EVANGELISTI (Evangelista), Filippo Antonio
Nacque in Roma all'inizio del 1680 (battesimo in S. Benedetto in Piscinula il 31 gennaio) da Chiara Marrocchi e da Carlo. Ben pochi sono i dati biografici noti se si prescinde da quelli risultanti dagli atti parrocchiali (in parte già consultati dal Noack, 1915), i quali, oltre a dame la paternità, lo ricordano nel 1718 con qualifica di pittore e dell'età di 35 anni (in realtà doveva averne 38), in affitto in una casa di proprietà Gherardi in via del Lavatore (parr. S. Andrea delle Fratte).
In effetti l'E. doveva aver quasi completato il suo apprendistato come pittore già ai primi del secolo, visto che un suo diligente disegno d'invenzione raffigurante la Cena in Emmaus, conservato all'Accademia di S. Luca, vinse nel 1702 il primo premio della seconda classe di pittura, mentre nel 1705 egli riportò il primo premio della prima classe (una sorta di "diploma" definitivo) con una composizione a sanguigna e biacca raffigurante Il ratto delle Sabine. Di epoca non lontana, inoltre, potrebbe essere un altro schizzo custodito dall'Accademia che un'iscrizione qualifica come "Prova di Filippo Evangelista Rornano", indicando quindi il foglio come prova ex tempore di uno dei concorsi cui il giovane pittore partecipò.
Nel 1719 lo Stato d'anime di S. Andrea delle Fratte accanto al suo nome, alla qualifica ed all'età (indicata ancora erroneamente in 27 anni) registra l'annotazione "in casa dell'Em.o Corradini", a significare - come sembra dedursi dal contesto - non tanto che il pittore abitasse in quel momento presso il cardinale Pietro Marcellino Corradini - che dalle fonti risulta essere stato in effetti suo protettore - ma che fosse alloggiato in una casa di sua proprietà, probabilmente in via del Nazareno. Dopo questa menzione si trova ricordo dell'E. negli Stati d'anime soltanto nel 1733, quando viene annotata la sua residenza ancora nella stessa parrocchia ma in strada Nuova.
Alla metà degli anni Trenta datano alcuni eventi significativi della sua vita familiare e professionale: il 23 ott. 1735, ormai cinquantacinquenne, prese in moglie nella chiesa di S. Maria in via Lata la romana Maria Rosa Isabella Zarlatti (che gli avrebbe dato tre figli), mentre il 2 dicembre dell'anno successivo fu accolto nell'Accademia di S. Luca. In questo periodo abitava ancora in strada Nuova, in una casa che però dal 1743 risulta occupata dal conte Filippo Antamoro; intanto l'E. sembrava aver acquisito una certa agiatezza, visto che risultava in grado non solo di metter su famiglia, ma di tenere una cameriera e di ospitare anche sua madre e probabilmente un nipote. Dal 1743 in poi il pittore si trasferì con la famiglia in via Frattina (parrocchia di S. Lorenzo in Lucina), dove rimase fino alla morte.
Quel che fino a tempi recenti si conosceva dell'E. si deve in larga misura a una fonte probabilmente non del tutto obiettiva o completa, ossia la biografia del pittore Marco Benefial, firmata dal suo allievo Giovanni Battista Ponfredi e datata 22 luglio 1764 (in Bottari-Ticozzi, 1822). La biografia riferisce che l'E., "scolare di Benedetto Luti", era al servizio del cardinale Corradini "in grado di cameriere e coi favore e le raccomandazioni del suo padrone, aveva continue commissioni; e però, stante l'essere il nostro Benefial tornato a penuriare, gli fu facile l'indurlo a far seco società, esibendosi ad abbozzare i quadri, e lasciando il finirli a Benefial, e poi dividersi l'utile che apporterebbero l'opere" (pp. 17 s.). Quest'accordo sarebbe stato rispettato sino a quando all'E. fu commissionata la pala di un altare laterale della riedificata chiesa dei Ss. Marcellino e Pietro (c. 1752), raffigurante La messa di s. Gregorio (Mortari, 1969).
La biografia del Benefial potrebbe aver dato una visione eccessivamente unilaterale del rapporto tra i due pittori: il Ponfredi (p. 18) sostiene infatti che "poche volte si prevalse Benefial" dell'E. "per abbozzare, sicché questo non ci messe altro che procurar l'opere, lasciando al compagno tutta la fatica". Di fatto la più antica fra le opere citate dal Ponfredi, che vennero dipinte in esito all'accordo tra i due pittori, è certo la tela con la Madonna che porge il Bambino a s. Antonio da Padova, eseguita per la chiesa romana di S. Giovanni a Porta Latina, della quale il Corradini (il cui stemma appare sulla coperta del libro in basso) fu cardinale titolare fra il 1712 ed il 1715.
Si tratta di un'opera "di cui 10 ho il bozzetto che si prenderebbe per di Carlo Maratta", scrive il Ponfredi (ibid.), ed in cui l'autografia complessiva del Benefial - riconoscibile anche nelle forme espanse e nella composizione semplificata - non ha motivo di essere revocata in dubbio, sebbene possano scorgersi in essa caratteri che effettivamente segnano un avvicinamento di Benefial, in questo periodo, all'opera del Maratta, soprattutto ai dipinti meno recenti, anche se può essersi trattato di una rilettura nell'ottica del Luti.
Analogo indirizzo marattesco - ma come citazione e piuttosto come declinazione degli ulteriori ascendenti, sino alla pittura della prima metà del secolo precedente - appare anche nelle tele per la chiesa dell'ospedale di S. Gallicano, eseguite anch'esse nell'ambito della "mezzeria" con l'E. e forse influenzate dalle preferenze stilistiche di costui; della lunetta, con S. Filippo Neri in gloria, Ponfredi asserisce di aver visto "il bozzetto, ed il cartone in casa dun parente di detto Evangelista, credutone l'autore, e son bellissimi" (ibid.).
Di grande interesse per la definizione dei rapporti tra i due sodali appare anche la Madonna col Bambino e santi della chiesa di S. Francesco a Fermo, databile agli anni 1719-21 circa.
Il Sapori (1919) ritiene del Benefial quasi solo la figura di s. Francesco, che sarebbe un'eccezione in "quel gruppo spento di manichini", ma si tratta di una visione troppo riduttiva dell'autografia del Benefial. Di fatto la tela, che, oltre alla rilettura vigile del marattismo, manifesta già tracce dell'eclettismo critico proprio del Benefial, costituisce comunque.anche un punto di raffronto preciso con un'opera che si può ritenere del tutto autonoma dell'E.: la pala raffigurante la Madonna col Bambino, s. Eusebio e s. Antonio abate della chiesa della Ss. Trinità a Marino. È correttamente attribuita dalla Lo Bianco (1990) all'E. e datata al quarto decennio (infatti il Corradini fu vescovo di Frascati dal 1734). Si deve tuttavia osservare che la figura di S. Eusebio, a destra, dipende certamente dalla rielaborazione in controparte di uno studio preparatorio per la figura di sinistra (S. Ludovico da Tolosa) del quadro di Fermo (un disegno preparatorio è stato pubblicato dal Falcidia [1978] come opera del Benefial).
Documentata opera dell'E. - a lui commissionata e pagata 250 scudi nel 1740 dal Comune di Frascati (molto probabilmente per indicazione del Corradini) - è anche L'Assunzione della Vergine per l'altare maggiore della chiesa di S. Maria in Vivario, detta di S. Rocco (Confraternita dell'Orazione e morte) in Frascati (Razza, 1975).
Si tratta di un'opera esplicitamente neocarraccesca in cui sono stati osservati (Lo Bianco, 1990) echi dei modi del Benefial propri delle composizioni per il duomo di Monreale degli anni 1725-1727, ma che ancora più direttamente è connessa ad un'altra opera dello stesso Benefial: la pala già sull'altare maggiore della cattedrale di Pesaro, raffigurante L'Assunta con i ss. Terenzio e Mustiola (1725 c.), ove la figura ascendente della Vergine viene replicata in controparte dall'E. proprio nel dipinto di Frascati; qui, tuttavia, si evidenzia nella zona inferiore la familiarità dell'autore anche col gusto tutto decorativista del comporre in scorcio, così diverso dal fare del Benefial quale si palesa in grandi composizioni parietali come quelle per il duomo di Città di Castello (1747-49).
Certo è che dalle opere sicuramente autografe dell'E., pubblicate dalla Mortari (1969) e dalla Lo Bianco (1990), emergono con chiarezza tanto le diversità dei due pittori, quanto le modalità individuali della loro partecipazione ad un medesimo contesto culturale. Risulta così effettivamente evidente l'ampia o totale autonomia del Benefial in opere che il Ponfredi cita tra quelle eseguite a Roma dal suo maestro sotto il nome dell'E., in particolare la Natività (o Adorazione dei pastori) già sull'altare maggiore della chiesa del Bambino Gesù (1730 c.) e, soprattutto, le due tele con Storie di s. Margherita da Cortona (1731-32 c.) nella cappella Boccapaduli all'Aracoeli. Per contrasto, risultano manifeste anche le caratteristiche di stile proprie dell'E. e si può comunque tentare di precisarle meglio sulla base delle opere autografe note, le quali però attualmente risultano riferibili a periodi assai distanti, essendo i disegni degli anni 1702-1705 circa ed i dipinti autografi del periodo 1735-1752.
Per quanto concerne i disegni, tutti dell'Accademia di S. Luca, il migliore di essi è certo quello raffigurante Ilratto delle Sabine (1705), che rivela un edulcorato cortonismo (con citazioni dirette dal Bernini e dallo stesso P. Berrettini: cfr. Graf, 1989) senza slanci d'invenzione e, al pari degli altri quasi coevi disegni noti, non così esplicitamente dipendente dal Luti come il Ponfredi avrebbe autorizzato ad aspettarsi in prove ancora giovanili. Del resto, quasi mezzo secolo più tardi la Messa di s. Gregorio in Ss. Marcellino e Pietro a Roma rivela come il marattismo, a metà secolo ancora persistente nel gusto dell'E., fosse misto però - come già nel remoto disegno dell'Accademia di S. Luca - ad una sensibile inclinazione verso una sorta di cortonismo rococò evidente soprattutto nel panneggio della Madonna e nell'angelo. In ciò, tutto sommato, l'E. si rivela più accondiscendente del Benefial agli indirizzi di gusto del momento.
L'E. morì a Roma il 16 marzo 1761.
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