FURINI(del Furia, Furino), Filippo (detto lo Sciamerone)
Non si conosce la data di nascita del F., attivo come pittore fra la seconda metà del '500 e i primi decenni del secolo XVII, figlio di Nicola del Furia da Città di Castello. Trasferitosi con la famiglia a Firenze, sarebbe entrato abbastanza giovane nella bottega di Santi di Tito (Barsanti, 1974, 289). Il Baldinucci lo ricorda allievo del Passignano (III, p. 451). In seguito alla morte del padre il F. per poter vivere si mise a far ritratti dal naturale, a vivi e morti, acquistandosi rapidamente un discreto credito. Gli venne cambiato il cognome in Furino per via della sua giovane età. Domenico Peruzzi, allievo del figlio Francesco, menziona anche la sua attività di attore dilettante, confermata da un diario tenuto da Cesare Tinghi (Solerti, 1905), e la sua amicizia con Cristofano Allori, ricordando i comuni servigi prestati a Cosimo II. Cristofano e il F. risultano nell'elenco dei "Familiari a ruolo della Corte" nel volume 309 della Guardaroba (Barsanti, 1974, 289, p. 84 n. 13).
Cosimo II lo avrebbe soprannominato Sciamerone per il suo modo sciatto e trasandato nel vestire; e di questo appellativo egli andava molto fiero. Il Peruzzi segnala che dalla moglie Francesca di Lazzaro Rossi ebbe prima tre figlie, poi Francesco. Altre notizie sulle figlie si trovano nel Baldinucci e nel Gargani (1876). Angelica, musicista, fu sposa e poi vedova di Domenico Belli, celebre maestro di musica. Un'altra sorella di cui il Baldinucci non riferisce il nome (IV, pp. 630-632) era pittrice e fu a bottega presso Cristofano Allori: potrebbe trattarsi di Alessandra, che sposò il poeta Andrea Salvatori (Barsanti, 1974, 289). Una terza sorella sembra sia divenuta suora. Il Baldinucci (IV, p. 644) segnala l'esistenza di un fratello di Francesco di nome Niccolò, che per molto tempo "negoziò" in Venezia.
Il F. risulta immatricolato nell'Accademia del disegno nel 1592 (Barsanti, 1974, 289, p. 83 n. 4). Si dedicò soprattutto all'attività di ritrattista: nel 1598 dipinse un ritratto per l'orefice Girolamo Bianchi; il cavalier Vasari e Niccolò Betti nel 1602 valutarono 12 scudi il ritratto della moglie del cavalier Alamanni e uno schizzo del medesimo Alamanni eseguiti dal F.; nel 1609 dipinse un ritratto al naturale per Domenico Angelo Pandolfini; nel 1619 fu pagato per un ritratto di Francesco de' Pazzi e per aver ritoccato un ritratto del padre di Francesco (Colnaghi's Dictionary…). Avrebbe fatto un ritratto a Giovanni de' Medici figlio di Cosimo I ricavandolo dalla maschera mortuaria (Pieraccini, 1925; Cantelli, 1986).
Una pittura del F. fu posta sull'altare maggiore di S. Elisabetta in Capitolo a Firenze, sostituita nel 1614 (Thieme - Becker). Nel 1594 richiese 175 lire a ser Francesco di Giovanni da Romena, sottocancelliere alle Farine, per alcune pitture che aveva eseguito per lui (Colnaghi's Dictionary). Nel 1598 dipinse una "Madonna Santissima del'Oreto" (Barsanti, 1974, 289, p. 83 n. 5). Altre ingiunzioni di pagamento risalgono agli anni 1601, 1603, 1605 e 1609. Nel 1605 dipinse le armi del conte di San Secondo. Negli anni 1617-19 il F. ebbe una controversia con il pittore Bernardino di Lorenzo Monaldi, che nel 1611 o 1612 aveva lavorato nella sua bottega (Barsanti, 1974, 294, pp. 56 s.). Nel 1619 a favore del F. nella lite col Monaldi testimoniò il pittore Giulio Bernini che aveva lavorato con lui, intorno al 1602, prima come aiutante poi come socio. Giulio è risultato essere cugino di Gian Lorenzo Bernini che ne curava gli interessi a Firenze, come attesta un atto del 1628; l'amicizia del F. con Giulio potrebbe aver favorito i contatti del figlio Francesco, a Roma nel 1619, con Gian Lorenzo (ibid.). Il nome del F. si legge nei pagamenti per l'esecuzione degli affreschi nel casino mediceo (Masetti, 1962, pp. 2 s.). Un'opera attribuibile con certezza al F. sarebbe il ritratto della Granduchessa Maria Maddalena d'Asburgo (San Miniato al Tedesco, Museo diocesano), copia da J. Sustermans, per cui gli furono pagate 84 lire (Matteoli, 1978). Nel 1621 Alessandro Mariani richiese la licenza di citare in giudizio il F. che, essendo iscritto tra i familiari a ruolo della corte, non poteva essere perseguito penalmente senza l'autorizzazione dei Nove conservatori.
Dal Peruzzi si sa che il F. fu processato per l'omicidio di un certo Pandolfini e condannato a tre anni di confino a Pisa, dove morì dopo circa un anno, tra la fine del 1623 e l'inizio del 1624 (Barsanti, 1974, 291, pp. 83 s., 93 s. n. 56).
Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Notizie del Disegno… (1681-1728), a cura di F. Ranalli, Firenze 1846, III, p. 451; IV, p. 630 ss.; G. Gargani, Commentario della famiglia Furini, Firenze 1876; A. Solerti, Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, p. 135; G. Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo, Firenze 1925, II, p. 233; A.R. Masetti, Il casino mediceo e la pittura fiorentina del Seicento, in Critica d'arte, IX (1962), 50, pp. 2 s., 16 s.; A. Barsanti, Una vita inedita del F., in Paragone, XXV (1974), 289, pp. 68, 77-86; 291, pp. 79, 83 s., 88 n. 27, 93 s. n. 56, 99; Ancora sul F., ibid., 294, pp. 55-57, 61; A. Matteoli, Un'opera ignorata di F. F., in Commentari, XXIX (1978), p. 187 n. 3; G. Cantelli, in Il Seicento fiorentino, III, Firenze 1986, p. 93; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 595; Colnaghi's Dictionary of Florentine painters, Firenze 1986, pp. 109 s.