CAPECE MINUTOLO, Filippo
Nato a Napoli (come risulta dalla frequente determinazione "de Neapoli" nei documenti che lo concernono) da un Landolfo, è ricordato per la prima volta dalle fonti nel 1269, quando il suo nome figura tra, quelli dei personaggi che sottoscrissero unabolla dell'arcivescovo di Napoli Aiglerio, al secondo posto, dei canonici diaconi. Chierico palatino e regio consigliere, fu, probabilmente per la sua cultura giuridica, più volte adoperato da Carlo I d'Angiò come suo ambasciatore: in Toscana nel 1270; in Lombardia per la liberazione di alcuni prigionieri; a Pisa, insieme con Andrea di Capua, per prendere a mutuo da un mercante senese denaro necessario al pagamento del censo alla S. Sede; ancora una volta a Pisa, nel 1272, per definire la convenzione tra il re e quel Comune, che comportava il pagamento di 2.000 once d'oro da parte dei Pisani "pro satisfactione offensionum et penis illis impositis post pacem inter ipsum dominum. Regem, et communem Pisarum factam et omnibus abis preteritis que dictum dominum Regem tangunt" (3 luglio 1272). Creato arcivescovo di Napoli nel 1288 (dopo che per quattro anni, morto il francese Aiglerio, la sede era rimasta vacante), partecipò al Parlamento generale del Regno indetto a Melfi per il 25 agosto di quell'anno ma apertosi in realtà l'8 settembre. Il nuovo re Carlo II ricorreva a lui (o forse piuttosto alla curia arcivescovile) per un prestito di 100 once d'oro, dichiarandosi pronto a dare in pegno vasellame prezioso e il suo elmo d'oro: pegni che l'arcivescovo rifiutò, probabilmente non per sola formale deferenza.
Ché infatti la fedeltà, la probità e la saggezza del presule erano in tanta consisiderazione nella corte angioina, che Carlo II il 25 apr. 1295, nel raccomandare al figlio Roberto di circondarsi di buoni consiglieri, indicava innanzi a tutti "il venerabile padre in Cristo Filippo arcivescovo di Napoli". Altra prova dell'altissima stima in cui era tenuto è il fatto che cinque anni dopo il re lo preponeva alla commissione incaricata di ordinare, definire e pubblicare le Consuetudini cittadine. In quest'opera il C. non poté certo impegnarsi se non per gli ultimi mesi della sua vita, mentre il testo delle Consuetudini doveva essere pubblicato dopo la sua morte, nel 1306.
In quanto all'attività religiosa e pastorale del C., l'episodio più interessante (ma anche uno dei pochi noti del suo pontificato) è l'iniziativa, presa il 13 dic. 1294, di andare in processione con il clero e il popolo napoletano verso Castel Nuovo, dove si trovava il papa Celestino V, per supplicarlo di desistere dalla sua decisione di rinunciare alla tiara; il che ha fatto pensare a qualche simpatia del C. per il movimento dei fraticelli e lo spirito che animava, con quelli, anche il papa dimissionario. Si ricorda pure che il 19 maggio 1296 egli ordinò sacerdote Ludovico, il figlio di Carlo II che sarebbe poi divenuto vescovo di Tolosa e che la Chiesa, dopo la sua morte, avrebbe venerato come santo. Per incitamento e volontà di Carlo Il nel 1300provvedeva al necessario per la fabbrica e il funzionamento di un ospizio sorto a Tripergole, presso Pozzuoli, destinato alle cure termali per i poveri. Dato il silenzio delle fonti a noi note, possiamo semplicemente intuire le direttive cui informò la sua attività di pastore della Chiesa napoletana; quanto, per esempio, si può intendere dalla sua sollecitudine per la costruzione della nuova cattedrale, o dalla sua paterna attenzione per i collegia clericorum, gli istituti allora esistenti a Napoli per provvedere all'educazione dei futuri chierici e, più generalmente, all'istruzione dei fanciulli: infatti, proprio durante il suo pontificato è ricordato un abate Giovanni Favilla, "canonico della maggiore chiesa [la cattedrale] e maestro delle scuole", morto il 27 sett. 1300.
Nel 1299 il C. ottenne diritti feudali su alcune famiglie di Afragola e altre di San Pietro a Patierno (due casali di Napoli), in seguito a permute di botteghe concesse nel luglio di quell'anno all'ospedale di S. Cataldo presso la chiesa di S. Paolo Maggiore in Napoli. Morì il 24 ott. 1301, e fu sepolto nella cappella della sua famiglia che, nella nuova cattedrale, egli stesso aveva fornito d'un altare.
La sua sepoltura fu poi ricordata dal Boccaccio come particolare di sfondo storico nelle avventure notturne del giovane Andreuccio da Perugia: il che fa pensare che la morte dell'arcivescovo fosse rimasta come evento memorabile ancora alcuni decenni dopo. Il sarcofago porta sul coperchio la statua giacente del defunto, e l'iscrizione in versi leonini: "Magnanimus sapiens prudens famaque serenus, / Philippus presul morum dulcedine plenus / Minutulus patrie decus et flos alta propago: hic silet, hic tegitur, iacet hic probitatis imago".
Fonti e Bibl.:Per il C. v. F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, VI, Venetiis 1720, coll. 118 s.I docc. che si riferiscono al C. prima della nomina ad arcivescovo sono riassunti in I Registri della cancell. angioina, a cura di R. Filangieri, Napoli 1950-1957, V, pp. 258, 269; VI, pp. 181, 268, 298, 341; VII, p. 227; VIII, p. 256; X, pp. 224, 228-230. Per le sue ambascerie si veda S. Terlizzi, Documenti delle relazioni tra Carlo I d'Angiò e la Toscana, Firenze 1950, pp. 161, 240; e D. Ambrasi, La vita religiosa, in Storia di Napoli, III, Napoli 1969, pp. 443-446, 533: in quest'ultimo lavoro sono ricordati tutti gli episodi che si riferiscono alla sua attività vescovile. Sulla sua partecipazione all'entusiasmo popolare a favore di Celestino V si veda G. De Blasiis, Le case dei principi angioini nella piazza di Castelnuovo in Racconti di storia napol., a cura di F. T0rraca, Napoli 1908, pp. 125-127; cfr. A. Frugoni, Celestiniana, Roma 1954, pp. 94-99. Sulla sua sepoltura e sul romanzesco riferimento del Boccaccio si veda L. de La Ville sur Yllon, La cappella dei Minutolo nel duomo di Napoli, in Napoli nobilissima, IV (1895), pp. 113-116; e B. Croce, Storie e leggende napoletane, Bari 1942, pp. 69-82.