GIANNETTI (Giannetto), Filippo
Nacque "nella terra di Savoca […] distante 24 miglia dalla città di Messina" nel 1630 (Susinno, p. 172) o nel 1640, secondo un'altra fonte (Grosso Cacopardo, p. 157). Le notizie biografiche che lo riguardano sono fornite essenzialmente dal pittore e memorialista Francesco Susinno (1724), poi sintetizzate nella letteratura artistica successiva.
Ancora adolescente fu mandato a Messina ad apprendere un mestiere; e in quella città casualmente poté vedere alcuni dipinti del messinese Iacopo di Cara, noto in quegli anni per la sua attività di pittore di prospettive. Per un certo periodo fu quindi a bottega presso di lui; poi la sua attenzione fu attratta dalle opere di Abraham Casembrot, olandese attivo a Messina e autore di vedute assai richieste dalla committenza locale. Pertanto il G. - insieme con il pittore cappuccino fra Feliciano da Messina - entrò nella scuola del Casembrot presso cui "fece riuscita di dipintore di vaghi paesi, felice, franco e ferace nelle invenzioni […] nello sfrondeggiare e nell'operare grandioso superò felicemente il medesimo Abramo" (Susinno, p. 173), senza tuttavia raggiungere i livelli qualitativi del suo maestro.
Della sua attività messinese, oltre alle notizie riferite dalle fonti, sono varie le testimonianze indirette ricavate dagli inventari di beni fatti redigere dagli aristocratici tra il secondo Seicento e gli inizi del secolo successivo.
Nella collezione, che il giudice stratigoziale principe Diego Brunaccini formò a partire dal 1679 con dipinti di pittori messinesi, italiani e stranieri, vi erano due opere di genere del G. intitolate I viaggiatori assassinati e Bambocciata (La Corte Cailler). Nella collezione Stagno si conservavano "due paesaggi grandi di mano di Giannetti senza cornice" citati nell'inventario redatto il 27 genn. 1710 (Di Bella, 1984): nella stessa quadreria figuravano numerosi paesaggi del Casembrot che insieme con i dipinti di soggetto religioso di Mario Minniti documentavano i filoni e le presenze più accreditate dell'ambiente pittorico messinese. La circolazione di dipinti del G. è registrata anche negli inventari di collezioni messinesi del primo Settecento (Id., 1985, p. 34) come quello relativo alla raccolta di V. Latragna contenente quattro suoi Paesaggi di piccole dimensioni e l'altro concernente i dipinti di proprietà di M. Cirino con tre sue opere: un Paesaggio, una Fuga in Egitto e una Natività, tutte di dimensioni medio-piccole secondo le richieste del collezionismo privato.
Susinno fornisce anche un ritratto "umano" del pittore: "vero filosofo, uomo distratto […] casuale nel vestire, nell'andare e poco polito. Poetava graziosamente in rime siciliane ed all'improvviso". A Messina sposò la pittrice Flavia Durand (nata a Messina nel 1637), figlia e allieva di Giovan Battista Durand, di origine francese, "scolaro del Domenichino, il quale passò da Roma ad abitare in Messina" (Hackert - Grano). Sebbene ricordata dalle fonti più antiche come autrice di copie (fra cui quelle tratte dal pittore messinese Andrea Suppa), la Durand mise in opera molti dipinti insieme con il marito (ibid.). Un decisivo cambiamento nella vicenda biografica e artistica del G. si deve tuttavia ai rapporti con Francisco de Benavides conte di Santisteban, viceré di Sicilia dal 1678. Da quell'anno infatti il G. abitò "lungo tempo" (Susinno) a Palermo dove continuò a esercitare con successo la sua attività di pittore di vedute e di paesaggi. Certamente l'autorevole appoggio del viceré favorì l'integrazione del pittore nell'ambiente aristocratico che ruotava intorno alla corte vicereale, come testimonia l'intercessione chiesta (e ottenuta) dal G. al pretore di Palermo, Baldassare Naselli principe di Aragona, "signore cortesissimo e curioso di pittura" (ibid.) per la liberazione dalla prigionia a Palermo del pittore messinese Domenico Marolì. Anche nell'inventario della quadreria di don Calogero Gabriele Colonna Romano, duca di Cesarò - sita nel suo palazzo prospiciente la strada del Cassaro a Palermo - figuravano fra i 530 pezzi della raccolta ben 34 dipinti del G., quasi tutti marine e paesaggi, oltre a "Maria SS.ma, San Giuseppe ed angeli che passano colla barca" e "Figure di Nostro Signore cogl'Apostoli in barca" (Abbate, p. 134). Secondo Susinno, inoltre, il G. realizzò per il viceré Benavides "varie tele che furono mandate in Ispagna".
Firmato "Filippo da Messina", identificato con il G., è l'olio su tela con L'apertura del Parlamento a Palermo, convocato dal viceré Claude Lamoral, principe de Ligne, l'11 genn. 1671, oggi conservato nella collezione Ligne nel castello di Beloeil (Hainaut, Belgio).
Il dipinto, che rientra nella tipologia dei quadri celebrativi, mostra nella configurazione complessiva un carattere convenzionale dettato dall'ufficialità del tema rappresentato; entro gli spazi dell'ala nuova del palazzo dei Normanni a Palermo appaiono tutti i protagonisti intervenuti alla cerimonia. Come recentemente notato, nella parte ufficiale della raffigurazione il G. mostra un personale distacco che viene meno nei "particolari del primo piano dove si affollano varie categorie di astanti: i volti dei personaggi appaiono caratterizzati uno ad uno come ritratti presi dal vero; e reale pare che sia il ritratto di un venditore di coralli, il trapanese Andrea Soli, dal quale il principe de Ligne acquistò tutti i preziosi oggetti in corallo che si conservano tuttora nella collezione di famiglia" (Pugliatti, p. 314). Con garbata ironia raffigura infatti prelati e monaci - noncuranti dell'evento pubblico - intenti a visionare i monili di corallo presentati da Andrea Soli che sfrutta la cerimonia per i suoi scopi mercantili.
La principale attività di vedutista del G. ha fatto scaturire inoltre l'ipotesi (avanzata, tuttavia, in termini cautamente dubitativi: ibid., pp. 314 s.) di una sua partecipazione alla messa in opera dei disegni acquerellati raffiguranti territori, città, monumenti della Sicilia nell'album datato 1686 e intitolato Teatro geográfico antiguo y moderno del Reyno de Sicilia (Madrid, Arch. del ministero degli Affari esteri). L'album composto in origine di 108 tavole (di cui 9 mancanti) costituisce con ogni probabilità un'opera eseguita come dono gratulatorio per il viceré Francesco de Benavides, se non da lui stesso commissionata, nel momento della sua partenza dalla Sicilia nel 1686 per trasferirsi a Napoli (De Seta, p. 189). La tavola El Parlamento sebbene sembri essere la trasposizione semplificata del quadro del castello di Beloeil, secondo Pugliatti, "per una certa asprezza nel disegno soprattutto delle figure", non parrebbe essere stata eseguita dal G.: in realtà tutti i disegni acquerellati dell'album mostrano di appartenere a un unico pittore, che secondo De Seta (p. 193) potrebbe essere fiammingo, ma che, seppure con un certo margine di dubbio, potrebbe essere riconosciuto nel Giannetti.
Secondo Susinno (p. 173) il viceré Benavides lo portò con sé quando si traferì a Napoli dove "fu apprezzato e chiamato il Giordano de' paesi". Ma storicamente il G. fu presente a Napoli ben prima dell'arrivo del Benavides, in quanto nel 1680 era già registrato nella corporazione dei pittori partenopei (Ceci), presso la Confraternita di categoria di Ss. Anna e Luca.
Durante gli anni di permanenza a Napoli, il G. dipinse una Veduta di Messina (Napoli, Galleria nazionale di Capodimonte) su probabile richiesta di Andrea d'Avalos, principe di Montesarchio, "in realtà rivelatasi sorta di commemorazione dei fatti navali di Messina che videro, durante la rivolta antispagnola del 1674-78, il d'Avalos vittorioso protagonista" (Leone de Castris, p. 27). Secondo un'ipotesi recente il G. forse si trasferì a Napoli al seguito di questo principe. La prolifica attività napoletana del G. è inoltre confermata dai 51 dipinti raffiguranti paesaggi che appartenevano alla collezione di Antonio Lauro e dagli 11 che risultano nell'inventario dei beni di Ottavio Orsini, principe di Frasso (Labrot).
Il G. morì a Napoli nel 1702: "il suo cadavero fu esposto nel convento della Nuova (S. Maria la Nova) de' PP. dell'Osservanza vestito con l'abito di S. Francesco" (Susinno). Dopo la sua morte, la moglie, Flavia Durand, rientrò a Messina dove morì il 31 marzo 1715.
Fonti e Bibl.: F. Susinno, Le vite de' pittori messinesi (1724), a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, pp. 172-174, 207, 276; F. Hackert - G. Grano, Memorie dei pittori messinesi (1792), a cura di S. Bottari, in Arch. stor. messinese, n.s., I (1934), 1, p. 26; G. Grosso Cacopardo, Memorie de' pittori messinesi, Messina 1821, pp. 157, 183, 207; C.D. Gallo, Gli annali della città di Messina, a cura di A. Vayola, IV, Messina 1882, pp. 69 s.; G. Ceci, La corporazione dei pittori, in Napoli nobilissima, VII (1898), p. 11; G. La Corte Cailler, Il palazzo e la galleria Brunaccini, in Arch. stor. messinese, II (1902), 3-4, p. 141; A. Daneu, L'arte trapanese del corallo, Palermo 1964, pp. 100 s.; O. Moschella, Il collezionismo a Messina nel secolo XVII, Messina 1977, p. 36; S. Di Bella, Collezioni messinesi del '600, Messina 1984, p. 38; Id., Collezioni messinesi della prima metà del '700, Messina 1985, pp. 21, 34; C. De Seta, Teatro geografico antico e moderno del Regno di Sicilia, in V. Consolo - C. De Seta, Sicilia, teatro del mondo, Torino 1990; Italian inventories, in G. Labrot, Collections of paintings in Naples 1600-1780, London-New York-Paris 1992, pp. 224-226, 229 s., 254-262, 511 s.; L. Paladino, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, II, Palermo 1993, p. 228; P. Leone de Castris, in I tesori dei d'Avalos (catal.), Napoli 1994, pp. 27, 158 s.; T. Pugliatti, La scultura e la pittura a Messina nei secoli XVI e XVII, in Messina. Il ritorno della memoria, Palermo 1994, pp. 244, 314 s.; V. Abbate, La stagione del grande collezionismo, in Porto di mare 1570-1670: pittori e pittura a Palermo… (catal.), Napoli 1999, pp. 128, 134; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 585.