BELLINI, Filippo
Nacque a Urbino tra il 1550 e il 1555: pur non avendone, l'assoluta certezza, lo si è sempre pensato scolaro di Federico Barocci. Certo è che le influenze barocceséhe sono in lui decisive e più o meno costanti: evidenti nelle opere giovanili, non cessano di affiorare anche nelle ultime.
Il Lanzí, nel presentarlo, sembra quasi compiere una doverosa rivendicazione dicendolo "pittore pressoché ignoto alla istoria, ma di merito singolare"; assai più cauti sono i giudizi della critica moderna.
Nel 1576 la Compagnia del Corpus Domini di Urbino gli diede un acconto per una Crocifissione; cinque anni più tardi lo troviamo ancora impegnato nella città natale per un ciclo di affreschi nell'oratorio della Compagnia della Morte. Di tali opere giovanili è oggi scomparsa ogni traccia, me ntre invece rimangono, sempre ad Urbino, nell'arcivescovado, uno Sposalizio di S. Caterina e, nella Galleria Nazionale delle Marche, due tele firmate: una Madonna col Bambino tra due santi ed una Madonna ingloria adoratada santi. Nel primo di questi lavori una certa semplicità compositiva e una vaga ingenuità espressiva ricordano, secondo A. Venturi, il Francia e forse anche il romagnolo Luca Longhi; nelle altre due tele, invece, il B. sembra, aver raggiunto, sia nella tavolozza sia nella tipologia di indiretta ma efficace derivazione veronesiana, i caratteri che a lungo rimarranno peculiari della sua arte.
Dopo il soggiorno urbinate, ritroviamo il B. a Iesi ove dovette trasferirsi con la famiglia prima del 1585; di là svolse un'intensa attività nei paesi vicini; così lo troviamo a Montalboddo, presso Senigallia, ad affrescare la Leggenda di s. Gaudenzio nella cappella dei conventuali e, nel duomo di Ancona, nel 1586, intento a dipingere una serie di affreschi, distrutti dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e una pala d'altare raffigurante Lo sposalizio della Vergine. Nella stessa città rimangono un S. Girolamo orante nella chiesa dell'Annunziata e, in quella del Sacramento, una rovinata e poco leggibile Predica del Battista, ad attestirci, quest'ultima, come la conoscenza di F. Zuccari e di P. Tibaldi abbiano contribuito ad irrobustire nelle opere del B. la consistenza sia formale sia cromatica.
Nel 1592 il B. lavorava a Recanati nella chiesa di S. Agostino, che ancora conserva di lui una Madonna col Bambino e santi (firmata), un Beato Girolamo ed un S. Lorenzo; a Loreto, nello stesso anno decorò una cappella (quinta a sinistra) della basilica dove si trova anche una Circoncisione notevole soprattutto per l'eccellenza dello sfondo in cui, memore di un pittore fiammingo che gli fu particolarmente caro - Dionigi Calvaert -, egli amò raccontare con episodica, ma fresca meticolosità. Nel 1595 dipinse una Predica di s. Giovanni per la cattedrale di Iesi e, nell'Oratorio della Morte della stessa città, un Presepio che si direbbe un poco posteriore per qualche visibile influenza del Lilli che fu nelle Marche, di ritorno da Roma, solo nel 1597.
Nel 1602 troviamo il B. a Macerata, dove una Deposizione, bella e commossa, una Cena in Emmaus ed una Ultima Cena, custodite nella sagrestia dell'odiema cattedrale, ci attestano un momento particolarmente felice della sua attività: lo scolaro del Barocèi sembra qui aver superato la fase provinciale ed aver tratto vitali conclusioni da una cultura più aggiornata, vasta e ricca di esperienze venete., E sorprenderà ritrovarlo nello stesso periodo di tempo a Fabriano - città in cui soggiornò con qualche interruzione dal 1598 sino al maggio del 1602 e dove di lui si conservano anche oggi diverse tele - autore nell'Oratorio della Carità di un ciclo di affreschi raffiguranti le Opere di misericordia temporali e spirituali, dal colorito crudo e sgargiante: la consueta freschezza narrativa degli sfondi non riesce a farci dimenticare il pigro abbandono a una formula baroccesca che ritorna qui, sul cadere della sua vita, come a denunciare il procedere titubante di una formazione stilistica che pur seppe a volte conseguire momenti di felice freschezza.
Secondo il Lazzari, il B. sposò Lisa dall'Isola, da cui ebbe nel 1580 un figlio, Pietro. Morì a Macerata nel 1604.
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