AGRESTI, Filippo
Nato a Napoli il 24 marzo 1797 dall'avvocato Gesualdo, intraprese la carriera militare, partecipando alle campagne del 1814-15. Affiliatosi poi alla carboneria, aderì ai moti rivoluzionari del 1820-21, combatté a Rieti il 7 marzo 1821 col reggimento del colonnello De Liguori e, alla restaurazione, fu esonerato dal servizio attivo. Con T. Gaeta, V. Minichini, D. Morici, Michele e Vito Porcaro ed altri, partecipò all'organizzazione della congiura, che, poiché vi fu implicato il frate Angelo Peluso, fu detta "del monaco".
I congiurati si riunirono per la prima volta in casa dell'A. nel dicembre 1830. La sera del 21 ag. 1831 l'A., col capitano Morici, si recò presso i Porcaro con l'intenzione di muovere verso l'Adriatico, dove erano attesi i Francesi; contemporaneamente il Peluso tentava di fare insorgere i contadini presso Nola. Ma il tentativo rivoluzionario, che aveva lo scopo di ottenere la costituzione, contando sugli avvenimenti francesi, fallì.
Per sfuggire all'arresto, il 15 ottobre l'A. s'imbarcò; fu a Marsiglia, in altre città della Francia meridionale, in Algeria, dove militò nella legione straniera, in Inghilterra e dal 1844 a Malta; qui cominciò, attraverso L. Zuppetta, ad accostarsi a quegli ambienti radicali, il cui programma avrebbe abbracciato poi, nel secondo esilio del 1859 in Inghilterra.
Nel 1848 tornò in patria e fece parte della Guardia nazionale. Fallito il tentativo rivoluzionario, quando il Settembrini espresse l'idea di dare nuova vita alla Giovine Italia, l'A. si orientò, invece, verso la ricostituzione della carboneria. Il contrasto venne superato da Silvio Spaventa, che propose la fondazione di una nuova associazione, la Grande Società dell'Unità italiana, presieduta in un primo tempo dallo stesso Spaventa e poi dal Settembrini, e che avrebbe dovuto avere elementi dell'una e dell'altra e, lasciando impregiudicata la questione istituzionale, avrebbe dovuto raggruppare tutte le forze liberali. L'A. fu il primo presidente del Comitato centrale, detto poi Alto Consiglio, e si adoperò alacremente per organizzare e diffondere l'associazione.
Nonostante le precauzioni adottate dai cospiratori, l'A. fu arrestato a Napoli la notte del 17 marzo 1849 per delazione di due sottufficiali, che aveva tentato di subornare.
La perquisizione portò soltanto al sequestro del Catechismo della Società dei Liberi Muratori; le carte degli unitari erano già state portate tutte in salvo. Negli interrogatori l'A. ammise soltanto la sua appartenenza alla massoneria in Francia e in Inghilterra, dove era tollerata.
Fu condannato il 10 febbr. 1851 alla pena di morte, insieme col Settembrini e con Salvatore Faucitano. La condanna fu, però, commutata nell'ergastolo, che scontò dal 5febbraio successivo nel penitenziario di S. Stefano. Il 17 genn. 1859, con altri prigionieri, partì da Napoli per essere deportato nell'America del Sud, ma, insieme con gli altri, riuscì a far invertire la rotta alla nave e ad approdare in Irlanda, donde si trasferì subito in Inghilterra. In questa occasione l'A. si trovò in disaccordo con la maggioranza dei deportati, che non accettarono le dimostrazioni organizzate per loro da Mazzini, mentre l'A. era disposto ad accordarsi con gli esponenti repubblicano-democratici, con i quali era stato appunto in contatto fin dal primo esilio.
Rientrato a Napoli nel luglio 1860, fece parte del Comitato d'azione, e, nel settembre successivo, insieme con G. Libertini, G. Ricciardi, R. Conforti, C. Caracciolo Di Bella, G. Pisanelli, fu membro di un Governo provvisorio, sciolto da Garibaldi al suo arrivo. Dopo aver rifiutato il posto, che questi gli offriva, di direttore generale dei dazi, l'A. fu vice-sindaco di una delle sezioni municipali di Napoli, quella di S. Carlo all'Arena.
Morì a Napoli il 7 luglio 1862.
Fonti e Bibl.: Società napoletana di storia patria, Fondo D'Ayala, 3° Corr. XIV, b. 7; N. Nisco, Ferdinando II ed il suo regno, Napoli 1888, pp. 249-251; G. Mondaini, I moti politici del '48 e la setta dell'"Unità italiana" in Basilicata, Roma 1902, pp. 244, 248-249, 269; A. Gabrielli, Settembrini, Milano 1927, pp. 110, 128, 131, 132, 176; G. Paladino, La congiura del "monaco", in Arch. stor. per le prov. napol., n.s., XIV (1928), pp. 287-291, 349-350 e passim; Id., Il processo per la setta l'"Unità italiana" e la reazione borbonica dopo il '48, Firenze 1928, passim; A. Monaco, I galeotti politici napoletani dopo il quarantotto, I, Roma 1932, pp. 191, 193-194; A. Omodeo, Luigi Settembrini, in Difesa del Risorgimento, Torino 1955, pp. 246, 255; Id., Risposta al prof. Paladino, ibid., p. 561; E. Passerin d'Entrèves, L'ultima battaglia politica di Cavour. I problemi dell'unificazione italiana, Torino s.d. [ma 1956], pp. 91, 351; L.L. Barberis, Dal moto di Milano del febbraio 1853 all'impresa di Sapri, in L'emigrazione politica in Genova ed in Liguria dal 1848 al 1857, III, Modena 1957, pp. 596, 623.