GUGLIELMI, Filippo
Nacque a Ceprano, nel Frusinate, il 30 giugno 1859 da Filippo e Giselda De Rossi. Rimasto orfano di entrambi i genitori, fu educato in un collegio religioso romano, ove entrò, ancora in tenera età (con il cognome De Rossi), dietro interessamento del nonno materno. Qui rimase fino all'età di sedici anni, allorché lo zio paterno Gaetano, intuite le attitudini artistiche del giovane, lo avviò agli studi musicali presso il conservatorio di S. Pietro a Majella a Napoli, ove fu allievo per la composizione di N. D'Arienzo.
All'età di diciotto anni, durante un soggiorno a Tivoli presso la casa dello zio, entrò in contatto con F. Liszt, ospite del cardinale G.A. Hohenlohe a villa d'Este. Da questo momento il musicista ungherese avrebbe esercitato un significativo influsso sulla formazione artistica e professionale del G., affinandone il gusto e schiudendo nuovi orizzonti alla sua concezione in campo creativo.
Fu senza dubbio da tale incontro che scaturì la decisione del G. di lasciare il conservatorio partenopeo e proseguire gli studi a Roma con E. Terziani presso il liceo musicale di S. Cecilia, al fine di seguire più agevolmente gli insegnamenti del celebre ungherese. Tuttavia, l'apertura verso più nuove e ardite tendenze musicali, dietro l'esempio di Liszt, avrebbe suscitato l'ostilità dell'ambiente accademico romano, inducendolo, dopo breve tempo, a interrompere il corso di studi.
Al 1880 risale la sua prima composizione, l'oratorio Betulia liberata, presentata nel medesimo anno a un concorso della Società orchestrale romana, fondata nel 1874 da E. Pinelli. Malgrado l'interessamento dello stesso Liszt (che segnalò il lavoro a F. Marchetti, presidente della commissione), la prova ebbe esito negativo. Tale esperienza avrebbe comunque giovato all'inserimento del G. nell'ambiente musicale della capitale; lo stesso Pinelli, l'anno seguente, diresse presso la Società orchestrale romana il suo poema sinfonico Giulio Cesare (26 apr. 1881). L'esecuzione riscosse i favori del pubblico, ma non della critica, che rilevò il carattere eccessivamente "avveniristico" del lavoro.
Tra i giudizi più aspri, quello del giornalista F. Flores d'Arcais, il cui conservatorismo musicale, mostrato con particolare convincimento in tale circostanza, fu all'origine di una vivace polemica che coinvolse, oltre al G., due promettenti compositori d'avanguardia, A. Costa e U. Bandini, accesi sostenitori delle più moderne tendenze wagneriane.
Tre anni dopo il G. esordì come autore di musica teatrale con il dramma musicale Atala (libretto di G. Cappuccini), andato in scena con un buon successo di pubblico al teatro Carcano di Milano (21 nov. 1884). L'opera fu accolta con particolare freddezza dalla critica, che espresse numerose riserve sul trattamento denso ed elaborato della parte orchestrale, di chiara impronta "wagneriana". Il disagio per il parziale insuccesso della sua prima fatica teatrale indusse il G. a ritirarsi per qualche tempo dalle scene musicali. Il suo ritorno ufficiale nel mondo artistico ebbe luogo il 2 luglio 1899, in occasione della messa in scena di Pater (Roma, teatro Quirino), un lavoro a sfondo sociale il cui testo, di G. Mantica, nasceva dalla rielaborazione di un precedente libretto di A. Ranzi, I figli della gleba.
L'opera, andata in scena dopo numerosi tagli e modifiche da parte della censura, suscitò vasto interesse e fu benevolmente accolta sia dal pubblico, sia dalla critica: il lavoro, in cui risultavano attenuati i modi "wagneriani", si presentava come un felice connubio tra le più classiche e tradizionali maniere italiane e le nuove forme tedesche. Tra i lavori teatrali scritti prima di questa data, non furono mai rappresentati Matelda (libretto di F. Fontana; ne fu eseguito il solo preludio sotto la direzione di Pinelli) e Aminta (libretto di P. Tomei), mentre un'altra fatica di questi anni, Pergolesi (libretto di Emma Coccanari Marconi), andò in scena (peraltro all'insaputa dell'autore) al Theater des Westen di Berlino il 28 febbr. 1905.
In seguito, ancora interessato a contenuti di carattere sociale, il G. collaborò con il librettista F. Salvatori a una rielaborazione del Pater; il nuovo libretto in tre atti dal titolo La festa del grano, che sarebbe valso all'autore il premio della casa editrice Sonzogno, venne tuttavia ceduto dalla stessa casa milanese al torinese G. Fino. Il risentimento del G. per l'imprevisto esito della vicenda trovò sfogo in una causa giudiziaria, che si concluse allorché la casa Sonzogno offrì al G. la Cernagora (libretto in tre atti di S. Kambo), prendendosi carico della futura rappresentazione; Salvatori, da parte sua, s'impegnò a cedere il libretto delle Eumenidi, rinunciando ai diritti d'autore. Quest'ultimo fu messo in musica e rappresentato con successo il 4 nov. 1905 al teatro Sociale di Treviso, confermando la felice vena melodica del Guglielmi.
Negli anni successivi l'impegno compositivo del G. si orientò verso la produzione di opere sinfoniche; in breve tempo portò a compimento un trittico sulla regione tiburtina: Il pellegrinaggio al monte Autore, Tibur e Villa d'Este, lavori eseguiti tra il 1909 e il 1912 all'Augusteo di Roma, sotto la direzione di B. Molinari. Definito da A. De Angelis "una delle più belle pagine del Guglielmi [ove] le fila del sentimento mistico e quelle degli elementi descrittivi si intrecciano e vi si fondono in un insieme orchestrale ricco, colorito, potente" (De Angelis, 1912, p. 455), Il pellegrinaggio al monte Autore risultò vincitore nel 1910 del concorso indetto dalla Società degli autori per un poema sinfonico.
La fama del G. era ormai consolidata: nel 1911 al convitto nazionale di Tivoli, in occasione del Congresso dei musicologi svoltosi a Roma nell'ambito dell'Esposizione internazionale per il cinquantenario dell'Unità, organizzò e diresse un concerto dedicato alla riscoperta dell'opera di G.M. Nanino, evento che fu accolto con grande favore dai musicisti intervenuti, tra i quali l'anziano maestro D'Arienzo.
Gli anni successivi lo videro nuovamente coinvolto in controversie legali: il rifiuto della casa Sonzogno di mettere in scena la Cernagora (come da accordi stabiliti) fu aggravato dal giudizio negativo con cui la stessa valutò l'Oreste, lavoro quest'ultimo cui il G. si era dedicato per circa venti anni, e offerto in cambio del precedente alla casa milanese pur di concludere la travagliata vicenda.
Amareggiato dall'esito non favorevole della causa, il G. si dedicò negli ultimi anni quasi esclusivamente all'attività didattica, che esercitò a Tivoli presso il convitto nazionale. Soltanto nel 1929 si riavvicinò alla composizione, accettando di mettere in musica per le scuole elementari la fiaba La reginella esiliata (libretto di Elena Viner; scenografia di G. De Angelis, L. Gaudenzi e P. Santini), rappresentato al teatro Italia di Tivoli, e replicato al teatro Eliseo di Roma. Fu questa la sua ultima opera.
Il G. morì a Tivoli il 14 dic. 1941.
Della sua produzione si ricordano ancora la cantata Sogno di Calendimaggio, su testo di G. Civinini, e Il ventaglio, opera teatrale su testo di C. Goldoni, entrambi mai rappresentati.
Fonti e Bibl.: A. De Angelis, F. G., in Nuova Antologia, 1° ag. 1912, pp. 450-458; R. Accademia di S. Cecilia, XX anni di concerti, Roma 1915, pp. 275, 482; A. De Angelis, La musica a Roma nel secolo XIX, Roma 1935, pp. 63, 120 s.; G. Tani, F. G., in Atti e memorie della Società tiburtina di storia e d'arte, XXV (1952), pp. 325-369 (con un Ricordo su Liszt dello stesso G.); A. De Angelis, Diz. dei musicisti, Roma 1918, pp. 175-177; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 676; Enc. della musica Ricordi, II, p. 376; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 359.