ESTE, Filippo d'
Marchese di San Martino in Rio, nacque a Ferrara nel 1537, figlio di Sigismondo - discendente di Sigismondo figlio di Niccolò (III) e fratello di Ercole I - e di Giustina Trivulzio. Sua sorella Sigismonda, maggiore di lui di qualche anno, sposò Paolo Sfondrati, fratello di papa Gregorio XIV.
Il padre Sigismondo, partigiano di Carlo V, aveva goduto dell'appoggio dell'Impero contro Ercole II, che voleva privarlo dei feudi che possedeva nel Ferrarese.
L'E. fu educato alla corte di Ferrara, che vantava una lunga tradizione di vasta e solida cultura, aperta senz'altro ai grandi temi morali e religiosi che si andavano consolidando, grazie anche alla penetrazione delle idee di Erasmo e alla presenza di Renata di Francia.
Fin da giovane fu di salute assai cagionevole; era colto, fervido credente, sensibile alle correnti culturali del suo tempo, come dimostrano i legami che ebbe con Battista Guarini, ma, soprattutto, con Torquato Tasso. Ricevette il titolo di marchese di San Martino in Rio, in territorio reggiano, dal duca Alfonso Il nel 1573, feudo che apparteneva al ramo della famiglia già dal 1501, quando Ercole I ne aveva investito il fratello Sigismondo. Nel 1558 Alfonso II gli affidò una delicata missione in Spagna, per ottenere l'appoggio della Corona per la conferma imperiale dell'investitura di Modena e Reggio.
Nel quadro degli ottimi rapporti esistenti tra gli Este e i Savoia vanno inseriti il suo trasferimento a Torino e il suo successivo matrimonio, nel 1570, con Maria, figlia naturale ma legittimata di Emanuele Filiberto di Savoia, nata nel 1556 dalla vercellese Laura Crevola.
Poiché precedentemente Maria era stata promessa al marchese de la Chambre, il duca di Savoia dovette pagare 10.000 scudi di penale per la rottura del fidanzamento, in base agli accordi del contratto nuziale. Con la stesura del nuovo contratto in vista del matrimonio con l'E. (1569) Maria ebbe in dote 4.000 scudi d'oro, la signoria di Crevacuore, nel Vercellese, che fu in seguito permutata con quella di Lanzo, in provincia di Torino, eretta in marchesato nel 1580, l'anno stesso della morte di Maria avvenuta a Torino. Dal matrimonio con lei l'E. ebbe Francesco, Beatrice, Sigismondo, Alfonso, Carlo Filiberto. Ebbe inoltre un figlio naturale di nome Francesco. Il 2 febbr. 1570 Vincenzo Lauro, legato pontificio a Torino, scriveva a Roma: "Hoggi s'aspetta qui il signor Filippo da Este, signor di S. Martino, accompagnato dal signor don Cesare Gonzaga, et molti altri signori, per isposare la figliola naturale di Sua Altezza. Lo sposalizio si farà il sabato; la mattina de la domenica vegnente s'anderà nel Duomo a la messa, secondo il costume delle principesse di Francia, e la sera si consumerà il matrimonio" (Nunziatura di Savoia, p. 241).
In occasione del matrimonio con Maria, Emanuele Filiberto insignì l'E. dell'Ordine della Ss. Annunziata, lo creo generale della cavalleria di Savoia e luogotenente di una compagnia di uomini d'arme che stanziavano nel Ducato di Milano. Successivamente gli affidò numerosi incarichi. Nel 1572 fu inviato a rendere omaggio a Gregorio XIII e a ringraziarlo di aver aderito alla richiesta del duca di unire i due Ordini di S. Maurizio e di S. Lazzaro con le relative ricche prebende; della stessa ambasceria faceva parte anche, in qualità di oratore, il letterato e filosofo Agostino Bucci, che troveremo poi, in qualità di interlocutore, nei dialoghi del Tasso, che, in tale occasione, ebbe modo di conoscere sia l'E. sia il Bucci stesso. Nell'ottobre del 1578 il Tasso trovò ospitalità a Torino presso l'Este.
Lo si deduce da una sua lettera al cardinal Giovanni Girolamo Albani: "Sappia dunque Vostra Signoria Illustrissima, ch'io mi trovo in Turino in corte del signor marchese da Este, al quale, per l'antica servitù, ch'ho avuta con la sua casa serenissima, per l'inclinazione, ch'ho alla sua persona, per la devozione, che io porto al Duca suo suocero, per la volontà, ch'io ho di vivere in queste parti, desidero infinitamente di servire. Et ancorché egli m'habbia detto di ricevermi a' suoi servizii, nondimeno questa sua parola in tanta instabilità de' miei umori e della mia fortuna non mi può interamente fare stabile" (Lettere ed altre opere, p. 55).
Il Tasso era stato raccomandato all'E. dal cardinal Luigi d'Este. Sempre il cardinale Albani il 20 novembre dello stesso anno gli scrisse per ringraziarlo dell'ospitalità concessa al poeta e per assicurarlo della sua riconoscenza nel caso che il Tasso presso di lui avesse potuto ritrovare un po' di serenità. L'E. infatti lo fece oggetto di sollecite cure e riguardi e lo presentò al duca suo suocero.
La casa dell'E., la cui ubicazione nel secolo scorso ha dato luogo a varie discussioni erudite, pare gli fosse stata donata dal suocero e sorgesse sul lato sinistro dell'attuale piazza Reale, dietro i cancelli che la dividono da piazza Castello.
Durante il soggiorno torinese il Tasso si dedicò a varie composizioni. Dedicò all'E. il sonetto "Come lo scettro d'opre adorno e d'oro" e a Maria, definita "donna altrettanto bella quanto saggia" (Vesme, p. 74), "Donne cortesi e belle", nonché una serie di dialoghi che terminò successivamente. Nei Bagni o vero de la pietà il Tasso riporta una serie di discorsi tenuti con l'E. in occasione di un suo soggiorno ai Bagni di Lucca (1583). È verosimile che ne iniziasse la composizione a Torino e che la terminasse nel 1584 su sollecitazione dello stesso E., come testimonia una lettera del poeta in data 12 ott. 1583: "Farò il dialogo che V. E. mi comanda, et in tutte l'altre cose ch'io possa la servirò molto volontieri" (Vesme, p. 89).
Il Tasso progettò poi una serie di dialoghi concernenti temi filosofici e cavallereschi, secondo la corrente moda cortigiana, Nobiltà, Dignità, Precedenza (quest'ultimo riguardava la delicata questione della precedenza tra Medici e Este). Il primo dialogo, stampato a Vicenza da Perin e Greco nel 1581 e poi a Venezia da Aldo nel 1583, era già compiuto alla partenza di Torquato da Torino ("Mi ricordo che nel mio partire da Torino diedi a V. S. Ill.ma un mio dialogo de la Nobiltà": Gazzera, pp. 132 ss.).
Allorché nel febbraio 1584 il poeta fu chiamato a Ferrara dal duca Alfonso II, l'E., forse non convinto delle condizioni fisiche e psichiche del Tasso, non gli concesse licenza di partire, promettendogli di condurlo egli stesso a Ferrara durante la quaresima. Ma il poeta, in preda all'irrequietezza, raggiunse immediatamente Alfonso; poco dopo venne rinchiuso nell'ospedale di S. Anna. Il cardinal Albani, in due lettere all'E. del 15 e 29 dicembre, per ringraziarlo e pregarlo di consegnare alcune lettere al Tasso ("a cui si scrive per consolarlo se pur lui può capire alcun conforto"), aveva profetizzato ciò che sa-. rebbe accaduto, aggiungendo: "se pur non sarà partito insalutato hospite" (Vesme, pp. 74 s.). Anche nell'ospedale di S. Anna il Tasso ricordava l'E. a cui inviava una copia del Gonzaga o vero del piacere onesto.
Dei rapporti intrattenuti dall'E. coi letterati è testimonianza anche l'amicizia col Guarini: questi gli confidò l'intenzione di stampare a sue spese il Pastor fido e di dedicarlo al duca Carlo Emanuele di Savoia in occasione delle sue nozze (1585) con Caterina d'Asburgo.
Per quanto concerne i suoi incarichi presso la corte sappiamo che nel novembre 1573 si recò a Milano presso il gqvernatore marchese dAyamonte, al quale doveva esplicare le "giuste" pretese di Emanuele Filiberto su Ginevra. Inoltre, nell'agosto del 1574 il re di Francia Enrico III, di passaggio a Torino proveniente dalla Polonia, fu fatto scortare dal duca di Savoia fino a Lione da diciannove compagnie di fanti e sette compagnie di cavalleria agli ordini dell'Este. In campo militare l'E. dovette essere un innovatore. Infatti un documento dell'Archivio di Stato di Torino, che reca la sua firma, in data 4 giugno 1585, tratta del pagamento "de cinquanta fuzil d'archibuggio per la guardia di corpo di Sua Altezza" (Brancaccio, p. 16), dal che si deduce che gli archibugieri addetti alla persona del duca ebbero in dotazione il fucile circa un secolo prima delle altre truppe.
Durante la spedizione di Provenza l'E. fece parte del Consiglio della duchessa e partecipò con Carlo Emanuele alla spedizione di Ginevra, voluta dal duca di Savoia nella certezza che Enrico III, costretto ad abbandonare Parigi di fronte alle trame di Enrico dì Navarra e alla potenza di Enrico di Guisa, si trovasse nell'impossibilità di intervenire. Quando nel 1585 Carlo Emanuele si recò in Spagna per sposare Caterina, l'E. fu inoltre luogotenente generale degli Stati di Savoia e governatore a Torino e in Piemonte. Nel 1586, in seguito ad alcuni dissidi con la corte, si ritirò a Milano e successivamente a Ferrara, dove gli fu affidato un incarico presso la corte di Madrid.
Ritornato quindi a Torino, servì Carlo Emanuele nell'impresa di Saluzzo, su cui i Savoia potevano vantare antichi diritti feudali, anche se il trattato di Cateau-Cambrésis aveva stabilito la soggezione del marchesato alla Francia. Il duca agitò lo spauracchio di una scorreria di ugonotti nella regione e del propagarsi dell'eresia nei suoi stessi possedimenti, per occupare le principali piazze del Saluzzese senza incontrare eccessiva resistenza da parte dei Francesi.
Ma la grande questione che coinvolse l'E. fu la devoluzione dello Stato di Ferrara.
Nel 1567 Pio V aveva pubblicato la bolla Prohibitio alienandi et infeudandi civitates et loca Sanctae Romanae Ecclesiae, confermata poi da Gregorio XIII e da Sisto V, che costituiva una grossa minaccia per la casa d'Este. Era infatti universalmente noto che Alfonso II non era in condizione di avere eredi diretti e il suo parente più prossimo era Cesare, figlio di Alfonso d'Este marchese di Montecchio e di Giulia Della Rovere, nipote quindi di Alfonso I e di Laura Dianti, la cui unione però - si sosteneva a Roma - non era stata mai legittimata. D'altra parte il Papato, fin dai tempi di Giulio II, aveva ben fermo il proposito di ricondurre sotto il diretto dominio della Chiesa i territori che le appartenevano e che erano stati nel corso del tempo infeudati. Cesare d'Este godeva dell'appoggio dei granduca di Toscana, di cui era cognato. Ma vi era un altro ramo di casa d'Este che poteva ambire alla successione, ed era quello, rappresentato dall.'E., che discendeva da un fratello di Ercole 1, Sigismondo di San Martino in Rio. L'E., la cui sorella Sigismonda aveva sposato Paolo Sfondrati ed era quindi cognata di papa Gregorio XIV, poteva contare sull'appoggio del Papato e degli ambienti spagnoli. Anzi, da questa parte si fece capire ad Alfonso che la S. Sede avrebbe potuto concedere l'investitura necessaria per la successione al trono nel momento in cui l'E. fosse stato preferito a Cesare.
Alfonso, che non amava Cesare, in un primo momento favorì l'E., che inviò a Roma nel 1591 con la missione principale di rinnovare l'atto di vassallaggio al papa e di ottenere la successione per se stesso; doveva inoltre chiedere la promozione al cardinalato di Alessandro d'Este, fratello di Cesare e appianare alcune controversie circa il vescovato di Modena. Alfonso offriva al papa, nel caso avesse assicurato all'erede designato l'investitura di Ferrara, di partecipare con 6.000 uomini alla guerra contro il Turco, di elevare il censo annuo alla S. Sede a 20.000 scudi e di donarne 1.000.000 alla Camera apostolica.
L'E. molto si adoprò a Roma pro domo sua; l'Urb. lat. 856 della Biblioteca ap. Vaticana (II, pp. 485 s.) conserva un foglio inviato al papa del seguente tenore: "Li fondamenti per li quali della gran prudentia e giuditio del signor duca di Ferrara s'intende che S. A. habbia da mettere la mira piuttosto nella persona del signor marchese d'Este sua linea per l'investitura di Ferrara, che in quella di D. Cesare 1) il valore della persona del signor marchese è comunemente stimato molto differente da quello del signor Don Cesare cosa che mal si può supplire con li consiglieri e ministri per prudenti e valorosi che siano; 2) l'haver figliuoli maschi huomini già fatti e quelli del Signor Don Cesare non esser nati; 3) Il primogenito in età molto al proposito quando mancasse il padre; 4) Di giuditio valore virtù notabile rispetto alla sua età che quando il Signor Don Cesare tengha figliuoli non si può sapere quali riusciranno ...".
La situazione sembrava favorevole all'E., ma quando Gregorio XIV il 19 agosto parlò della questione in concistoro, gli venne ricordata la bolla di Pio V, che vietava qualunque alienazione dei beni della Chiesa. Per esaminare se la bolla riguardasse anche il caso del Ducato estense, il papa nominò una congregazione di tredici cardinali. Tendenze antispagnole e l'ostilità del granduca di Toscana, che agitava le questioni dei confini col territorio pontificio bolognese e del sale di Comacchio, fecero sì che lamaggioranza dei cardinali si dichiarasse contraria ai desideri dell'E. e di Alfonso. Gregorio XIV pensò quindi ad un'investitura motu proprio "per ragioni di evidente utilità o necessità", ma, prima di decidersi per questa risoluzione, che, tra l'altro, non rassicurava affatto Alfonso, il 16 ott. 1591morì.
Nel frattempo, forse per voci sparse ad arte, l'E. perse l'appoggio di Alfonso. Si disse, per esempio, che l'E. anziché per Alessandro perorasse il cappello cardinalizio per uno dei suoi figli. Per quanto riguardava Alessandro, Gregorio XIV aveva risposto: "Altri principi mi hanno raccomandato i loro parenti, ma in questo non consulto che Dio" (Chiappini, p. 310). Sentendosi tradito dall'E., Alfonso prese allora a proteggere Cesare, e quando l'E. gli chiese in ricompensa almeno il feudo di Argenta il. duca glielo rifiutò.
L'E. sopravvisse di poco a questo smacco. Morì infatti il 12 dic. 1592a San Martino in Rio (prov. Reggio Emilia), dove due anni prima aveva fatto erigere la collegiata.
La linea sismondina dei marchesi di San Martino in Rio si estinse nel 1752 con la morte di Carlo Filiberto.
Fonti e Bibl.: T. Tasso, Lettere ed altre opere, a cura di P. Mazzucchelli, Milano 1822, p. 55; Id., Lettere, a cura di C. Guasti, I-V, Milano 1853-55, ad Indices; Id., Trattato della dignità, a cura di G. Gazzera, Torino 1838, pp. 132 ss.; Id., Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze 1958, ad Indicem; Nunziature di Savoia, I, a cura di F. Fonzi, Roma 1960, in Fonti per la storia d'Italia, XLIV, pp. 241, 435; Arch. di Stato di Modena, Archivio segreto estense. Inventario, Roma 1953, ad Indicem; V. Promis, F. d'E. marchese di S. Martino, Torino 1879; A. Vesme, T. Tasso e il Piemonte, in Misc. di storia ital., s. 2, XXVII (1889), pp. 46-132 passim; A. Solerti, Vita di T. Tasso, Torino-Roma 1895, ad Indicem; E. Callegari, La devoluzione di Ferrara alla S. Sede, Torino 1895, pp. 1-9; A. Tallone, Contributi alla storia dell'Ordine Mauriziano, Pinerolo 1898, p. 90; E.M. [E. Motta], Carnevale in Milano nel 1590, in Arch. stor. lomb., s. 3, XVII (1902), pp. 150 s.; Id., Otto pontificati del '500, ibid., XIX (1903), pp. 347 n., 365, 367, 370 s., 373; Appunti e notizie, ibid., s. 4, XXXIV (1907), p. 261; Savoia-Ginevra 1573, in Boll. stor. della Svizzera ital., XXXV (1915), pp. 12 s.; N. Brancaccio, L'esercito nel vecchio Piemonte, Torino 1920, pp. 9, 16; P. Egidi, Emanuele Filiberto, II, Torino 1928, p. 168; L. von Pastor, Storia dei papi, X, Roma 1928, pp. 554 ss.; A. Gasparini, Cesare d'Este e Clemente VIII, Modena 1960, pp. 22 ss., 29; L. Chiappini, Gli Estensi, Varese 1967, pp. 309 ss.; L. Marini, Lo Stato estense, in Storia d'Italia (UTET), XVII, Torino 1979, pp. 63 ss.; Diz. biogr. d. Ital., II, pp. 337-341, s.v. Alfonso II d'Este; Roma, Bibl. d. Ist. dell'Enciclopedia ital., A. Manno, Il patriziato subalpino, s.v. Este, pp. 15 s.