PONTICELLI, Filippo Maria
PONTICELLI, Filippo Maria. – Nacque a Parma negli anni Quaranta del Settecento, dal nobile modenese (conte di Farneta e Guissola) e protomedico Silvestro Antonio, titolare dal 1749 al 1768 della cattedra di botanica nel locale Ateneo e protomedico del duca di Parma, l’infante Filippo di Borbone.
Grazie al prestigio paterno fu presto insignito dell’incarico di maggiordomo di settimana del duca Filippo di Borbone Parma. Nel 1760 conseguì il dottorato in diritto civile e canonico presso l’Università di Parma. L’anno precedente il duca aveva nominato ministro dell’economia pubblica e degli affari esteri il politico francese Guillaume Du Tillot, inviato da Parigi nel 1749 da Luigi XV come consigliere e osservatore del genero. Du Tillot si impegnò in un progetto molto ambizioso, che avrebbe dovuto fare di Parma la nuova Atene della cultura italiana e un modello di perfetta organizzazione amministrativa e politica. Il ministro francese inviò Ponticelli a Firenze, almeno a partire dal 1764, per completare la sua formazione giuridica. Durante gli anni fiorentini egli restò comunque legato all’ambiente culturale parmense grazie ad alcune amicizie che gli permisero di svolgere una modesta collaborazione con la Gazette littéraire de l’Europe.
Ancora prima dell’autorevole ingresso nell’ambiente toscano su mandato di Du Tillot, Ponticelli era già stato in contatto con Giovanni Lami. Il 20 novembre 1761, gli scrisse da Parma per chiedergli di segnalare il libro del padre Del vaiuolo e metodo di andare al riparo (Parma 1761) nelle Novelle letterarie, come in seguito avvenne (t. XXII, 1761, pp. 782-784). Il 4 agosto 1764, da Colorno, dove si trovavano il palazzo e la grande biblioteca di Du Tillot, non lontano dalla residenza prediletta dai duchi, Ponticelli informò Lami di avere chiesto a Domenico Maria Manni di trasmettergli una copia di «una lettera mia scritta contro Giuseppe Baretti, o sia Aristarco nella testa della quale ho celato il mio nome sotto lettere iniziali».
Nella Lettera del C.F.M.G.G.P.A.A.A.E, filologo etrusco ad Aristarco Scannabue (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 3748-8: Lettere originali a Giovanni Lami, 4 agosto 1764), datata Certaldo – 10 aprile 1764, Ponticelli – che si presenta come un giovane «il quale conta ancor pochi peli in sul mento» – critica aspramente i contenuti de La frusta letteraria, a suo avviso «miscela di poche buone cose, e di molte cattive» (p. 5). Baretti rispose per le rime, confutando frase per frase le osservazioni del critico nel volume XVIII della Frusta.
Nella primavera del 1765 Ponticelli era di nuovo in Toscana per una «letteraria commissione del reale Infante mio padrone» (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 3748, Lettere Ponticelli - Lami, c. 104). Viveva allora, come ricordato da Giuseppe Bencivenni Pelli, «per lo più in campagna, facendo vita ritirata e studiosa» (Efemeridi, serie I, vol. XX, c. 84, 17 gennaio 1768). Era comunque in contatto con il mondo intellettuale e culturale fiorentino, soprattutto con quello anticuriale, in particolare con Ottaviano Bonaccorsi, Ubaldo Montelatici e Giovan Francesco Pagnini. Nel 1765 pubblicò un suo Breve elogio di S.A.R. l’Infante don Filippo di Borbone duca di Parma, Piacenza e Guastalla (in Novelle letterarie, XXVI, 30 agosto 1765, pp. 545-552). Oltre a tratteggiare la figura del principe, vi elogiava la politica di Du Tillot e la sua fermezza nel tenere separati i diritti dello Stato da quelli della Chiesa. Nel 1766 pubblicò a Lucca il saggio Alcune eresie dell’intelletto umano, con dedica a Lami, lavoro nato «nell’ozio filosofico d’una breve villeggiatura» (p. III) e dedicato al sapere umano e alla morale, con frequenti richiami a Jacques Ballexserd, all’Encyclopédie e a Rousseau. Nel 1767 videro la luce, sempre a Lucca, i Pensieri filosofici e una dissertazione sulla pulizia urbana. Scritta sui colli fiesolani, l’operetta si apre con un elogio del filosofo «campestre» per chiudersi con una fiera invettiva contro il sudiciume delle città e i pericoli che ne derivavano. In questo lavoro Ponticelli tratta anche della felicità, dell’instabilità dell’uomo e della fortuna, dell’amore, dell’odio e del duello, associando simpatie rousseauiane a un’entusiastica valutazione dei disegni riformatori dell’arciduca di Toscana Pietro Leopoldo (cfr. anche Novelle letterarie, t. XXVIII, 22 maggio 1767, pp. 322-324).
Nel 1768, in seguito alla cacciata dei gesuiti da Parma, Ponticelli fu incaricato da Du Tillot di trattare con i padri scolopi di Firenze l’eventuale trasferimento di alcuni di loro presso l’Università di Parma, dove, fino ad allora, avevano insegnato i padri della Compagnia. Grazie al suo intervento, ben sei religiosi fiorentini accettarono la proposta (Bencivenni Pelli, Efemeridi, serie I, vol. XX, gennaio 1768, c. 84).
Alla morte di Lami, Ponticelli acquistò tutti i suoi manoscritti e nel 1773, avvalendosi della ricca produzione inedita lasciata dall’erudito fiorentino, tentò di continuare le Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta, di cui erano già usciti i primi tre volumi (Firenze 1758). «E nel mese di luglio del 1773», riporta l’abate Francesco Fontani a questo proposito, «dati in luce i primi tre tomi, si obbligò con pubblico manifesto a dare per associazione gli altri tre nell’anno postere» (Fontani, 1789, p. 221).
Nel frattempo Ponticelli si era trovato al centro di una vicenda sconcertante. Nel marzo del 1772, infatti, aveva acquistato incautamente dall’amico Gaspero Pitti Gaddi per 18.194 scudi la fattoria e villa di Camerata dove da diversi anni trascorreva con la moglie lunghi periodi. Nello stesso tempo, deciso ormai a restare in Toscana, aveva comperato anche una casa a Firenze in via Ghibellina (Bencivenni Pelli, Efemeridi, s. II, vol. I, 10 maggio [1772], c. 59v). Ma il suo patrimonio si rivelò insufficiente a sostenere questo accumulo di spese. Travolto dai debiti, Ponticelli fuggì dalla Toscana (Raccolta delle decisioni della Rota Fiorentina…, 1863, p. 137), mentre la tenuta di Camerata veniva messa all’incanto e fu acquistata da Niccolò Gondi per 17.520 scudi nel luglio1775. Il dissesto finanziario ebbe conseguenze anche sul destino dei manoscritti di Lami: «Essendo mesi addietro partito oppresso dai debiti il marchese Ponticelli, nell’essersi venduta alla tromba la sua roba in questi giorni, il canonico Angelo Maria Bandini ha acquistati per 100 scudi i manoscritti del dott. Lami che come già si disse aveva comprati detto Ponticelli» (Bencivenni Pelli, Efemeridi, serie II, vol. IV, 15 luglio 1775).
Frattanto, nel 1773 Ponticelli aveva pubblicato a Lucca le Lezioni di lingua toscana di Domenico Maria Manni. Si era anche dedicato alla stesura della Lettera sulla Garfagnana di Filippo Maria Ponticelli indirizzata a Giovanni Targioni Tozzetti (Fiesole, 18 agosto 1773; Firenze, Biblioteca Moreniana, Bigazzi, 98.D). Documento bello e interessante, che sottolinea l’amicizia tra i due letterati. Nel 1789 Ponticelli, tornato definitivamente a Parma, tradusse dallo spagnolo l’Orazione funebre in morte di Carlo III, stampata da Giambattista Bodoni nello stesso anno. L’originale era stato inviato al tipografo dal cavaliere José Nicolàs D’Azara, politico e diplomatico, principale consigliere e mecenate di Bodoni.
Morì a Parma nel 1790.
Lettere e opere manoscritte di Ponticelli sono conservate in Archivio di Stato di Parma, Carteggio Du Tillot, C.25; Parma, Biblioteca Palatina, Carteggi bodoniani, cass. 51, 1-5 (lettere di Ponticelli a Bodoni, Parma, 7 settembre 1789, 2 novembre 1789, Parma 1° agosto 1789, in latino, 19 ottobre 1789, 28 luglio 1790); Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., B.II.27.XXIX/46, cc. 395r-397r (lettere di Ponticelli a Bandini); Biblioteca Riccardiana, Mss., 3748-8 (lettere originali di Ponticelli a Lami, novembre 1761-5 dicembre 1766); 3327 (già 3320), cc. 1r-406r: Scritti vari e minute di Ponticelli, contenenti opere inedite nonché appunti e capitoli relativi ai lavori pubblicati (si segnala un breve componimento intitolato Sogno del dott. Giovanni Lami).
Fonti e Bibl.: G. Bencivenni Pelli, Efemeridi, http://pelli.bncf.firenze.sbn.it/it/progetto.html; Dum utriusque juris laurea donaretur in Alma Parmensi Universitate illustrissimus et excellentissimus D.D. comes Philippus Maria Ponticelli nobilis Mutinensis, ac Regiensis oratio habita ab illmo et excellmo D.J.C. Andrea Calvi publico juris interprete etc. 12. kal. Mart. ann. 1760; F. Fontani, Elogio del dott. Giovanni Lami recitato nella reale Accademia Fiorentina nell’adunanza del dì 27 di settembre 1787, Firenze 1789, p. 221; Vita del cavaliere Giambattista Bodoni tipografo italiano e catalogo cronologico delle sue edizioni, II, Parma 1816, p. 55; Raccolta delle decisioni della Ruota Fiorentina dal 1700 al 1808, X, Firenze 1863, pp. 137-147.
B. Gamba, Serie dei testi di lingua e di altre opere importanti nella italiana letteratura scritte dal secolo XIV al XIX, Venezia 1839, p. 632; G. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani, II, Milano 1852, p. 78; R. Di Soragna, Bibliografia storica e statutaria delle Provincie Parmensi, Parma 1885, p. 44 n. 252; L. Piccioni, Studi e ricerche intorno a Giuseppe Baretti con lettere e documenti inediti, Livorno 1899, pp. 310-312; Opere di Cosimo Amidei, a cura di A. Rotondò, Torino 1980, pp. 12, 41, 43 s., 226; H. Bédarida, Parma e la Francia (1748-1789), Milano 1985, p. 36.