CORSINI, Filippo
Nacque a Firenze il 20 nov. 1440, da Bartolomeo di Bertoldo e da Giovanna Falconieri. Proveniva da una illustre famiglia fiorentina, che aveva dato alla città insigni giuristi, politici e uomini di Chiesa e che nei primi decenni del sec. XV era in condizioni economiche relativamente modeste.
Il padre del C. e i suoi fratelli al catasto del 1427 avevano dichiarato, un patrimonio che li poneva fra i contribuenti meno ricchi del quartiere di S. Spirito. In quel periodo la famiglia era rappresentata da personalità di minore spicco rispetto a quelle del periodo precedente. Bartolomeo migliorò poi la propria situazione: con un buon matrimonio (la Falconieri gli portò una cospicua dote di oltre 3.200 fiorini), con una accorta amministrazione e probabilmente anche con l'aiuto dei Medici - egli fu fra i membri della Balia che nel 1434 decretò il ritorno in patria di Cosimo il Vecchio -, riuscì a raggiungere una certa agiatezza. Forse esercitò il commercio, sebbene non risulti dalle sue dichiarazioni catastali, perché si immatricolò nell'arte della lana e ne tenne il consolato nel 1437 e nel 1452. Ebbe vari uffici che gli procurarono qualche reddito, e anche per questa via poté fare utili guadagni. Il C. e i suoi fratelli - il primogenito Bertoldo, il letterato e poeta Amerigo e Antonio - mantennero indiviso il patrimonio ereditato, operando di buon accordo nella amministrazione delle loro terre e in varie imprese commerciali nelle quali furono interessati. Ebbero con i Ridolfi, dal gennaio 1470, un'azienda di battiloro e una compagnia bancaria con i Martelli e con Pierfilippo Pandolfini; dal 1467 al 1480 furono membri di una compagnia che trattava la vendita di drappi alle fiere di Lione. I loro affari dovettero essere abbastanza fortunati, perché dopo la morte del padre (che secondo i dati del catasto del 1480, Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 996, cc. 197r-200v, sarebbe avvenuta molto prima di quell'anno e non come crede il Passerini, p. 127, il 17 aprile 1491) acquistarono case in Firenze e beni in campagna.
Il C. partecipò alle attività mercantili avviate con i fratelli e frequentò le fiere di Lione. Era in questa città nella primavera del 1480 per regolare le ultime partite dei traffici che la sua famiglia vi aveva svolto. La sua condizione economica era abbastanza tranquilla, anche se non poteva essere considerata molto agiata, dato che il patrimonio di famiglia doveva servire a mantenere un gruppo di persone che nel 1480 raggiungeva il numero di ventiquattro. Il C. si sposò due volte: nel 1467 con Lisabetta di Francesco Amadori, e nel 1492 con Bartolomea di Ridolfo Giuntini e da questì due matrimoni gli nacquero dieci figli. Non svolse una attività politica di grande rilievo, né sembra abbia fatto parte del gruppo di cittadini che collaborò direttamente con Lorenzo il Magnifico: pare infatti che egli abbia ricoperto soprattutto cariche di minor conto, che offrivano possibilità di guadagno e che per questo erano ricercate dalla nobiltà meno ricca. Fu podestà di Foiano (1471) e di Portico di Romagna (1476); capitano della cittadella di Arezzo nel 1475 e nel 1482; degli ufficiali dei Difetti nel 1474, console dell'arte della lana nel 1476 e nel 1484, provveditore del Bigallo nel 1484, membro della Signoria nel maggio-giugno 1479 e, per sei mesi, nel 1493, del Consiglio dei cento. Il suo nome figura inoltre fra quelli dei cittadini abilitati agli uffici maggiori nello scrutinio generale che fu eseguito nell'anno 1484. Pur rimanendo in una posizione politica di secondo piano, il C. ricoprì dunque cariche che richiedevano buone doti di iniziativa personale e attitudini pratiche non trascurabili.
Il C. dovette godere dell'amicizia di Lorenzo de' Medici, con il quale, come vediamo da alcune sue lettere latine conservate all'Archivio di Stato di Firenze, ebbe rapporti molto stretti nella prima giovinezza. Tuttavia, data la differenza di età - circa otto anni - che correva fra i due, il C., più che un vero amico dovette essere un assiduo accompagnatore di Lorenzo ragazzo e adolescente, anche se le sue lettere degli anni intorno al 1463rivelano una affettuosa confidenza e una amicizia assai intima che poi si andò attenuando a mano a mano che il Medici acquistava autorità e responsabilità politiche sempre maggiori. Più tardi (1471) i rapporti ripresero, ma su basi diverse: in quest'epoca il C. si rivolse a Lorenzo per ricordargli gli antichi legami con atteggiamenti non privi di sfumature cortigiane, per rassicurarlo della piena fedeltà sua e della famiglia e per ringraziarlo calorosamente dei grandi benefici ricevuti.
L'amicizia giovanile con Lorenzo de' Medici si era probabilmente alimentata nella comune passione per le lettere, perché il C. aveva ricevuto, forse alla scuola del Landino, una educazione molto accurata, e, pur senza essere un letterato di professione, era un tipico esponente di quegli ambienti nobiliari e mercantili fiorentini che sentirono profondamente il fascino dell'Umanesimo e che ad esso dettero contributi che andavano al di là di un semplice impegno dilettantesco. Anche per tramite del fratello Amerigo, fu in rapporti con il Ficino, con il poeta Naldo Naldi (che a lui e ad Amerigo dedicò una sua elegia latina), con Piero Guicciardini (il padre dello storico), e certamente con altri personaggi molto noti per meriti culturali e politici. Le sue lettere a Lorenzo rivelano una seria preparazione e una non comune capacità ad esprimersi in un latino piuttosto elegante e scorrevole. Una di queste lettere, del 20 genn. 1463 (o 1464, pubblicata dal Kristeller, Studies, pp. 448 ss.), narra con intenti scopertamente letterari un gioco con la neve compiuto da alcuni giovani fiorentini davanti alla casa di Marietta Strozzi: nell'andamento garbato della esposizione come nell'abile stesura del racconto, essa dimostra bene quali fossero le ambizioni dell'autore.
Di più palese impostazione letteraria è il De equestri certamine opusculum ad Petrum Guicciardinum (pubblicato anch'esso dal Kristeller, ibid., pp. 445 ss.), nel quale il C. racconta con ricchezza di particolari la celebre giostra di Giuliano de' Medici del 29 genn. 1475. Ma oltre, e forse meglio che in questi brevi componimenti latini, il C. manifestò la sua passione per gli studi letterari e il carattere della sua cultura trascrivendo alcuni codici nei quali copiò, in una corsiva umanistica talvolta molto accurata e in altri casi un po' frettolosa e sciatta, autori classici e contemporanei. Di questa sua attività di letterato amanuense (che risentì certamente dei modelli del Cennini e del Fonzio elaborati nella tradizione dell'insegnamento del Niccoli), ci restano significative testimonianze in alcuni codici contenenti commedie di Terenzio (1458), la prima (1464) e la terza (1466) Deca di Livio, testi di Properzio e Tibullo con la Xandra del Landino e la Rhetorica ad Herennium di Cicerone.
Un'opera di particolare impegno, alla quale il C. dovette dedicarsi per suggerimento del Ficino, fu la traduzione in volgare (condotta probabilmente sull'edizione romana del 1470di Sweynheyin e Pannartz: Hain, Repertorium, II, I, p. 253, n. 10.012) dei Sermones di s. Leone Magno. Come scrisse in una breve premessa al suo volume, pubblicato a Firenze nel 1485,intraprese questo lavoro per favorire la diffusione di scritti che trovava ammirevoli per il vigore della eloquenza e per la profondità del pensiero religioso. A questa versione il Ficino aggiunse una sorta di presentazione, in cui manifestava il suo grande apprezzamento per il C., chiamandolo "uomo pietoso e dotto" e lodando altamente la sua traduzione come testimonianza di cultura e di impegno spirituale. In realtà essa ha scarso valore letterario e riproduce - forse volutamente - il periodare dell'originale con una prosa italiana disadorna e piuttosto contorta, finendo con l'apparire più un libro di devozione che una versione ispirata a criteri di eleganza. L'opera, tuttavia, forse anche perché presentata da un così autorevole personaggio della Firenze medicea, dovette procurare qualche notorietà al Corsini. Prescindendo dal suo valore letterario, essa ci ricorda le aspirazioni e gli ideali degli ambienti ficimani e ci induce a credere che nel suo autore, in quegli anni, un certo interesse religioso si accompagnasse alla passione per i classici e per gli studi umanistici.Forse il C., che ebbe cariche abbastanza importanti negli ultimi anni della sua vita, si avvicinò, come altri ficiniani e come suo fratello Amerigo, alla corrente savonaroliana; ma ci mancano le testimonianze adatte a farci sapere se certe sue presenze in organi della Repubblica abbiano un significato sotto questo punto di vista. Non abbiamo infatti notizie precise sul suo atteggiamento nelle vicende successive alla caduta della signoria medicea (9 nov. 1494); sulla base di quanto conosciamo del suo passato e confrontandolo col comportamento di altri personaggi, non sembra però azzardato pensare che egli fosse fra gli "ottimati" già fautori dei Medici che desideravano assicurare al nuovo governo fiorentino un carattere aristocratico. Nel nuovo regime il C. ebbe in ogni caso una posizione di una certa importanza, dato che nel dicembre 1494 fuchiamato a far parte del Consiglio del popolo, e che il 29 luglio 1495entrò nel Consiglio degli ottanta. Quest'ultima nomina aveva un suo particolare significato, perché il Consiglio degli ottanta era una specie di Senato ordinato per dare espressione alle idee e ai programmi dei gruppi politici più o meno scopertamente favorevoli all'instaurazione di un sistema oligarchico. Sappiamo anche che intervenne nelle "Pratiche" (consigli straordinari convocati di volta in volta dalla Signoria per dar pareri su problemi politici del momento) dell'ottobre-dicembre 1495 e del gennaio dell'anno successivo.
Il suo impegno, in questa nuova fase della politica cittadina fututtavia di breve durata. Il C. morì infatti a Firenze il 6 sett. 1496 (Passerini, p. 137).
Opere: Sermoni di beato Leone papa di lingua latina in toscana... tradocti da Filippo di Bartolomeo Corsini, Firenze [Antonio Miscomini] 1485. Il De equestri certamine opusculum ad Petrum Guicciardinum (dal cod. Marciano lat., cl. XIV, 238 [4633], cc. 8 81r-84r della Bibl. Marciana di Venezia) e la lettera a Lorenzo de' Medici del 20 genn. 1463 o 1464 (dal ms. dell'Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, s. 3, 103, c. 72) furono pubblicati da P. O. Kristeller, Un documento sconosciuto sulla giostra di Giuliano de' Medici, in La Bibliofilia, XLI (1939), pp. 413-417, poi in Studies in Renaissance Thought and Letters, Roma 1956, pp. 445-450.
Codici copiati dal C.: Terentius, Comoediae VI, datato "die VIII Augusti MCCCCI,VIII" (Berlino, RDT, Deutsche Staatsbibliothek, cod. Hamilton 624); T. Livii Patavini historici eloquentissimi Ab urbe condita, libri I-X, datato 1464 (Firenze, Bibl. Riccardiana, cod. 484, con miniature attribuite a un seguace di fra' Giacomo Torelli); T. Livii Patavini De secundo bello Punico libri X, datato 1465 (Firenze, presso la famiglia Corsini [ex cod. 952 = 43. G. 11 della Bibl. Corsiniana di Roma], con miniature); Cicero, Rhetorica ad Herennium, senza data (Ibid., Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, cod. 236 [ex II. II. 11. 21); Properzio, Tibullo e la Xandra di Cristoforo Landino, senza data (Napoli, Bibl. nazionale, Fondo principale, cod. IV. F. 20, con miniature).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 791, cc. 579r-582v; 907, cc. 300r-302v; 996, cc. 197r-200y; Ibid., Decima repubblicana, 5, cc. 326r-328v; Ibid., Manoscritti, 248 (Priorista Mariani, I), c. 212v; Ibid., Mediceo avantiil Principato, XX,nn. 601, 640, 708; XXVII, nn. 111, 468; XXXIII, n. 13; XXXV, n. 913; LXVIII, n. 78; Ibid., Tratte, 12, c. 19r; 69, c. 106r; 178, c. n. n. (16 dic. 1494); 337, cc. 17v, 27v; Firenze, Bibl. Riccard., cod. 2023, p. 202; Roma, Bibl. d. Accad. naz. dei Lincei, Cors. 1984 (45. G. 3), c. 70r; M. Ficino, Opera, Basileae 1576, I, p. 873; N. Naldi, Eleg. l. III, a cura di L. Juhasz, Lipsiae 1934, p. 40; G. Cambi, Istorie, I,in Delizie d. erud. toscani, XX,Firenze 1785, p. 429; G. Negri, Istoria d. scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 31; A. Calogerà, Raccolta d'opusc. scient. e filologici, XXXIV,Venezia 1746, p. 261; D. Tiribilli Giuliani, Sommario storico d. famigliecelebri toscane, I,Firenze 1855, p. 4; L. Passerini, Geneal. e storia della fam. Corsini, Firenze 1858, pp. 127, 137 s., tavv. XI, XIII; Mostradi codici autografi, Modena 1932, p. 47; P. O. Kristeller, Supplementum Ficinianum, Florentiae 1937, II, pp. 183 s., 330; Id., Studies in Renaissance, cit., pp. 115, 129, 437-450, 587; C. Landino, Carmina omnia, a cura di A. Perosa, Firenze 1939, P. XXV; R. Marcel, Marsile Ficin, Paris 1958, p. 475; M. L. Scuricini Greco, Miniaturericcardiane, Firenze 1958, pp. 138 ss., n. 93; R. M. Ruggieri, Letterati, poeti e pittori intorno alla giostra di Giuliano de' Medici, in Rinascimento, X (1959), pp. 165, 167, 169; A, Rochon, La jeunessede Laurent de Médicis (1449-1478), Paris 1963, pp. 93, 127, 284, 285; I. Maler, Ange Politien. La formation d'un poète humaniste (1469-1480), Genève 1966, pp. 274, 277, 278; A. J. Dunston, Two Gentlemen of Florence. Amerigus and Philippus Corsinus, in Scriptorium, XXII (1968), pp. 46-50; I. Lami, Catal. codicum manuscriptorumqui in Bibliotheca Riccardiana adservantur, Liburni 1756, p. 363; Inventario della libreria Riccardi, Firenze 1810, p. 14; C. Ianellius, Catal. Bibliothecae Latinae veteris et classicae manuscriptae quaein Regio Neapolitano Museo Borbonico adservatur, Napoli 1827, pp. 189 s., n. 268; L. Hain, Repert. bibliographicum, II, I, p. 254, n. 10.016; Catal. of books printed in the XVth Century now in theBritish Museum, VI, London 1930, p. 638; Indice gener. d. incunaboli d. Bibliot. d'Italia, III, p. 228, n. 5727; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 69 s., 178, 227, 411; IL pp. 106, 111, 269, 369, 515.