GRAGNANI, Filippo
Nacque a Livorno il 3 sett. 1768 da Antonio e Maria Cecilia Bianchi.
Discendente di antica famiglia di liutai livornesi - suo padre era stimatissimo costruttore di violini, violoncelli e chitarre in Livorno e i suoi strumenti erano molto richiesti anche all'estero -, fu avviato probabilmente allo studio del violino, e successivamente del contrappunto e della composizione, per la quale fu allievo di Giulio Maria Lucchesi.
Sembra che il G. si fosse dedicato dapprima soprattutto allo studio della musica sacra, con l'intenzione di diventare compositore di lavori di genere liturgico. Nel corso dei suoi studi ebbe poi modo di conoscere numerose opere per chitarra, che lo colpirono a tal punto da indurlo ad apprendere velocemente la tecnica di quello strumento. Risulta da più fonti (Diz. dei chitarristi…, p. 125; Henze, p. 21) che negli ultimi anni del Settecento venne in contatto con Ferdinando Carulli, divenendone allievo; altrove (Almanacco di Livorno…, pp. 135 s.) si ha notizia del G. come insegnante di mandolino, attivo in Livorno in via S. Giovanni 168 già dal 1796. Comunque, si ha certezza che il G. raggiunse in breve tempo una padronanza eccezionale dello strumento, divenendo concertista abilissimo; ma, poiché mai aveva smesso di dedicarsi alla composizione, decise di concentrare il suo interesse proprio sul popolare strumento, dedicando a esso gran parte della sua produzione.
Nelle composizioni cameristiche il G. mostra di aver assimilato in modo esemplare i modelli formali del classicismo viennese fra Sette e Ottocento. Il linguaggio del G. risulta raffinato e trasparente, ma soprattutto immediato e fresco, dall'inventiva melodica felice, tipicamente italiana, così come emerge dalla maggior parte delle sue composizioni, e in particolare in quelle per più chitarre, fra le quali merita speciale menzione il trio per chitarre op. 12, pubblicato a Parigi da Richault.
Il trio sembra sia stato infatti uno dei primi brani scritti appositamente per questo organico, ed è per questa ragione che ancor oggi è molto conosciuto ed eseguito. Anche all'epoca le esecuzioni del trio sembra incontrassero il più vivo favore, specie quando vi partecipava l'autore, virtuoso di grande talento.
Emergono fra l'altro da questo brano fantasia, gusto strumentale e una spiccata predisposizione del G. per la ricerca timbrica e per l'equilibrio e l'eleganza nella disposizione degli strumenti.
Anche in altri brani cameristici ciò che colpisce in particolare è l'originalità degli accostamenti timbrici proposti dal G., come nel caso del trio op. 13 (flauto, violino e chitarra), del quartetto op. 8 (violino, clarinetto e due chitarre), o del sestetto op. 9 (flauto, clarinetto, violino, due chitarre e violoncello), nei quali le chitarre, trattate con grande libertà concertante, conservano comunque un ruolo di rilievo, intervenendo nel dialogo strumentale con una certa autorevolezza.
Nelle composizioni per chitarra sola il G. rinuncia al rigore formale classico, tipico dei suoi brani cameristici, per aprire a un maggiore estro, come nel caso della fantasia op. 5, dei temi variati op. 10 e degli esercizi op. 11, tutti stampati a Parigi dal Richault.
Dopo alcuni viaggi in Germania - dove tra l'altro pubblicò i duetti per due chitarre opp. 1, 2, 3, 4, 6, 7 e 14 presso l'editore Gombart di Augusta -, il G. seguì Carulli, che nel 1808 si era trasferito a Parigi, stabilendovisi per un lungo periodo. A Carulli dedicò tre duetti per due chitarre (che appaiono pubblicati senza numero d'opera), mentre a Milano apparvero fra il 1808 e il 1810 numerosi suoi pezzi per chitarra sola: il divertimento op. 15, la sonata La partenza, la sinfonia e tre divertimenti con variazioni presso Ricordi, le tre sonate per chitarra francese presso l'editore Monzino.
Autore anche di un Metodo per chitarra (il cui manoscritto è conservato presso la Biblioteca del Conservatorio di musica G. Verdi di Milano), il G. sembra voler indagare continuamente sulle possibilità esecutive dello strumento, mirando a estenderne il più possibile i confini espressivi, così come traspare dalla sua produzione.
Fra le altre opere risultano pubblicati anche un duo per chitarra e pianoforte (apparso a Parigi presso l'editore Meissonnier) e un duo per violino e chitarra, con dedica a Francesco Palmieri, stampato a Milano da Ricordi; nell'elenco delle sue composizioni compaiono anche tre duetti per clarinetto e chitarra e tre duetti (o sonate) per violino e chitarra (senza numero d'opera e senza luogo né data di edizione).
L'ultimo periodo della vita del G. risulta oscuro; a partire dal 1812 si perdono infatti le tracce della sua attività e si ignora anche la data del suo rientro definitivo in Italia.
Il G. morì a Livorno il 28 ott. 1820.
Fonti e Bibl.: Livorno, Arch. diocesano, Archivio della propositura, Registro dei battesimi del duomo di Livorno, n. 38, 4 sett. 1768, p. 159; Ibid., Archivio S. Martino Salviano, Registro dei morti della parrocchia di S. Martino di Salviano, Livorno, 29 ott. 1820, p. 80; Almanacco di Livorno per l'anno bisestile 1796, con l'aggiunta del decadario francese, pp. 135 s.; C. Gervasoni, Nuova teoria di musica, Parma 1812, pp. 157 s.; F. Pera, Ricordi e biografie livornesi, Appendice, Livorno 1877, pp. 135 s.; La Rivista di Livorno, II (1927), 7-8, pp. 321 s.; A. Bonaventura, Musicisti livornesi, Livorno 1930, pp. 21 s.; Diz. dei chitarristi e liutai italiani, XV, Bologna 1937, pp. 124 s.; B. Henze, Das Gitarrespiel. Ein Unterrichtswerk von Anfang bis zur Meisterschaft, Leipzig 1962, p. 21; Il Fronimo, IV (1976), 16, p. 28; VI (1978), 22, p. 28; XI (1983), 42, pp. 46-48; XIV (1986), 56, p. 51; XVIII (1990), 71, p. 65; XIX (1991), 77, p. 50; XXI (1993), 84, pp. 49-51; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, IV, pp. 79 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 653; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 330; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Appendice, p. 334.