JUVARA (Juvarra, Juarra, Ivara), Filippo
Architetto e incisore, nato il 27 marzo 1678 a Messina, morto il 31 gennaio 1736 a Madrid. Provenendo da una famiglia di cesellatori e argentieri, ne seguì la professione mentre si preparava anche alla carriera ecclesiastica. Nel 1701 rappresentò in otto stampe gli apparati delle feste di Messina per l'incoronazione di Filippo II. Andato a Roma, studiò architettura con Carlo Fontana e con suo nipote Francesco; e nel 1706 vinse il premio offerto da Clemente XI per una gara dell'Accademia, di cui nel 1706 fu eletto membro. Introdotto dai cardinali Ruffo e Ottoboni alla corte papale, si occupò principalmente di architettura teatrale (palazzo della Cancelleria e palazzo Capranica) e scenografia (cfr. disegni autografi nella Biblioteca Nazionale di Torino).
Nel 1714 lo troviamo a Lucca impegnato in molti progetti, poi a Firenze e subito dopo a Messina, per presentarsi a Vittorio Amedeo II, che veniva a prender possesso del suo nuovo reame. Il monarca gli ordinò il progetto di completamento del Castello di Messina, poi distrutto, e lo assunse al proprio servizio, per gli importanti lavori che divisava di compiere a Torino e nei dintorni. Appena giunto a Torino, lo J. ripartì per Livorno e per Roma con missioni del re; e il 15 dicembre 1714 ebbe patente di "primo architetto civile del re".
La sua attività in Piemonte comincia probabilmente con i progetti per la decorazione di una galleria nella Venaria reale, per la ricostruzione della chiesa di S. Filippo, dopo il crollo della cupola del Guarini. Ma prima di questi furono attuati la facciata di S. Cristina (1715) e i quartieri militari a Porta Susa (1716). Fra il 1716 e il 1717 furono eseguiti i modelli in legno per la cappella della Venaria e per la chiesa e il convento di Superga. Alla fine del 1716 lo J. andò a Roma per allogare le statue di questa basilica, la cui prima pietra fu posta il 20 luglio 1717. Nell'aprile 1718 si cominciarono i lavori del nuovo scalone di palazzo Madama: e nello stesso anno J. disegnava i progetti della chiesa di S. Croce e del Castello di Rivoli. Fra il 1716 e il 1719 progettò i palazzi Biraghi di Borgaro (ora Della Valle) e Martini di Cigala (Belgrano), il palazzo del Senato (ora Corte d'appello, cominciato nel 1720) e il coronamento del campanile del duomo (cominciato nel 1720). Probabilmente a Roma egli ebbe l'incarico di progettare la cattedrale e il castello di Lisbona; per i quali fece preparare un progetto da Gaspare Vanvitelli. Quando il lavoro progettato dal Vanvitelli per Lisbona fu ultimato, occorse la presenza di J. per proseguire; e questi partì per Lisbona nel 1719, con licenza del re. Progettò, oltre alla cattedrale, il patriarcato e la canonica; e gli si atttibuisce anche il castello di Mafra. Ripartì da Lisbona nel febbraio del 1720; e ritornò in Piemonte passando probabilmente per Londra e Parigi.
A Torino fu subito occupatissimo nella prosecuzione dei lavori di Superga, attese alla facciata di palazzo Madama, alla decorazione del castello e della villa di Venaria e del castello di Rivoli, nonché ad altari per varie chiese. A questo secondo periodo della sua attività torinese appartengono il seminario, il palazzo Richa di Covasolo (Compans di Brichanteau), la facciata del palazzo Guarene (Ferrero d'Ormea), la palazzina di caccia di Stupinigi e molti progetti per varie località dello Stato Sabaudo (Oropa, Vercelli, Chambéry), della Lombardia (Como, Bergamo) e della Toscana (Lucca).
Nel 1725 andò a Roma, dove progettò per il cardinale Albani un conclave stabile (a S. Pietro o a S. Giovanni in Laterano); e fu nominato architetto di S. Pietro succedendo al suo maestro Carlo Fontana. Nel 1728 ebbe l'investitura dal re dell'abbazia di Selve. A Roma trascorse spesso l'inverno, quando il gelo impediva in Piemonte i lavori murarî. Nel 1732 vi fu chiamato da Clemente XII per progettare la sagrestia di S. Pietro (modello nel nuovo museo di S. Pietro). Nel 1735 fu chiamato in Spagna da Filippo V che, imparentato con Vittorio Amedeo II, aveva potuto conoscere lo J. in Piemonte, per costruire un nuovo palazzo reale a Madrid. Mentre si decideva la scelta dell'area, egli diede i piani per la Granja di S. Ildefonso e per il castello di Aranjuez. Quando il progetto per il palazzo reale di Madrid e il modello di legno erano quasi ultimati, lo J. morì, e fu con grande pompa sepolto nella chiesa di S. Martino. Si chiamò allora un suo allievo, il piemontese G.B. Sacchetti, il quale attuò i progetti dello J. con rispettosa fedeltà.
Altri allievi dello J. sono da considerare Ignazio Aliaudo, Gio. Tomaso Prunotto e Benedetto Alfieri che gli succedette nella carica di primo architetto del re.
Cultura e gusto dello J. si formarono a Roma, sull'architettura barocca (Fontana, Borromini, ecc.) e sui monumenti antichi, di cui egli eseguì molti rilievi. Specialmente nelle sue opere tarde, sono anche sensibili influenze francesi, quasi sempre limitate alla decorazione. Con tutto ciò egli rimane un artista originale, sostanzialmente barocco nel periodo formativo del rococò. Nelle sue piante, gli ambienti si succedono e si compenetrano, con esaltazione di effetti plastici e prospettici (salone di Stupinigi, atrio e scalone del palazzo Madama). La pianta centrale, tanto studiata dal Rinascimento in poi, a Stupinigi e Superga si concreta in forme nuovissime. Il suo linguaggio plastico resta generalmente barocco nel suo chiaroscuro vigoroso (cornici robuste, colonne isolate dalla parete) e avverte l'avvicinarsi dello stile Luigi XVI soltanto nella decorazione, di scarso rilievo, e dedotta da forme naturali abilmente stilizzate.
V. tavv. IX e X.
Bibl.: S. Maffei, Elogio del signor Abate F. J., in Osservazioni letterarie, Verona 1738, III, p. 139 segg.; F. Milizia, Le vite dei più celebri architetti, Roma 1768, p. 409 segg.; Geymüller-Stegmann, Arch. der Renaissance in Toscana, Monaco 1885-1909, IX, pp. 10-11, tavole VI-VIII (pal. della Signoria, oggi del Governo, a Lucca, attr. all'Ammannati); L. Masini, La vita e l'arte di F. J., Torino 1920 (estr. dagli Atti della soc. piemontese di archeol. e belle arti, IX); A. Telluccini, F. J. in Piemonte, Torino 1926; M. Labò, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIX, Lipsia 1926 (con bibl.); La Corte Cailler, La data della nascita dell'J., in Gazz. del Popolo, 29 dicembre 1926; C. Bricarelli, F. J., in Civiltà cattolica, 15 gennaio 1927; A. E. Brinckmann, Theatrum Novum Pedemontii, Düsseldorf 1930.