REGA, Filippo
REGA, Filippo. – Nacque a Chieti il 26 agosto 1761, figlio secondogenito di Giuseppe «viaggiatore e antiquario» (Ravizza, 1834, p. 44) e di Veneranda Ruggeri; fu battezzato nella chiesa metropolitana di S. Giustino.
Nel 1767, a seguito di gravi difficoltà finanziare di Giuseppe nell’attività di negoziante, per la quale aveva più volte viaggiato in Europa recandosi in particolare a Nîmes in Francia, la famiglia si trasferì a Napoli, dove aprì un «fondaco di antichità» (ibid.); successivamente, nel 1776, si spostò a Roma per assecondare l’inclinazione al disegno del figlio Filippo, che fu affidato per l’istruzione artistica al più celebre incisore in pietre dure del tempo, Giovanni Pichler (1734-1791), figlio di Antonio (1697-1779), già residente a Napoli e amico di antica data, che gli fu anche padrino di cresima.
Durante gli otto anni di apprendistato presso Pichler, Filippo imparò anche a modellare e partecipò con successo ai concorsi dell’Accademia di S. Luca, ottenendo premi nel concorso Clementino: nel 1779 il secondo premio ex aequo nella terza classe di pittura, nel 1783 il secondo premio nella seconda classe di scultura. Ritenendolo particolarmente dotato, Pichler lo volle nel suo studio per altri tre anni, avviandolo all’incisione in pietra dura, nella quale ottenne eccellenti risultati. A Roma Giuseppe e Filippo Rega, entrambi registrati come «antiquari» abitanti in strada Paolina (Roma Archivio storico del Vicariato, S. Andrea delle Fratte, Stati delle Anime, Strada Paolina, 1780, 1782, 1786), furono tra i fornitori del papa per la vendita di importanti antichità destinate al Museo Pio Clementino, consolidando un rapporto già instaurato a Napoli negli anni 1771-73. Tra il 1787 e il 1788 furono inoltre al centro della discussa vendita di sculture della collezione Carafa di Colubrano, delle cui vicende si trovò a essere marginalmente testimone Johann Wolfgang Goethe ancora a Roma nel 1788 (Italienische Reise (1816-1817), trad. it., Firenze 1980, pp. 563-565).
Tra il 1787 e il 1788, dopo circa dodici anni, la famiglia Rega fece ritorno a Napoli, dove Giuseppe riaprì un negozio di antichità e insieme a Filippo mantenne negli anni contatti commerciali con Roma, registrati anche nel Giornale dello scultore Vincenzo Pacetti (in Roma 1771-1818, 2011). A Napoli Filippo proseguì regolarmente, con sempre maggiore impegno, l’attività d’incisore in pietre dure, firmando gli intagli e i cammei in lettere greche («ΡΕΓΑ», «ΡHΓΑ»), e accrescendo la grande notorietà acquisita a Roma. Da subito, nel 1787, a ventisei anni (Ravizza, 1834), fu chiamato a corte per incidere il ritratto del principe ereditario Francesco di Borbone in un crisolide che, montato con diamanti, fu inviato in dono alla futura moglie l’arciduchessa Maria Clementina d’Austria, della quale Rega ebbe in seguito modo di eseguire il ritratto in un notevole cammeo a quattro strati di colore. Fece inoltre i ritratti di Ferdinando IV e di Maria Carolina. Da sir William Hamilton, ministro britannico a Napoli dal 1764, ricevette la commissione per quello della celebre lady Emma (Londra, British Museum), intagliato in più repliche destinate a lord Bristol e all’ammiraglio Horatio Nelson. Ai ritratti dello stesso Hamilton (intaglio in calcedonio, Londra, Greenwich, National Maritime Museum), dell’ammiraglio Nelson (Londra, British Museum, Collezione Hull Grundy, n. 874), di Augusto duca di Sussex, figlio di Giorgio III, in calcedonio, appartenente al pittore Philipp Hackert, nella cui collezione erano presenti altre pietre di Rega con soggetti dall’antico (Femmel - Heres, 1977), si aggiunsero quelli di molti personaggi della corte, della principessa di Pietraperzia, del principe di Butera, della principessa di Scilla.
Nel 1788 Rega sposò la figlia di Filippo Tagliolini, Caterina, arpista di Corte; nella loro casa si tennero concerti e brillanti riunioni frequentate da illustri personaggi, come ricordato nei Souvenirs da August von Kotzebue, che ebbe modo di incontrarvi, tra gli altri, Lady Hamilton e Hackert, rimarcando come «lei eccellesse nella musica quanto il marito nell'incisione» (1806, p. 254). Dal matrimonio non nacquero figli e Caterina lasciò il marito nel 1809 a causa della vita dissipata e dei debiti di lui, che la costrinsero a vendere l’arpa; dal 1811, per volere di Gioacchino Murat, entrò stabilmente nell’orchestra dei teatri reali.
L’attività di Rega come incisore in pietre dure proseguì senza interruzione durante gli anni dell’occupazione francese (1806-1815), con il ritratto in un cammeo in onice del re Giuseppe Napoleone Bonaparte (Londra, British Musem), che lo nominò cavaliere della Legion d’onore, socio della Reale Accademia di archeologia, antichità e belle arti di Napoli e, con decreto del 5 dicembre 1806, gli assegnò la carica di «maestro d’incisione sopra pietre dure» nella Reale Accademia delle arti e del disegno, alla cui direzione, il 18 luglio dello stesso anno, era stato chiamato da Roma Jean-Baptiste Wicar. Dal 1807 al 1833, anno della sua scomparsa, fu direttore del Real Laboratorio delle pietre dure di Napoli, occupando il posto resosi vacante per la morte di Giovanni Mugnai e per il quale aveva fatto domanda già nel settembre del 1805. Di Murat incise i ritratti in pietra dura (intaglio in corniola, Philadelphia, University of Pennsylvania Museum) e sui coni di monete e medaglie. Fu particolarmente apprezzato quello della regina Carolina Bonaparte (1809), intagliato nel coperchio di una scatola, di una rara pietra locale, che fu inviata a Parigi in dono a Napoleone; di quest’ultimo Filippo fece un ritratto in calcedonio.
Lodato non solo per i ritratti – con una preferenza per la tecnica dell’intaglio piuttosto che del cammeo – Rega realizzò numerosi lavori con soggetti dall’antico, ripresi anche da importanti esemplari di scavo, tutti ben documentati sia da originali (Baltimore, The Walters Art Museum; Londra, British Museum; New York, The Metropolitan Museum of art) sia da impronte in scagliola presenti nei contemporanei repertori prodotti e commerciati a Roma dagli studi Cades e Paoletti. Un intaglio in sardonica con il busto di Giove fu tra gli acquisti più significativi effettuati dal conte di Blacas, ambasciatore francese a Napoli, per la sua importante collezione glittica composta da esemplari di tutte le epoche (Londra, British Museum). Suggellò la fama di Rega l’elogio – «a Napoli il Rega è un eccellentissimo artefice, ed ho veduto delle teste in intaglio di suo lavoro, che vanno emulando le antiche» – che Ennio Quirino Visconti inserì nelle sue Osservazioni sul catalogo degli antichi incisori in gemme (1829, p. 130).
Nel 1820 Rega ebbe l’incarico, con Giuseppe Gnaccarini, di incidere i topazi, tagliati da un blocco di eccezionali dimensioni che il primo si era procurato a Roma, per gli sportelli dei tabernacoli della chiesa di S. Francesco di Paola e della cappella reale di Caserta, lavoro che non fu però portato a termine (Napoli, Museo nazionale di S. Martino). Il 16 novembre del 1829 fu affidata a Rega la revisione dell’inventario, già predisposto da Gnaccarini, della collezione di gemme del Museo di Napoli, della quale redasse poi un catalogo (1830) e fornì consigli per lo smontaggio e l’ordinamento delle pietre.
Dal 1804 Rega, che nel 1803 era stato nominato membro corrispondente dell’Istituto di Francia, oltre che nella glittica fu molto attivo presso la Zecca di Napoli. Ebbe il primo incarico da Ferdinando IV per i coni del dritto della piastra e della mezza piastra del 1805 con il ritratto a destra del sovrano. Murat lo nominò poi incisore capo della Zecca e direttore del Gabinetto d’incisione, istituito nel 1812, carica che mantenne fino al 1833, coadiuvato principalmente dall’incisore Vincenzo Catenacci, venuto da Roma, che lo sostituì alla sua morte. Nell’esecuzione dei coni delle medaglie da lui ideate Rega tenne prevalentemente per sé la direzione, lasciando l’incisione ai suoi allievi e aiutanti (oltre a Catenacci, Andrea Cariello, Michele Laudicina, Luigi Arnaud). Nel periodo napoleonico Rega incise le medaglie per l’arrivo a Napoli della regina Giulia (1808), per la posa della prima pietra della piazza Murat (1809), per la premiazione delle bandiere delle legioni (1809), per il premio nell’Esposizione delle arti e manifatture (1811), per l’Istituto Salesiano (1812), per il ritorno di Murat dalla campagna di Russia (1813). Fu particolarmente lodato per le teste di Murat sui dritti delle monete del 1810 e 1812-1813. Con il ritorno dei Borboni (1816) Rega mantenne la direzione del Gabinetto d’Incisione nell’ambito della «Riforma del Gabinetto dei conj nella Zecca di Napoli» (1829). La medaglia per la cattura di Gioacchino Murat (1815) ha al dritto il ritratto di Ferdinando IV. Per il sovrano (dal 1816 Ferdinando I delle Due Sicilie) e per i suoi successori Francesco I e Ferdinando II curò la monetazione e modellò e diresse medaglie: per la visita alla Zecca nel maggio del 1818 del re in compagnia del fratello Carlo, per la morte di Ferdinando I (1825) e per l’assunzione al trono di Francesco I (1825), per la bonifica delle Puglie (1830), per la morte di Francesco I (1830), per l’assunzione al trono di Ferdinando II (1830), per le nozze di Ferdinando II con Maria Cristina di Savoia (1832).
Fu nominato da Ferdinando I professore d’incisione su pietra dura nel rifondato Reale Istituto di belle arti (nuova denominazione della Reale Accademia di belle arti del 1822). Il 28 settembre 1829 ricevette la decorazione di cavaliere dell’Ordine di Francesco I.
Morì per apoplessia a Napoli il 7 dicembre del 1833, all’età di settantadue anni; i funerali furono celebrati nella cappella del Real Istituto di belle arti, dove su una delle pareti fu collocata una lunga iscrizione celebrativa. A Rega fu intitolata una strada in contrada S. Carlo alle Mortelle dove sorgeva l’edificio del Laboratorio delle pietre dure.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Andrea delle Fratte, Stati delle Anime, Strada Paolina, 1780, 1782, 1786; Fondazione Negro, Archivio Raffaelli, Lettere di Filippo Rega a Giacomo Raffaelli (inventario in corso).
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