GRASSI, Filippo
Nacque probabilmente a Milano intorno alla metà del Quattrocento. L'origine milanese è costantemente ribadita dalle fonti bresciane, ma non emerge alcuna traccia della sua presenza o di una sua attività nel capoluogo lombardo. L'ipotesi poi di una parentela con la famiglia cui apparteneva Giovannino de' Grassi (Meyer) resta non provata. Certo è invece che dal 1483 il G. operava a Brescia, città nella quale risiedette stabilmente e definitivamente. Il passaggio di Brescia alla Repubblica di Venezia fin dal 1426 non dovette, inoltre, certo favorire l'interscambio di maestranze con la Milano sforzesca.
Resta aperto il dubbio se il "magister Philippus lapicida" (Frati - Gianfranceschi - Robecchi, I, p. 142) che offrì nel 1481 la sua opera di scultore per una fontana, oggi scomparsa, prevista dal Consiglio della città sulla piazza grande di Brescia, coincida con il G. piuttosto che con Filippo da Caravaggio; di conseguenza la prima notizia certa sullo scalpellino milanese risale appunto al 1483, quando fornì pietre lavorate per il battistero di S. Giovanni Battista (non più esistente).
A partire dal 1484 il G. fu attivo per un quindicennio nella più impegnativa impresa architettonica e urbanistica intrapresa dalla Comunità bresciana nel Quattrocento: la nuova piazza grande, aperta a partire dal 1433 presso porta Bruciata, sulla quale sarebbe stato edificato il palazzo comunale della Loggia.
La costruzione di cortine edilizie sul perimetro della piazza ebbe inizio dal fronte sud, lungo il quale una serie di botteghe in legno e le carceri furono sostituite a partire dagli anni Ottanta del Quattrocento da tre edifici in muratura, due dei quali successivamente adibiti a Monti di pietà, separati tra loro da un arco trionfale e da una loggetta. Il G., impegnato inizialmente come lapicida per la fornitura di pietre lavorate insieme con il socio Gerolamo da Canonica (1484), passò in breve a ricoprire il ruolo di soprastante ("superstes": ibid., p. 202 n. 76) alla fabbrica, generalmente identificabile con la figura del direttore dei lavori.
La consistenza dell'incarico risulta tuttavia meglio precisata in occasione del processo per frode che il G. subì nel 1488: preposto a tenere la contabilità dei lavori, egli era il tramite tra le maestranze e il committente, che forniva i fondi e i materiali. Fu proprio dallo scarto tra i materiali e i soldi spesi effettivamente nell'opera e quelli ricevuti dalla Comunità che nacque l'accusa mossa contro il G., tanto che nel febbraio 1489 egli risulta, in quanto "alias superstitem", avere perso l'incarico (ibid., p. 203 n. 77). Il fatto però che nello stesso anno, in documenti trascritti da Zamboni (p. 32) e non più verificabili, il G. sia per la prima volta qualificato come architetto, ha dato adito a molte illazioni, in assenza peraltro di ulteriori nomi, circa un suo possibile contributo progettuale; in particolare a partire da Peroni (p. 752) gli è stata attribuita la loggetta, che per il carattere venezianeggiante e vivacemente decorativo appare più compatibile con la figura di uno scultore genericamente aggiornato ai modi antichizzanti della fine del secolo rispetto agli austeri fronti dei tre edifici, contraddistinti da una rigorosa impostazione classicistica di impronta albertiana.
Nel 1490 si ha l'unica notizia di un'attività del G. al di fuori di Brescia. In quell'anno risulta infatti documentato a Cremona come "picapietre" milanese residente in Brescia per la costruzione della cappella di S. Martino, progettata da Bernardino de Lera per la famiglia Pallavicini presso la scomparsa chiesa di S. Domenico (Malaguzzi Valeri).
Ancora come lapicida nel 1491 il G. fornì delle colonnette per il coro di S. Maria de Dom, una delle cattedrali di Brescia. L'anno successivo ebbe inizio la costruzione del palazzo della Loggia sul fronte ovest della piazza grande. Inizialmente il G. fornì pietre lavorate (1493), mentre nel 1494 curò il trasporto di una delle quattro colonne monolitiche in marmo che ornano il fronte verso la piazza. Dal 1495 compare nelle bollette di pagamento con la qualifica di ingegnere e nel 1496 come "architectus ad fabricam palacii" con un salario di 12 soldi per ogni giornata di lavoro (Zamboni, p. 53 e n. 57), ciò che farebbe presupporre un suo preciso ruolo direttivo (Lupo). Va inoltre osservato che da questa data il G., testimone alla stesura di diversi contratti per conto del Comune, è citato con la qualifica di ingegnere e non più con quella di lapicida, anche se non è nota alcuna nomina ufficiale.
Per quanto riguarda la Loggia, si ripropongono i dubbi circa un eventuale ruolo progettuale del G., suggeriti tuttavia ancora una volta soprattutto dall'assenza nei documenti del nome di un autore. In realtà perfino l'architetto vicentino T. Formenton, artefice per certo di un modello ligneo approvato nel 1492, viene ritenuto assai difficilmente in grado di concepire uno dei più aggiornati edifici del Rinascimento padano, più spiccatamente antichizzante e "romano" delle opere dello stesso Donato Bramante, chiamato in causa ripetutamente tuttavia senza riscontri documentari; appare dunque tanto meno plausibile pensare a un contributo progettuale del G., pur evocando un suo specifico portato culturale legato alla provenienza milanese (e a ipotetici rapporti con il Filarete, A. Fioravanti e Bramante), per quanto l'evidente ascesa professionale dovette farlo considerare in questi anni come un bravo e affidabile tecnico e non più come un abile artigiano tra i tanti.
Nel 1504 insieme con Bonifacio da Manerba progettò l'adattamento di alcuni locali dell'edificio centrale sul fronte sud della piazza della Loggia, il futuro Monte vecchio di pietà. Nel 1506 e nel 1509, in quanto "superstes fabrice pallatii novi", qualifica che lo obbligava spesso a servigi minori per il Comune, lavorò con due "marengoni" alle fonti di Mompiano, esaminò una polizza circa i miglioramenti a una bottega a sud della chiesa di S. Agata ed espresse un parere "su un edificio con cisterna che si stava costruendo sul monte Palosco" (Frati - Gianfranceschi - Robecchi, II, p. 68 nn. 23 e 25). Nel 1510, a causa della sospensione dei lavori alla Loggia seguita all'occupazione francese della città (1509), al "magister Filipus de Grassis, superstes dicte fabrice" (ibid., p. 68 n. 27) fu ridotto lo stipendio, presupponendo che la sua opera potesse comunque continuare a essere utile in altre fabbriche del Comune. Al 26 ag. 1511 risale l'ultima bolletta di pagamento conosciuta intestata al G., definito architetto, riguardante lavori in una casa del Comune presso la chiesa di S. Agata.
Al G. sono stati attribuiti a Brescia il fronte di palazzo Calzavellia (1484), sulla base di affinità stringenti con la loggetta della piazza, e i portali molto simili tra loro delle chiese di S. Agata e di S. Giovanni Evangelista, spesso assegnati anche ad Antonio Zurlengo (Peroni, p. 753); ma finora non è emerso alcun riscontro documentario.
Del G. non si conosce la data della morte, avvenuta probabilmente a Brescia. L'ultimo documento che lo riguarda è il testamento, steso il 24 sett. 1516 e rogato dal notaio bresciano Antonio de Gandino; ma esso, citato in un atto del 1547 (Arch. di Stato di Brescia, Notarile, Antonio Bucelleni q. Gio. Antonio di Brescia, filza 661, 2 febbr. 1547), non è rintracciabile.
Si ha notizia di due figlie: Caterina, che nel 1504 risulta sposata con Tommaso Ducco e più avanti con il barbiere Tomaso de Rizanis o Rizardis (da cui ebbe il figlio Giovanni, vivente nel 1547, maniscalco) e che ereditò dal padre una casa in contrada S. Luca a Brescia, e Prudenzia, maritata nel 1527 o 1528 con Giovanni Antonio Speronari, che ereditò un livello su un terreno nel territorio di Cortine di Nave.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Brescia, Notarile, Tommaso Bargnani q. Tonino di Brescia, filza 490, 22 maggio 1535; B. Zamboni, Memorie intorno alle pubbliche fabbriche più insigni della città di Brescia, Brescia 1778, pp. 32, 53; P. Zani, Enc. metodica… delle belle arti, I, 10, Parma 1822, p. 162; A.G. Meyer, Oberitalienische Frührenaissance. Bauten und Bildwerke der Lombardei, II, Berlin 1900, p. 240; F. Malaguzzi Valeri, Documenti sull'arte cremonese, in Rassegna d'arte, II (1902), 11-12, p. 188; A. Peroni, L'architettura e la scultura nei secoli XV e XVI, in Storia di Brescia, II, Brescia 1961, pp. 751 e n. 2, 752 e n. 2, 753, 757; C. Pasero, Il dominio veneto fino all'incendio della Loggia (1426-1575), ibid., pp. 181 e n. 9, 197 e n. 4; G. Panazza, Il volto storico di Brescia fino al sec. XIX, ibid., III, ibid. 1964, p. 1121 e nn. 1 e 4; C. Boselli, Regesto artistico dei notai roganti in Brescia dall'anno 1500 all'anno 1560, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1976, suppl., I, Regesto, p. 176; D. Hemsoll, Bramante and the palazzo della Loggia in Brescia, in Arte lombarda, 1983, nn. 86-87, pp. 167 s., 176 n. 12, 177 n. 20, 178 n. 40; A. Rapaggi, Piazza della Loggia in età umanistica: un'architettura interrotta, in Piazza della Loggia. Una secolare vicenda al centro della storia urbana e civile di Brescia, a cura di I. Gianfranceschi, Brescia 1986, pp. 22, 24 s.; R. Stradiotti, La decorazione plastica della Loggia, ibid., pp. 103, 107, 117; R. Lonati, Catalogo illustrato delle chiese di Brescia aperte al culto, profanate e scomparse, I, Brescia 1989, p. 133; G. Lupo, Platea Magna Communis Brixiae (1433-1509), in La piazza, la chiesa, il parco, a cura di M. Tafuri, Milano 1991, pp. 70, 91 s. e nn. 62, 67, 70; V. Frati - I. Gianfranceschi - F. Robecchi, La Loggia di Brescia e la sua piazza: evoluzione di un fulcro urbano nella storia di mezzo millennio, I-II, Brescia 1993-95, ad indicem; G. Vezzoli, L'arte nella chiesa di S. Giovanni Evangelista, in La chiesa e la comunità di S. Giovanni Evangelista: studi e documenti, a cura di A. Bonetti, Brescia 1995, p. 100; S. Fenaroli, Diz. degli artisti bresciani, Brescia 1877, p. 309; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 534; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, III, Roma 1969, p. 13.