BORROMEO (Bonromeus, Borromaeus), Filippo
Nacque a Milano il 23 genn. 1419 da Vitaliano e Ambrogina Fagnani. Fu lo stesso duca Filippo Maria Visconti (di cui Vitaliano era allora tesoriere) a tenerlo a battesimo. Allorché il Banco Borromeo di Milano (di proprietà di Vitaliano e del padre adottivo di questo, Giovanni) iniziò a operare in proprio sulle piazze di Bruges e di Londra, rinunciando a servirsi della collaborazione dei Borromeo di Venezia e Padova, al giovane B. vennero intestati i nuovi banchi, rispettivamente dal 1431 e dal 1435. Il giovane collaborò alacremente col padre in tali attività mercantili e creditizie che si estendevano, oltre che all'Italia, alla Francia e alla Spagna: e ai viaggi di mercatura di Filippo fanno riferimento gli affreschi che Michelino da Besozzo veniva dipingendo nel palazzo Borromeo. Nel 1438 sposò Franceschina dei Visconti di Castelletto: le nozze furono solennizzate da una orazione di Guiniforte Barzizza.
Il B. assunse la guida della famiglia e del banco nell'ottobre 1449, alla morte del padre Vitaliano. Sopravviveva ancora la Repubblica ambrosiana, ma rivelava ogni giorno di più la sua debolezza di fronte ai nemici interni ed esterni: e il B., seguendo la strada che già il padre gli aveva indicato, nel gennaio 1450 stipulava con Francesco Sforza una serie di convenzioni che garantivano alla famiglia la conservazione dei beni già posseduti e aprivano la via a una nuova espansione.
Le proposte scritte di Filippo furono presentate, nei pressi di Calco, allo Sforza, che rispose a ognuna di esse, sottoscrivendo manu propria e apponendo il sigillo, il 15 gennaio; il 21 successivo il B. ratificava il documento nel suo castello d'Arona. I Borromeo ottenevano così conferma di tutte le concessioni avute da Filippo Maria Visconti e dalla Repubblica ambrosiana: infeudazioni, vendite, esenzioni, immunità. Francesco Sforza garantiva anche il riconoscimento delle assegnazioni rilasciate dalla Repubblica a Vitaliano o al B.; così come garantiva i danari depositati nel Banco di S. Ambrogio e il risarcimento dei danni eventuali che i beni milanesi del B. avrebbero potuto subire dopo la notizia del suo passaggio in campo nemico. In più, venivano riconosciuti al B. privilegi nel trasporto di cereali e nell'acquisto del sale per le terre del lago Maggiore: si prometteva anche la restituzione dei feudi borromei di Bra e Cherasco, nel caso fosse stato possibile riottenerli dal duca di Savoia.
Nel marzo del 1450, quando lo Sforza fece il suo solenne ingresso in Milano, il B. fu tra i sei cittadini incaricati di offrirgli le insegne ducali: egli veniva creato il 22 eques auratus; il5 maggio, Francesco Sforza, ora DuxMediolani, confermava con due distinti privilegi - uno per i beni feudali, uno per quelli patrimoniali - gli accordi del gennaio precedente.
Nel decennio successivo il B. non fu molto assiduo alla corte ducale. In parte ve lo tenne lontano l'attività mercantile, che egli continuò a esercitare, facendo per lo più centro della propria attività Genova, di cui aveva avuto la cittadinanza nel 1450: fra il 1450 e il 1464 la colonna iscritta a suo nome nel Banco di S. Giorgio, oscillante fra le 60.000 e le 70.000 lire di genoini, fu di gran lunga la più ricca. In questo periodo di tempo, tuttavia, egli si dedicò essenzialmente alla amministrazione dell'ingente patrimonio immobiliare, che era ormai divenuto la principale base economica della famiglia, con nuovi acquisti di terre e investimenti fondiari. Certo nella cerchia del nuovo duca non mancarono le ostilità nei suoi confronti: alcuni "malivoli" misero in dubbio l'esistenza di quei crediti, che avevano determinato dapprima le donazioni e le investiture di Filippo Maria, ed in un secondo tempo le vendite compiute dalla Repubblica ambrosiana; si sostenne inoltre che alcune transazioni, stipulate tra il governo e il B. negli ultimi mesi della "libertà", fossero illegittime. Il B. dovette restituire qualcuno dei beni già ducali: ma, grazie anche all'appoggio della duchessa, riuscì a conservare la massima parte del suo patrimonio. Nel 1461 venne nominato consigliere segreto.
Morì, probabilmente a Milano, il 18 ag. 1464 ed ebbe funerali principeschi: l'orazione fu tenuta da Francesco Filelfo.
Fonti eBibl.: Milano, Archivio Borromeo, cc. 661, 798; B. Scalae Vita Vitaliani Borrhomaei, Romae 1677, pp. 12, 13, 17; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901 p. 43; C.Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, p. 6; G. A. Sassi, La nobiltà borromea, Milano 1718; V. De Vit, Il Lago Maggiore..., I, 2, Prato 1877, pp. 66-69; L. Pullè, Vitaliani e Borromei, in Fam. notabili milanesi, II, Milano 1881, tav. V; A. Colombo, L'ingresso di Francesco Sforza in Milano, in Arch. stor. lombardo, XXXII (1905), p. 57 e passim;G. Biscaro, Il banco Filippo Borromei e compagni di Londra (1436-39),ibid., XL, (1913), pp. 39 ss.; Id., Note di storia dell'arte e della coltura a Milano dai libri mastri Borromeo (1427-78),ibid., XLI (1914), pp. 71-108, passim;P. Canetta, La famiglia Borromeo, Milano 1937, p. 4 e tav. III; T. Zerbi, Le origini della partita doppia, Milano 1952, ad Indicem;J. Heers, Gênes au XVe siècle, Paris 1961, p. 181; G. Balbi, L'epistolario di Iacopo Bracelli, Genova 1969, p. 77 e ad Indicem.