BONACOLSI, Filippo
Figlio di Pinamonte signore di Mantova, nacque verso la metà del sec. XIII. Entrato nell'Ordine dei frati minori, con tutta probabilità nel convento della sua città natale, compi studi teologici (come "lector in theologia" è ricordato da Salimbene de Adam) e successe verso il 1275 a fra' Timidio, eletto vescovo di Verona, nella carica di inquisitore della Marca Trevigiana.
Le prime notizie di questa sua attività risalgono al novembre del 1276, quando, insieme col vescovo Timidio, con Alberto Della Scala e col padre, in quegli anni legatissimo agli Scaligeri, partecipò a una spedizione militare contro gli eretici di Sirmione sul Garda. A Sirmione, infatti, aveva trovato rifugio una cospicua comunItà di patarini, legata strettamente con gli albigesi di Tolosa (nel 1273 vi aveva soggiornato per parecchio tempo il vescovo albigese di Tolosa, Bertrando Olbia), che da molto tempo aveva suscitato forti sospetti nelle autorità religiose e civili di Verona. La campagna si concluse con la cattura di 166 eretici, che nel febbraio del 1278 furono fatti bruciare dal B. nell'anfiteatro di Verona.
La felice conclusione di questa campagna antiereticale (nel 1277 per incarico di Giovanni XXI il B. aveva assolto gli abitanti di Sirmione dalla scomunica nella quale erano incorsi per aver ospitato i patarini) valse al B., professor dell'Ordine, il 9 dic. 1279 la nomina ad arcivescovo di Ragusa, che tuttavia rifiutò, non sappiamo per quale motivo.
Anche se la spedizione del 1276 aveva distrutto il nucleo più importante di eretici della zona veronese, non mancano per gli anni successivi notizie dello zelo inquisitoriale del B. che, a quanto pare, aveva stabilito il centro della sua attività a Verona, dove in quegli stessi anni suo fratello Giovannino ricoprì quasi ininterrottamente la carica di podestà. Nel 1280 istruì un processo per eresia contro tale Altafina Cerdone, che si concluse con la confisca dei suoi beni; nel 1282 era attivo, insieme col confratello Bartolomeo da Padova, anche a Treviso, dove Aica Ribola e Guarnerio Corsio subirono la stessa sorte. Nel 1287 condannò con una sentenza postuma il fornaio Aldigero di Verona, per aver dato ospitalità ai patarini.
Ma il maggiore successo del B. fu quello d'aver indotto Venezia ad accogliere l'inquisizione del suo Ordine.
Infatti, da quando nel 1254 Innocenzo IV aveva affidato l'inquisizione nella Marca Trevigiana all'Ordine di S. Francesco, la Repubblica era riuscita ad impedire l'accesso degli inquisitori nel proprio territorio, rivendicando all'autorità civile il compito di lottare contro l'eresia, con la conseguenza che Venezia era divenuta, nella seconda metà del sec. XIII, il rifugio di tutti coloro che avevano da temere la persecuzione del tribunale della fede.
Nel 1287 Onorio IV dette incarico al B. d'iniziare trattative con la Repubblica per convincerla a inserire nei suoi statuti le disposizioni pontificie e imperiali contro l'eretica pravità. Ma le autorità veneziane, niente affatto disposte a tollerare l'interferenza pontificia nei propri affari, fecero sapere al B. di voler intavolare trattative dirette con Roma. Dopo aver atteso invano una decisione risolutiva, il 25 apr. 1288 il B. indirizzò un lungo monitorio al doge, al consiglio e al Comune di Venezia, intimando loro di promulgare entro brevissimo termine gli statuti antiereticali. Ma solo il 4 ag. 1289 Venezia cedette alle sue pressioni, accettando non solo l'ingresso degli inquisitori francescani in città, ma impegnandosi anche a prestar loro aiuto e sussidio finanziario, mentre i proventi dell'attività inquisitoriale (confische, multe) spettavano agli inquisitori stessi.
Nel frattempo il B. era stato nominato, il 31 luglio 1289, vescovo di Trento, succedendo a Enrico morto a Roma, dove si era recato per sollecitare misure contro il duca Mainardo di Carinzia, conte di Tirolo e di Gorizia, che si era impadronito di gran parte dei beni temporali del vescovato e occupava anche la sede vescovile di Trento. Questa situazione non risultò minimamente modificata dalla nomina del B., che inutilmente cercò di trovare un compromesso con il potente duca. Il 22 settembre Niccolò IV intimò un'altra volta a Mainardo di restituire al B., entro il 1º marzo 1290, i beni della sua Chiesa e la città di Trento, affidando l'incarico di arbitrare la controversia, che si trascinava ormai da ami, al vescovo Bernardo di Padova, all'abate Giovanni di S. Benedetto in Polirone e al primicerio Mauro di S. Marco di Venezia. Ma poco prima della scadenza del termine fissato per la restituzione il duca elevò una protesta, sostenendo di tenere occupati i beni in questione in qualità di avvocato della Chiesa di Trento, da considerarsi vacante. dato che il B. era stato nominato dal pontefice, ma non eletto dal capitolo. Gli arbitri non accettarono però la protesta e pronunciarono, il 31 marzo 1290, una sentenza di scomunica, che peraltro non conseguì alcun risultato. Neanche le tre scomuniche emanate in seguito da Niccolò IV contro il duca (19 aprile, 31 maggio e 18 nov. 1291) servirono a mettere il B., al quale il pontefice l'8 giugno 1291 conferì l'amministrazione del monastero di S. Benedetto in Polirone presso Mantova, in possesso del suo vescovato.
La controversia tacque durante la lunga sede vacante seguita alla morte di Niccolò IV avvenuta nell'aprile del 1292 e prese uno sviluppo inatteso durante il breve pontificato di Celestino V. Subendo a quel che pare le pressioni degli agenti di Mainardo in Curia, il 30 sett. 1294 il papa ordinò ai vescovi di Augusta e di Frisinga e all'abate di Wilten di assolvere dalla scomunica il duca, avversato in modo ingiustificabile dal B., al quale però avrebbe dovuto restituire certi castelli. L'arbitrato sulle questioni pendenti fu affidato agli stessi vescovi e all'abate di Wilten. Il tribunale arbitrale, con l'intervento di uno solo dei tre arbitri, l'abate di Wilten legatissimo al duca, il 12 febbr. 1295 si riunì nel duomo di Trento e senza tener conto delle proteste del B., che tuttavia non aveva osato presentarsi di persona, assolse Mainardo dalla scomunica. L'arbitrato, palesemente manipolato e del resto invalidato dalla circostanza che già nel dicembre del 1294 Celestino V aveva abdicato, fu dichiarato nullo il 3 sett. 1295 da Bonifacio VIII, ma, prima che il processo contro Mainardo venisse ripreso, il duca morì, il 29 ott. 1295.
Neanche con i suoi eredi però, i giovani duchi Ottone, Ludovico e Enrico, il B. riuscì a trovare un accordo. Dopo che Bonifacio VIII aveva sollecitato l'intervento del re dei Romani Adolfo di Nassau, il B. nell'autunno del 1296 si recò in Germania e il 13 novembre fu investito dal re a Francoforte dei beni temporali e della giurisdizione del vescovato di Trento. Pare che i duchi fossero messi nello stesso tempo al bando dell'Impero. L'autorità del Nassau era tuttavia troppo debole per influire positivamente nell'intricata vicenda. Il suo successore Alberto d'Asburgo, imparentato con i duchi di Carinzia, tentò nel 1299 una mediazione, invitando a corte il B., che però non pare abbia accettato l'invito.
L'appoggio del nipote Guido, che nel 1299 aveva conquistato la signoria di Mantova con l'aiuto di Alberto Della Scala, signore di Verona, aprì finalmente nuove prospettive. Nel luglio del 1301, alla testa di milizie veronesi e mantovme, il B. tentò un'azione militare: occupò Riva e Rovereto nel vescovato trentino, costringendo i duchi ad intavolare trattative. La pace tra Verona e Mantova da un lato e i duchi di Carinzia dall'altro fu conclusa il 29 dic. 1301: prevedeva la restituzione dei beni temporali, inclusi la città e il castello di Trento, al B. che dal canto suo s'impegnò a ottenere la revoca della scomunica pendente sui duchi.
Morto il 12 nov. 1303 a Brescia il vescovo di Mantova Filippo di Casaloldo, Benedetto XI nominò al suo posto il B., che tuttavia morì il 18 dic. 1303, prima di aver saputo della nomina. Fu sepolto nella chiesa di S. Francesco a Mantova allora in costruzione. L'epitaffio afferma che egli aveva ricoperto anche la carica di "sacrista" del palazzo apostolico.
Fonti e Bibl.: Les registres de Boniface VIII, a cura di G. Digard, M. Faucon, A. Thomas, F. Fawtier, Paris 1884-1935, nn. 129, 609; Les registres de Nicolas IV, a cura di E. Langlois, Paris 1886-1893, ad Indicem; Les registres d'Honorius IV, a cura di M. Prou, Paris 1888, coll. 263 s., 464; Actenstücke zur Geschichte des deutschen Reiches unter den Königen Rudolf I. und Albrecht I., a cura di F. Kaltenbrunner, Wien 1889, ad Indicem; De Romano, Annales Veronenses, in Antiche cron. veronesi, a cura di C. Cipolla, in Mon. d. Dep. veneta di st. patria, s. 3, II (1890), pp. 419 s., 436, 461; Les registres de Nicolas III, a cura di J. Gay, Paris 1898-1938, n. 593; Le registre de Benoit XI, a cura di C. Grandjean, Paris 1905, ad Indicem; Doc. per la st. delle relaz. dipl. fra Verona e Mantova nel sec. XIV, in Misc. di storia veneta, 2, XII, 1, a cura di C. Cipolla, Venezia 1907, p. 13. 21 ss., 40-42; Cronica fratris Salimbene de Adam, a cura di O. Holder-Egger, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XXXII, Berolini 1913, p. 437; J. F. Böhmer, Regesta Imperii, VI, Die Regesten des Kaiserreiches unter Adolf von Nassau (1291-1298), a cura di V. Samanek, Innsbruck 1948, nn. 676, 778-780, 1019; Die Regesten der Grafen von Tirol und Görz,Herzoge von Kärnten, II, 1, Die Regesten MeinhardsII. (I.), a cura di H. Wiesflecker e J. Rainer, Innsbruck 1952, nn. 635-37, 639, 642, 644, 648-50, 660 s., 669, 673, 675, 680, 686, 697, M, 714, 724, 907, 912, 914-16, 944; J. Donesmondi, Dell'istoria ecclesiastica di Mantova, I, Mantova 1612, pp. 296 s., 305 s., C. Cipolla, Il patarenismo a Verona, in Archivio veneto, XIV (1883), pp. 78 ss., 267 ss.; Id., Nuove notizie sugli eretici veronesi 1273-1310, in Rend. della R. Acc. dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, V (1886), pp. 339, 344 s.; C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasteril 1913, pp. 325, 411, 498; G. Biscaro, Eretici ed inquisitori nella Marca trevisana (1280-1308), in Archivio veneto, s. 5, XVI (1932), p. 162; Ilarino da Milano, L'istituzione dell'inquisizione monasticopapale nel secolo XIII, in Collectanea Franciscana, V (1935), pp. 198-205; H. Wiesflecker, Meinhard der Zweite, Innsbruck 1955, pp. 262 ss., 285 ss.; Mantova. La Storia, I, Dalle origini a Gianfrancesco primo marchese, a cura di G. Coniglio, Mantova 1958, pp. 281, 291 s.; Mariano da Alatri, Inquisitori veneti del Duecento, in Collectanea Franciscana, XXX (1960), pp. 400, 404 s., 417; Id., Una sentenza dell'inquisitore fra Filippo da Mantova,ibid., XXXVII (1967), pp. 142-144; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, coll. 708 s.