BRAGADIN, Filippo
Nacque il 3 sett. 1509 da Gianfrancesco - della famiglia di Giacomo Bragadin di S. Maria Formosa. La madre era una Boldù. Lo troviamo ricordato una prima volta nel 1533, quando, in seguito a una lite avvenuta pubblicamente, fu imprigionato e condannato al bando da Venezia per la durata di quattro mesi. Nel 1536 divenne patron di fusta e due anni dopo sopracomito di galea.
La sua carriera si svolse prevalentemente sul mare, al servizio della Repubblica, sia nella lotta contro i Turchi sia nella repressione delle attività corsare. Nel 1542, unitamente a Bernardo Sagredo, distrusse il forte di Lignano che gli abitanti di Marano avevano costruito per avere un rifugio sicuro in appoggio alle loro operazioni di corsa. Fu un colpo audace, col quale fu eliminata una pericolosa base, di cui intendevano servirsi, oltre agli abitanti di Marano, le forze navali imperiali e quelle francesi. Divenne in seguito comandante dei convogli diretti a Beirut e nel 1548 governatore delle galee forzate. Dopo una breve pausa a terra come conte e capitano a Sebenico (1553-54), riprese il comando di galee per il periodo 1558-62, distinguendosi nella lotta contro i corsari; anzi nel 1562, essendo morto, durante uno scontro, il provveditore generale del Golfo Cristoforo Canal, prese il comando della squadra e portò a termine le operazioni. Nello stesso anno gli giungeva la nomina a provveditore generale del Golfo con funzioni interinali di comandante generale dell'intera flotta in assenza del titolare.
Assolse brillantemente il compito, assicurando la libertà di navigazione nell'Adriatico, proteggendo le isole, stabilendo presidi e curando il vettovagliamento. Numerose furono le azioni condotte contro i corsari, risoltesi spesso con la cattura e l'eliminazione dei pirati, la confisca del carico e la liberazione dei prigionieri cristiani. L'azione del B. si svolse soprattutto nella zona del canale di Otranto e fu caratterizzata da una lotta senza quartiere contro la pirateria; anche quando le azioni non si concludevano con la cattura o con l'affondamento delle fuste corsare, la semplice presenza delle navi veneziane che incrociavano in continuazione costituiva un fattore di estrema importanza ai fini della sicurezza della navigazione. Va poi ricordato l'aiuto portato dal B. nel giugno del 1563 alla base di Cattaro colpita da un violento terremoto, a causa del quale trovarono la morte centinaia di persone, fra cui lo stesso provveditore veneziano Francesco Priuli con quasi tutta la sua famiglia.
Oltre che esperto navigatore il B. fu un profondo conoscitore della vita marinara e dei suoi problemi. Nel periodo in cui fu provveditore al Golfo riassestò la disciplina delle ciurme che si era alquanto allentata sotto il suo predecessore; conscio tuttavia che le dure condizioni della vita di bordo e l'insufficiente alimentazione erano le cause che determinavano malcontento e spesso ammutinamenti, fu altrettanto sollecito del benessere dei marinai, facendo sì che venisse ad essi assicurato un trattamento più umano. Resse il comando della flotta sino al 1565. Di questo suo servizio ci ha lasciato una lunga e interessante relazione.
Nel 1566, essendo peggiorati i rapporti con i Turchi, il B. fu nuovamente nominato provveditore alle dipendenze dell'ammiraglio Zane. Nel biennio 1566-67 lo troviamo invece luogotenente a Udine. Il soggiorno in Friuli fu tuttavia interrotto su sua stessa richiesta a causa di un incidente verificatosi in occasione della lotta per la repressione delle eresie.
Infatti nell'aprile del 1567 l'eretico Bernardino della Zorza, che all'inizio dell'anno era stato imprigionato e condannato a morte perché recidivo, fuggì dal carcere di Udine, suscitando il sospetto del nunzio pontificio a Venezia che ciò fosse avvenuto, se non col consenso, almeno per trascuratezza del luogotenente. Le accuse formulate dal nunzio partivano dal sospetto che il ritardo nell'esecuzione della condanna a morte dell'eretico fosse dovuto al B. e che ciò avesse in qualche modo favorito l'evasione. Questa deficienza del braccio secolare era, nell'interpretazione che ne dava l'autorità ecclesiastica, grave in se stessa, ma lo diveniva ancor più per il fatto di essersi verificata in Friuli, terra vicina al mondo germanico e quindi maggiormente aperta alle correnti del protestantesimo d'oltralpe. Il B. rischiò in tale occasione di essere accusato di eresia e fu sul punto di essere convocato a Roma e scomunicato. Di fronte a tali pericoli e soprattutto per non fornire materia di incidenti tra Venezia e il pontefice, egli chiese di essere sostituito.
Il successivo incarico cui il B. fu chiamato fu quello di capitano a Candia (1569), dove il suo comportamento energico, volto a realizzare una più efficace difesa dell'isola, suscitò resistenze e opposizioni in alcuni ambienti candioti, tanto che fu sollevato dall'incarico. Ciò però fu forse dovuto più che a considerazioni negative sull'opera del B., alla necessità da parte di Venezia di accattivarsi l'animo dei Candioti, il cui appoggio era indispensabile in un momento in cui, profilandosi la minaccia turca, l'isola veniva ad assumere un ruolo rilevante nel quadro della strategia veneziana. Che la fiducia nella persona del B. fosse rimasta immutata lo dimostra la successiva nomina a provveditore generale del Golfo durante la grande coalizione contro i Turchi (1571). Egli però non partecipò alla battaglia di Lepanto; rimase di rincalzo e dopo la battaglia si riunì alla flotta della lega a Cefalonia.
Contro le opinioni di Sebastiano Venier, fu favorevole alla prosecuzione delle ostilità; aveva anzi concepito un piano ardito: forzare con cinquanta galee i Dardanelli e assalire la stessa Costantinopoli; l'opposizione del Venier troncò i suoi progetti. Più tardi si dimostrò contrario a ogni distrazione di forze e propugnò la necessità che la flotta rimanesse unita, pronta a congiungersi con gli alleati in vista di una ripresa delle ostilità.
Morì nell'ottobre del 1572.
Fonti eBibl.: Venezia, Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3781 G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, I, p. 101; Ibid., Cod. Correr 750, misc., Relatione del cl.mo M. Filippo Bragadin proveditore all'armata, cc. 92-152v; Archivio di Stato, di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, p. 161; Ibid., Dispacci al Senato,Provveditori da Terra e da Mar (11 agosto 1562-14 aprile 1565), f. 1204 (1197); Ibid., Lettere dei rettori ed altre cariche ai Capi del Consiglio dei Dieci, b. 280 (nn. 57, 58), b. 285 (nn. 148-152), b. 292 (nn. 6-8); Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, cod. Ital., cl. VII, 15 (8304): G. A. Capellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, p. 194; M. Sanuto, Diarii, LVIII, Venezia 1903, ad Ind.; Nunziature di Venezia, VIII, a cura di A. Stella, Roma 1963, in Fonti per la storia d'Italia, LXV, ad Ind.;P. Paruta, Historia vinitiana, XI, Venezia 1718, p. 143; Id., Historia della guerra di Cipro, II, pp. 204 e 264; A. Morosini, Historia veneta, VI, Venezia 1719, p. 589; VIII, pp. 193, 195, 202 s.; X, p. 414; XI, p. 498; P. Molmenti, Sebastiano Veniero dopo la battaglia di Lepanto, in Nuovo arch. ven., n.s., XXX (1915), pp. 13, 72 s., 98.