BRIGNONE, Filippo
Nato il 13 sett. 1812 da Giuseppe Valentino e da Marianna Matilde Scardi a Bricherasio (Torino), entrò nell'esercito piemontese (1827) come cadetto della brigata Savona, compiendo un lungo apprendistato come ufficiale subalterno di fanteria. Promosso capitano nel 1848, con l'incarico di aiutante maggiore in prima del 50 reggimento della brigata Aosta, partecipò alla guerra del 1848, guadagnando una medaglia d'argento al valore nella battaglia di Santa Lucia. In questa occasione la brigata, come esigevano le ferree tradizioni piemontesi, si schierò in linea a poche centinaia di metri dal nemico, con una manovra rigida e compassata come in piazza d'armi, dopo che l'aiutante maggiore B. aveva segnato con le bandieruole dei guidoni la linea di spiegamento (6 maggio 1848). Un'altra medaglia d'argento il B. meritò un anno dopo, col suo comportamento alla battaglia di Novara (21-23 marzo 1849).
Promosso maggiore nel 1851, il B. ottenne nel 1855, benché convalescente (intervenne in suo favore lo stesso Cavour), di partecipare alla spedizione di Crimea al comando del 3º battaglione del 2º reggimento provvisorio; alla battaglia della Cernaia si distinse si da meritare il comando interinale (poi effettivo) del 1º reggimento provvisorio del corpo di spedizione, la promozione a luogotenente colonnello, la Legione d'onore francese e il cavalierato nell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Colonnello nel 1858, il B. assunse il comando del 9º reggimento di fanteria (brigata Regina), col quale partecipò alla seconda guerra d'indipendenza, distinguendosi particolarmente alla battaglia di Palestro. Fu infatti il suo reggimento a condurre l'attacco piemontese il 30 maggio e a sostenere il maggior peso del contrattacco austriaco del giorno seguente. Il reggimento fu decorato di medaglia d'oro, mentre il B. ebbe la medaglia d'oro e la croce d'ufficiale dell'Ordine militare di Savoia. Un altro riconoscimento ebbe il B. nei mesi seguenti: il comando della brigata granatieri di Lombardia nel dicembre 1859 e il grado di maggior generale nel marzo successivo.
Quale stima circondasse il B. è dimostrato da un episodio del luglio 1860. Il Comitato bolognese della Società nazionale aveva chiesto a Garibaldi un condottiero che capitanasse l'insurrezione preparata nelle province pontificie; e Garibaldi rispondeva: "Di quanto mi dite ne scrivo al Re con questa data e gli dico: che il brigadiere Brignone sarebbe il capo idoneo per capitanare la insurrezione delle provincie pontificie. lo conosco perfettamente quel prode. Egli merita la fiducia di Vittorio Emanuele e dell'Italia. Bisognerebbe che egli chiedesse le dimissioni, non difficili ad ottenere per il nobile scopo; e vi consiglio di vedere lo stesso brigadiere Brignone, pregandolo a nome mio e della Nazione di assumere l'onorevole incarico. Se riuscirete a convincerlo, voi avrete ottenuto i tre quarti dell'intento di patria rigenerazione. In caso voi otteniate quel prezioso capo, io non avrò nulla da aggiungere. Diversamente, piuttosto che far male, non fate nulla, contentandovi di prepararvi a tutta possa per aiutarci a dar l'ultimo crollo agli oppressori d'Italia, ciò che non tarderà molto" (Facta, pp. 21 s.). E il 13 luglio Garibaldi scriveva al re da Palermo quasi con le stesse parole, ma il progetto non incontrava il favore degli ambienti governativi, che già preparavano una spedizione regolare, e il B. non ottenne il permesso di chiedere le dimissioni.Il B. partecipò alla liberazione delle province pontificie. La sua brigata, di stanza in Arezzo, fu chiamata a far parte dell'armata che l'11 sett. 1860 entrò in Umbria e nelle Marche. Dopo la liberazione di Perugia (14 settembre), il B. ebbe l'incarico di procedere su Spoleto con una colonna composta dal 30 reggimento granatieri, un battaglione di bersaglieri, una batteria e due squadroni del Nizza cavalleria (6.500 uomini e 400 cavalli). La colonna raggiunse Spoleto la sera del 16 settembre e ricacciò i difensori (800 mercenari) nella munitissima rocca che domina la città. L'indomani, dopo un breve bombardamento, fu tentato l'assalto, assai difficile perché doveva svolgersi su un'unica ripida strada battuta dal fuoco nemico. L'assalto fu respinto con perdite dolorose, ma la sera stessa i pontifici, impressionati dal vigore spiegato dalle truppe italiane, si arresero. Il B. continuava la campagna assumendo il comando della 14º divisione, con cui ebbe parte decisiva nell'investimento e nel bombardamento della piazzaforte, di Capua, che si arrese il 2 nov. 1860. Pochi giorni dopo il B. era nominato comandante militare della Sicilia. Tenne questo delicato incarico fino al febbraio 1861, passando poi a comandare la 15º divisione, in seguito quella di Milano e tornando infine in Sicilia dall'agosto all'ottobre 1862 come commissario straordinario con pieni poteri civili e militari, per la repressione del movimento garibaldino. Riceveva intanto la promozione a luogotenente generale per merito di guerra, la croce di commendatore e poi di grand'ufficiale dell'Ordine militare di Savoia e quattro successive promozioni nell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, fino a diventare cavaliere di gran croce.
Dal 1862 al 1866 il B. fu a disposizione del ministero, con vari incarichi tra cui spicca l'Ispettorato dell'arma di fanteria (ma ricordiamo anche la sua partecipazione alla Commissione permanente a difesa dello Stato, al Comitato di fanteria e al Comitato superiore delle varie armi). Nel 1866, avvicinandosi la guerra con l'Austria, chiese un comando attivo e ricevette quello della 3a divisione, composta dalle brigate granatieri di Sardegna e di Lombardia. Alla loro testa il B. si batté eroicamente il 24 giugno, l'infausta giornata di Custoza; le sue truppe occupavano la posizione centrale dello schieramento italiano, monte Torre e monte Croce, e sostennero per più ore l'attacco austriaco, prima di ritirarsi esauste perché nonsoccorse. Il B. fu non di meno uno dei pochi generali italiani sul cui comportamento nulla fu trovato a ridire; lo stesso arciduca Alberto, il comandante nemico, ne riconobbe il valore e il prestigio, mentre il gen. A. Pollio, autore del maggior studio sulla battaglia (Custoza, Torino 1903), scrisse che il B. si era rivelato "un vero generale di battaglia e credo con questo di aver detto molto". E infatti il 16 luglio, nella riorganizzazione dell'esercito italiano, il B. era nominato comandante del VI corpo d'armata.
Al termine della campagna, il 20 ott. 1866, il B. era posto in disponibilità in seguito a sua domanda e si ritirava a vita privata. Dal 1860 era deputato alla Camera (prima per Arezzo, poi per la natia Bricherasio) e anche questo ufficio aveva svolto con alto senso dell'onore; nel novembre 1872 fu nominato senatore del Regno.
Il B. morì a Torino il 23 genn. 1877.
Bibl.: L. Facta, Nel centenario della nascita del generale G. B., Pinerolo 1912; A. e L. Brignone, In memoria del generale F. B., Pinerolo 1912; A. Vigevano, La campagna delle Marche e dell'Umbria, Roma 1923, passim; Le medaglie d'oro al valor militare dal 1848 al 1870, Roma 1950, p. 82; La spedizione sarda in Crimea nel 1855-56,narrazione di C. Manfredi..., Roma 1956, pp. 290, 293; F. Brancato, La Sicilia nel primo ventennio del Regno d'Italia, Bologna 1956, pp. 304, 315; P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra, Torino 1956, pp. 54, 56; A. F. Parisi, F.B. ... e le resistenze clericali nella Spoleto del 1860-61, in Historica, XIV (1961), 4, pp. 105-116; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962, pp. 717, 719, 742, 7473 755-58; Le carte di A. Bertani, Milano 1962, pp. 506, 5 81, 983; E. Nasalli Rocca di Corneliano, La concessione della nobiltà di Spoleto al generale piemontese F. B., in Rivista araldica, LXI (1963), pp. 50-53; Diz. del Risorgimento naz., II, ad vocem.