FALCIATORE, Filippo. (Filippetto)
Nato a Napoli presumibilmente tra la fine dei sec. XVII e l'inizio del XVIII, non se ne conoscono gli estremi biografici anche se, attraverso le sue opere firmate e datate, risulta documentato tra il 1741 e il 1768. Dopo un breve alunnato giovanile presso il pittore Paolo De Matteis, "passò sotto la direzione del Vaccaro [Domenico Antonio], con disgusto di Paolo, per veder priva la sua scuola d'un de' suoi migliori discepoli, e molto si adoperò per farvelo ritornare..."; ma "Filippetto ... costante seguitò la maniera del suo nuovo maestro, e mirabilmente con sue fatiche avanzatosi, si fece distinguere con varie istoriette che furono applaudite da tutti i Professori" (De Dominici, 1743).
Tutta la produzione giovanile del F., costituita da "rametti" e tele di piccolo taglio e medio formato, per lo più d'argomento biblico e sacro, presenta molteplici affinità coi modi del Vaccaro: si ricordano Madonna col Bambino e s. Bruno al Museo Correale di Sorrento, Pietà (ovale) della raccolta del Banco di Napoli a Capodimonte, Ammone e Tamar e Sisara e Giaele (firmati) della raccolta Colucci a Napoli, Giuditta e Oloferne della Kunsthalle di Brema, Ritrovamento di Mosè dell'Oberösterr. Landesmuseum di Linz.
Secondo Spinosa (1986, p. 61), il F. riprese dal maestro "la capacità di sottrarsi alle influenze del classicismo corrente, riattivando le soluzioni morfologiche e compositive di evidente inflessione neomanierista, che proprio l'uso di una luminosità chiara ed avvolgente e di materie cromatiche dalle delicate tonalità azzurrognole accresce di valenze pittoriche di raffinato gusto rocaille".
Sono scomparse alcune opere giovanili segnalate dal De Dominici (1743): affreschi nel palazzo di Nicolò Pignatelli duca di Monteleone, dove, insieme con il De Matteis (che lavorò nel palazzo nel 1721-22: De Dominici, p. 323), l'artista eseguì varie pitture per lo studiolo del duca (cfr. Ferrari, 1980); affreschi nel palazzo del duca di Brunasso e sulla volta della chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli e inoltre più opere nella clausura della Ss. Trinità delle monache" nel cui convento alcuni anni più tardi, nel 1746, il F. restaurò i 287 quadri presenti nella "galleria" che erano stati dipinti oltre un secolo addietro, in occasione della visita a Napoli della regina d'Ungheria (e futura imperatrice) Maria d'Asburgo-Spagna, sorella di Filippo IV (A. Fiordelisi, La Trinità delle monache, in Napoli nobilissima, VIII [1899], 10, p. 147).
I cinque pannelli in legno su fondo dorato (Napoli, Museo Duca di Martina), raffiguranti Perseo che libera Andromeda, Perseo, Andromeda e il mostro marino, Leda e il cigno, Selene addormentata. La nascita di Pegaso, erano stati identificati dal Vitzthum (1967) con quelli della "sedia da mano" della regina di Napoli, Maria Amalia di Sassonia, visti e ammirati dal Solimena che "in quel tempo [1737-38] dipingeva ancor egli a Palazzo la mirabil soffitta del gabinetto" (De Dominici, 1743). Ma secondo Spinosa (1980, p. 242) questi pannelli non hanno nulla a che fare con la portantina di Maria Amalia e sono invece da porsi in una data più tarda, perché affini a opere quali la Natività del Museo di Martina, firmata e datata 1754 posteriori comunque agli affreschi del 1741 della sagrestia del Carmine Maggiore essendo, sempre secondo Spinosa (1980, p. 243), "elementi superstiti di una portantina, o addirittura di una carrozza o di un armadio, dipinti dal Falciatore negli anni Cinquanta".
Di poco precedenti al 1741, anno di esecuzione degli affreschi al Carmine Maggiore, con i quali hanno "affinità morfologiche" (Spinosa, 1986, p. 61), sono i due dipinti della coll. Giannone a Napoli (cfr. Spinosa, 1980, p. 238 e figg. 118a e b; sono note le rispettive repliche autografe in collezioni private): Assalto ad una "cuccagna" al largo di Palazzo (F. Mancini, Feste ed apparati..., Napoli 1968, p. 294, fig. 68, l'attribuisce a F. De Mura) e Scene di vita popolare al largo del Castello; essi documentano, in termini abbastanza evidenti, il legame di dipendenza che unì nella prima maturità il Falciatore a Domenico Antonio Vaccaro, e - più specificamente - al Vaccaro degli anni delle tarde tele per Monteverginella, per Marigliano o per Casamarciano" (Spinosa, 1980, p. 238).
Il 1741 è per l'appunto una data sicura nella incerta cronologia della vita e delle opere dell'artista; in quell'anno egli restaurò, ridipingendoli completamente, gli affreschi di G. Balducci sulla volta della sagrestia del Carmine Maggiore a Napoli. Secondo il Chiarini (1856-60, in Celano), gli affreschi "furono fatti da capo da F. Falciatore, e rappresentano il sacrifizio di Elia ed Eliseo ond'è liberata la città di Samaria, e molti Santi e Sante dell'Istituto Carmelitano". Nella sagrestia, inoltre, l'artista dipinse parecchi anni dopo ("la fine degli anni Cinquanta", con riferimento a Spinosa, 1971, p. 535) il quadro raffigurante La Vergine con i ss. Sebastiano, CarloBorromeo e Amalia per l'altare fatto erigere dalla comunità religiosa in segno di ringraziamento ai sovrani Carlo di Borbone e Amalia di Sassonia per la loro assidua devozione. Nei grandi affreschi decorativi, l'artista, pur restando ancora visibilmente legato all'opera del Vaccaro, ricerca, tuttavia, soluzioni compositive più raffinate e come nelle due tele di coll. Romano a Firenze, rappresentanti la Fuga in Egitto e la Sacra Famiglia adorata dagliangeli (quest'ultima firmata e datata 1741), "riveste di accenti più sottili rapidi sfrangiati la diversione in senso rococò (un rococò tutto napoletano) del suo maestro" (Bottari, 1966, p. 102).
A queste opere fanno seguito nel decennio successivo la Madonna colBambino, in Villa Livia a Napoli (Corso Vittorio Emanuele), il rame con Giuseppe e la moglie di Putifarre del Crocker Art Museum di Sacramento (California) e una nutrita serie di dipinti di piccolo e medio formato illustranti episodi di vita napoletana: espose "in occasion della festa de' 4 Altari [cioè del Corpus Domini] bellissimi capricci, di assassinamenti, d'incendij, di ricreazioni disturbate in campagna, ed altri bellissimi quadretti, che han meritata la lode di tutto il pubblico e de' medesimi Professori a' quali egli cerca di soddisfare con sue virtuose fatiche" (De Dominici, 1743).
La serie di tele e tavolette si snoda lungo un ventennio circa: a partire dai citati dipinti di casa Giannone immediatamente precedenti il 1741 fino a opere alquanto più tarde quali Signorotti e briganti (Stoccarda, Staatsgalerie), precedente di qualche anno la Natività del 1754 (Spinosa, 1980, I, p. 240), Tarantella a Mergellina e Trattenimento in giardino (ambedue al Detroit Institute of Art) e all'Assalto ad un carro di carcerati al Foro Carolino (comparsa sul mercato antiquario a New York: ill. in Spinosa, 1986, tavv. 51-53), che reca la data 1764 e illustra un episodio verificatosi a Napoli al largo del Mercatello (oggi piazza Dante) durante la carestia del 1764.
In quelle di più antica data di queste scene di genere non compare "alcun tentativo di resa realistica, di puntualizzazione psicologica, di vera partecipazione alle qualità più intime dell'episodio illustrato; sia che contenga spunti di incontenibile comicità o situazioni di drammaticità vera, sia che documenti la misera condizione del proletariato urbano e l'agiatezza oziosa dei 'nobilotti' di campagna" (Spinosa, 1986, p. 64). Nel corso degli anni in cui si scala questa produzione il pittore raggiunse pur tuttavia un maggior grado di maturazione che gli consentì di arricchire il racconto "con annotazioni argute e divertite, in toni spigliati e a volte irriverenti in ritmi lievi e brillanti, da vero 'capriccio rococò'" (ibid.).
A queste opere si collegano, per medesimo spirito e per l'uso di preziose soluzioni formali improntate ad un raffinato gusto rocaille, alcuni dipinti di argomento sacro o mitologico, quali la tela raffigurante Giunone che adorna la coda del pavone con gli occhi di Argo, in collezione Celario di Napoli (ibid., p. 153 e fig. 277), e alcune opere conservate nel Museo Duca di Martina: la citata Natività del 1754, "raffinata traduzione del tradizionale tema sacro in racconto dai toni sottilmente divertiti e profani, ricco di gustose annotazioni "dal vero" ... e già espressivo di una sensibilità vagamente intimista e preromantica" (Spinosa, 1980, p. 244), i cinque pannelli con fondo d'oro a soggetto mitologico già descritti e due tondi con Caino ed Abele e Giuseppe e la moglie di Putifarre.
L'ultima produzione del pittore è rappresentata da una Immacolata Concezione, firmata e datata 1763, nella omonima chiesa di Cicciano, dal già citato Assalto ad un carro di carcerati al Foro Carolino del 1764 e da un Battesimo di Cristo, firmato e datato 1768, nella chiesa di S. Giovanni Lionello a Trani, ultima opera conosciuta del Falciatore.
Vari disegni sono stati messi in rapporto con il F. e in particolare con alcune sue opere note (New York, Cooper-Hewitt Nat. Museum of Design; Napoli, Gall. naz. di Capodimonte, e Soc. nap. di storia patria) ma non tutti sono di pacifica attribuzione (cfr. tra gli altri: Vitzthum, 1966 e 1967; Causa Picone, 1974 e 1980).
Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, III, Napoli 1743, p. 494; G. Sigismondo, Descriz. della città di Napoli e suoi borghi, II, Napoli 1789, p. 167; C. Celano, Notizia del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli (1692) con aggiunzioni per cura del cav. G. B. Chiarini, Napoli 1856, 1860, IV, p. 211; G. A. Galante, Guida sacra della città di Napoli (1872), a cura di N. Spinosa, Napoli 1985, ad Indicem; Esposizione naz. di belle arti di Napoli. Catal. generale, Napoli 1877, p. 140; F. Bologna, F. Solimena, Napoli 1958, pp. 148, 170 n. 23; S. Bottari, F.F., in Napoli nobilissima, s. 3, III (1963-64), pp. 97-102; Id., Aggiunte all'opera di F.F., ibid., s. 3, V (1966), pp. 102-104; W. Vitzthum, in Disegni napol. del Sei e Settecento (catal.), Napoli 1966, pp. 41 s.; Id., F. F. petit-maître oublié du style rocaille à Naples, in L'Oeil, gennaio 1967, pp. 18-23; R. Mormone, Un dipinto ined. di F.F., in Napoli nobilissima, VIII (1969), pp. 90 ss.; N. Spinosa, L'arazzeria napol., Napoli 1971, pp. 33 s.; Id., La pittura napol. da Carlo a Ferdinando IV di Borbone, in Storia di Napoli, VIII, Napoli 1971, pp. 486-492, 534 s.; M. Causa Picone, Disegni della Società napol. di storia patria, Napoli 1974, p. 65 e passim (cfr. Indice); N. Spinosa, in Civiltà del '700 a Napoli (catal.), Firenze 1980, I, pp. 238-244; II, pp. 434 s.; O. Ferrari, ibid., I, p. 133; M. Causa Picone, ibid., I, p. 388; V. Rizzo, Notizie su G. Traversi ed altri artisti napol. del '700, in Napoli nobilissima, XX (1981), 1-2, pp. 20, 31 s.; G. Toscano, Rapporti tra il commendatore fra d. Giuseppe Maria Cicinelli e il pittore napoletano F.F., in G. Toscano-D. Campanelli, Uncontributo alla storia di Cicciano..., in Atti del Circolo culturale G. B. Duns Scoto di Roccarainola, VII (1981), p. 34-42; C. Volpe, Per "Filippetto" F., in Scritti in onore di O. Morisani, Catania 1982, pp. 371-378; Restauri in Puglia 1971-1981, s.l. [Fasano] 1983, p. 70; N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento, dal barocco al rococò, Napoli 1986, pp. 61-65, 93, 151-156; Id., La pittura del Settecento nell'Italia merid., in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, ad Indicem; A. Spinosa, ibid., p. 710 (biogr. e bibl.); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 212; A. Catello, in Diz. della pittura e dei pittori (Einaudi), II, pp. 254 s.