FILIPPO (Filippino) da Ferrara
Nato probabilmente a Ferrara nella seconda metà del sec. XIII, entrò in data imprecisata nell'Ordine domenicano. Nulla sappiamo sulla sua carriera nell'Ordine; la storiografia domenicana si limita a fissarne l'attività letteraria intorno agli anni 1310-12,segnalando i titoli delle sue opere.
Gli storici di Ferrara collocano la sua attività intorno al 1304 ed attestano, a partire dal Libanori, una appartenenza alla nota famiglia ferrarese dei Filippi: ma la notizia non appare documentata. Il Superbi, fornisce notizie generiche riguardo a una sua carriera di lettore, di provinciale e di priore in molti conventi domenicani, e fissa la durata della sua vita in sessantanove anni. Tali notizie trovano conferme assai scarse nei documenti dell'Ordine.
Certamente nel capitolo provinciale tenuto a Vicenza nel 1307 F., che proveniva dal convento di Faenza, venne assegnato al convento di Venezia per seguirvi i corsi sulle Sentenze. Nel 1313lo troviamo a Bologna, dove è documentata la sua presenza al capitolo conventuale del 12 marzo; ma non figura più in quella città negli atti dei capitoli degli anni successivi.
Della sua funzione di professore non rimane alcuna testimonianza, anche se il commento alla logica di Pietro Ispano si inserisce sicuramente all'interno di una attività di insegnante, e contiene una precisa allusione ad alcuni discepoli. In un periodo imprecisato F. soggiornò anche nel convento di Bergamo, come si deduce da un riferimento diretto contenuto nel Liber de introductione loquendi. Sulla base di queste notizie, e se accettiamo la notizia del Superbi sulla durata della sua vita, la data della morte può essere approssimativamente fissata intorno alla metà del sec. XIV.
All'incertezza dei dati biografici si contrappone una relativa chiarezza nel panorama della produzione letteraria di F.: i vecchi biografi gli attribuiscono diversi scritti, indicando talvolta con titoli differenti la medesima opera; ma la tradizione manoscritta permette di identificare con sicurezza le due opere da lui composte.
La prima, una Expositioin logicam PetriHispani, si conserva in un unico codice della Bibl. apost. Vaticana, il Vat. lat. 3043, ff. 80ra-108vb, nel quale l'opera gli è ascritta inequivocabilmente. L'incipit contiene un riferimento a Pietro Ispano come appartenente all'Ordine domenicano e costituisce un'importante testimonianza della circolazione di tale notizia, probabilmente infondata, e della confusione creatasi attorno al nome di questo personaggio. Del manuale di Pietro Ispano, designato come Tractatus, secondo l'uso corrente fino al XIV secolo, F. commenta solo i primi cinque libri. Il commento contiene alcuni riferimenti alle opere logiche di un altro domenicano, Graziadei da Ascoli, nonché l'accenno ad alcuni discepoli dello stesso F., che avrebbero appreso dalle sue lezioni l'analogia tra la logica ed il gioco degli scacchi e sarebbero in grado di giocare loicaliter. Queste indicazioni consentono di datare almeno approssimativamente l'opera anteriormente al 1335: si tratterebbe dunque di uno dei primi commenti italiani al Tractatus di Pietro Ispano.
La seconda opera è il Liber de introductione loquendi, indicato talvolta anche come Liber mensalis. Se ne conoscono nove manoscritti (Creytens, Le manuel…, pp. 111 s.,con le aggiunte di Kaeppeli), e non è possibile precisarne la data di composizione se non all'interno di un arco cronologico abbastanza ampio che va dal 1321 al 1347. L'opera si presenta con i caratteri di un manuale, rivolto precipuamente ai confratelli dell'Ordine domenicano, ma manifesta un carattere alquanto singolare all'interno della letteratura pastorale e didattica: si propone infatti di insegnare ai frati come parlare nelle diverse circostanze del loro apostolato e della vita quotidiana. Questo programma pedagogico si articola in otto libri, che passano in rassegna luoghi e situazioni nei quali i frati sono chiamati a parlare. All'interno di questa struttura manualistica, F. inserisce frequentemente narrazioni, aneddoti edificanti, exempla ed altri materiali predicabili, mutuati dai più diffusi testi della letteratura didattica e enciclopedica.
Il primo libro, denominato Liber mensalis, costituisce la parte più lunga e più importante del trattato, al punto che finisce per dare in alcuni codici il titolo all'intera opera. Affronta il tema del comportamento dei frati a mensa e, nel corso di sessanta capitoli, tratta di una serie di argomenti che vanno dalla tipologia dei compagni di mensa del frate, alle pratiche religiose da svolgere a tavola, ad alcune norme di buona educazione, per dilungarsi poi sulla descrizione delle suppellettili da tavola e sulla natura dei singoli cibi, introducendo sovente aneddoti e moralizzazioni relativi ad essi. Il secondo libro tratta della conversazione dei frati attorno al fuoco. Il terzo libro fornisce materiale di conversazione per i frati in viaggio ed è costituito da aneddoti tratti dal Milione di Marco Polo, dall'Alphabetum narrationis di Arnoldo di Liegi e dalla Legenda aurea di Iacopo da Varazze. Nel quarto libro F. affronta il problema della conversazione con gli ammalati. I libri quinto e sesto sono costituiti da pochi capitoli, che trattano il problema, rispettivamente, della morte e della sofferenza. Anche il settimo libro è brevissimo: si compone di un unico capitolo che, utilizzando spunti tratti dall'Etica di Aristotele, fornisce alcuni consigli sul modo di conservare l'amicizia. L'ultimo libro si propone di offrire materiali per la predicazione sui vizi e sulle virtù, ma poi si limita a raccogliere pochi capitoli sulla superbia e sul disprezzo dei beni temporali.
Oltre alle fonti già citate, F. utilizza ampiamente alcune opere classiche della letteratura didattica domenicana, come le Vitae fratrum di Gerardo Frachet, il Tractatus de abundantia exemplorum di Umberto da Romano, il Liber de exemplis et similitudinibus di Giovanni da San Gimignano, lo Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais; queste ultime due opere costituiscono anche il veicolo di molti riferimenti alla letteratura patristica e alle opere dei classici greci, arabi e latini. Particolarmente interessanti i riferimenti al Milione di Marco Polo, che F. trae da una redazione assai vicina all'originale di Rustichello da Pisa.
Il Liber de introductione loquendi non sembra aver avuto una grande fortuna. Della sua circolazione all'interno dell'Ordine domenicano sappiamo pochissimo, se non che era certamente posseduto dalle biblioteche conventuali di S. Nicola di Treviso (Creytens, Le manuel..., p. 111) e di S. Eustorgio di Milano (T. Kaeppeli, La bibliothèque de Saint-Eustorge à Milan, in Arch. fratrum Praed., XXV [1955], p. 26). Riferimenti espliciti a questa opera sono rintracciabili nel sermone su s. Domenico di Leonardo di Udine (morto nel 1469),che colloca F. fra gli storiografi dell'Ordine domenicano (Sermones de Sanctis, Vincentiae, per S. Koblinger, 1480, f. 267), e nel Liber de arte magica di Raffaele da Pornassio (morto nel 1467),che riporta un exemplum tratto dal Liber di F. (Creytens, Le manuel…,p. 134 n. 83). L'opera non ebbe successo neppure all'interno della letteratura didattica: originale nel suo impianto, ma infarcito di materiali ben noti e ampiamente sfruttati, il Liber non trovò imitatori negli autori del sec. XIV e non riuscì a imporsi all'attenzione dei contemporanei né come manuale di comportamento, né come repertorio di exempla.
Fonti e Bibl.: C.Grimaldo, Due inventari domenicani del sec. XIV…, in Nuovo Archivio veneto, n. s., XXXVI (1918), p. 152n. 89; G. Zaccagnini, Le scuole e la libreria del convento di S. Domenico in Bologna…, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le provv. di Romagna, s. 4, XVII (1927), p. 305;A. D'Amato, Atti del capitolo prov. della Lombardia inferiore..., in Arch. fratrum praed., XIII (1943), p. 143; A. Superbi, Apparato degli huomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, p. 23;M. A. Guarini, Compendio historico dell'origine, accrescimento e prerogative delle chiese e luoghi pii della città e diocesi di Ferrara, Ferrara 1621, p. 91; A. Libanori, Ferrara d'oro imbrunito, III,Ferrara 1674, pp. 92 s.; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II,Ferrariae 1735, p. 384; L. Ughi, Diz. storico degli uomini ill. ferraresi, I, Ferrara 1804, p. 208; L. F. Benedetto, in M. Polo, Il Milione, Firenze 1928, pp. CCXIV ss.; L. Sighinolfi, La prima ediz. Integrale del "Milione" di Marco Polo, in La Bibliofilia, XXX (1928), pp. 336 s.;G. Zaccagnini, F. Pipino, traduttore del "Milione"...,in Atti e mem. della R. Dep. di storia patria per l'Emilia e la Romagna, I (1935-36), p. 71;M. Grabmann, Handschriftliche Forschungen und Funde zu den Philosoph. Schriften des Petrus Hispanus..., in Sitzungsberichte der Boyerischen Akademie der Wissenschaften, philos-bist. Abteilung, IX (1936), pp. 130 ss.;R. Creytens, Le manuel de conversation de Philippe de Ferrare O.P. († 1350?), in Arch. fratrum praed., XVI (1946), pp. 107-135; Id., Les écrivains dominicains dans la chronique d'Albert de Castello (1516), ibid., XXX (1960), p. 277;L. M. De Rijk, On the life of Peter of Spain, the author of the "Tractatus", called afterwards "Summule logicales" in Vivarium. VIII (1970), p. 126;Id., in Peter of Spain, Tractatus ... Summule logicales, Assen 1972, pp. XII, XXIV, XLIII; M. D. Johnston, The treatment of speech in Medieval ethical and courtesy literature. in Rhetorica, IV (1986), p. 40; C. W. Dutschke, Francesco Pipino and the manuscripts of Marco Polo's Travels, Ph. D. Dissertation, University of California, Los Angeles 1993, pp. 1127-1259; T.Kaeppeli, Scriptores Ord. praed. Medii Aevi, III, p. 273.