esercito (nel 1644 strappò Asti agli Spagnoli). La fine della reggenza di Maria Cristina con l'avvento al trono di Carlo Emanuele II lasciò la sua posizione ancora ben salda: primo atto del nuovo duca fu infatti quello di riconfermargli tutte le cariche e i benefici e di insignirlo del Gran Collare dell'Annunziata (giugno 1648). Fu quindi investito dei feudi di Castelvecchio (1649), Campo (1652) e Torre di Bairo (1653). Nel 1650 fu nominato maggiordomo maggiore del duca. Da Maria Cristina fu ricordato particolarmente nel suo testamento.

L'ultima missione dell'A, fu quella per cui si recò a rendere omaggio, a Milano, nel settembre 1666, all'imperatore Leopoldo I in nome del duca.

Oltre che per la sua attività politica e militare, l'A. ha rilievo come poeta (in latino, italiano e francese), strumentista, compositore e soprattutto coreografo. Succeduto allo zio Ludovico come organizzatore delle feste di corte, svolse una intensa attività teatrale.

Al balletto Bacco trionfatore delle Indie (1624) seguirono moltissimi altri componimenti scenici. Particolare successo, anche per le strane circostanze in cui nacque - una specie di sfida ai Francesi molto scettici sulle capacità artistiche e teatrali dei "rudi" piemontesi - ebbe il balletto Gli habitatori de' monti (Le ballet des montagnards), rappresentato a Parigi il 21 ag. 1631.

Coreografo di grande valore, l'A. scriveva anche i versi e la musica dei suoi balletti, che ebbero larga fortuna anche in Francia. Le sue opere hanno un posto notevole nella storia dell'evoluzione del balletto, da festa di corte a fatto d'arte.

Fra le sue varie composizioni teatrali vanno ancora ricordate: La verità nemica delle apparenze sollevate dal tempo (1634), Il balletto degli alchimisti (1640), il Dono del Re dell'Alpi a Madama Reale (1645), cena-balletto di grande fantasia e dalla smagliante coreografia, Il Tabacco (1650), Gridelino o Ballet du Grisdelin (1653), ecc.

Dell'A. resta anche un'operetta, Le Delitie, relatione della vigna di M.R. Christina di Francia posta sopra i monti di Torino, pubblicata postuma a Torino nel 1672 sotto lo pseudonimo, caro all'A., di "Filindo il costante".

Morì a Torino ai primi di agosto del 1667.

Bibl.: G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia, voll. 3, Torino 1868-1869, passim; A. D. P., Il testamento di M. R. Cristina di Francia e il conte F. d'A., in Curiosità e ricerche di storia subalpina, I (1874), pp. 369-372; C. Gallina, Le vicende di un grande favorito: F.S.M. d'A., in Bollett. stor.-bibiogr. subalpino, XXI (1919), pp. 185-213, 292-305; XXII (1920), pp.63-157; Encicl. dello Spettacolo, I, coll. 169-173 (con bibl.).

Vedi anche
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martino2 martino2 s. m. [dal nome di s. Martino (di Tours), considerato il protettore dei mariti], region. – Marito tradito.
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