CHINARD (Chinardus, Chynardus, Cinardus, Cynardus, Chenardus, Chenard, Chenart, Genardo, Genard, Zynardus, Zeynardus, Echinard), Filippo
Apparteneva a una famiglia di cavalieri francesi, originaria probabilmente della zona di Orléans, la quale, dopo la conquista di Cipro nel corso della terza crociata, ottenne feudi nell'isola. Doveva però detenere feudi anche nel regno di Gerusalemme: la prima volta che è ricordato dalle fonti, lo Ch. è qualificato come barone di Terrasanta.
Nacque intorno al 1205; il cronista contemporaneo Filippo di Novara, infatti, lo dice giovane nel 1229, quando gli venne affidato il comando di una fortezza assediata. Non si conoscono i suoi genitori. Sua madre tuttavia era anche madre di Gauvain de Chénechy, il quale, come uno dei capi dell'opposizione della nobiltà cipriota contro la reggenza di Jean d'Ibelin, perdette la vita nel 1229.
Lo Ch. sembra essere arrivato alla corte siciliana al seguito di Isabella di Brienne, erede del regno di Gerusalemme, che andava sposa a Federico II. È ricordato nel gennaio del 1226 in Puglia, in un diploma imperiale a favore dell'Ordine teutonico, insieme con altri nobili di Cipro e di Terrasanta. Nell'estate del 1228, durante un suo soggiorno nell'isola, l'imperatore insediò a Cipro una reggenza di baroni a lui fedeli, e quando nella primavera dell'anno successivo Jean d'Ibelin riprese la lotta per la reggenza perduta, troviamo lo Ch. dalla parte della fazione imperiale, la quale, dopo una grave sconfitta, cominciò ben presto a perdete terreno. Nell'estate del 1229, dopo la morte del fratellastro Gauvain de Chénechy ucciso da una freccia egli difese con successo la fortezza di Kantara. Insieme con il cavaliere abruzzese Gualtieri d'Acquaviva inviato dall'imperatore, guidò a partire dal giugno 1232 la difesa dell'importante piazzaforte marittima di Cirenia sulla costa settentrionale di Cipro, ma dovette acconsentire, verso l'inizio di luglio 1233, ad una capitolazione onorevole e ad abbandonare l'isola. Fu rimesso in libertà a Tiro. Ma già nel giugno del 1232 una sentenza della suprema corte feudale di Cipro lo aveva privato di tutti i suoi feudi. Perciò, seguendo l'esempio di altri baroni franco-ciprioti privati dei loro feudi per sollecitazione di Jean d'Ibelin, dalla Terrasanta si diresse in Puglia, alla corte di Federico II.
L'imperatore gli concesse prima del 1239 la città di Conversano, in precedenza sede di una contea, della quale facevano parte come feudi dipendenti anche Turi e Casa-massima. Terlizzi, dal 1247 al 1253 feudo di suo nipote Giovanni Galvano, gli dev'essere stata data più tardi, con tutta probabilità da Corrado IV. Quando il giudice insediato dallo Ch. a Conversano fu impedito nell'esercizio delle sue funzioni da Landulfo de Franco, giustiziere di Terra di Bari negli anni 1239-1242, l'imperatore riconfermò, su sollecitazione dello Ch., il privilegio concesso ai baroni locali di nominare giudici. Dell'ottobre del 1241 è un diploma rilasciato dallo Ch. a Conversano nel quale si qualifica come "dominus Cupersani". Sposò una donna della nobiltà pugliese di nome Albereia di cui si ignora la famiglia. Non ci sono prove per l'ipotesi che appartenesse alla famiglia Aquino, né è accertata la sua appartenenza ai Lancia, famiglia dell'Italia settentrionale. Nell'esercizio dei suoi diritti lo Ch. sembra essersi anche reso responsabile di usurpazioni, delle quali nel 1247-48 i reintegratores feudorum facevano rapporto all'imperatore sollecitando un intervento.
Fino al 1247 non si hanno notizie dirette sull'attività dello Ch., diventato dopo il 1240 uno dei più grandi feudatari della Puglia. Non è comprovata dalle fonti la supposizione che egli avesse accompagnato in Terrasanta Tommaso di Acerra. Èsicuro invece che verso il 1247 era castellano del castello di Bari e che suo nipote Giovanni Galvano era castellano del castello di Trani, dove (1249), sotto la direzione dello Ch., fu costruito l'arco di un portale. Ci sono indizi che egli al tempo di Federico II e di Manfredi abbia collaborato, con cariche direttive, all'ingrandimento dei castelli pugliesi (e non solo di quello di Trani), mettendo a profitto anche le sue esperienze cipriote. Ma è priva di fondamento la tesi sostenuta per un certo tempo da E. Bertaux che gli attribuì anche un ruolo di tramite nell'introduzione di idee architettoniche provenienti dalla Francia. Alla fine del 1247 l'imperatore nominò Gualtieri di Manoppello capitano di guerra del Regno di Sicilia e gli associò un consiglio di coadiutori, del quale faceva parte anche lo Ch., insieme con due generi dell'imperatore e altri due baroni ciprioti. Ma non si hanno altre notizie sulla sua attività nell'esercizio di questa funzione.
Dopo la morte dell'imperatore lo Ch. fece parte della delegazione del Regno che con una flotta andò a raggiungere in Istria il nuovo re Corrado nel dicembre del 1251 per accompagnarlo, passando da Spalato, fino a Siponto. Dopo la morte prematura di Corrado avvenuta nel 1254, lo Ch. si sottomise nel novembre del 1254 a Innocenzo IV, il nuovo signore del Regno, per non perdere i suoi feudi pugliesi, tanto più che parte di essi, e in particolare Terlizzi, erano rivendicati da nobili del Regno costretti all'esilio da Federico II e da Corrado IV. Ma al momento che la Cancelleria pontificia approntò il privilegio a suo favore egli aveva già abbandonato la causa del papa, passando dalla parte del reggente svevo Manfredi, come fautore del quale è indicato in una bolla di Alessandro IV del marzo 1255 che gli minacciava la scomunica. Prima del maggio 1256 Manfredi lo nominò ammiraglio della flotta siciliana e gli concesse, a quanto pare a nome di Corradino, anche l'ufficio di ammiraglio del regno di Gerusalemme, nomina che perse la validità al più tardi nel 1258 quando fu riconosciuto come re di Gerusalemme Ugo di Lusignano. Assorbito dalle sue nuove responsabilità lo Ch. nominò per l'amministrazione dei suoi feudi un "castellanus et magister procurator", e un "camerarius". Nella sua qualità di ammiraglio, diresse al tempo di Manfredi i lavori di fortificazione nella Torre Cavallo presso Brindisi.
Il matrimonio con Elena, figlia di Michele II, despota di Epiro, inaugurò, già prima della incoronazione palermitana, una nuova fase nella politica orientale di Manfredi, il quale grazie alla dote della seconda moglie, comprendente l'isola di Corfù e le città e i castelli albanesi di Valona, Durazzo, Butrinto, Canina e Berat, aveva conquistato nuove posizioni nell'Adriatico orientale. Da questo momento lo Ch. diventò il principale collaboratore e l'esecutore della politica estera del sovrano siciliano, orientata sempre più verso l'Oriente. Nel 1258, alla testa della flotta siciliana, intraprese una spedizione sulle coste orientali dell'Adriatico che giunse fino ad Edessa in Macedonia (oggi Vodena, Grecia). Appunti relativi a questa spedizione sono utilizzati ancora nella relazione, falsa, sulla traslazione delle reliquie di s. Tommaso a Ortona. Manfredi poté conservare i suoi domini albanesi fino alla morte (1266), nonostante che l'alleanza con Michele II di Epiro, alla quale avevano aderito anche l'imperatore latino di Costantinopoli Baldovino e il principe di Acaia Guglielmo di Villehardouin, non fosse sopravissuta alla sconfitta subita dagli alleati nella battaglia di Palagonia contro le truppe dell'imperatore d'Oriente Michele VIII Paleologo. L'amministrazione di questi domini era affidata allo Ch., luogotenente di Manfredi, che risiedeva a Corfù munito di ampi poteri. Egli si preoccupò soprattutto di fortificare e di ampliare i castelli e le piazzeforti a Corfù e in Albania, organizzando anche un servizio stabile per la loro riparazione. Dato che aveva facoltà di concedere feudi, ne approfittò per insediare a Corfù e sulla costa albanese nobili franco-ciprioti come castellani e feudatari, rafforzando in tal modo la struttura interna della dominazione siciliana in questo avamposto orientale sull'altra sponda del mare Adriatico.
Quando nel 1265 i preparativi militari di Carlo d'Angiò cominciarono a costituire una seria minaccia per il regno di Manfredi, allo Ch., come ammiraglio, toccò il compito di impedire il passaggio del conte dalla Provenza a Roma. Ma una forte tempesta gli impedì di sbarrare la foce del Tevere, permettendo lo sbarco a Carlo d'Angiò, in un momento in cui la zona era rimasta incustodita. L'unico successo riportato dalla flotta comandata dallo Ch. fu quello di catturare od affondare davanti a San Remo alcune navi di una formazione provenzale sulla via del ritorno.
Dopo la morte di Manfredi nel febbraio del 1266 e la cattura di Elena, sua vedova (dei cui possessi dotali lo Ch. era amministratore) da parte di Carlo d'Angiò, lo Ch., rimasto a Corfù, poteva contare ormai solamente sulle proprie forze. In quanto seguace di Manfredi, egli aveva ragione di temere la perdita dei propri feudi e questa paura lo indusse a cercare nuovamente l'alleanza con il despota di Epiro Michele II, padre di Elena, il quale aveva già occupato una parte dei capisaldi albanesi di Manfredi. Dopo le prime trattative Michele acconsentì a riconoscere lo Ch. come reggente indipendente di Corfù e a stringere legami con lui offrendogli la mano della propria cognata Maria Petralipha. Tuttavia molto difficilmente il despota poteva considerare come una soluzione duratura un nuovo principato latino che fosse dominato dallo Ch. con il concorso della nobiltà francocipriota, pur riconoscendo ora i diritti dello Ch., oltre che a Corfù, anche a Valona, Canina e Berat. Infatti, già nell'autunno del 1266, con la connivenza di Maria Petralipha, a Corfù fu ordita una congiura della quale lo Ch. rimase vittima, prima del 1ºott. 1266. Si racconta che la vedova abbia fatto presentare alla folla, su un piatto d'oro, la testa recisa dello Chinard.
L'alleanza con Carlo d'Angiò permise ai cavalieri franco-ciprioti guidati da Garniero Alemanno, il quale al tempo della reggenza dello Ch. era stato investito di feudi e di uffici, di conservare in un primo momento il loro dominio a Corfù, dove il nuovo re di Sicilia fece addirittura perseguire gli assassini dello Chinard. I tre figli del quale però, Garniero, Galvano e Galeotto, insieme ad un suo figlio illegittimo, avevano preferito ritirarsi, dopo la morte del padre, all'interno dell'Albania, dove, con l'aiuto di Greci ed Albanesi, poterono difendere la propria autonomia fino al 1272, quando con la mediazione del castellano di Valona, Giacomo di Baligny, e dopo aver ottenuto precise garanzie, si arresero e furono portati alla corte di Carlo I d'Angiò, che destinò loro una onorevole prigionia nel castello di Trani. Non si conoscono le loro ulteriori vicende. Dal matrimonio dello Ch. con Albereia erano nate anche due figlie: Suave, data in sposa da Carlo d'Angiò nel 1272 a Hugues de Mesnil-Rénard, e Filippa (morta dopo il 1294), la quale sposò anch'essa due nobiluomini francesi delseguito di Carlo d'Angiò, prima Robert de Saint-Yvon, e, poi, dopo la sua morte, intorno al 1277-78, Etienne de Chimille. Al tempo di Federico II aveva ottenuto feudi in Puglia anche il fratello dello Ch. Guglielmo (morto prima del 1284) che aveva sposato Mabilia, figlia del barone di Turi, Goffredo Francesco. Egli nel 1266 dovette restituire alla Chiesa di Bari, alla quale erano stati sottratti e che aveva rivendicato il loro possesso davanti ai giudici regi, i suoi feudi di Cassano e di Bitritto.
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