ANASTASIO (Anastagio, d'Anastasio, d'Anastagio), Filippo
Nacque a Napoli il 25 genn. 1656 da Ludovico d'Anastasio e Anna Maria Tolosa, della famiglia di Castella Vecchia. Compiuti gli studi nel collegio dei gesuiti, intraprese la carriera ecclesiastica e si addottorò in diritto civile e canonico. Il periodo della sua giovinezza coincise con quello in cui la cultura napoletana entrava in un nuovo fermento di uomini e di idee, e a tale movimento l'A. prese parte attiva: iscritto fra gli Arcadi con il nome di "Anastro Liceatico", poeta di stile piano e piacevole, egli fu uno dei tanti rimatori che, nella seconda metà del '600, reagirono al marinismo, ricercando piuttosto l'imitazione dei modelli petrarcheschi e della tradizione toscana. Una parte delle sue poesie, prive assolutamente di originalità e di estro, fu stampata in A. Bulifon, Compendio delle vite del re di Napoli, Napoli 1698, e nella Raccolta di rime di G. L. Acampora, Napoli 1701. Nel 1687 il connestabile del Regno, Lorenzo Onofrio Colonna, lo chiamò alla cattedra di diritto civile dell'università di Napoli, ma, per intrighi di nemici, ne fu privato dal viceré conte di Santisteban. Dopo qualche tempo ebbe la cattedra di diritto canonico. Nel 1698 il viceré Luis de la Cerda, duca di Medinaceli, successore del Santisteban, per consiglio del Caravita e del Pappacoda, istituì, sul modello dell'Accademia delle scienze di Parigi, l'Accademia detta Palatina o del Medinaceli, che fu quasi il riconoscimento ufficiale della nuova cultura. L'A. vi fu chiamato dallo stesso viceré come socio fondatore e "principe" (cioè presidente annuo) insieme con Nicola Carmine Caracciolo, principe di Santobuono, Paolo Mattia Doria, Federico Pappacoda, Nicolò Caravita, Tommaso d'Aquino, Gregorio Calopreso e altri. In seguito, secondo un uso ormai invalso fra gli uomini del suo ceto e della sua formazione culturale, l'A. viaggiò per molte città d'Italia, insieme con Tommaso Cornelio e Francesco d'Andrea. Conobbe così i più noti letterati del tempo, con i quali mantenne sempre una corrispondenza erudita: a Firenze il Magliabechi, il Redi, il Viviani, a Padova il Patino ed il conte Montanari; a Venezia Iacopo Grandi. Ma l'adesione dell'A. a questo mondo culturale fu piuttosto esteriore e superficiale: nei suoi scritti, numerosi, manca ogni apporto delle nuove idee e v'è solo una vasta, ma pesante erudizione.
Nel 1699, tornato a Napoli, l'A. ottenne da Innocenzo XII, grazie all'intervento del connestabile Colonna e del Medinaceli, un canonicato in quella cattedrale; poco tempo dopo, il 22 aprile, egli venne consacrato a Roma arcivescovo di Sorrento.
Appena giunto nella sede, fondò nel palazzo arcivescovile un'accademia scientifica, restaurò :il seminario e v'incoraggiò gli studi. Ma, nella sua zelante attività di arcivescovo, entrò in aspro conffitto giurisdizionale con le autorità napoletane, conflitto che esasperò ancora di più i rapporti fra il Regno di Napoli e la Curia romana, divenuti più tesi nel clima della guerra di successione spagnola. Nello stesso anno 1699 l'A., in visita alle chiese della sua diocesi, cui sovraintendevano economi laici, richiese il rendimento dell'amministrazione della chiesa dei SS. Prisco e Aniello, di patronato regio, che, vantava cioè il privilegio, riconosciuto dal concilio di Trento, di non mostrare i conti agli ordinari, purché il patronato fosse dimostrato con titoli di fondazione (titoli che essa però aveva perduti durante l'incursione del corsaro Barbarossa, nel 1545). Interposto appello dagli economi all'autorità regia, nel novembre 1700 il delegato della regia giurisdizione, Gennaro d'Andrea, esortò invano l'A. a revocare la citazione; e quando, nel giugno 1702, l'A. si recò a Napoli per rendere omaggio a Filippo V, ricevette la lettera "ortatoria". Il conflitto da questo momento prese proporzioni più vaste, poiché con esso si riapriva la disputa sulla mancata accettazione nel Regno delle deliberazioni dei concilio di Trento, che non avevano mai ottenuto l'exequatur regio. Di fronte alla minaccia di scomunica da parte dell'A., la Giunta di giurisdizione ordinò il suo sfratto dal Regno e il sequestro delle.entrate della mensa arcivescovile. Malgrado un tentativo di conciliazione da parte di monsignor de la Tremouille, longa manus di Luigi XIV alla corte di Napoli, nel maggio 1703 un giudice di Vicaria, Emanuele Espedal (o Espetal), intimò all'A. la partenza e qualche giorno dopo i ministri ne ordinarono l'espulsione dal Regno, facendolo scortare fino ai confini da sbirri e moschettieri spagnoli. L'A. lanciò la scomunica non solo sul giudice Espedal, ma anche sul viceré, il marchese di Villena, e sui reggenti del Collaterale. Intervenne Clemente XI ordinando al nunzio apostolico in Napoli, G. B. Patrizi, d'interrompere ogni trattativa diplomatica con il govemo napoletano.
Le cose cominciarono a prendere una piega diversa per la mediazione di Luigi XIV, che aveva di recente adottato una politica di avvicinamento e di concessioni a Clemente XI. Così, nel luglio 1703, l'A. ottenne di tornare nella sua diocesi senza passare per Napoli, ma di lì a poco, perdurando gli strascichi della controversia, si ritirò a Roma una seconda volta. Il papa lo nominò il 27 dic. 1706 assistente al soglio pontificio e gli offrì successivamente i ricchi arcivescovadi di Conza, Manfredoma e Rossano. Egli rifiutò e nel 1710 tornò ancora una volta nella diocesi sorrentina. Anche questa volta però entrò in conflitto con le autorità napoletane, in seguito al suo ostinato rifiuto di convalidare le nomine dei parroci eletti, per antico diritto, dai suoi diocesani. Lasciò Sorrento nel 1723 e diede le dimissioni dal governo della diocesi il 20 dic. 1724. Benedetto XIII, dopo avergli offerto la sede arcivescovile di Cosenza, lo nominò patriarca in partibus di Antiochia ed esaminatore dei vescovi.
Dopo la pubblicazione dell'Istoria civile del Giannone, l'A. prese parte alle polemiche fra curialisti e anticurialisti, scrivendo contro il Giannone un'Apologia di quanto l'arcivescovo di Sorrento ha praticato cogli economi dei beni ecclesiastici della sua diocesi, Roma 1724. In essa l'A., giustificandosi per ambedue le controversie sostenute, colse l'occasione per attaccare con durezza il Giannone. Ma l'ultracurialismo dell'A. non incontrò l'approvazione di Benedetto XIII, che non volle concedergli il permesso di stampare un'altra opera contro il Giannone. Clemente XII, invece, si mostrò più favorevole. Anche questa volta però le accese polemiche che erano sorte dalla pubblicazione (1728-1729) delle antigiannoniane Riflessioni del Sanfelice impedirono, per cautela della corte di Roma, la pubblicazione degli scritti dell'Anastasio. Nello stesso 1724, intanto, contro l'A. e in difesa dei Giannone, Giovanni Acampora aveva scritto una affettuosa lettera al reggente Almarz a Vienna e Gaetano Argento aveva dato incarico ad Orazio Ignazio Vitagliano di redigere una Difesa della giurisdizione intorno ai regi diritti della chiesa collegiata di Santa Maria Cattolica della città di Reggio (che sembra non sia mai stata stampata). Il Giannone non rispose mai all'A., seguendo il consiglio del marchese di Rialp; rimane tuttavia la minuta autografa ed un apografo d'una breve Risposta all'Apologia di mons. Anastasio, arciv. di Sorrento, rintracciata dal Nicolini nell'Archivio di Stato di Torino (v. F. Nicolini, L'Istoriacivile di Pietro Giannone ed i suoi critici recenti, Napoli 1907, p. 35).
L'A. morì a Roma il 10 maggio 1735.
Oltre le opere già citate, dell'A. si ricordano alcune opere erudite, scarsamente critiche e legate a un gusto di mediocre enciciopedismo, come le Lezioni intorno all'idrografia, tenute nell'Accademia Palatina e pubblicate postume in Miscellanea di varie operette, Venezia 1744, e la Lettera intorno al Vocabolario della Crusca, apparsa nelle Lettere memorabili dei Bulifon (vol. III, Napoli 1693). Di più vasto respiro sono l'opera Pontificis suprema potestas in Ecclesia vindicata, in 3 Voll. (Romae 1721), rivolta particolarmente contro l'opposizione gallicano-giansenista alla supremazia papale (il I volume apparve in seconda edizione sotto il titolo di Suprema Romani pontificis in Ecclesia potestas adversus instrumention appellationis quatuor Galliae episcoporum a constitutione Unigenitus ad futurum generale Concilium,Beneventi 1723), e le Lucubratonis in Surrentinorum ecclesiasticas civilesque antiquites, Romae 1731-32, dedicate alla storia della sua diocesi. L'A. lasciò inedito un poema su Descartes, diverse lezioni accademiche sulle matematiche, parecchie poesie, unadissertazione storico-critica contro il Giannone, di cui il Nicolini (cfr. L'Istoria civile..., p.12) rinvenne nella Biblioteca Cuomo di Napoli gli appunti manoscritti, ora dispersi, una confutazione dei libri dell'Aletino. Numerose lettere, scritte dall'A. al cardinale Paolucci, segretario di Stato di Clemente XI, sono conservate presso l'Archivio Vaticano, Lettere dei Vescovi, tt. 95, 97-99, 102-103, 105-107: la maggior parte di esse riguardano le sue contese con il potere civile.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, Nunziatura Napoli, voll. 131-137, 349-350, 587; Miscellanea Albani, voll-47-49; Arch. di Stato di Napoli, Notamenti del Collaterale, voll.104, f. 145, n. 4; 107, f. 20, n. 5; 108, f. 130, n. 1 (tutte concementi le contese giurisdizionali dell'A.); P. Giannone, Vita, a cura di F. Nicolini, in Arch. stor. per le prov. napol., XXIX(1904), pp. 339-342; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 669-672; F. A. Soria, Mem. stor.-critiche degli storici napoletani, Napoli 1781, pp. 22-23; L. Panzini, Vita di Pietro Giannone, in P. Giannone, Istoria civile, Milano 1823, pp. 82-83; C. Minieri-Riccio, Mem. stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 1819; Id., Notizie biogr. degli scrittori napol. nati nel sec. XVII, Milano-Napoli-Pisa 1875, pp. 27-28; B. Capasso, Mem. stor. della Chiesa sorrentina, Napoli 1854, pp. 102-105, 268; A. Granito di Belmonte, Storia della congiura dei principe di Macchia, II, Napoli 1861, pp. 61-64, 115, 133; M. Landau, Rom, Wien, Neapel während dei spanischen Erbfolgekrieges, Leipzig 1885, p. 242; F. Pometti, Studi sul Pontificato di Clemente XI, 1700-1721, in Arch. d. Soc. romana di storta patria, XXI (1898), p. 384; G. Rispoli, L'Accademia Palatina del duca di Medinaceli, Napoli 1924, pp.15, 18, 24, 26, 30; F. Nicolini, Sulla vita civile, letteraria e religiosa napoletana alla fine del Seicento, Napoli 1929, p. 70; Id., La giovinezza di Giambattista Vico, Bari 1932, pp. 20, 79, 151, 186; Id., Uomini di spada, di chiesa, di toga, di studio ai tempi di Giambattista Vico, Milano 1942, pp. 12, 16; L. Marini, Pietro Giannone e il giannonismo a Napoli nel Settecento, Bari 1950, pp. 20, 107; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., V, Patavii 1952, p. 89; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., II, coll. 1486 s.