LUZI, Filippo (Luzzi, Luti)
Nacque a Montecompatri, presso Roma, il 5 luglio 1665 da Carlo e da Maria Giulia Leonori e fu battezzato con il nome di "Petrus Paulus Philippus Lutij" il 10 luglio nella chiesa parrocchiale.
Si trasferì giovanissimo a Roma dove abbracciò la vita ecclesiastica e, dopo essersi inizialmente dedicato allo studio della letteratura, spinto dall'amore per la pittura, entrò nella bottega del cortonesco Lazzaro Baldi, di cui divenne allievo prediletto e fedele amico (Pio). Il legame tra i due si consolidò nel corso di una convivenza durata più di vent'anni nell'abitazione di Baldi. Dallo stesso Pio e dai documenti archivistici si deducono l'apprezzamento e la fiducia che il maestro nutriva per l'allievo: nel testamento lo nominò primo esecutore testamentario e primo cappellano della cappella di S. Lazzaro nella chiesa dei Ss. Luca e Martina. Il L. partecipò a due concorsi indetti dall'Accademia di S. Luca: nel 1683 vinse il primo premio nella seconda classe con il disegno raffigurante I soldati romani uccidono Archimede scrivente; nel 1692 vinse ex aequo il terzo premio nella prima classe con il disegno Mosè costruisce il tempio, ambedue conservati nell'Archivio dell'istituzione. Il 20 marzo 1695 fu proposto come accademico di merito da Carlo Fontana, a quel tempo principe dell'Accademia (Crielesi). Nel medesimo giorno si votò per la sua nomina e i membri della Congregazione, tra cui Baldi, si espressero favorevolmente. Il L. prese possesso ufficialmente del titolo il 25 sett. 1695, donando una tela a olio con i Ss. Luca e Paolo, oggi nella Galleria dell'Accademia. Partecipò attivamente alla vita della Congregazione: il 17 febbr. 1715 fu eletto provveditore della chiesa, sindaco e visitatore degli infermi e carcerati (Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca); secondo Missirini fu professore accademico. Con molta probabilità i ritratti del L. e di Baldi, oggi presso l'Accademia, furono dipinti dal L. stesso; il secondo venne da lui consegnato personalmente il 29 luglio 1703. Nel 1699 divenne membro della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon, alle cui riunioni partecipò dal 1707 al 1715 e nuovamente nel 1717, ne fu poi reggente dal 1713 al 1714 e sottosegretario nel 1719. Nel maggio 1703 prese in affitto un appartamento non lontano dalla casa del maestro, dove, a partire all'incirca da luglio, alloggiò il pittore Dioniso Mioni, di cui il L., morto Baldi, divenne il nuovo maestro (Pampalone).
La carriera artistica del L. è legata a due famiglie nobili prestigiose: i Pallavicini-Rospigliosi e i Borghese. Il legame con i primi probabilmente si instaurò tramite Baldi, attivo per quella famiglia. Il L. su loro commissione disegnò alcuni bacili d'argento, i cosiddetti Piatti di s. Giovanni, che la famiglia, per disposizione testamentaria del cardinale Lazzaro Pallavicini, donava ogni anno il giorno della festa di S. Giovanni Battista al granduca di Toscana. I quaderni di cassa conservati (Tumidei, p. 150) permettono di accertare la paternità dei progetti solo dal 1716 al 1720; ma è verosimile pensare che il L. abbia assunto quest'impegno dalla scomparsa di Baldi (1703), che se ne era occupato prima di lui, fino alla morte.
Alcuni disegni preparatori sono conservati nella raccolta Franchi a Bologna (Leone X benedice Francesco I a Bologna, progetto per il piatto del 1711), nel Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi (Leone X a cavallo del 1713), nel Museum of art di Filadelfia (Cosimo III in trono tra la Prudenza e l'Abbondanza del 1717).
Per la stessa famiglia tra il 1710 e il 1711 con Benedetto Luti curò l'inventario e la stima dei quadri appartenuti alla duchessa Maria Camilla. Anche i Borghese si avvalsero dell'opera del pittore: il principe Marcantonio, come si evince dal testamento del L. (Arch. comunale di Montecompatri, cc. 134-137, 146-149) rogato il 5 luglio 1722 dal notaio monticiano Giuseppe Antonio Pitolli, gli ordinò la decorazione della prima cappella a destra del duomo di Montecompatri, feudo della famiglia, intitolata a S. Antonio da Padova e distrutta nel 1935 per la creazione di due sale parrocchiali. Per il suo paese d'origine dipinse probabilmente (Crielesi) anche la tela con la Vergine che cinge con un collare d'oro s. Teresa d'Avila destinata alla chiesa di S. Silvestro, oggi nel convento. Forse su commissione del principe Giovanni Battista dipinse tre tele per la collegiata di S. Croce ad Artena, già Montefortino, altro feudo dei Borghese, finita di ricostruire nel 1661. Delle tre opere si conservano solo, pesantemente restaurate, la Maddalena penitente e il S. Giovanni Battista nel deserto (Calenne).
A Roma gli vengono attribuite diverse pale d'altare in chiese situate perlopiù nel rione Monti, nel quale l'artista viveva. Nella chiesa di S. Francesco di Paola dipinse a olio tre delle sette lunette della sacrestia con scene della vita del santo fondatore: S. Francesco di Paola davanti al re Ferrante di Napoli spezza una moneta facendone scaturire sangue, S. Francesco di Paola attraversa lo Stretto di Messina e S. Francesco di Paola mostra il fuoco all'emissario pontificio; le altre sono opera di A. Masucci. Nella cappella di S. Anna della stessa chiesa è opera sua la Sacra Famiglia con s. Gioacchino e s. Anna; per la chiesa di S. Prassede dipinse Il miracolo di s. Bernardino degli Uberti probabilmente nel 1716-17, periodo nel quale venne creata la cappella oggi detta del Rosario, ma in origine intitolata a S. Bernardino; ornò la sacrestia della chiesa di S. Maria ai Monti con scene della Passione di Cristo, di cui si conserva, nella collezione Mancioli di Roma (Casale, 1983, p. 274 n. 28), quello che è ritenuto il disegno preparatorio della scena raffigurante Cristo nell'orto; secondo Pio dipinse inoltre una pala con i Ss. Antonio e Francesco nella chiesa di S. Lucia della Tinta e il Martirio di s. Martina nella chiesa dei Ss. Luca e Martina.
In un manoscritto settecentesco (Id., 1982) è riportato che nel 1706 eseguì l'Immacolata Concezione e S. Giuseppe col Bambino per la chiesa di S. Maria Nova e l'Ultima Cena per il refettorio nel convento agostiniano di San Gregorio da Sassola presso Tivoli; nello stesso complesso oggi gli si attribuiscono anche la Sacra Famiglia (Crielesi) e la Vergine in gloria con s. Nicola da Tolentino (Roma, Soprintendenza speciale per il polo museale romano, scheda 12/00257402). Forse ottenne la commissione di queste opere grazie al fratello Giuseppe Antonio, divenuto frate agostiniano con il nome di padre Ilarione di S. Rosa, priore del convento tra il 1695 e il 1703 (Crielesi).
Il 22 maggio 1989 fu battuta all'asta da Sotheby a Firenze una tela a olio con il Miracolo di un santo benedettino a lui ascritta in virtù delle somiglianze con la pala di S. Prassede. Del L. si conservano alcuni disegni caratterizzati dall'aggiunta abbondante di biacca: il Sollevamento della Croce, l'Autoritratto e il Ritratto del Baldi presenti nel fondo Pio del Museo nazionale di Stoccolma. Il pittore si cimentò con successo anche nell'incisione, firmando le stampe con la forma latina del suo cognome "Lutius": Maria appare a s. Nicola, di sua invenzione, firmata e datata 1691, nonché S. Lazzaro dipinge immagini nonostante la proibizione dell'imperatore Teofilo firmata e datata 1692 e il Martirio di s. Orsola, entrambe traduzioni da disegni di Baldi (Crielesi).
Quest'ultimo si avvalse notevolmente dell'aiuto degli allievi per la produzione di quadri di canonizzazione, nella quale era specializzato. In base a ciò risulta difficile individuare i quadri dipinti dal L. nell'ambito degli incarichi assunti dalla bottega e distinguere la sua mano da quella del maestro, poiché il suo stile è a lui fortemente debitore. È stato proposto un suo intervento in alcune tele commissionate al maestro raffiguranti fatti della vita di s. Giovanni di Dio eseguite intorno al 1690, due conservate presso la chiesa dell'ospedale S. Juan de Dios a Granada (Pampalone) e una nella collezione della Banca di Roma (Nocco). Sulla base del codicillo del 18 luglio 1722 (Arch. comunale di Montecompatri, cc. 131 s., 153 s.) si possono aggiungere inediti al suo catalogo: il documento rivela, infatti, che l'artista lasciò tutti i suoi disegni, stampe, gessi e studi al suo allievo Mioni; un quadro con Gesù nell'orto e i tre apostoli dormienti ad Agostino Passavanti, la Beata Margherita Falconieri moribonda e una Gloria di putti a Felice Antonio Palonio, tutte opere di ubicazione ignota, e una tela con la Disputa di s. Stefano per la sacrestia dell'eremo camaldolese di Monte Porzio Catone, oggi dispersa.
Il 5 luglio 1722 nella particola del testamento, conservato presso l'Archivio dell'Accademia nazionale di S. Luca (Crielesi) dispose un lascito di 25 scudi per la cappella di S. Lazzaro nella chiesa dell'Accademia, costituito da un censo a lui dovuto da Giosuè Ciuffa.
Il L. morì a Montecompatri il 23 luglio 1722.
Fonti e Bibl.: Montecompatri, Archivio del duomo, Libro battesimi, 1665 e Libro morti, 1722; Ibid., Arch. comunale, Instrum. Ioseph An. Pitollus 1721-1727, cc. 130-155; Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, Verbali delle Congregazioni, vol. XLVI, A, c. 180; F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura( (1674-1763), a cura di B. Contardi - S. Romano, Firenze 1987, ad ind.; N. Pio, Le vite di pittori, scultori et architetti (1724), a cura di C. Enggass - R. Enggass, Città del Vaticano 1977, pp. 39, 64, 153; M. Missitini, Memorie per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca, Roma 1823, p. 468; D. Taccone-Gallucci, Monografia della chiesa di S. Francesco di Paola dei Calabresi in Roma, Roma 1916, pp. 27, 29-30; G. Ciaffei, Montecompatri. Profilo storico, Frascati 1974, pp. 157-161; A. Pampalone, Disegni di Lazzaro Baldi (catal.), Roma 1979, pp. 59, 63, 91, 157, 160, 165; V. Casale, I quadri di canonizzazione, in Paragone, XXXIII (1982), p. 58 n. 24; Id., Alcune precisazioni sui disegni di Lazzaro Baldi, in Prospettiva, 1983-84, nn. 33-36, pp. 269, 274; P. Ferraris, Una Confraternita ed una bottega artistica nella Roma intorno al 1700, in Storia dell'arte, LVIII (1986), pp. 261-263, 265; I disegni di figura nell'archivio storico dell'Accademia di S. Luca, a cura di A. Cipriani - E. Valeriani, I, Roma 1988, pp. 109, 121; S. Tumidei, in ( di bella mano. Disegni antichi dalla raccolta Franchi (catal.), Bologna 1997, pp. 150 s.; A. Crielesi, in Lazio insolito. Appunti di viaggio tra il sacro e profano, Montecompatri 1998, pp. 164-168; P. Bjurström - B. Magnusson, Italian drawings. Umbria, Rome, Naples, Stockholm 1998, s.v.; G. Bonaccorso - T. Manfredi, I Virtuosi al Pantheon 1700/1758, Roma 1998, ad ind.; A. Negro, La collezione Rospigliosi, Roma 1999, pp. 96, 108, 244; L. Calenne, La committenza artistica della famiglia Borghese attraverso gli scritti di Stefano Serangeli, in Della Terra di Montefortino feudo dell'ecc.ma casa Borghese: il "notario pubblico" Stefano Serangeli( (catal.), Artena 2000, p. 267; M.A. Nocco, in Visione ed estasi. Capolavori dell'arte europea tra '600 e '700 (catal.), a cura di G. Morello, Milano 2004, p. 255 n. 85.