LIVIGNI, Filippo
Nulla si conosce con certezza dei natali e della vita del L.: è tuttavia probabile che la nascita si debba collocare intorno alla metà del sec. XVIII.
Il L. è a tutt'oggi noto come autore dei libretti di una quindicina di drammi giocosi rappresentati, tra il carnevale 1773 e l'autunno 1786, nei teatri veneziani d'opera buffa di S. Moisè e di S. Samuele, con musiche di alcuni tra i più acclamati operisti del momento. La relativa continuità dei rapporti intrattenuti con quei due teatri e il fatto che le prime edizioni veneziane di quei drammi rechino a chiare lettere in frontespizio il nome dell'autore, fanno ritenere che il L. abbia soggiornato, almeno saltuariamente, a Venezia, per sorvegliare sia le prove di scena delle rappresentazioni - com'era di consuetudine e tra le prerogative dei librettisti del tempo - sia la stampa dei propri testi.
Alcune informazioni biografiche sul L. sembrano potersi ricavare, per via indiziaria, dagli stessi libretti. Il castigliano, discretamente articolato e, benché caricaturale, tutt'altro che maccheronico, in cui si esprime Don Gusmano ne L'innocente fortunata e l'ambientazione in località del Regno di Napoli di un buon quarto delle pièces potrebbero dar credito a quanti ritengono il L. "napolitano" (Schmidl, e sulla sua scorta altri biografi). Analogamente, il buon eloquio francese di Bettina e Giannetto ne I viaggiatori felici, e soprattutto la parodia poetica in quella lingua d'una scena da pastorale héroïque, e i riferimenti critici al tenore J. Le Gros - inossidabile stella dell'Opéra di Parigi ("attor, ché in Francia / musici non vi sono") -, seguiti da un'aria in cui è descritta puntualmente una rappresentazione tipo di quel teatro (atto II, scena 6), lasciano indovinare un'esperienza diretta del L. con quel genere di spettacolo e, per via indiretta, un suo soggiorno nella capitale francese antecedente all'autunno 1780.
Con la sua produzione il L. - che per numero di drammi, dopo il ben più prolifico G. Bertati, è il secondo più importante librettista attivo sulle scene della Serenissima durante il 1770-90 ventennio d'oro, dell'opera comica a Venezia - contribuì ad arricchire l'humus drammatico-letteraria di cui si sarebbero valsi, traendone idee, spunti e modelli scenici, linguistici e metrico-poetici, i librettisti comici a venire, da G. Casti e L. Da Ponte, su su fino agli autori dei testi musicati da G. Rossini.
Dal punto di vista tematico, narrativo, costruttivo e formale i libretti del L. rappresentano perfettamente il dramma giocoso così come, da Goldoni in poi, s'era andato e s'andava costituendo. Conformi alle regole e consuetudini del genere sono i soggetti invariabilmente amorosi, che prevedono, dopo diverse peripezie, un lieto fine coronato da doppie o triple nozze; la ripartizione dei ruoli drammatici (e vocali) tra sette personaggi, tre femminili e quattro maschili - fanno eccezione La serva per amore e I castellani burlati da una parte e La moglie capricciosa dall'altra, che ne contemplano rispettivamente otto e sei -; l'ambientazione sociale mista, che prevede in scena nobili, borghesi e popolani; la mescolanza di personaggi schiettamente comici e di "mezzo carattere" (ossia, comici ma con venature serie); la loro onomastica, spesso derivata dalla commedia dell'arte attraverso la mediazione del teatro, d'opera e di parola, goldoniano; l'occasionale presentazione di personaggi stranieri (talvolta simulati), di sovente caratterizzati linguisticamente, in chiave comica, da un italiano assai contaminato e distorto.
Tale adesione alle regole e alle consuetudini del genere si riscontra anche sul piano formale. Il L. accolse per i suoi drammi l'articolazione in tre atti fino a Il marchese carbonaro (1776), quindi, da La molinara (1778) in poi, quella in due - anticipata a Venezia da Bertati già nel 1776 -, alimentando in prima persona la tendenza a polarizzare il momento di maggior interesse drammatico e musicale verso la conclusione del primo atto; l'obbligata alternanza di sezioni versificate in endecasillabi e settenari sciolti e di sequenze di strofe, spesso contrastanti metricamente, destinate rispettivamente ai recitativi e alle arie o ai pezzi d'assieme; l'avvio della pièce con uno di questi (dal duetto al sestetto), così da calare immediatamente, già ad apertura di sipario, lo spettatore nel vivo della storia grazie alla presentazione tipologica e vocale di alcuni personaggi; la conclusione dei primi due atti con un complesso finale d'azione, che, scandito dalla progressiva accumulazione di tutti o quasi i personaggi e dall'avvicendamento di momenti statici e cinetici (sottolineati nella poesia dal succedersi di sequenze di strofe in attrito per metro e ritmo), sfocia in un ampio pezzo concertato.
Frequente è l'utilizzo che il L. fa d'espedienti comici, immagini poetiche e topoi scenico-musicali propri della tradizione comico-giocosa, rafforzandoli a sua volta: lettere gettate di nascosto dal balcone; timori e scompigli che danno tremori da febbre terzana; tormentoni di semibabbei, come Don Nardozio (Il marchese carbonaro), che vuol baciare tutti, o Massimo (Il convito), che di continuo ripete "io non son brutto"; donne che posseggono "una certa ricetta essenzïale / per far guarire ogn'uom quando che ha male" (Il marchese carbonaro, I, 7); finali d'atto in cui i personaggi onomatopeizzano tamburi, campanelli e martelli, che percuotono cuori, teste e cervelli; arie catalogo (numerosissime, nelle forme più varie "del giramondo", "della battaglia", ecc.); arie della misoginia; arie o assiemi che rifanno parodicamente il verso al paludato dramma per musica metastasiano, talvolta con citazioni letterali d'arie al tempo arcinote, come nell'inizio del finale primo de La molinara (I, 16), ove ognuno dei quattro personaggi in quel momento in scena attacca con l'incipit d'un'aria dell'Artaserse, della Semiramide, o dell'Alessandro nell'Indie.
Pare invece una novità per le scene veneziane l'ambientazione notturna di finale d'atto, cui il L. fa non di rado ricorso nella prima metà della sua produzione. Le macchinazioni, gli scambi di persona (volontari e involontari) facilitati, causati o coperti dal buio, sono svelati dall'improvviso chiarore d'una lanterna; l'efficace colpo di teatro che ne deriva produce un'esplosione di stupore che trova perfetta espressione nel concertato conclusivo (L'innocente fortunata, La serva per amore, La frascatana, Giannina e Bernardone, Il convito).
Dopo il debutto veneziano, più di metà dei drammi del L. godette di grande fortuna, con decine e decine di riprese nel resto d'Italia e nelle piazze operistiche più importanti d'Europa, in tutte le forme: con i titoli e le musiche d'origine, o con titoli modificati o del tutto nuovi, con nuove intonazioni o tradotti o adattati a tradizioni e generi operistici locali, come l'opéra comique, il Singspiel o la zarzuela. Alcuni d'essi contribuirono alla fortuna dei musicisti che li intonarono. La frascatana - che con le musiche di G. Paisiello ebbe oltre venti riprese nei primi due anni di vita sulle scene (1774-76), oltre settanta entro la fine del secolo e rimase in repertorio almeno fino al 1808 - fu l'opera che per prima diede al compositore fama universale, schiudendogli, con le porte dei teatri di tutta Europa, la via di San Pietroburgo.
Metastasio, che nel 1776 a Vienna l'aveva vista rappresentare, ne scrisse in questi termini a S. Mattei: "Passò, alcune settimane sono, per questa città […] il bravo Paisiello, ma si trattenne momenti. Era appunto in iscena una sua bellissima opera, intitolata La frascatana; egli assisté ad una rappresentazione, e ne ricevé nel fine da tutta l'udienza lunghi e strepitosi applausi".
Sorte simile arrise a Giannina e Bernardone, ripreso, con le musiche di D. Cimarosa al suo primo grande successo, almeno quarantacinque volte entro il 1808. E fortune di poco inferiori toccarono a I viaggiatori felici e a La moglie capricciosa, intonati rispettivamente da P. Anfossi e G. Gazzaniga. Che gli operisti del tempo avessero in stima i drammi giocosi del L. pare indirettamente attestato dalla "recidività" di compositori come Paisiello, Anfossi, Cimarosa, F. Alessandri, L. Cherubini, V. Fabrizi, che dopo una prima, evidentemente felice, esperienza, scelsero (o accettarono o si lasciarono imporre) d'intonare una seconda volta un suo libretto.
Drammi giocosi, tutti rappresentati per la prima volta a Venezia: L'innocente fortunata (Paisiello; S. Moisè, carnevale 1773); La serva per amore (B. Galuppi; S. Samuele, autunno 1773); La frascatana (Paisiello; ibid., autunno 1774), Il marchese carbonaro (F. Salari; S. Moisè, carnevale 1776); La molinara (D. Fischietti; S. Samuele, carnevale 1778); I viaggiatori felici (Anfossi; ibid., autunno 1780); Giannina e Bernardone (Cimarosa; ibid., autunno 1781); Il convito (Id.; ibid., carnevale 1782); La finta principessa (Alessandri; S. Moisè, autunno 1782); I puntigli gelosi (Id.; S. Samuele, carnevale 1783); Lo sposo di tre e marito di nessuna (Cherubini; ibid., autunno 1783); I castellani burlati (G. Valentini; S. Moisè, carnevale 1785); La moglie capricciosa (Gazzaniga; ibid., autunno 1785); Le rivali in puntiglio (L. Caruso; ibid., carnevale 1786); Le gelosie fortunate (Anfossi; S. Samuele, autunno 1786).
Fonti e Bibl.: P. Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, V, Milano 1954, pp. 411 s. (lettera del 23 sett. 1776, da Vienna, a S. Mattei, a Napoli); D. Goldin, Aspetti della librettistica italiana fra 1770 e 1830 (1982), in Id., La vera fenice…, Torino 1985, pp. 19, 23; A.L. Bellina - B. Brizi, Il melodramma, in Storia della cultura veneta, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, 5, Il Settecento, I, Vicenza 1985, p. 368; F. Piperno, Il sistema produttivo, fino al 1780, in Storia dell'opera italiana, a cura di L. Bianconi - G. Pestelli, IV, Torino 1987, pp. 66 s.; T. Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento. Catalogo delle opere in musica rappresentate nel secolo XVIII in Venezia (1701-1800), Venezia 1897, pp. 296, 298, 305, 318, 338, 351 s., 360, 364, 368 s., 372, 374, 390 s., 396 s., 454 s.; Library of Congress, Catalogue of opera librettos printed before 1800, a cura di O.G.Th. Sonneck, Washington 1914, II, pp. 1309 s.; A. Loewenberg, Annals of opera 1597-1940, London 1978, coll. 339-341, 382, 390-392, 406, 416, 418 s., 438, 480 s., 531; F. Stieger, Opernlexikon. Librettisten, II, Tutzing 1980, p. 548; Diz. dell'opera, a cura di P. Gelli, Milano 1996, pp. 502 s., 538; Pipers Enzyklopädie des Musiktheaters, I, pp. 733 s.; C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, I, p. 853; Suppl., p. 479; The New Grove Dictionary of opera, II, p. 1295; nonché, per alcune opere su libretti del L., ibid., I, p. 937; II, pp. 289, 404; IV, pp. 980 s.; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, I, p. 280.