MASCI, Filippo
Filosofo, nato a Francavilla al Mare il 29 settembre 1844, morto il 7 dicembre 1922 a Napoli. Dal 1885 al 1919 fu professore di filosofia nell'università di Napoli, dopo avere insegnato un anno in quella di Padova.
Scolaro di Bertrando Spaventa, cominciò con lo studiare Hegel (il suo primo saggio scientifico è un articolo sulla Dialettica del limite nella logica di Hegel, in Rivista bolognese, 1867), ma presto orientò il suo interesse soprattutto su Kant, e divenne uno dei principali rappresentanti del neokantismo italiano, proseguendo così la tradizione iniziata da Francesco Fiorentino, a cui egli era successo nella cattedra. Tra i moltissimi suoi scritti sono principalmente da ricordare: Le forme dell'intuizione (Chieti 1881); Le idee morali in Grecia prima d'Aristotele (Lanciano 1882); Pessimismo (Padova 1884); Coscienza, volontà, libertà (Lanciano 1884); Sulla natura logica delle conoscenze matematiche (in Filosofia delle scuole italiane, XXXII, 1885); Le teorie sulla formazione naturale dell'istinto (Napoli 1893); L'idealismo indeterminista (Napoli 1898); Il materialismo psicofisico e la dottrina del parallelismo in psicologia (Napoli 1901: è la sua opera più notevole); Filosofia, scienza, storia della filosofia (Napoli 1902); E. Kant (Napoli 1904); La filosofia della religione e le sue forme più recenti (in Rendiconti dei Lincei, 1910); Psicologia e sociologia religiosa (in Atti dell'Acc. di scienze morali e politiche, Napoli 1910). Un'esposizione complessiva delle sue concezioni si trova infine nel suo manuale scolastico Elementi di filosofia per le scuole secondarie (voll. 3, Napoli 1902-10). In nome del kantismo, il M. combatte contro positivisti ed empiristi difendendo il principio dell'apriorità delle forme conoscitive: ma considerando la sintesi kantiana come una funzione, che si rivela necessaria dato l'universale impero del principio della funzione in seno alla natura (dove tutto è in rapporto con altro e quindi in funzione d'altro), egli finisce col giustificarla in modo soltanto naturalistico ed empiristico. E il dualismo kantiano di realtà oggettiva noumenica e di soggetto pensante tende in lui sempre più a trasformarsi nel senso del parallelismo psicofisico, pur non volendo mai cedere al pieno empirismo di tale concezione e concludendo nell'agnosticismo misticizzante.
Bibl.: G. Gentile, Le origini della filosofia contemporanea in Italia, III, i, Messina 1921, pp. 81-109.