CESARI, Filippo
Non si conoscono i dati "biografici di quest'architetto documentato da un codice manoscritto di disegni della Biblioteca Corsiniana di Roma, conservato nel Gabinetto nazionale delle stampe (157. H. 1/126.696-126.766). Il codice, che reca nel titolo Studio d'architettura sopra le Regole del Vigniola e dedicate all'emin.mo e rev.mo principi il sig.re Cardinale Ottoboni disegniate da Filippo Cesari in Torino MDCCXXXIII, precisa nel suo primo sottotitolo "Libro Primo Architettura del Vignola Disegnato sotto la direzione del sig.r cavaliere D. Filippo Juvarra".
Il C. rappresenta un caso particolarmente interessante nella cultura architettonica romana intorno al 1730, essendo legato al classicismo iuvarriano e coinvolto negli scambi effettuati sull'asse Roma Torino, iniziati dallo stesso Iuvarra.
Il codice, proposto come inedito dalla Bianchi (1955), era già stato oggetto di una discussione estesa da parte del Comolli (1792). In un catalogo manoscritto proveniente dall'architetto romano Girolamo Masi - uno dei pochi che proprio nel suo trattato si dimostra familiare con l'architettura e con la trattatistica piemontese, citando a più riprese la bravura del Vittone in materia di volte - il Comolli trova citato un "Vignola" "coi disegni di Filippo Juvarra". Lo identifica col manoscritto della Corsiniana datato 1731, e discute quindi la responsabilità dello Iuvarra, riducendola però a quella di "direttore de' disegni". D'altra parte, ammettendo come autografa di questo architetto la scritta "Picciolo bozzo di mia invenzione d'un funerale sul gusto antico", sembra voler accettare la diretta paternità iuvarriana dell'ultimo disegno del volume che rappresenta una grande macchina funeraria di due piani nella tradizione del Pozzo. In ogni caso questo disegno di macchina sottolinea il legame del C. con temi e modi iuvarriani, proprio perché è al di fuori del contesto del manoscritto sugli ordini architettonici. L'allestimento "all'antica", con motivi di un tempio-padiglione circolare, di obelischi, di medaglioni con ghirlande e di vasi, risponde a una tradizione che aveva trovato il suo apice nel progetto iuvarriano per un mausoleo per un re di Francia, e che, iniziata dallo stesso Iuvarra a partire dai suoi primi capricci romani del 1705-06, trova ancora un'eco addirittura nei disegni delle "prove" del concorso clementino del 1732. Una formulazione particolarmente vicina - nonostante la diversità del padiglione del secondo piano e l'elemento prospettico di chiara estrazione pozziana ripreso in quel momento, ancora da F. Vasconi - si trova in una incisione datata al 1726 del de Horlemen (Hörleman), che da parte sua può benissimo rifarsi a un'invenzione iuvarriana. Le tre corone del regno di Svezia potrebbero ricordare il contatto dello Iuvarra col Törnquist nel 1706 di cui era frutto un album di disegni passato a Drottningholm (L. Rovere-V. Viale-A. E. Brinckmann, F. Juvarra, I, Torino 1937, p. 48, tavv. 198-202; Viale, p. 46).
L'iconografia del frontespizio dell'album è ugualmente di chiara derivazione romana. Si riallaccia a quello dell'Opus architectonicum del Borromini, pubblicato nel 1725, che sarà seguito anche dal Vittone per le sue Istruzioni elementari, pubblicate però soltanto nel 1760. Tutti questi frontespizi ripropongono in modo quasi stereotipico ed emblematico il Colosseo e la colonna trionfale: l'Opus architectonicum anticipa inoltre l'idea, attuata anche dal C., di inserire il titolo come iscrizione su di un monumento prospetticamente integrato in un capriccio architettonico-archeologico (Oechslin, figg. 58-60 e passim).
I disegni sui novantanove fogli del codice del C. seguono il canone dei cinque ordini, proponendone i vari elementi, ma anche - superando in ciò le solite edizioni vignolesche - varie applicazioni nell'ambito di edifici e tipologie concrete. Èda notare il grande spazio concesso all'ordine dorico, al quale sono associati vari temi di moda come lo "château d'eau", la mostra delle acque, che in Francia si perpetueranno sino agli Oeuvres d'architecture di Pierre Contant d'Ivry del 1769. Questa tendenza di gusto nonché la predilezione per i portici a colonnato e infine la tipologia di tabernacoli ed archi trionfali dai lati concavi rispecchiano fedelmente modi iuvarriani e francesizzanti che contrastavano allora a Roma con la tradizione dei Fontana poco prima stabilita nell'ambito della ristrutturata Accademia di S. Luca. Il volume del C. documenta il lato "teorico-propedeutico" della "scuola iuvarriana" che si ripropone il problema dell'architettura a partire dai suoi elementi di base, gli ordini. Contrasta con ciò l'editoria romana ed in specie la tipografia dei de' Rossi che si limita, a pubblicare modelli e motivi dei grandi architetti del Cinque e Seicento romano. D'altra parte il paragone con l'edizione del Vignola curata da Pier Vincenzo e Filippo de' Rossi e pubblicata nel 1732 a Roma, con la quale il manoscritto del C. sembra esser stato confuso all'epoca del Comolli, rivela chiaramente il carattere flessibile e addirittura sperimentale dello "studio vignolesco" del Cesari. A parte qualche cenno introduttivo al problema musica-architettura che era particolarmente in voga in quel momento, l'edizione stampata del 1732 ripropone fedelmente l'originale cinquecentesco senza ulteriori discussioni, mentre per il C. i cinque ordini sono alla base di una discussione di nuovi temi e tipologie architettoniche. Tali imprese rimangono piuttosto rare. Il caso del C. trova un parallelo in Marcus Tuscher, che durante il suo soggiorno romano si associò allo stesso clima internazionale di estrazione iuvarriana. I suoi manoscritti architettonici andranno però oltre l'impresa del C., integrando una sua versione della formulazione di un ordine nuovo, l'ordine danese.
Rimane aperto il problema di identificare altri segni e testimonianze dell'attività del C., impresa tuttora non facile, anche se vari disegni specialmente in collez. americane (New York, Metropolitan Museum of Art, e Cooper-Hewitt Museum of Design) si possono associare almeno in linea generica all'album della Corsiniana.
Bibl.: A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell'archit. civile ed arti subalterne, Roma 1792, IV, p. 104 e nota (a); L. Bianchi, Disegni di F. Fuga e di altri archit. del Settecento (catal.), Roma 1955, n. 104, pp. 108 s., figg. 31-33; V. Viale, Mostra di F. Juvarra (catal.), Messina 1966, p. 46; W. Oechslin, Bildungsgut und Antikenrezeption des frühen Settecento in Rom,Studien zum römischen Aufenthalt D. A. Vittones, Zürich 1972, p. 177 n. 23 e passim.