FILIBERTI
Famiglia di orefici, fonditori e orologiai attivi a Brescia e a Bergamo dal secondo quarto del XVIII secolo agli inizi del XIX.
Giovanni Battista, figlio di Giovanni Pietro, nacque nel 1711 (Pazzi, 1992, p. 137); fu fonditore, argentiere ed anche orologiaio, come viene ricordato nell'atto di morte del figlio Felice Maria nel 1813 (cfr. Massa, 1988, cui si rimanda, se non diversamente indicato, per le fonti archivistiche). Nel 1729-31 realizzò sei candelieri, tuttora conservati, una croce, sei secreta e quattro reliquiari per la parrocchiale di Offanengo (Cremona; Verga Bondirali, 1994). Nel 1731 ricoprì la carica di "sottogovernatore" dell'oratorio di S. Maria ad Elisabeth di Brescia. Dal 1730 al 1742 fornì varie opere in bronzo per la Fabbrica del duomo nuovo di Brescia, tra le quali i gigli dorati posti sotto la soasa del coro (Cassa ecclesiastica...,1983). Nel 1739-1740 eseguì candelieri per la chiesa bresciana di S. Domenico e nel 1742-1743 realizzò candelieri e secrete per la pieve di Concesio.
Gli vengono inoltre attribuiti un ostensorio romano in S. Lorenzo di Palosco (Bergamo), siglato "G. B. F. Anno Domini 1750", e candelieri in lamina argentata, datati 1758, conservati a Concesio (La pieve... 1982). L'attività di Giovanni Battista, che risulta già morto nel 1787 (Archivio di Stato di Brescia, Catasto antico, Registro 152, f. 151), fu portata avanti dai figli FeliceMaria (1730-1813), ricordato dalle fonti come "orologiaio e possidente", e Pietro, che tennero a Brescia una bottega situata in corso della Pallata.
Erroneamente le fonti menzioneranno come suoi figli Angela (1777-1837) e Giovanni (morto prima del 1846), più probabilmente figli di Felice Maria.
Pietro di Giovanni Battista, operante tra il 1742 e il 1811 (Pazzi, 1992, p. 159), svolse l'attività di argentiere anche a Bergamo, dove risulta iscritto nel 1776 come orefice, all'insegna della Corona con due palme (Massa 1991; Pazzi, 1992), insegna che rilevò sicuramente da Giuseppe Filiberti; con tale marchio, accompagnato da quello con le lettere iniziali P F, non è stato tuttavia reperito alcun manufatto. Ancora da verificare resta l'attribuzione a Pietro del bollo con le iniziali P F separate da una piccola stella riscontrato su argenteria bergamasca settecentesca (Pazzi, 1992, p. 159).
Pietro ricevette importanti commissioni di suppellettili sacre per diverse chiese del Bergamasco: il reliquiario Barbarigo, commissionato nel 1762 dai canonici del capitolo di S. Vincenzo di Bergamo (Bergamo, Tesoro del Duomo, 1989); nel 1773 un ostensorio per la chiesa parrocchiale di Somendenna (Pagnoni, 1974, II, p. 869); turibolo e navicella per S. Caterina di Bergamo nel 1775 (Montaldo, 1989); un ostensorio per S. Maria Assunta di Chiuduno, acquistato nel 1777 nella sua bottega di Bergamo (Pinetti, 1931), e, nel 1792, lampade per la chiesa parrocchiale di Cologno (Pagnoni, 1974, I, p. 334).
Il 31 maggio 1811 Pietro, in ottemperanza alla nuova normativa napoleonica, dichiarò alla municipalità bergamasca di voler continuare l'attività di fabbricatore di manifatture d'oro e d'argento in borgo S. Leonardo, contrada di Prato 1068, e dichiarò come nuovo simbolo del suo punzone il Nome di Maria con le lettere iniziali P F (Montaldo 1989, p. 81); tale bollo non è stato però finora rilevato su alcun oggetto.
Nell'atto di certificazione della morte del figlioletto Felice Andrea (10 luglio 1811) un Pietro, "orologiaio e possidente", figlio di Felice Maria, risulta abitare a Brescia con la moglie Marianna Caldera al numero 2299 di corso della Pallata, stesso indirizzo dei fratelli Angela (1777-1837), Teresa, Rosa, Giuseppe (m. dopo il 1821) e Giovanni (m. prima del 1846). Insieme a Giuseppe, ancora nel 1816 Pietro risulta proprietario di casa di propria abitazione e d'affitto, con botteghe, in corso della Pallata.
Dal ramo dei F. che fa capo a Giovanni Pietro, padre di Giovanni Battista e di Pietro, discende probabilmente Giuseppe, (forse fratello di Giovanni Battista, documentato dal 1723 al 1775 (Pazzi, 1992), orefice e fonditore, attivo a Brescia e a Bergamo, personalità di spicco nella storia dell'oreficeria lombarda settecentesca.
Accompagnati dal marchio territoriale bresciano del leone rampante a sinistra, i suoi bolli - quello personale con le lettere iniziali G. F. in incuso rettangolare e quello dell'insegna di bottega, raffigurante una corona con due palme in incuso circolare (Massa, 1988, p. 124) - sono stati individuati su varie manifatture d'argento: alcune eleganti alzate lisce a sezione mistilinea in collezione privata bresciana (ibid., p. 53); a Brescia, un turibolo in S. Zeno, un reliquiario in duomo nuovo (Massa, 1987), un'alzatina in S. Francesco; nella parrocchiale di Lumezzane (Brescia) un raffinato paliotto d'altare in lamina sbalzata e traforata; nella cattedrale di Asola (Mantova) un ostensorio datato 1756.
Le fonti archivistiche documentano altre numerose e prestigiose commissioni d'argenteria sacra: in Brescia, per la chiesa di S. Domenico, lampade d'argento per la cappella della Beata Vergine del Rosario (1740-1741); il medaglione in rame dorato di un paliotto d'altare raffigurante i Ss. Pietro e Paolo con lo Spirito Santo e s. Domenico, firmato e datato 1740 (ora sull'altare maggiore della parrocchiale di Sale Marasino, Brescia) e candelieri (1742-1751) su modello ligneo dell'orefice Bartolomeo Viviani. Per la chiesa bresciana di S. Lorenzo realizzò sei candelieri (contratto del 7 sett. 1754) e, l'anno seguente, due busti reliquiario di vescovi su disegno dello scultore G. B. Carboni (Guerrini, 1940); per S. Antonio a Molinetto (Brescia) eseguì una lampada nel 1764 (Volta, 1984); per la parrocchiale di Gardone Riviera (Brescia) la cornice d'argento dell'altare della Madonna (Vezzoli, 1964), per il duomo di Salò, sei candelieri e una croce in bronzo firmati e datati 1775 (Mucchi, 1932).
Tra le commissioni bergamasche di Giuseppe figurano i quattro busti in lamina d'argento recanti anche i suoi marchi di S. Giovanni, S. Carlo, S. Paolo e S. Pietro (quest'ultimo firmato e datato 1755) per la parrocchiale di S. Pietro di Trescore Balneario (Sigismondi, 1982), l'ostensorio d'argento dorato, firmato e datato 1762, del Museo del tesoro del duomo di Bergamo, due lampade per Ss. Cristoforo e Vincenzo a Pradalunga (Pinetti, 1931), un calice nella parrocchiale di S. Martino di Nembro, un ostensorio e un calice in S. Maria Assunta di Calcinate (Pagnoni, 1974, II, pp. 228, 587).
I suoi capolavori come fonditore e bronzista sono l'arca bronzea dei Ss. Fermo Rustico e Procolo, realizzata nel duomo di Bergamo in collaborazione con lo scultore Antonio Calegari, che fornì i modelli (ibidem, I, p. 6; Vezzoli, 1964), e, per la Scuola Grande di S. Rocco a Venezia, su commissione del Senato veneto, le portelle d'altare in bronzo, fuse su modello figurativo dello scultore G. B. Carboni, datate 1756 e firmate sul bordo superiore sinistro "Ioseph. Filiberti et filii. inventores. metalli. et. operis.". Nelle parti strettamente decorative di quest'opera Giuseppe esprime la piena adesione al gusto rococò che caratterizza anche la sua produzione in argento (Massa, 1988; Terraroli, 1991).
Al figlio di Giuseppe, per ora sconosciuto, suo collaboratore nelle sopracitate portelle, è forse attribuibile il bollo G F in incuso rettangolare finora riscontrato solo su una coppia di candelieri e una di vassoietti in collezione privata bresciana, databili, sulla base del marchio territoriale che li accompagna, dopo il 1777 (Massa, 1988, ill. 123).In un elenco redatto dai consoli dell'università tra il 1743 e il 1747, Giuseppe figura tra i negozianti orefici di Brescia. La sua assenza dai dettagliati elenchi degli orefici bresciani redatti nel 1776 e l'iscrizione, nel 1775, di Pietro nella fraglia degli orefici bergamaschi, con la medesima insegna di bottega, suggeriscono che la morte di Giuseppe sia avvenuta nel 1775.
L'opera di Giuseppe e di Pietro in territorio bergamasco contribuì a diffondervi uno stile, nella produzione di argenteria sacra, improntato a una interpretazione controllata e misurata rococò, che è caratteristica della produzione orafa settecentesca bresciana. Sono evidenti la predilezione per i profili mistilinei, per le basi ovali sagomate ritmate da ampie volute sfrangiate e animate da ornati rocaille, per il trattamento pittorico e vibrante delle superfici spesso impreziosite da pietre colorate e applicazioni dorate e movimentate da statuette fuse di angeli e putti alati, alla ricerca di una fastosità spettacolare e di una ricchezza decorativa checomunque esaltano e sottolineano i valori strutturali.
Il Pagnoni (1974) non ha mancato di indicare le suppellettili "tipo Filiberti", improntate cioè a suo giudizio allo stile di Giuseppe e di Pietro, presenti nelle chiese parrocchiali della diocesi di Bergamo.
Sconosciuto è l'eventuale grado di parentela che lega Antonio F. ai F. discendenti da Giovanni Battista. Già morto nel 1809, Antonio è ricordato unicamente grazie ai pagamenti, del 28 ott. e del 2 nov. 1760, ricevuti per candelieri realizzati per la chiesa di S. Rocco di Mazzano, in provincia di Brescia (Volta, 1984, p. 34); dei suoi due figli, anch'essi orefici, Carlo (1759-1809) e Luigi (1769-1806), è documentata l'esistenza solo dall'atto di certificazione della morte, avvenuta per ambedue presso l'ospedale Maggiore di Brescia (Archivio di Stato di Brescia, Anagrafe napoleonica, Registro morti, busta 68, f. 8; busta 65, f. 3v).
Fonti e Bibl.: Cassa ecclesiastica ... per la fabbrica del Nuovo Duomo. 1728-1747, a cura di L. Mazzoldi, Brescia 1983 (perGiovanni Battista); Esposizione bresciana 1904. Catal. illustrato della sezione Arte sacra nella Rotonda o Duomo vecchio, Brescia1904, p. 103 (per Giuseppe); G. Nicodemi, I Calegari scultori bresciani del Settecento, Brescia 1924, pp. 35 s. (per Giuseppe); Inventario degli oggetti d'arte d'Italia [A. Pinetti], Provincia di Bergamo, Roma 1931, pp. 233 s. (per Pietro), 448 (per Giuseppe); A. M. Mucchi, Il duomo di Salò, Salò 1932, p. 279 (per Giuseppe); P. Guerrini, La chiesa prepositurale di S. Lorenzo, in Memorie stor. della diocesi di Brescia, X (1940), pp. 47, 51, 67(per Giuseppe); G. Vezzoli, in Storia di Brescia, III, Brescia1964, pp. 427 s., 775 s. (per Giuseppe); L. Pagnoni, Le chiese parrocchiali della diocesi di Bergamo, I-II, Bergamo 1974, ad indicem (per Pietro e Giuseppe); C. Boselli, Carboni, Giovanni Battista, in Diz. biogr. degli Ital., XIX,Roma 1976, p. 720 (per Giuseppe); La pieve di Concesio, Brescia 1982, p. 176 (per Giovanni Battista); M. Sigismondi, in Curiosità storiche (Bollettino parrocchiale, Trescore Balneario), aprile 1982, pp. 622s. (per Giuseppe); V. Volta, in Mazzano. I segni di una storia millenaria nei nuovi simboli del Comune, Ciliverghe 1984, pp. 29(per Giuseppe), 34(per Antonio); R. Massa, L'altro tesoro del Duomo, in Le cattedrali di Brescia, Brescia 1987, pp. 151, 158 (per Giuseppe); Id., Orafi e argentieri bresciani nei secoli XVIII e XIX, Brescia 1988, pp. 53, 124, 166 s. (per Giovanni Battista, Pietro e i suoi fratelli; per Giuseppe); B. Montaldo, Orafi a Bergamo in età napoleonica, in Osservatorio delle arti, 3, ottobre 1989, pp. 74, 76, 81 (per Pietro); Il tesoro del Duomo di Bergamo (catal.), Bergamo 1989, pp. 68 s. (per Giuseppe), 78 s. (per Pietro); R. Massa, L'oreficeria sacra e profana, in Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia e V. Terraroli, Milano 1991, p. 14(per Pietro); V. Terraroli, La scultura del Settecento nella Lombardia orientale, ibidem, pp. 302 s. (per Giuseppe); P. Pazzi, I punzoni dell'argenteria veneta, II, Lo stato veneto, Pola 1992, pp. 133(per Antonio), 137 (per Giovanni Battista), 138(per Giuseppe), 152, 159, 164 (per Pietro); M. Verga Bandirali, Gli argenti della parrocchiale di Offanengo, in Incula Fuldaria. Rass. di studi e documentazioni di Crema e del Cremasco…, XXIV (1994), pp. 103-118 (per Giovanni Battista); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 557 s.