FRIGIOTTI (Freggiotti, Fregiotti), Filippo
Non si conoscono l'anno e il luogo di nascita di questo pittore documentato a Roma dal 1715 al 1732. È probabile che il F. abbia avuto rapporti di parentela con il musicista di origine borgognona Dionisio Frigiotti, che fu maestro di musica dei Rospigliosi e dalla famiglia costantemente beneficiato con mance ed elemosine periodiche.
Della produzione pittorica del F. ci è pervenuta documentazione riguardante i rapporti con la committenza; mentre sono poche le opere giunte sino a noi e altrettanto scarse risultano le notizie sulla vita e sulla formazione artistica. Il F. fu un pittore di generica cultura postmarattesca con qualche tangenza stilistica rispetto all'opera di G. Odazzi, seguace del Baciccio (G.B. Gaulli), e di G. Pesci che, allievo del Trevisani, fu presente in molti dei luoghi dove il F. lavorò.
I Rospigliosi, originari di Pistoia, si unirono ai Pallavicini grazie al matrimonio, avvenuto nel 1670, di Giovanni Battista, nipote del papa Clemente IX, con Maria Camilla Pallavicini, ultima erede della ricchissima famiglia genovese. I Rospigliosi Pallavicini nel 1704 acquistarono il palazzo a Monte Cavallo, appartenuto ai Borghese, e iniziarono i lavori di ampliamento e risistemazione dell'interno. Il F. risulta impegnato nel palazzo dal 1715 (Negro, 1990); con l'aiuto della sua bottega nell'ottobre di quell'anno dipinse sei stanze dei mezzanini e, nel febbraio dell'anno seguente, le stanze dell'appartamento nobile nella nuova ala aggiunta nel cortile. Sempre nel 1716 il F. realizzò con altri pittori alcuni fregi nell'appartamento al pianterreno e in seguito lavorò con la sua bottega nel "braccio nuovo", dove fu attivo fino al 1722. Nell'autunno del 1721 si dedicò all'appartamento del principe di Civitella, uno dei quartieri spettanti a Niccolò Pallavicini, dove, con altri pittori non meglio identificati, dipinse un nuovo soffitto in tela per il quale ricevette la somma di 23 scudi e 40.
In occasione dell'elezione al soglio pontificio di Innocenzo XIII, avvenuta l'8 maggio 1721, il F. fu incaricato di dipingere la nuova arma con lo stemma del papa insieme con quella dei Rospigliosi Pallavicini, da collocarsi entrambe sul portone del palazzo al Quirinale (Negro, 1996). Negli anni seguenti furono attivi nel palazzo altri pittori come Pietro Barbelli, Michele Mazza, Michele Rotati, Giacomo Cennini e, nel 1728, ancora il Frigiotti.
Verosimilmente, furono i Rospigliosi Pallavicini a fare da collegamento tra il F. e le monache cistercensi di S. Susanna per le quali, nel 1719, il pittore dipinse a tempera su muro, in una piccola cappella al primo piano del monastero, alcune scene relative alla passione di Cristo (la Preghiera nell'orto, la Flagellazione, l'Andata al Calvario) e le figure dei santi Bernardo e Gertrude. Nel 1718, infatti, nella chiesa venne eretta "canonicamente" la Compagnia del Santissimo Sacramento; priore della compagnia fu Camillo Rospigliosi, figlio primogenito di Clemente Domenico, che nel 1718 aveva solo quattro anni (Arch. segreto Vaticano, Visite apostoliche, S. Susanna, 13-1-2, fasc. 7). In mancanza di documenti, a motivare l'attribuzione, oltre alla presenza dell'iscrizione apocrifa collocata nei pressi dell'altare ("Filippo Freggiotti fu il pittore nel 1719"), sono le diverse affinità di queste pitture con l'unica opera superstite di cui parlano le fonti, la Visione di s. Francesca Romana, eseguita dal F. per la basilica di S. Sebastiano fuori le Mura. Possono notarsi delle somiglianze tra le figure dei santi Bernardo e Gertrude e quelle della Madonna e di s. Francesca Romana nella resa dei volumi e nella trattazione del panneggio che, in entrambi i casi, risulta leggermente mosso, a pieghe frastagliate e con bordi ondulati.
Agli inizi degli anni Venti l'attività del F. per i Rospigliosi Pallavicini si estese in provincia. Nel palazzo di famiglia a Zagarolo eseguì alcune non meglio specificate pitture, per cui ricevette continui pagamenti dal gennaio all'aprile del 1721. Nella tenuta di Maccarese, scorporata dai beni del maggiorasco Pallavicini e inclusa in quella dei Rospigliosi per volere della principessa Maria Camilla, nell'aprile del 1722 il F. lavorò nella chiesa di S. Giorgio e nel palazzo. Anche queste pitture non sono state identificate; tuttavia, nell'atrio al pianterreno, al centro della volta, spicca un grande stemma in cui le armi dei Rospigliosi, unite a quelle degli Odescalchi, sono sostenute da due vittorie alate i cui tratti affilati del viso e la resa del panneggio richiamano quelli affini della pala del F. per S. Sebastiano (Negro, 1996).
L'esecuzione della Visione di s. Francesca Romana si può far risalire al 1727, poiché il resoconto della visita pastorale di quell'anno riferisce dell'esistenza di un quadro su tela invece dell'affresco di cui si parla nell'inventario dell'anno precedente. Il dipinto doveva far parte di una piccola serie di quattro tele settecentesche (gli altri soggetti erano S. Girolamo, S. Bernardo e S. Carlo Borromeo) che avrebbero dovuto rinnovare la decorazione degli altari dedicati ai santi raffigurati nelle singole opere. La serie sarebbe stata in seguito smembrata e i dipinti dispersi, eccetto quello del Frigiotti. In questa sua pala, per la quale eseguì un bozzetto finito (cm 98 x 60), tanto da poter essere considerato un modello (Roma, coll. Lemme), il pittore riprese da Carlo Maratta la soluzione della composizione piramidale delle figure che appaiono sulla scalinata di una chiesa, disposte come ai vertici di un triangolo; all'apice, la Vergine propone un riferimento letterale al Maratta tratto dalla pala con S. StanislaoKostka, conservata a S. Andrea al Quirinale.
Commendatario della basilica di S. Sebastiano era il cardinale Pietro Ottoboni, figura assai intraprendente dell'epoca. La famiglia Rospigliosi versava un canone annuale all'Ottoboni come abate e perpetuo commendatario dell'abbazia dei Ss. Fabiano e Sebastiano, e per la proprietà che detta abbazia godeva su alcune parti di terreno e vigne della tenuta della Caffarella di cui era ereditaria la duchessa Maria Camilla Pallavicini (Arch. segreto Vaticano, A. Rospigliosi, ms. 1281, fasc. "Giustificazioni di cassa", 1722, eredità 5, 8).
Nel 1731 il F. s'impegnò a dipingere la volta della nuova chiesa di S. Giuseppe officiata dalla Congregazione dei Pii Operai, nonché, su richiesta del procuratore Tommaso Sergio, un quadro raffigurante S. Giuseppe, da consegnare per la festa del 19 marzo dell'anno successivo; e in data 16 ag. 1732 rilasciò ai Pii Operai una ricevuta per il pagamento del "quadro grande e per la pittura fatta nella volta della chiesa di San Giuseppe" (Archivio di Stato di Roma, Corporazioni religiose maschili, S. Lorenzo ai Monti e Madonna dei Monti, b. 3563/10 cc. sciolte). Entrambe le opere sono andate perdute.
Sullo scorcio del 1732 il F. lavorò nuovamente per i Rospigliosi Pallavicini realizzando un quadro, perduto, per la chiesa di S. Andrea a Gallicano.
Dai documenti non si ricava il soggetto dell'opera ma, poiché il suo valore equivale alla somma corrisposta dalla principessa Pallavicini per le pale d'altare della chiesa (20 scudi), potrebbe trattarsi di quella con i Ss. Andrea e Gallicano, che era sul secondo altare a destra e che fu sostituita da un dipinto ottocentesco di identico soggetto.
Dopo il 1732 non si hanno più notizie sul F.: ignoto è anche l'anno della morte.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, A. Rospigliosi, ms. 128, cc. 19, 35, 52, 72, 126, e ms. 248 "Mastrino e ristretto delle entrate e spese dell'anno 1721", c. 10 (per Dionisio); Visite apostoliche, S. Sebastiano fuori le Mura, 113, 1726, fasc. 18; 1727, fasc. 20; S. Susanna, 13-1-2, fasc. 7; Arch. di Stato di Roma, Corporazioni religiose maschili, S. Lorenzo ai Monti e Madonna dei Monti, b. 3563/4ter, cc. sciolte (per Dionisio); F. Titi, Descrizione delle pitture… esposte al pubblico in Roma, Roma 1763, pp. 31, 458; P. Zani, Enc. metodica… delle belle arti, I, 9, Parma 1819, p. 188; S. Rudolph, La pittura del '700 a Roma, Milano 1983, s.v.; Guide rionali di Roma, L. Gigli, Rione XIII Trastevere, I, Roma 1988, p. 26; S. Iacobini, Le vicende costruttive di S. Giuseppe alla Lungara…, in L'architettura da Clemente XI a Benedetto XIV, a cura di E. Debenedetti, Roma 1989, pp. 54 s.; A. Negro, Agostino Masucci: un soffitto in palazzo Rospigliosi Pallavicini ed alcune aggiunte, in Per Carla Guglielmi.Scritti di allievi, Roma 1989, pp. 125-127; Id., I Pallavicini e la ricostruzione della chiesa Sant'Andrea a Gallicano, in L'arte per i papi e per i principi nella Campagna Romana, II, Roma 1990, p. 253 n. 20; A.M. Affanni - M. Cogotti - R. Vodret, S. Susanna e S. Bernardo alle Terme, Roma 1993, p. 48; A. Negro, Quadri di caccia e di paese: "Monsù Leandro" ed altri nella decorazione del castello Rospigliosi di Maccarese, in Artisti e mecenati, a cura di E. Debenedetti, Roma 1996, p. 16 nn. 18-20; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 487; Diz. enciclopedico Bolaffi, V, p. 162.