DAMPIERRE, Filippo de (Filippo di Fiandra)
Quinto figlio maschio di Guido (Guy) de Dampierre, conte di Fiandra, nacque tra il 1251 e il 1260 e fu destinato alla carriera ecclesiastica. Studiò teologia a Parigi e qui nel 1283 Carlo d'Angiò lo convinse a seguirlo nel Regno di Sicilia.
Il padre e il fratello avevano già avuto modo di combattere a fianco di Carlo. Il conte Guido aveva partecipato nel 1270 alla crociata di Tunisi. cil fratello ma giore del D., Roberto conte di Béthune, era stato uno dei capitani che nel 1265 avevano condotto l'esercito angioino a Roma. Nella battaglia di Benevento poi, Roberto aveva comandato la terza schiera angioina ed aveva in seguito partecipato, insieme con il padre, alla crociata di Tunisi. Carlo gli aveva dato in sposa la figlia bianca stringendo in tal modo anche legami di parentela con la famiglia dei conti di Fiandra. Roberto, tuttavia, aveva pensato che il suo vero posto come primogenito fosse in Fiandra e vi aveva fatto ritorno nel 1271.
Il D. convinto'da Carlo d'Angiò a un cambiamento radicale di vita, lo seguì quindi in Sicilia, accompagnandolo, a quanto pare, nel 1284 quando si trasferì per mare da Marsiglia a Napoli. Carlo lo armò cavaliere e gli combinò un matrimonio molto vantaggioso con Mahault (Matilde) de Courtenay. Matilde era orfana di ambedue i genitori: Raoul de Courtenay morì nel 1270 (Alice de Monfort era già morta nel 1255) e da allora re Carlo ne tutelò personalmente i diritti. Matilde era titolare in Francia delle signorie di Pendy, Neuves, La Motte-les-Champignelles, Villeneuve-les Genets, e nel Regno della contea di Chieti. Inoltre in occasione del matrimonio Carlo verso agli sposi la pensione vitalizia di 400 once annue che aveva promesso in precedenza a Matilde: la pensione fu poi aumentatada Carlo II a 600 once e infine sostituita con la contea di Loreto già in possesso di Corrado d'Antiochia figlio di un bastardo di Federico II.
Nel corso degli anni si aggiunsero ai possessi del D. e di Matilde vari altri piccoli feudi in Capitanata, negli Abruzzi e nel Principato. La coppia ottenne anche il diritto di esportare annualmente 3.000 salme di frumento.
Fino al 1287 il D. non è più ricordato nelle fonti, ma possiamo supporre che egli abbia partecipato attivamente agli avvenimenti politici e bellici, senza negare il suo contributo personale durante la guerra contro la ribelle Sicilia, anche se in base alla Constitutio super ordinatione regni Sicilie, rilasciata da papa Onorio IV dopo la morte di Carlo I, e mentre Carlo Il si trovava prigioniero in mano degli Aragonesi, il D. stesso. avrebbe potuto usufruire del diritto, concesso dal papa alla nobiltà del Regno, di riscattare il servizio militare dovuto con il denaro. Nel 1287 comunque il D. si trovava nella flotta angioina comandata dallo sfortunato grande ammiraglio Narjaud de Toucy, che subì uniscottante sconfitta ad opera delli flotta siculo-aragonese guidata da Ruggiero di Lauria. Insieme con molti altri nobili lo - scontro navale fu chiamato in seguito "la battaglia dei conti" - il D. cadde in mano degli Aragonesi. Sua moglie provvide immediatamente a procurare il denaro necessario per il pagamento, del riscatto. Ottenne il permesso, di esportare mille salme di frumento in piu, nonché il versamento della "subventio" dovuta in casi del genere dai vassalli dei loro feudi. Nel 1289 il D. era di nuovo libero, dato che è ricordato tra i cavalieri dell'esercito.
Tra il 1289 e il 1293 il D. partecipò, evidentemente dalla parte dei Fiorentini, alla guerra di Firenze contro Pisa e Arezzo. Giovanni Villani parla di lui come di un cavaliere provato che aveva fatto le sue esperienze militari "e in Italia e in Toscana e in Sicilia". La sua fama è testimoniata anche dall'offerta da parte del Comune di Fermo, avanzata a quanto pare nel 1292, del capitanato della città. Carlo II, tuttavia, lo indusse a rifiutare la carica perché la città, pur formalmente dipendente dal papa, si considerava autonoma e, come diceva il re, teneva un atteggiamento "contra Romanam ecclesiam".
Nel frattempo il D. non aveva mai perso d'occhio gli avvenimenti fiamminghi, dominati dal conflitto esploso tra il conte Guido, suo padre, e il re di Francia. Guido, preoccupato dell'indipendenza della contea, nel 1294 aveva tentato di concludere un accordo con la dinastia inglese, accordo che gli era stato, però, impedito con la forza da Filippo il Bello. Nelle trattative condotte da Guido con il re Edoardo d'Inghilterra era stato concordato il matrimonio tra la figlia del conte, Filippina, e il figlio ed erede del re. Il re francese, venuto a conoscenza di questo progetto, fece chiamare il "Leone di Fiandra" - questo il soprannome di Guido - a Parigi e qui lo fece incarcerare con i due figli che l'avevano accompagnato. Essi poterono riacquistare la libertà soltanto consegnando al re Filippina, che fu trattenuta a Parigi come ostaggio. Il matrimonio era quindi fallito. Nel. 1297 Guido dichiarò che in seguito a questi avvenimenti egli non si sentiva più legato dal giuramento di fedeltà prestato al re di Francia. Seguirono alcuni scontri militari in cui il conte si trovò combletamente solo, poiché il promesso appoggio inglese venne a mancare. Guido si vide perciò costretto a concludere una tregua in cui si stabiliva che la pace definitiva doveva essere trattata a Roma sotto la presidenza di Bonifacio VIII. Il conte mandò a Roma i figli Roberto de Béthune e Giovanni de Namur e indusse anche il D. a recarsi in Curia. Ma le trattative non portarono a nessun risultato e furono interrotte nel 1298. Nel 1300, Carlo di Valois invase la Fiandra. Guido dovette capitolare e fu portato prigioniero in Francia, mentre la contea venne sottoposta al dominio del re francese.
Il D. da Roma era tornato nel Regno. Nel 1301 morì Matilde senza avergli dato un erede. Nello stesso anno, o al più tardi nel 1302, il D. si risposò con Filippina de Milly, figlia del siniscalco Goffredo de Milly e vedova di Ugo de Sully, che per molti anni era stato luogotenentedel re di Sicilia in Albania e in Romania. Filippina nel 1302 o nel 1303 mise al mondo un figlio al quale venne imposto il nome di Luigi: portò al D. nuovi feudi ed i vantaggi economici devono aver giocato un ruolo non indifferente nella scelta della nuova moglie, dato che il D. mise sempre particolare zelo nell'accrescere i propri possedimenti, arrivando spesso anche ad appropriarsi illegalmente di feudi altrui. Sin dal 1292 il re era stato chiamato più volte a decidere su vertenze del genere. Nel 1302 gli abusi del D. portarono addirittura a gravi tumulti nella città di Lanciano: qui i cittadini formarono una deputazione che doveva sollecitare, la corte reale a riconfermare la demanialità del Comune in base ad antichi privilegi. Venuto a conoscenza di questa iniziativa, il D. fece catturare e poi rinchiudere in carcere i deputati. Uno di essi morì in seguito allegravi lesioni riportate durante questa azione di forza: questo incidente esasperò i cittadini a tal punto che essi dettero l'assalto al palazzo del Dampierre. Carlo II incaricò allora il giustiziere di Abruzzo di far luce sugli avvenimenti, ma il D. cercò di intralciare le indagini molestando i testimoni.
Le indagini erano ancora in corso quando giunse in Italia la notizia della grande rivolta del popolo fiammingo. Il 17 maggio 1302, a Bruges, la popolazione aveva fatto un massacro tra le truppe di occupazione francese paragonabile a quello verificatosi a Palermo nel 1282. I due fratelli minori del D., Guido e Giovanni, nati dal secondo matrimonio del conte Guido, si erano messi alla testa della rivolta. Nella battaglia di Courtrai dell'11 luglio 1302 l'esercito francese, comandato da Roberto di Artois, fu gravemente sconfitto. Il D. decise allora di intervenire nella guerra a fianco dei fratelli. Il diritto feudale siciliano esigeva, però, la presenza del feudatario nel Regno: il D. chiese pertanto il permesso di lasciare il Regno, e lo ottenne soltanto fino alla primavera del 1303. Egli affidò la tutela dei suoi feudi al re il quale, da parte sua, ne incaricò i giustizieri delle singole province. Esistono indizi che lasciano pensare che il D. abbia dovuto giurare a Carlo II di non prendere le armi contro il re di Francia e di adoperarsi per la conclusione di una pace. Con una truppa 0 mercenari assoldati in Italia il D. si mise in viaggio e arrivò nel maggio del 1303 nelle Fiandre, dove si qualificò come "Coens de Thyette et Loret", conte di Chieti e di Loreto, francesizzando i nomi dei suoi feudi nel Regno. Come "houdende de administratie van Vlaenderen", governatore di Fiandra, il D. si mise subito alla testa dell'esercito fiammingo. Appare evidente il contrasto della sua nuova funzione con il ruolo svolto fino ad allora in Italia dove aveva combattuto contro i ribelli siciliani ed aveva opposto la massima resistenza ai tentativi di autonomia dei cittadini di Lanciano. Molti francesi nell'esercito avversario erano del resto suoi amici, o almeno gli erano ben noti. Roberto di Artois, morto nella battaglia di Courtrai, era stato luogotenente del Regno di Sicilia dopo la morte di Carlo I d'Angiò e anche Carlo di Valois, l'attuale comandante delle truppe francesi, aveva combattuto nel Meridione d'Italia. Il D. guidò l'esercito fiammingo con grande capacità, e nel contempo mostrò notevole abilità diplomatica nei confronti dei propri connazionali. Se inizialmente non fermò gli eccessi del "popolo" contro la nobiltà, facendo anche concessioni agli abitanti delle città, tirò tuttavia le briglie quando la sua posizione si consolidò. Nei confronti della Francia tendeva invece alla conclusione di una pace. Dopo la battaglia presso Mons-en-Péléve (3 ag. 1304) si ritirò con l'esercito a Lille, alla quale Filippo IV pose l'assedio. Ma quando alle spalle dei Francesi fecero la loro apparizione le truppe fianuninghe numericamente superiori, il re si vide costretto a concludere una tregua, che nei punti essenziali anticipava il trattato di pace di Athis-sur-Orge del giugno 1305.
Carlo II, però, aveva concesso al D. di assentarsi dal Regno soltanto fino all'inizio del 1303 e non vedendolo ritornare già nel febbraio del 1303 incamerò i suoi feudi che furono subito concessi ad altri, Lanciano, che si era ribellata contro il D., fu assegnata, per espresso desiderio dei cittadini, al Demanio reale. Il provvedimento regio era nel complesso abbastanza insolito. In casi analoghi la confisca dei possedimenti veniva eseguita molto più tardi, e solo quando mil titolare aveva disatteso anche l'ordine ultimativo di rientrare nel, Regno; i feudi del D., invece, furono confiscatiancor prima che questi fosse arrivato in Fiandra. Si trattava, quindi, indubbiamente, di un provvedimento politico: Carlo II disapprovava evidentemente la presa di posizione del D. contro la dinastia francese.
La rivolta delle città fiamIninghe, grazie alla quale la famiglia Dampierre aveva riconquistato i suoi antichi diritti comitali, si era conclusa in modo deludente per le stesse città, con una pace molto accondiscendente verso la Francia. Il conte Guido di Fiandra era morto nel 1305 nel carcere francese, e gli successe ora nella contea il primogenito Roberto di Béthune, che con la pace aveva riconquistato la libertà. Alla fine del 1305 il D. tornò nel Regno insieme con la moglie. Era stato privato di tutti i suoi feudi ad eccezione di alcuni piccoli possedimenti che facevano parte della dote di Filippina. Carlo II non gli concesse nessuno feudo e nelle fonti il D. è qualificato ormai soltanto come "olim comes Theatinus et Laureti", Per mantenere il consueto stile di vita il D. si indebitò oltremodo, accendendo sui pochi possedimenti rimastigli debiti che poi non fu in grado di restituire.
Nel febbraio del 1308 fece testamento e morì poco tempo dopo. Sua moglie gli sopravvisse soltanto di un anno. Dal matrimonio erano nati, oltre al già ricordato Luigi, altri due figli, Filippo, morto in giovanissima età, e Margherita.
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