NUVOLONI, Filippo
NUVOLONI, Filippo. – Nacque a Mantova il 4 febbraio 1441, unico maschio dei quattro figli di Carlo di Antonio, raffinato intellettuale di corte (è tra gli interlocutori della Politia litteraria di Angelo Camillo Decembrio), trasferitosi sul finire degli anni Trenta da Mantova a Ferrara al servizio di Leonello d’Este, e di Agnese, figlia di Bartolomeo Pendaglia, nobiluomo e ricco proprietario terriero ferrarese, creditore dei Gonzaga.
La data di nascita (Signorini, 1972, p. 320) corregge quella del 1436 asserita da buona parte della critica (Zonta, 1905, p. 8; Faccioli, 1962, p. 85; Rhodes, 1982, p. 144; Perosa, 2000, p. 83) sulla base di una inattendibile testimonianza presente nella Cronaca di Mantova di Andrea da Schivenoglia (Mantova, Biblioteca comunale, Mss., 1019, c. 56r). Nuvoloni fu a lungo considerato poeta estense originario di Carpi, secondo una tradizione che fa capo al carteggio tra Eustachio Cabassi e Girolamo Tiraboschi, nella quale è menzionato con la variante onomastica di Nuvolone (rimasta in vigore anche nella bibliografia recente), italianizzazione della forma latina «Philippus Nuvolonus», presente nel codice It. 1155 (α.N.7.28) della Biblioteca Estense e universitaria di Modena, noto anche come codice Cabassi, nelle rubriche di due sonetti, in origine appartenenti a un «libro pien di rime e frotule» dedicato ad Andrea Mantegna e oggi perduto (Signorini, 1980, pp. 171 s.). Il codice, contenente «la prima silloge autografa» di poesie allestita dall’antiquario veronese Felice Feliciano (Pignatti, 1996, p. 86), è all’origine dell’esumazione di Nuvoloni da un silenzio storico-culturale durato più di tre secoli, che ha dato però luogo a un fantasma – il Filippo Nuvolone da Carpi – frutto degli interessi tanto eruditi quanto circoscritti di Cabassi e di Tiraboschi. In realtà, le testimonianze dell’esistenza di un Nuvoloni mantovano, in disaccordo con la provenienza carpigiana, non mancavano già nel XV secolo, come per esempio il capitolo in terza rima del veronese Colombino Agazzi, curatore dell’editio princeps mantovana della Divina Commedia, implicitamente dedicata a Nuvoloni e stampata tra l’11 aprile e il 18 luglio 1472 (Montecchi, 2004, p. 70). Nelle sue «non proprio irreprensibili» terzine (Dilemmi, 2000, p. 20) Agazzi rende omaggio a Nuvoloni parlandone come di un poeta avviato a raccogliere in patria le «foglie» e la «fronda» di Virgilio (v. 6) e definendolo maestro «non sol del verso / latino e greco e l’una e l’altra lingua, / ma del volgar polito, ornato, terso» (vv. 70-72), il che attesta, oltre all’origine mantovana, la conoscenza delle lingue classiche.
Nato in una famiglia agiata e influente, Nuvoloni ebbe la possibilità di seguire un curriculumstudiorum di ottimo livello. Fu educato allo studio delle lettere e alla vita cortigiana dalla madre che, dopo la scomparsa del marito, ottenne il permesso di tornare con il figlio da Ferrara a Mantova, nella residenza di Poletto Mantovano, ceduta a Carlo Nuvoloni da Gianfrancesco Gonzaga nel 1441. Qui Nuvoloni condusse una jeunesse dorée non priva di intemperanze, dovute a un carattere piuttosto irascibile «che emerge a una prima lettura dal materiale epistolare conservato all’Archivio di Stato di Mantova» (Cracolici, 2009, p. 83).
Nel 1468, dopo essersi formato alla scuola mantovana di Vittorino da Feltre e dopo avere, con ogni probabilità, proseguito i suoi studi presso l’Università di Pavia, Nuvoloni si trasferì a Ferrara, dando così inizio alla seconda fase della sua vita (1468-71), caratterizzata dall’incarico di familiare e aulico ducale di Borso d’Este. A Ferrara seguì le lezioni di Battista Guarini e di Ludovico Carbone, come emerge da una lettera del 1468 inviata al suo primo signore, Ludovico Gonzaga, a cui chiese in prestito «lo Erodoto e il Suida e l’Homero» (ibid., p. 107). Tuttavia, della produzione greco-latina non sono rimasti che tre ampi passi in greco nel codice Gaslini A.III.38 della Biblioteca universitaria di Genova (c. 24). Nell’aprile 1471 Nuvoloni era nel seguito di Borso, recatosi a Roma per ricevere da Paolo II il titolo ducale su Ferrara.
A differenza di quanto sostenuto da Zonta (1905, p. 34), secondo cui il periodo ferrarese fu quello più prolifico, oggi è possibile affermare che l’unica prova sicura dell’attività letteraria di Nuvoloni a Ferrara resta la dedica del Libro di rime ad Alberto d’Este, fratellastro di Borso (Cracolici, 2009, p. 55).
È probabile che i 110 sonetti e le 12 canzoni di cui consta il canzoniere (Londra, British Library, Add. 22335), siano stati composti a cavallo tra il primo soggiorno mantovano e il periodo ferrarese. A Ferrara Nuvoloni si sarebbe limitato a ordinare e organizzare, senza aggiungere molto a materiali già costituiti. La raccolta si configurerebbe così come il risultato di un disegno letterario del tutto coerente con la vicenda esistenziale di Nuvoloni, che avrebbe scelto come dedicatario Alberto d’Este per arrivare a Borso.
Nemmeno il Dyalogo d’amore, raro opuscolo giuntoci in due redazioni recentemente edite da Stefano Cracolici, fu composto interamente a Ferrara.
L’opera consiste in un ‘ritratto in dialogo’ che ha al centro la bellezza della virtuosa Archigynia e si inserisce nella trattatistica d’amore quattrocentesca successiva alla Deifira di Leon Battista Alberti. La prima redazione, conservata nel ms. 243 della Biblioteca universitaria di Padova, detta «di Philarco» dal nome del protagonista, è autografa e contiene una versione dell’opera pensata per uso personale. Dotata di una lettera di dedica, pur trovandosi in un codice non di dedica, è stata definita «laica e femminile», in quanto rivolta «ad clarissimam dominam suam»; «monolinguistica», poiché redatta interamente in volgare; e «schiettamente prosastica» (Cracolici, 2009, p. 81). Di più semplice fattura e sicuramente di dedica, invece – benché priva dell’epistola dedicatoria – è la seconda redazione, attestata dal codice Gaslini A.III.38, noto anche come codice Angelini, perché appartenuto all’omonima famiglia bolognese prima di passare alla collezione genovese di Gerolamo Gaslini. Qui si registrano interventi consistenti sia a livello paratestuale sia testuale, a cominciare dal nome del protagonista, che muta in Archophilo e per questo la redazione genovese è conosciuta anche come «redazione di Archophilo». È stata inoltre definita «ecclesiastica e maschile», in quanto indirizzata a un non protonotario apostolico, «plurilinguistica», per le già citate parti in greco; e «prosimetrica», per l’aggiunta di una corona di 32 sonetti (cc. 26r-33v). Secondo Perosa (2000, pp. 83 s.) entrambe le redazioni sarebbero da ricondurre ai periodi mantovani: la prima sarebbe stata dedicata a Barbara Gonzaga, moglie del marchese Ludovico, e la seconda a loro figlio Francesco.
In realtà, non è da escludere che la prima redazione risalga al periodo ferrarese, ma è quanto meno da discutere che il dedicatario sia anche in questo caso Alberto d’Este (Zonta, 1905, pp. 31-33, 67-70). Sicuramente estranea all’ambiente estense è la seconda redazione del Dyalogo.
Successiva al triennio ferrarese, essa fu composta nel corso del secondo periodo mantovano, iniziato nel 1471 con la cacciata di Nuvoloni da Ferrara a causa del sostegno prestato a Niccolò di Leonello nella fratricida guerra di successione a Borso, che vide prevalere Ercole I.
Il Dyalogo si lega a un’altra opera nuvoloniana, l’unica databile con certezza: l’Oratio ad Christiernum Daciae, Norvegiae, Sueciae Gothorum Slavorumque regem (Mantova, P.A. Micheli, [1474]). Tradita dal rarissimo incunabolo e dal codice Ashb. 690 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (cc. 19v-30v), l’Oratio riporta il discorso pronunciato da Nuvoloni a Mantova il 12 maggio 1474 in occasione della visita di Cristiano I di Danimarca, accolto come difensore della cristianità in tutt’Italia e diretto a Roma, dove avrebbe ricevuto da papa Sisto IV la rosa d’oro.
Il legame tra Dyalogo e Oratio è dato dal fatto che nel codice Angelini Nuvoloni si firma eques, termine da collegare al desiderio dell’autore, manifestato nell’Oratio, di chiedere a Cristiano I di conferirgli il titolo di cavaliere, trasformandolo, con il beneplacito dei Gonzaga, da aulicus in miles. L’eques del Dyalogo non può che essere messo in relazione con il miles dell’Oratio(Cracolici, 2009, p. 97): ciò fa sì che il maggio 1474 rappresenti un terminus post quem per la cosiddetta «redazione di Archophilo».
Creato eques da Cristiano I, che lo nominò membro dell’ordine dell’Elefante insieme con Ludovico Gonzaga, e divenuto dunque homo aulicus et militaris, Nuvoloni realizzò l’ambizione di aggiungere alla gloria letteraria quella proveniente dalle armi. Da miles partecipò alla guerra di Venezia contro i turchi. Nell’autunno 1477, dopo aver venduto la residenza di Poletto a Barbara Gonzaga, partì alla volta dell’Isonzo, dove assunse il grado di conestabile delle truppe veneziane stanziate in Friuli. Catturato durante una razzia degli akinci (la cavalleria leggera dell’esercito ottomano, impiegata nelle scorrerie) nei pressi di Gorizia, fu condotto a Istanbul. Liberato grazie all’interessamento di un suo influente cugino, Carlo di Andrea Maffei, nella primavera del 1478 rientrò a Venezia, dove si ammalò di peste.
Morì a Venezia il 16 giugno 1478, lasciando la moglie, Zardina di Ponzino de’ Ponzoni, un figlio legittimo, Carlo, e una figlia naturale, Speranza.
L’edizione critica del Dyalogo è in Cracolici, 2009, pp. 191-397.
Fonti e Bibl.: Diarium Ferrariense, in L.A. Muratori, Rerum Italicarum scriptores, Milano 1738, col. 238b; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, III, Modena 1783, pp. 357 s.; Id., Storia della letteratura italiana, VI, 3, Modena 1795, p. 168; G. Bertoni, La Biblioteca Estense e la coltura ferrarese ai tempi del duca Ercole I (1471-1505), Torino 1903, pp. 117 s., 124, 154; G. Zonta, F. N. e un suo Dialogo d’amore, Modena 1905; D.E. Rhodes, F. N. of Mantua (1436-1478). A supplement to the work of Giuseppe Zonta, in Rinascimento, V (1954), pp. 294-298; A. Perosa, F. N., ibid., VIII (1957), pp. 298-300; E. Faccioli, Mantova, Le lettere, II, Verona 1962, pp. 85-112; R. Signorini, Contributo alla biografia di F. N., in Civiltà mantovana, XXXV (1972), pp. 318-323; Id., Due sonetti di F. N. ad Andrea Mantegna, in Studi in onore di Raffaele Spongano, Bologna 1980, pp. 165-172; D.E. Rhodes, F. N. of Mantua (1436-1478). A supplement to the work of Giuseppe Zonta, in Id., Studies in Early Italian Printing, London 1982, pp. 144-148; G. Dilemmi, Dintorni boiardeschi: per F. N., in Rivista di letteratura italiana, XIII (1995), pp. 493-536; I. Lazzarini, Fra un principe e altri stati: relazioni di potere e forme di servizio a Mantova nell’età di Ludovico Gonzaga, Roma 1996, pp. 403-409; F. Pignatti, Feliciano, Felice (Antiquarius), in Dizionario biografico degli Italiani, XLVI, Roma 1996, p. 86; G. Dilemmi, Dintorni boiardeschi: per F. N., in Id., Dalle corti al Bembo, Bologna 2000, pp. 19-70; G. Montecchi, Il Dante di Mantova: ambiente, tipografo, committenza, descrizione, comparazione, in Prima edizione a stampa della «Divina Commedia». Studi, III (2004), pp. 61-79; S. Cracolici, Il ritratto di Archigynia. F. N. (1441-1478) e il suo «Dyalogo d’amore», Firenze 2009.