MONTFORT, Filippo di
MONTFORT, Filippo (II) di. – Figlio primogenito di Filippo I, signore di Castres nella Francia meridionale, e di Eleonora di Courtenay (figlia di Pietro II, imperatore latino di Costantinopoli), nacque intorno al 1225.
Circa dieci anni dopo la morte della madre, nel 1239, il padre affidò a Montfort l’amministrazione dei feudi francesi della famiglia, riservandosi una cospicua rendita di 2000 lire tornesi.
Lasciata la Francia, Filippo I si trasferì stabilmente in Terrasanta, dove sposò Maria d’Antiochia, che gli portò in dote il dominio su Toron, nel Libano meridionale. Signore di Tiro dal 1246, pretendente al trono d’Armenia e, per alcuni anni, connestabile del Regno di Gerusalemme, divenne quindi uno fra i più importanti baroni franchi d’Oltremare. Fu assassinato a Tiro, per ordine del sultano Baibars, il 17 agosto 1270.
In assenza del padre, Montfort si occupò dei vasti possessi feudali che la famiglia aveva acquisito nella regione albigese e, in particolare, del governo di Castres: nel 1258 promosse l’insediamento dei frati predicatori e la fondazione del convento di Saint-Vincent de Castres; nell’aprile 1259 fu incaricato da Simone di Montfort, conte di Leicester, di amministrare la contea di Bigorre; nel 1263 raggiunse un accordo con il capitolo della cattedrale di Albi in merito ad alcuni beni di natura feudale; nel 1265 confermò le consuetudini di Castres; tra il 1257 e il 1267, infine, sostenne un aspro contenzioso, che in più occasioni si trasformò in vero e proprio conflitto armato, con i visconti di Lautrec.
Nei primi mesi del 1265 Montfort fu posto al comando di un contingente militare provenzale inviato a Milano per rafforzare la parte guelfa capeggiata da Filippo della Torre, contrastare le operazioni dei ghibellini comandati da Oberto Pelavicino, conquistare il consenso delle città lombarde e preparare il terreno per la spedizione che Carlo d’Angiò stava organizzando per impadronirsi del Regno di Sicilia. Nella Pasqua successiva era ancora a Milano, ma era vivamente atteso a Roma dal vicario angioino, Giacomo Cantelmo, che trovava crescenti difficoltà nel contenere la parte ghibellina sempre più minacciosa. Nel mese di agosto Montfort si adoperò con successo per far aderire Vercelli alla parte guelfa; poco dopo si unì all’esercito franco-provenzale e affiancò il giovane conte di Fiandra, Roberto di Béthune, al comando delle truppe angioine che, varcate le Alpi nel mese di ottobre, discesero lungo la Penisola, evitando di attraversare la Toscana controllata dai ghibellini, e sul finire del 1265 o nei primissimi giorni del gennaio successivo raggiunsero a Roma Carlo d’Angiò, spostatosi con la flotta nel mese di maggio per portare immediato soccorso a Cantelmo.
Durante la battaglia di Benevento, il 26 febbraio 1266, fu posto al comando, insieme con il cognato Gui III de Lévis-Mirepoix, di una schiera di mille cavalieri franco- provenzali che, dopo aver decimato gli arcieri saraceni, subì l’attacco dei cavalieri tedeschi, le truppe migliori di Manfredi, e fu costretta a ripiegare sotto l’impeto degli avversari.
Dopo la conquista del Regno, Clemente IV, tenendo fede a una promessa fatta l’anno precedente, suggerì a Carlo I d’Angiò di sostituire Barral de Baux, che desiderava lasciare la podesteria di Milano, con Montfort, al quale il pontefice era legato da vincoli di amicizia risalenti al periodo precedente la sua ordinazione sacerdotale. Tuttavia, l’Angioino volle affidare al signore di Castres un incarico ben più importante e lo nominò vicario generale in Sicilia, con il compito di riportare la tranquillità nell’isola: imbarcatosi a Reggio su una galea genovese il 1° aprile, in compagnia dell’arcivescovo di Cosenza Bartolomeo Pignatelli, Filippo raggiunse Messina che già il 13 marzo aveva abbracciato la causa angioina.
Il nuovo re di Sicilia, il 31 dicembre 1266, promise di versare integralmente a Montfort e ai suoi uomini gli stipendi maturati fino a quel momento e di pagare di mese in mese gli stipendi futuri fino alla Pasqua successiva; inoltre venne garantita a Montfort, nel caso di un suo rientro definitivo in Francia, la decadenza di inchieste tese ad accertare la correttezza del suo operato e la nullità di eventuali condanne pronunciate dopo la sua partenza.
Lasciato l’incarico di vicario nei primi mesi del 1267, insieme con l’arcivescovo di Salerno e con il giurista Roberto di Lavena, Montfort condusse a Viterbo le trattative con Clemente IV sui tributi che Carlo d’Angiò intendeva riscuotere dalle chiese del Regno. Quindi fu nominato (25 marzo 1267) capitano delle milizie regie destinate al servizio della Chiesa in Toscana; lo stesso giorno l’Angiò concesse a lui e a Lavena la facoltà di concludere accordi con Firenze, con Lucca e con ogni altra comunità, conte o barone della Toscana, fatte salve le convenzioni stipulate tra il re e la Chiesa. Due giorni prima, lo stesso re aveva ordinato ad Amiel di Curbans di portarsi a Viterbo con gli stipendiari che si trovavano sotto il suo comando in Abruzzo e di porsi agli ordini di Montfort e Lavena.
Sistemate le cose in Toscana, Montfort rientrò in Francia passando da Genova, città legata alla sua famiglia da solida amicizia, dove fu accolto e ospitato con tutti gli onori. Il 1° aprile 1268 Filippo I scrisse da Tiro al re di Francia Luigi IX pregandolo di ricevere l’omaggio feudale da suo figlio per i beni situati nelle diocesi di Albi, Narbonne e Carcassonne. Nel dicembre dello stesso anno, il re francese, preso atto della richiesta avanzata dal signore di Tiro e dai figli che questi aveva avuto dalla sua seconda moglie, accolse Montfort come uomo ligio per la porzione a lui spettante dei feudi paterni.
Impegnato nel risolvere le questioni francesi, Filippo probabilmente non partecipò alla battaglia di Tagliacozzo (23 agosto 1268), dopo la quale, secondo una consolidata tradizione non supportata adeguatamente dalle fonti, fu nuovamente inviato in Sicilia per far fronte alla rivolta che aveva coinvolto l’intera isola, salvo Palermo e Messina, in occasione della spedizione di Corradino di Svevia.
Il 1° aprile 1270, nel castello di Roquecourbe, in procinto di rientrare nel Regno di Sicilia e in presenza della moglie, Jeanne de Lévis-Mirepoix, dettò le sue volontà testamentarie in favore dei figli, «secundum consuetudinem Gallicanam» (De Vic - Vaissète, 1843, p. 557), con un legato per il convento dei predicatori di Castres. Il 13 giugno successivo era nuovamente a Napoli, presso la corte angioina, annoverato tra i testimoni presenti all’accordo matrimoniale tra la figlia di Anseau de Cayeux e Drogone di Beaumont, maresciallo del Regno di Sicilia.
Nella primavera del 1270, probabilmente incontrò per l’ultima volta il padre che, proprio allora, trovandosi in Italia meridionale, ottenne da Carlo d’Angiò il permesso di esportare dal Regno vettovaglie per rifornire Acri. Nell’agosto successivo si imbarcò con il re di Sicilia per portare soccorso a Luigi IX di Francia impegnato nella crociata contro Tunisi.
Fu proprio in occasione di questa crociata che Montfort concluse un accordo con Pietro di Beaumont, maresciallo del Regno, in base al quale i suoi due figli, Giovanni e Simone, avrebbero sposato le due figlie più grandi di Beaumont. Oltre ai due maschi, dalla moglie ebbe tre figlie: Eleonora (poi moglie del conte Jean de Vendôme), Laura (moglie del conte Bernard de Comminges) e infine Giovanna (moglie dapprima del conte Guy de Forez, quindi in seconde nozze di Ludovico di Savoia barone di Vaud).
L’esercito angioino sbarcò in Tunisia poco dopo la morte del re francese, avvenuta il 25 agosto 1270; Carlo d’Angiò prese il comando dell’esercito crociato e il 28 agosto tentò la soluzione di forza: affidata una delle due schiere del suo esercito al comando di Montfort, riuscì a sconfiggere i Saraceni, infliggendo loro perdite considerevoli. Tuttavia la vittoria non fu decisiva: con l’esercito fiaccato da un’epidemia, il 30 ottobre 1270, il re di Sicilia raggiunse una accordo con l’emiro di Tunisi, Abū ‘Abd Allāh Muḥammad al ‘Mustanṣir, che si impegnò al pagamento di un tributo, e nel novembre successivo, abbandonò l’Africa per rientrare nell’isola.
L’epidemia che aveva decimato l’esercito franco-angioino non risparmiò Montfort, che morì nell’accampamento crociato posto davanti alle mura di Tunisi il 28 settembre 1270.
Un suo vassallo, Geraud de Burlas, fatte sotterrare le carni del defunto, ne fece trasportare le ossa e il cuore presso la chiesa di Saint- Vincent de Castres, dove i resti furono inumati, il 9 settembre 1271, in presenza della vedova e di molti nobili della regione.
Definito da Saba Malaspina «homo bellicosus et statura placibilis» (Die Chronik…, 1999, p. 226), Montfort fu senza dubbio un valido comandante militare, abile nel preparare la strada all’avventura italiana di Carlo d’Angiò, prezioso in occasione della decisiva battaglia di Benevento e delle trattative con le città toscane che culminarono, nella Pasqua del 1267, con l’ingresso del re di Sicilia in Firenze e il ritorno dell’egemonia guelfa in Toscana. Ciononostante rimase sempre in bilico tra la gestione dei feudi francesi – per i quali era obbligato a risiedere per tre mesi all’anno, con il dovuto numero di militi, nella città di Carcassonne, dove la sua famiglia manteneva una casa – e la possibilità di stabilirsi definitivamente in Italia, dove avrebbe sicuramente goduto della riconoscenza del primo re angioino, della quale tuttavia beneficeranno ampiamente i suoi figli.
Fonti e Bibl.: Annales Mediolanenses, in Rer. Ital. Script., XVI, Mediolani 1730, col. 665; Annales Siculi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., V, 1, p. 120; Guillelmus de Nangiaco, Gesta Ludovici regis Franciae, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, XX, Paris 1840, pp. 418-421, 424 s., 438 s.; Annales Ianuenses, in Mon. Germ. Hist., Scriptores XVIII, Hannover 1863, pp. 256, 260; Les registres de Clément IV, a cura di É. Jordan, Paris 1893-1945, pp. 374 s., 400; Bernardus Guidonis, De fundatione et prioribus conventuum provinciarum Tolosanae et Provinciae ordinis Praedicatorum, a cura di P.A. Amargier, Roma 1961, pp. 135-137, 139-143, 145-149; I registri della cancelleria angioina, a cura di R. Filangeri et al., I, III, IV, VI, VII, IX, Napoli 1950-1979, ad ind.; Giovanni Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, I, Parma 1990, pp. 410, 419, 461; Die Chronik des Saba Malaspina, a cura di W. Koller - A. Nitschke, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXXV, Hannover 1999, pp. 178, 226; M. Camera, Annali delle Due Sicilie, I, Napoli 1841, pp. 262 s., 266, 269, 305; C. De Vic - J. Vaissète, Histoire générale de Languedoc, a cura di A. Du Mège, VI, Toulouse 1843, pp. 95, 105 s., 129, 134 s., 145- 147, 155, 247, 299, 345 s., 557, 47*-48*; L. Blancard, Une page inédite de l’histoire de Charles d’Anjou, in Bibliothèque de l’École des chartes, XXX (1869), pp. 562-564; É. Jordan, Les origines de la domination angevine en Italie, Paris 1909, pp. 403, 574, 591, 594; A. Vidal, Compromis entre Philippe de Montfort, seigneur de Castres et le chapitre de Saint-Cécile d’Albi (1263), in Albia christiana, IX (1912), pp. 95-102; E.G. Léonard, Les Angevins de Naples, Paris 1954, pp. 56, 58, 72; S. Runciman, I Vespri siciliani. Storia del mondo mediterraneo alla fine del tredicesimo secolo, Bari 1971, pp. 120, 125, 129, 164; L. Catalioto, Terre, baroni e città in Sicilia nell’età di Carlo I d’Angiò, Messina 1995, pp. 16, 70, 87, 95, 128, 141 s., 147; J. Dunbabin, The French in the Kingdom of Sicily 1266-1305, Cambridge 2011, pp. XIII, XV, 34, 53, 83, 91, 121, 144 s., 148, 163.