Vedi Filippine dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Repubblica delle Filippine è uno stato insulare che si estende su un arcipelago composto da più di 7000 isole, suddivise in tre aree geografiche: Luzon, Visayas e Mindanao. Le Filippine sono una repubblica presidenziale, il cui sistema istituzionale si basa sulla separazione dei poteri tra il ramo esecutivo, affidato al presidente, il ramo legislativo, affidato a un parlamento (Congresso) bicamerale, e il ramo giudiziario, affidato a una magistratura indipendente. Il presidente riveste i ruoli di capo dell’esecutivo, capo di stato e comandante delle forze armate; dispone del potere di approvare le leggi del Congresso (composto da 24 senatori e 278 rappresentanti della Camera), oppure di esercitare il diritto di veto, rendendo in quest’ipotesi necessaria una maggioranza di due terzi dei voti dell’assemblea perché la legge possa considerarsi approvata. Le elezioni presidenziali del maggio 2010 hanno sancito la netta vittoria di Benigno Aquino III, con un margine di quasi sei milioni di voti. Tale esito, assieme alla vasta popolarità di cui gode anche in campo internazionale, ha permesso al presidente di garantire al paese una certa stabilità, nonostante il tentativo da parte della Corte suprema del paese di far approvare una mozione di impeachment nei confronti del presidente a seguito di presunte accuse di corruzione.
La peculiare collocazione geografica del paese contribuisce a determinarne l’orientamento di politica estera. Geograficamente vicine alla Cina, le Filippine intrattengono con Pechino una relazione altalenante, complicata dall’esistenza di dispute territoriali relative alle Isole Spratly, nel Mar Cinese Meridionale, e alla secca chiamata Scarborough Shoal o Huangyan Island o Bajo de Masinloc, a ovest dell’Isola di Luzon. La decisione del governo filippino di internazionalizzare la disputa sottoponendola all’arbitrato delle Nazioni Unite sembra aver indispettito il governo cinese, più tradizionalmente incline alla risoluzione delle controversie in via bilaterale. Ciononostante, l’aumento in anni recenti dell’interscambio commerciale, così come l’ingente portata degli investimenti che Pechino indirizza verso il settore estrattivo filippino, porta ad escludere l’ipotesi della rottura delle relazioni.
Rimane invece solido il rapporto di Manila con Washington. Al di là del passato legame coloniale, gli Stati Uniti rappresentano il primo partner commerciale delle Filippine, così come il principale alleato del paese, al quale garantiscono assistenza militare con esercitazioni congiunte e collaborazione nel settore dell’intelligence.
Oltre ai rapporti con le due grandi potenze che si affacciano sul Pacifico, le Filippine intrattengono fitte relazioni con gli stati della penisola indocinese all’interno dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (Asean) e del Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec).
La politica estera di Manila risente molto degli interessi dei numerosi cittadini che vivono e lavorano all’estero, e che generano un flusso di rimesse che nel 2014 è stato pari a al 10% del pil. Al fine di tutelare questi ultimi, e in ragione della migrazione verso stati mediorientali di molti degli espatriati, le Filippine – il solo stato asiatico a maggioranza cristiana, assieme a Timor Est – mirano a diventare membro osservatore dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic). Tale tentativo è stato ostacolato dal veto opposto, in seno all’Organizzazione, dal Fronte nazionale di liberazione moro (Mnlf), formazione secessionista, membro osservatore dell’Oic, che da un quarantennio aspira all’indipendenza da Manila dell’area del Mindanao musulmano, a maggioranza musulmana e, dal 2002, regione autonoma. Nonostante la firma dell’ennesimo accordo di pace nel marzo 2014, la fine definitiva delle ostilità sembra ancora lontana.
Circa un terzo della popolazione ha meno di quindici anni e più della metà degli abitanti non supera il venticinquesimo anno d’età.
La speranza di vita alla nascita è aumentata notevolmente negli ultimi 60 anni, passando da un’aspettativa di 49 anni nel 1950 agli attuali 68,7. Negli anni è aumentata anche l’urbanizzazione: al 2014, la percentuale della popolazione urbana è pari al 44,5%, mentre gli abitanti delle aree rurali rappresentano il 55,5% della popolazione.
La composizione etnica dell’arcipelago riflette la storia delle popolazioni che nel tempo vi si sono stabilite: l’etnia principale ha origine dall’Asia continentale e soprattutto dalla Cina; seguono americani e ispanici. Il retaggio storico della dominazione plurisecolare spagnola e poi di quella americana spiega il fatto che la maggioranza della popolazione sia di religione cristiana (circa il 90%).
Per quanto riguarda il livello di libertà civile e politica, rimangono molte ombre: i meccanismi democratici sono minacciati dalla diffusa violenza tra clan che si contendono il potere, mentre la libertà di stampa è compromessa dalle violenze ai danni dei giornalisti e dall’impunità di cui godono i colpevoli.
Le Filippine sono uno tra gli stati più poveri del continente asiatico. Nonostante ciò, negli ultimi anni l’economia è cresciuta a un tasso medio superiore al 5%, e, dopo la brusca frenata causata dalla congiuntura globale del 2009, è tornata a crescere in maniera sostenuta. Il tasso di crescita del pil, spinto da una crescente domanda interna, dovrebbe stabilizzarsi attorno a una media del 6% fino al 2016. Si prevede una crescita della stessa percentuale – 6% – anche per i consumi privati e gli investimenti.
Benché il 2012 abbia segnato una nuova fase di espansione dell’export, dopo la contrazione del 2011, nel medio periodo la bilancia commerciale filippina è destinata a rimanere in deficit. Tuttavia, le previsioni sul progressivo miglioramento della situazione economica globale lasciano supporre un’accelerazione dell’export. Nonostante la crisi finanziaria internazionale e la conseguente riduzione dell’offerta di lavoro nei paesi tradizionalmente meta dell’emigrazione filippina, il flusso di rimesse ha continuato a crescere nel corso dell’ultimo biennio, superando i 28 miliardi di dollari nel 2014, a fronte dei 19,7 del 2009.
Sotto il profilo energetico, a un aumento della produzione petrolifera, a partire dal 2007, grazie anche allo sfruttamento dei depositi off-shore al largo dell’Isola di Palawan, non è corrisposta una minore dipendenza di Manila dalle importazioni di petrolio (la produzione interna copre meno del 10% della domanda) e di carbone. Ciononostante, lo sviluppo dell’energia geotermica e idroelettrica ha contributo a diminuire la dipendenza dall’estero. A crescere è stato soprattutto il settore dell’energia geotermica, ambito in cui il paese è secondo al mondo per produzione, inferiore solo a quella statunitense: in un’ottica di medio-lungo periodo essa potrà rappresentare una risorsa significativa.
A causa della loro posizione geografica, le Filippine sono frequentemente colpite da disastri naturali, fra i quali terremoti e tifoni. Il più devastante degli ultimi anni, il tifone Haiyan, si è abbattuto sul paese nel novembre 2013, causando più di 2000 morti.
Legate fin dal 1951 agli Stati Uniti da un trattato di difesa reciproca, le Filippine sono state al fianco di Washington durante l’intero periodo della Guerra fredda, sostenendo l’impegno statunitense nelle guerre di Corea e Vietnam. Nel 2003 Manila ha aderito alla coalizione a guida statunitense intervenuta nell’operazione Iraqi Freedom. Va tuttavia sottolineato che in un contesto strategico come quello del Sud-Est asiatico, le Filippine dedicano alla spesa militare una quota del pil inferiore rispetto a tutti gli stati Asean che si affacciano sul Pacifico. Analogamente, le importazioni filippine di armi – il 72% delle quali proviene dagli Usa – hanno fatto registrare nell’ultimo decennio una spesa decisamente più bassa rispetto alla media della regione. Questo trend è stato parzialmente messo in discussione dalla decisione di destinare, per il budget del 2016, 550 milioni di dollari all’ammodernamento delle Forze armate. Una vera e propria svolta per il paese, se si considera che la stessa voce di bilancio nel 2013 era di cinque volte inferiore.
In termini di sicurezza, la minaccia principale per Manila deriva dal fronte interno. Dopo la firma dell’accordo di pace con il Moro Islamic Liberation Front (Milf), la stabilità e l’effettivo esercizio della sovranità statale sono stati messi a rischio dalla presenza sul territorio di molti gruppi armati: dal New People’s Army ai gruppi minori Rajah Solaiman e Abu Sayyaf – quest’ultimo legato alla rete di al-Qaida –, che negli ultimi anni sono stati responsabili di vari attentati e rapimenti. A questa sfida si affianca quella rappresentata dalla diffusione della violenza e dagli omicidi extragiudiziali o di carattere politico.
Il Fronte islamico di liberazione moro (Milf) è nato nel 1984 da una costola del Fronte nazionale di liberazione moro (Mnlf), movimento di liberazione nazionale che, negli anni Sessanta, aveva dato inizio a un’attività di guerriglia contro il governo filippino allo scopo di ottenere l’indipendenza dallo stato centrale delle aree abitate dalla popolazione di etnia moro, di religione musulmana. Nell’ottobre 2012, la firma di un accordo tra il Milf e il governo ha riacceso le speranze di pace, messe di nuovo in forse dagli scontri verificatisi nel settembre 2013. La firma di un nuovo accordo, nel marzo 2014, è solo l’ultimo atto – per ora – di un processo di pace ancora ben lontano dalla definitiva conclusione.